dagli scritti del santo Curato d'Ars

Molti sono i cristiani, figli miei, che non sanno assolutamente perché sono al mondo…

Mio Dio, perché mi hai messo al mondo?”.

“Per salvarti”.

“E perché vuoi salvarmi?”.

“Perché ti amo
”.



PADRE NOSTRO....

CHE SEI IN CHAT..........

non è un testo blasfemo, ma una riflessione sulle nostre esperienze nelle chat e nei forum.....

Le nuove generazioni, che scambiano chiacchiere su Internet, parlano di tutto... perfino di religione. Ma chi è il loro Dio? Può apparire come un’energia cosmica in stile New Age, o come un Gesù dai tratti devozionali. Dai messaggi smozzicati delle "chat", emergono certezze, dubbi, bisogni comuni.

Luisa entra nella stanza, e dice: «Mi piacerebbe tanto charirmi le idee sulle differenze tra le religioni: chi ha ragione?... Ma non dirmi che vuoi parlare di sesso, come fanno tutti». Il suo vero nome, quasi di sicuro, non è Luisa, e questa stanza non ha pareti, come quella della canzone. La conversazione sta avvenendo su Internet, in una delle infinite chat line che permettono di entrare in una "stanza" virtuale e mettersi a chiacchierare (chat, appunto) con chi è collegato in quel momento.

Si sa che le chat vengono spesso utilizzate per scopi molto diversi che parlare di religione. Eppure, esistono anche "stanze" dedicate ai temi di fede, sia promosse da organismi cattolici, sia "laiche". E tuttavia, le ambiguità di Internet si ritrovano anche in questo caso: chi entra in chat per discutere su Dio – proprio come chi lo fa per parlare di argomenti erotici – si presenta spesso con un nome inventato e resta protetto dal segreto. Chi sono i giovani che ricorrono a questo mezzo postmoderno per comunicare le proprie idee religiose? Che cosa cercano? Che cosa trovano?

Le risposte vanno spiluccate tra le frasi che si scambiano gli utenti delle chat. Impresa non facile, perché Internet richiede messaggi brevi, scritti di corsa, pieni di errori e di oscurità. E, non appena un tema coinvolgente sembra saltare fuori, può accadere che nella stanza si introduce un amico, ricomincia il giro di saluti incrociati, e tutto il discorso va a monte.

Luisa dice di avere fede: «Credo in Qualcosa di superiore». Poi specifica che potrebbe trattarsi di «un Dio extraterrestre evoluto, che ci ha dato la vita». Franco invece si dichiara ateo, e «più i giorni passano, più mi allontano da Dio, se mai gli sono stato vicino». Perché dovrebbe esistere un Dio che crea gli uomini?, si chiede. «Per farne cosa? Per costringerli con il ricatto ad adorarlo? "Se non fai il bravo in vita, ti mando all’inferno!". Già lo sento, con voce cavernosa...». Mario ha fede, «ma tante cose non le condivido. Sono cattolico ma non bigotto. Non credo affatto ai preti: predicano bene e razzolano male. Io ho un rapporto mio proprio con Dio, a modo mio». «Io pure», interviene un altro. «La fede dovrebbe elevare l’uomo dalla condizione animale, e non diffondere l’odio, come stanno facendo certi integralisti islamici». E, improvvisamente, a partire di qui inizia un duetto rabbioso di insulti contro gli immigrati musulmani.

Un’aria diversa si respira nelle chat dichiaratamente cattoliche, perlopiù legate a qualche parrocchia o gruppo ecclesiale, dai carismatici ai francescani. Qui può capitare che un personaggio dal nickname (soprannome) Abramo digiti un lungo messaggio come: «Noi possiamo lasciarci illuminare, affidandoci a Lui incondizionatamente. E Lui non si fa attendere: non serve nessuna prenotazione, ma solo fiducia, anche di fronte a una realtà umanamente contraria ai nostri criteri. Lui ci ama, e questa è una certezza».

Non sempre i temi rasentano la mistica, ma il clima è di famiglia. Si instaura un dialogo elettronico tra persone che già si conoscono o intendono farlo, o almeno partecipano allo stesso tipo di incontri e manifestazioni, come le Giornate mondiali della gioventù (Gmg).

Se si chiede loro perché frequentano questo genere di chat invece di altre, rispondono: «Qui non c’è volgarità», «Trovi gente più corretta», «Si diventa amici sul serio». Alcune di queste stanze organizzano momenti di preghiera on line. Non di rado l’intento è militante, a difesa del cattolicesimo più tradizionale.

