I legionari come “Italiani nuovi”, quindi. L’Italia sorta dalle trincee formava una sorta di aristocrazia del combattimento, contro la massa informe dei “vecchi stanchi o ambiziosi tardivi, inesperti degli strumenti nuovi e avversari del divino istinto, incapaci di comprendere il genio della razza e di secondarlo e di eccitarlo”. La guerra mondiale aveva definito gli schieramenti: “C’è oggi un Italia che vuole vivere dal ventre, che vuol curvare il collo, che vuole imbestiarsi, che vuol pascersi nel chiuso? Ma c’è anche un’Italia che guarda in alto, che mira lontano, che spia i venti del largo, che ama le vie senz’orme e la lontananza senza rifugi”. La meschinità piccolo-borghese dell’ultimo uomo, contro l’audacia sperimentatrice dell’uomo che va oltre, che si supera, che percorre nuove vie ed è mosso da un’ansia faustiana di infinito. Visioni d’avvenire illuminate da bagliori sovrumani e legittimate dalla poesia dell’azione.
A Gabriele D'Annunzio " AERONAUTA DELLO SPIRITO"