Questo è l'articolo che apre la Padania di oggi, stratosferico
ADESSO BASTA COI GIOCHETTI
GIANLUIGI PARAGONE
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L’abbiamo votato, ci siamo prestati al giochetto nella speranza che la guerriglia al Senato portasse scompiglio. È passata la nottata e ora si può dire: l’obiettivo era bucare il fronte e impedire l’elezione di Marini. L’abbiamo ciccato. Non solo, non abbiamo fatto neanche una bella figura davanti ai nostri elettori che ci chiedono cambiamento.
L’abbiamo votato, l’Andreotti, “violentando” la nostra storia e le nostre idee. Abbiamo mandato giù anche questa... Ma ora basta col credere che i nostri problemi ce li possano risolvere gli altri. Andreotti o l’Uomo Ragno.
Giulio Andreotti rappresenta il passato remoto. È lo Stato che è stato. «Voi portatemi la Lega, al resto ci penso io...», aveva detto qualche giorno prima del voto al Senato... Mio nonno in carriola: non ha spostato un voto che fosse uno. Forse era davvero convinto di farcela. Forse era convinto di vantare ancora qualche credito. Niente di tutto questo. Quelli di là si sono fatti i loro giochetti, hanno barattato poltrone e sottopoltrone; al divin Giulio non hanno dato retta neanche i suoi coscritti. La Lega il suo compito (sporco) l’ha fatto. Ora, non chiedeteci più nulla di diverso se non ciò per cui ci impegniamo in politica: il federalismo politico e il federalismo fiscale.
Il pallottoliere dice che abbiamo perso le elezioni. La politica no. C’è una questione settentrionale apertissima che rischieremmo di perdere di vista se ci ostiniamo sui giochetti di una politica rococò. Se la Casa delle Libertà ha ancora un senso - e lo può avere - deve dimostrare che ha un orizzonte politico davanti a sé, altrimenti è nebbia.
Ricordo che ci sono due passaggi da completare, passaggi politici non da poco: le amministrative del 28 maggio e il referendum del 25 giugno.
Smettiamola di rincorrere le farfalle di un risultato-verità. Il centrosinistra governi se è in grado di governare. Gli faremo ostruzionismo, gli daremo pane per i denti che si meritano. E se cade, dobbiamo essere pronti a chiedere il voto anticipato; senza prestarci a giochetti d’intermediazione. Crisi? Voto. Se invece ci prestiamo a governi più o meno tecnici, è la fine: non ne usciamo e facciamo il gioco di chi ha già il progetto bell’e pronto. Mario Monti premier, Padoa Schioppa confermato all’economia; ancora qualche nome super partes come Montezemolo o Della Valle e poi un po’ di politici rappresentativi di un arco che va dai Ds ad An. È il progetto che si legge in controluce dalle pagine del Corriere. Piace alla Finanza, piace alla Chiesa, piace a chi deve piacere, insomma.
E perché piace? Perché rassicura tutti, mette d’accordo tutti e promette di cambiar tutto perché nulla cambi. Non è certo un progetto che garantisce meno Stato, fisco più leggero, infrastrutture, dinamismo e tutela delle proprie identità. Non è il progetto che piace alla parte più produttiva del Paese. Non è certo un progetto che ha il polso della Padania, né di un Sud che vuole liberarsi dalla politica assistenzialista (il successo in Puglia e nella Campania anti-Bassolino dimostra che questo Sud c’è e potrebbe unirsi alla battaglia referendaria). È a queste istanze che noi dobbiamo dare una rappresentatività politica.
Abbiamo perso le elezioni, mica me lo sono dimenticato. E so anche che alcune di queste domande sono rimaste senza una risposta convincente dopo il governo Berlusconi. Ma so che qualcosa è stato fatto, so che le basi sono state gettate; altrimenti non si spiegherebbe perché Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia hanno fatto sistema e hanno votato compatti per il centrodestra. I voti, in Padania, non si regalano: si contrattano. Ripartiamo allora da questa base di fiducia che c’è.
Riprendiamo il bandolo delle riforme, non lasciamo cadere l’occasione del referendum confermativo: se vince il sì avremo - tra le altre cose - più federalismo, un premier sottratto al ricatto dei giochetti delle Camere, la fine del bicameralismo perfetto, un Senato delle Regioni e meno parlamentari. Se vinciamo le amministrative e se vinciamo il referendum, allora significa che la Cdl regge ancora su una impalcatura forte e resistente: l’impalcatura delle riforme. Riforme che non possiamo continuamente prendere e mollare: è mai possibile che sono quindici anni che ci affidiamo alla logica di Sisifo? Per la mitologia classica, Sisifo era condannato per l’eternità a trasportare un masso in cima a un monte; arrivato in cima, il masso cadeva e lui doveva ricominciare. Basta, non si può ogni volta ricominciare daccapo quando siamo arrivati a un passo dalla chiusura di una tappa. Tutto si può migliorare, certo, ma senza buttare via il lavoro di cinque anni legislatura.
In Padania, ci chiedono uno Stato meno burocratico, più snello e più vicino alle esigenze del territorio, ci chiedono soluzioni pratiche per restare sul mercato, per garantire e redistribuire benessere e per assicurare un futuro sereno ai nostri figli. Il resto è politica rococò. Cosa abbiamo intenzione di fare? Aspettare che la mela cada? Tra qualche giorno si eleggerà il Capo dello Stato. Potrebbe essere Ciampi oppure D’Alema. Chi è disposto a mettere una mano sul fuoco che il nuovo Presidente della Repubblica sciolga le Camere in caso di crisi di questo governo entrante senza prima tentare le soluzioni pasticciate di cui sopra? Io no... Allora, cosa facciamo? Lasciamo che per miracolo il centrosinistra intercetti la questione padana, chessò facendo un ministero per il Nord? Attenzione a pensare solo ai giochetti tattici. Andreotti - che di trucchetti se ne intende - dimostra che il coniglio che esce dal cilindro è un trucco vecchio come il cucco.
Non sarà mica la Lega a riportare le lancette dell’orologio indietro nel tempo...
[Data pubblicazione: 30/04/2006]
non so dove porti questa politica del tira e molla, mi immagino i militondi a RPL, l'altro giorno tutti schierati e domani?