La dimensione delle Chat si riversa poi nei forum, qui vi è una spaccatura totale di questa gioventù: si vengono a creare forum prettamente cattolici eppure aperti al dialogo che con enorme fatica e difficoltà cercano di mantenere una moderazione contro quella parte fatta per di più di giovani non credenti, che entrano esclusivamente per provocare. Questa dimensione diventa un paradosso per il cattolico, perchè lo rinforza, tutto sommato, nella fede che professa ed è egli stesso quasi obbligato a dover approfondire il Magistero e le stesse scritture, quanto più si trova davanti interlocutori non disposti al dialogo, ma alla provocazione diretta per "saggiare" quanto il cattolico sa resistere.

«Esiste una biforcazione molto netta tra i giovani appartenenti alle associazioni ecclesiali e gli altri», sostiene salesiana e alla Lumsa di Roma. «La fede nel Dio trinitario è presente in modo esplicito solo all’interno dei gruppi ecclesiali, ed è una riscoperta, perché qualche anno fa, anche per loro, la figura di Cristo si era un po’ appannata. La catechesi del Papa e le Gmg hanno contribuito a rimettere Gesù al centro. Stiamo perciò assistendo a una spaccatura, per cui la fede cristiana è vissuta da chi sta "dentro" la Chiesa e da una minoranza di chi sta "fuori". Mentre la maggioranza di questi ultimi segue una religiosità di tipo molto generico, pur dichiarando di credere in Dio. È una parte di società che possiamo definire post-cristiana: questi giovani, pur battezzati, non si sentono appartenenti alla Chiesa. Ciò significa che l’educazione, la socializzazione alla fede non funziona più, per chi sta al di fuori della comunità ecclesiale».

Che differenze emergono, in concreto, tra le due categorie di giovani?

«Per esempio, a livello di progettualità», dice Pollo. «Tra i "non appartenenti" abbiamo due tipi: chi vive giorno per giorno, senza riuscire a pensare al futuro, e chi invece vuole determinare il proprio con un tentativo quasi prometeico. Anche tra gli "appartenenti" troviamo chi vive giorno per giorno, però qui c’è un numero notevole di persone che seguono una progettualità nuova, cercando di leggere nel presente i segni della volontà di Dio su di loro. Tra questi giovani sono molto più diffuse esperienze che manifestano gratuità, amore per gli ultimi, impegno attivo nel sociale e nel volontariato».

Le chat come influiscono sulla fede di entrambi i gruppi? «Per gli appartenenti», risponde Pollo, «il momento fondamentale è quello dell’incontro faccia a faccia con gli altri nel gruppo. Ciò manca nei non appartenenti; molti di loro, anzi, hanno avuto in passato esperienze negative con la Chiesa. Un giovane che viva all’interno di un gruppo in cui ci sia solidarietà, mantenendo buone relazioni con religiosi o sacerdoti, non si mette anzitutto a cercare nel Web, ma parla di Dio con le persone concrete che conosce. La chat è integrativa. Per gli altri, invece, diventa l’unica esperienza, un surrogato. Ma, a mio avviso, essa da sola non è in grado di influenzare la vita di fede».


Chi "chatta" esprime magari una domanda di fede che non trova risposta da altre parti?

«Non è una domanda reale», precisa Pollo. «Questi giovani normalmente non tendono a condividere tale esperienza. La loro è una fede sincretistica, soggettiva: si rivolgono a Dio magari alla sera, nel chiuso della loro camera, senza confrontarsi con nessuno. Anche il chattare, in realtà rimane un’esperienza individuale, perché non ci sono problemi relazionali. Anche se uno crede in Dio, questo non cambia il suo modo di vivere, che resta uguale a quello di chi non crede».

Quindi, Internet mostra una linea di confine netta tra "ragazzi di Chiesa" e non? Testimonianza cristiana da una parte, disimpegno dall’altra?

Non tutti gli osservatori sono così drastici. Il sociologo Franco Garelli, dell’Università di Torino, vede contorni più sfumati: «C’è una notevole osmosi tra ciò che i giovani vivono e la loro espressione religiosa. Anche quelli più "impegnati" dal punto di vista religioso, sono anzitutto giovani, e trasudano nel loro modo di pensare e di comportarsi i tratti culturali emergenti. Non possiamo dire che quella delle nuove generazioni sia una "religiosità spot", è una realtà più complessa. I giovani oggi sono cercatori di senso: meno ancorati alle certezze, valorizzano di più la dimensione del cammino».

