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    Predefinito L'on. Fassino tra i sostenitori del Sì al referendum costituzionale?

    L'on. Fassino tra i sostenitori del Sì al referendum costituzionale?

    Franco Ragusa

    Il 25-26 giugno, come si spera che la stragrande maggioranza degli elettori già sappia, il Paese verrà chiamato a confermare o respingere le profonde modifiche alla Costituzione votate nella scorsa legislatura dalla maggioranza di centrodestra e fortemente ostacolate dall'allora opposizione di centrosinistra.
    Tra gli aspetti più controversi che più hanno diviso gli schieramenti e che hanno portato alla richiesta del referendum, la ridefinizione dei poteri del Premier e le nuove regole (norme antiribaltone) circa le modalità di scioglimento anticipato della Camera dei Deputati.
    Nel progetto votato dal centrodestra, a fronte di un'eventuale crisi politica della maggioranza, il Premier potrà essere sostituito (sfiducia costruttiva) soltanto dalla maggioranza parlamentare uscita vincente dalle elezioni. Da qui gli straordinari poteri che questo potrà esercitare sul Parlamento.
    Al nuovo Premier sarà infatti sufficiente contare sul sostegno di pochi fedelissimi, un piccolo drappello di deputati non disponibili a votare la sfiducia costruttiva, per tenere sotto la minaccia dello scioglimento sia la propria maggioranza che l'intera Camera dei Deputati. Allo stesso modo, però, lo scioglimento potrebbe essere provocato anche per iniziativa di una piccola minoranza all'interno della maggioranza parlamentare, non più disponibile a proseguire la legislatura con il medesimo Premier o a fianco della medesima maggioranza parlamentare.
    Quale che sia quindi la causa, la sostanza della nuova riforma costituzionale può essere così sintetizzata:
    senza l'autosufficienza della maggioranza uscita vincente dalle elezioni si va a nuove elezioni.

    Diversamente da quanto ora prescritto dalla Costituzione, quindi, se le modifiche costituzionali al vaglio degli elettori il 25-26 giugno verranno confermate, ogni crisi politica, per volontà del Premier nei confronti della maggioranza che lo sostiene o per volontà di qualche settore minoritario all'interno della maggioranza parlamentare, il meccanismo della sfiducia costruttiva con i soli voti della maggioranza uscita vincente dalle elezioni porterà, automaticamente, allo scioglimento della Camera dei Deputati.
    Per meglio comprendere la differenza tra i due testi costituzionali, si pensi a cosa è successo dopo le crisi di Governo, Berlusconi nel 1994 e Prodi nel 1998, entrambe risolte per via Parlamentare con la formazione dei Governi Dini e D'Alema. Con il nuovo testo costituzionale, invece, entrambe le crisi si sarebbero immediatamente risolte con lo scioglimento anticipato delle Camere.

    Questa la posta in gioco, quindi, il 25-26 giugno.
    Una posta in gioco che riguarderà da vicino l'operato del futuro Presidente della Repubblica.
    A seconda del risultato, infatti, un'eventuale crisi della maggioranza di centrosinistra (a puro titolo di esempio: per far entrare in crisi la maggioranza basterebbe anche il solo voto contrario dei 3 senatori UDR) potrebbe comportare due diverse soluzioni:
    l'automatico e immediato scioglimento anticipato del Parlamento in caso di vittoria dei Sì;
    la possibilità di ricercare una soluzione all'interno del Parlamento per permettere la costituzione di un nuovo Governo anche grazie all'apporto di qualche parlamentare dell'opposizione in caso di vittoria del NO.

    Due scenari completamente diversi che, viste le diverse implicazioni in ordine allo scioglimento delle Camere, sono in grado di condizionare profondamente il futuro del Governo. Ma che riguardano, soprattutto, il diritto-dovere del Presidente della Repubblica di applicare correttamente il dettato costituzionale.
    Appaiono quindi fuori luogo, schizofreniche, nonché prive di rispetto verso le istituzioni, le dichiarazioni del segretario DS Fassino (nel tentativo di sostenere la candidatura del Presidente DS D'Alema) circa i compiti da affidare al futuro Presidente della Repubblica, come se questi non fossero già dettagliatamente delineati e delimitati dalla Costituzione.
    In riferimento al ruolo di garanzia che il futuro Presidente della Repubblica dovrebbe rivestire, "il segretario Ds indica quattro punti che riassumono le sue intenzioni: "L'assicurazione che se il governo di Prodi dovesse entrare in crisi si tornerà a votare, in base al principio tipico delle democrazie dell'alternanza per cui la legittimità di una maggioranza e di un governo viene dal voto dei cittadini" (6 mag. Adnkronos)".

    Non più la Carta Costituzionale, quindi, a definire i compiti del Presidente della Repubblica, ma degli accordi da intraprendere tra maggioranza ed opposizione al di là di quanto la Carta assegna come esclusive prerogative del Presidente della Repubblica; degli accordi da intraprendere tra maggioranza ed opposizione anche al di là di quello che sarà il risultato del referendum del 25-26 giugno.
    Perché è soltanto nel caso della vittoria dei Sì (e per altro dall'entrata a pieno regime del nuovo testo) che le dichiarazioni dell'On. Fassino potrebbero essere considerate come una mera anticipazione di quello che il Presidente della Repubblica non avrà più nella disponibilità di fare.
    Diversamente, nel caso di vittoria del No, l'On. Fassino sarebbe costretto a doversi rimangiare promesse che non sono nella disponibilità dei leader di partito.

