LE IDEE
«Lectio magistralis» del cardinale Poletto: Dio per primo corre il rischio di andare incontro all’uomo
Esser cristiani che avventura
«Lectio magistralis» del cardinale Poletto: Dio per primo corre il rischio di andare incontro all'uomo
Dal Nostro Inviato A Torino Maurizio Cecchetti
«Nulla di quanto è umano, reputo a me estraneo». Con la celebre affermazione di Terenzio l'arcivescovo di Torino Severino Poletto, ha posto il sigillo alla sua lectio magistralis</B> tenuta ieri alla Fiera del Libro di Torino, nella quale ha delineato i confini dell'avventura cristiana, anzi - parafrasando Silone - «l'avventura di un povero cristiano».
Perché questo ha tenuto a rimarcare a più riprese Poletto: l'uomo e il cristiano non sono due entità separate e inconciliabili. Parlare dell'avventura cristiana, ha esordito il cardinale, significa per un cristiano «riflettere sulla propria vita personale». E rispondendo a un ascoltatore che gli chiedeva come mai oggi il cristianesimo viene talvolta sentito da tanti come un corpo estraneo nella nostra società, ha detto che se questo succede ciò non dipende da cause esterne, ma dal comportamento dei cristiani «che talvolta amano chiudersi in se stessi e non sentono la chiamata ad andare per il mondo, a essere sale della terra». È questa, in fondo, la prima avventura del cristiano. Così, mentre sarebbe sbagliato sostenere che l'avventura cristiana sia «in aperta contraddizione» con la vicenda umana, d'altra parte il punto d'arrivo del cristianesimo non è l'uomo stesso, poiché il cristianesimo non può essere ridotto, ha spiegato il cardinale, «a una semplice efflorescenza e gemmazione dell'umano».
Sottintendendo quel pensiero filosofico dominante della modernità che ha il suo antesignano in Nietzsche, Poletto ha messo in luce come soltanto a partire da questi tragici malintesi della cultura occidentale si è affermata l'idea che «quanto più si sarebbe eliminato il Dio di Gesù Cristo, tanto più si sarebbe ritrovata e sviluppata l'umanità degli uomini in tutte le sue potenzialità». Se esiste un intreccio fra dimensione umana e avventura cristiana, il nodo si stringe ancor più saldamente con l'avventura del cosmo. Il cardinale ha messo in chiaro che nel cristianesimo non c'è alcuna preclusione alle verità d ella scienza, proprio perché la ricerca di fisici, cosmologi, biologi tentando di spiegare l'origine dell'universo invita «a prendere atto che c'è un'avventura cosmica».
Gli stessi capitoli iniziali della Genesi sono lì a dimostrare che - certo - questo mondo è opera di Dio, ma una volta creato esso «è tuttavia chiamato a crescere, evolvere, modificarsi: dunque a intraprendere la sua avventura». Tutto rimanda a un universo ordinato, non al caos. E questa puntualizzazione del cardinale vuole sfatare la tesi che l'evoluzione, idea che non è stata rifiutata dalla Chiesa, possa in qualche modo appellarsi a una sorta di casualità: semmai potrebbe rivelarsi giusta sintesi di natura e disegno intelligente. Un orizzonte nel quale la scienza non è mortificata, anzi trova nel cristianesimo una forza cooperante a svelare il mistero che c'è dietro l'avventura umana. D'altra parte, il cristianesimo è stato anche un baluardo contro il principio «evoluzionista» che vedeva nella legge del più forte la via della natura per realizzare e far progredire l'universo. «Il cosmo talvolta sussurra, altre volte urla» ha detto il cardinale, ricordando san Paolo quando afferma che la creazione stessa attende di essere «liberata dalla schiavitù della corruzione».
È in questo orizzonte «naturale» che l'avventura umana si fonde con il «desiderio infinito» che c'è in ciascuno di noi. «Siamo - ha spiegato Poletto - impastati di desiderio infinito». E questo ci mette di fronte al nostro perenne «scontento»: «L'avventura umana conserva sempre anche la traccia dell'impossibilità dell'uomo di accontentarsi della misura finita». Ed è questa inquietudine la ragione di tanti disastri umani: «Molte tragedie si sono consumate proprio perché l'uomo ha voluto farsi dio senza Dio. E queste tragedie invocano perdono e redenzione».
Forse non è scontato ripensare l'avventura cristiana come un'avventura che «prima di tutto riguarda Dio». È Dio che va verso l'uomo (anche dopo il peccato: «Adamo, dove sei?»), e l'atto più avventuroso (dunque più rischioso) che Dio compie è il dono della libertà: «Volendo l'uomo e volendo l'amicizia con lui, Dio ha voluto anche la sua libertà». E quando infine dalla platea è venuta la domanda su Dio dopo Auschwitz, che secondo Hans Jonas in quell'inferno di dolore e di ingiustizia ha perduto l'onnipotenza, il cardinale ha risposto evocando Edith Stein che scrisse: «Davanti alla frontiera della libertà umana anche Dio si arresta».