Tra giovani cattolici e non, ci sono più elementi di continuità o di discontinuità?

«Entrambi. Gli elementi di continuità si possono individuare nell’attenzione all’aspetto esistenziale, con il desiderio di fare esperienze positive che indichino la bontà delle proprie scelte. Trovare una risposta ai problemi dell’insicurezza, il bisogno di ridefinire l’identità nel presente, di vivere momenti di forte coinvolgimento emotivo. Quanto alla discontinuità», continua Garelli, «i giovani cattolici danno sì risalto all’esperienza, ma dentro una certa gerarchia di valori. Sono aperti a una dimensione trascendente e all’impegno per gli altri».

Cosa spinge i giovani a credere?

«Anche qui, distinguerei tra i giovani più impegnati – che partecipano alle Gmg e appartengono a qualche gruppo o movimento ecclesiale – e gli altri. I primi concepiscono la fede come testimonianza, cioè come tentativo di tradurre in uno stile di vita le cose in cui credono. Tali opere sono viste come un segno della bontà della fede che le motiva, una fede più esistenziale ed emotiva che dogmatica. Né hanno difficoltà a dichiararla pubblicamente, perché, all’interno di un pluralismo collaudato, essa non costituisce più un problema per i loro coetanei. La fede è vista come una opzione, magari una fra tante, ma che può arricchire il proprio quadro di senso e le prospettive di vita».

Com’è il loro rapporto con la gerarchia della Chiesa?

«Da un lato», precisa il sociologo torinese, «abbiamo una grande valorizzazione della figura del Papa, o di altre personalità carismatiche, o di chi è capace di testimoniare la fede attraverso l’esempio o la riflessione spirituale. Si tratta di una generazione post-ideologica, non più contro le istituzioni, ma che apprezza chi sa esprimere proposte significative e impegnative in un linguaggio attuale. D’altro lato, non è detto che tutti gli insegnamenti del Magistero vengano accettati. Una percentuale di giovani adotta un atteggiamento selettivo, che dà una fiducia di fondo alla Chiesa, e nello stesso tempo rimane almeno in parte autonoma su alcune scelte».

Quanto ai loro coetanei meno "impegnati"?

«Oggi la fede gode di una grande plausibilità», dice Garelli. «Pochissimi giovani affermano di essere atei o agnostici. La maggioranza dichiara di avere un riferimento religioso, magari poco "ripensato", che però permette loro di mantenere un ancoraggio etnico-culturale. Meglio avere radici che non averle. Magari uno questa fede non la coltiva, ma, in un mondo di opportunità, anch’essa diventa un’opportunità da tenere nel portafoglio. Perché non si sa mai, la vita è complessa, c’è il dolore dietro l’angolo, c’è un’inquietudine; per cui è sempre meglio avere questa risorsa, che poi in alcuni momenti scatta e diventa esplicita. Pur con delle incoerenze. O meglio: con quelle che sembrano incoerenze a chi ha una formazione più adulta, ma non per questi giovani, perché è una fede che risponde a dei bisogni che non trovano risposta altrove».

Insomma, anche il ventenne che non va in parrocchia ma parla di Dio su Internet, magari in modo confusionario («Fino al 480 d.C. la Chiesa credeva nella reincarnazione», afferma perentorio un utente di chat), ha la stessa "maestra di fede" dei giovani impegnati: la vita. Il flusso di idee religiose, sia bigotte sia sincretiste, che passano per la Rete, non nasce dalla Rete ma dalle esperienze che colpiscono l’esistenza di tutti. «I giovani», conclude Garelli, «compongono la loro fede con istanze molto diverse, ma è un’adesione che risponde a questioni fondamentali come la sofferenza, il male, il significato della vita. Questo è un principio di arricchimento».

(di Annachiara Valle e Dario Rivarossa )

Tra le analisi sulla fede dei giovani contemporanei, è appena stato pubblicato il saggio Una spiritualità in movimento. Le Giornate mondiali della gioventù, da Roma a Toronto, a cura di Franco Garelli e Raffaella Ferrero Camoletto (Edizioni Messaggero Padova). L’attenzione si sofferma in particolare sugli italiani che hanno partecipato alle Gmg. A Toronto, il 75,6 per cento ha dichiarato di «credere in Gesù e nella Chiesa», il 3,7 per cento si è invece definito «in ricerca».