    Come sopra accennato, infine, le indicazioni dell'On. Fassino circa il ruolo del futuro Presidente della Repubblica, oltre che fuori luogo e irrispettose delle istituzioni, appaiono quanto mai schizofreniche.
    Cercando cioè di analizzare l'effettivo contenuto della dichiarazione di Fassino, come non scorgere l'incredibile similitudine con la riforma costituzionale rispetto alla quale il centrosinistra invita a votare NO?
    Certamente, l'On. Fassino altro non fa che ricordare la Bozza Amato del dicembre 2003. Ma da allora, politicamente parlando, è passato molto tempo e, soprattutto, è stato promosso un referendum con lo scopo d'impedire che qualcosa di uguale alle parole di Fassino possa divenire Testo costituzionale.
    A meno quindi di smentite o di rettifiche da parte del segretario DS, non si può far altro che inserirlo tra i sostenitori del Sì al referendum costituzionale del 25-26 giugno.

  2. #2
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    Se è per il NO, faccia qualcosa di concreto per il NO, anziché ipotizzare accordi per l'elezione del Presidente della Repubblica che corrispondono soltanto alla riforma costituzionale del centrodestra.

  3. #3
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    un conto è fissare questa cosa come legge costituzionale, un conto è fissarla come patto tra forze politiche revocabile in ogni momento

  4. #4
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    L'articolo citato nel messaggio iniziale è viziato da una "piccola" omissione: sottace del tutto, infatti, che qualora vincessero i SI al referendum costituzionale, le c.d. norme antiribaltone (che in realtà sono "norme di onnipotenza del premier") entrerebbero in vigore solo dal 2011; e non si applicherebbero quindi comunque a questa legislatura.

    Questa "piccola" omissione la stanno facendo in molti ormai; tipo Sergio Romano, che ogni giorno scrive un articolo diverso per invitare il csx a sostenere la devolution "perché questo rafforzerà i poteri di Prodi".

    Inultile dire che più che di una "piccola omissione" si tratta di una gigantesca, interessata menzogna.

  5. #5
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    il referendum sarà un grosso problema. Un grosso successo di NO eviterebbe il federalismo fiscale serio e una certa riforma della costituzione necessaria e proposta, come già citato, da molti a sinistra. Sarebbe una vittoria dei conservatori e della parte piu' chiusa del Meridione.
    Allo stesso tempo una vittoria del si aprirebbe con una sconfitta il governo Prodi e sopratutto creerebbe dei grossi problemi istituzionali, come il premierato forte e lo schizofrenico senato delle regioni. Svilirebbe inoltre il parlamento.
    E' x questo ke la mia speranza sia un 51 a 49...x i no...
    purtroppo xo, dato ke sarà fatto a fine giugno, al sud andranno al mare e al nord andranno a votare con la tragica conseguenza ke vincerà 55 a 45 il SI

  6. #6
    federica1980
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    Citazione Originariamente Scritto da antonio
    Fassino e' tra i sostenitori del NO.
    sei sicuro di questo?

  7. #7
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    ma nn facciamo ridere i polli, bisogna augurarsi un fottutto 79% per il no

  8. #8
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    E questa è l'interpretazione di Sergio Romano

    07 maggio 2006
    La Quercia e i rischi di una diarchia di governo
    La tentazione presidenzialista

    Confesso di non avere capito se l’Unione abbia fatto un passo indietro per meglio rilanciare la candidatura di Massimo D’Alema o voglia effettivamente discutere con l’opposizione la scelta della persona che dovrà diventare presidente della Repubblica. Ma per il momento, dopo avere letto le dichiarazioni di Piero Fassino al Foglio, dobbiamo presumere che il suo partito non abbia rinunciato a sostenere la candidatura del suo presidente. Il segretario dei Ds dice che è ora di chiudere la fase della «guerra». Si rende conto che una metà del Paese ha votato per l’opposizione e promette che il governo Prodi «si farà carico delle scelte di chi lo ha preceduto nel nome dell’interesse nazionale ». Non vuole una repubblica presidenziale ma sostiene che il capo dello Stato debba essere il garante di una fase nuova e gli assegna quattro compiti.
    In primo luogo, se vi sarà crisi, dovrà sciogliere il Parlamento e chiedere al Paese di tornare alle urne. In secondo luogo, come presidente del Consiglio superiore della magistratura, dovrà «evitare ogni possibile cortocircuito tra giustizia e politica». In terzo luogo dovrà favorire, sulle grandi questioni internazionali, «la massima intesa possibile ». In quarto luogo dovrà vigilare dal Colle affinché, dopo la bocciatura del referendum confermativo sulla riforma del governo Berlusconi, si «porti a conclusione una transizione costituzionale da troppi anni incompiuta ». Non è tutto. Per assumere pubblicamente questi impegni il candidato potrebbe presentare «ai mille grandi elettori, che da lunedì voteranno, una specie di programma presidenziale sul quale chiedere un consenso diffuso».
    E’ un progetto interessante in cui Fassino fa qualche implicita ammissione. Riconosce, senza dirlo espressamente, che vi sono stati cortocircuiti fra giustizia e politica, che la sinistra non può fare da sola la politica estera e che il centrodestra ha avuto il merito di mettere all’ordine del giorno la riforma della Costituzione. Ma contraddice la premessa delle sue dichiarazioni. Quella che il segretario dei Ds ha delineato non è forse una «repubblica presidenziale» ma prefigura uno Stato alquanto diverso da quello in cui, con qualche ipocrisia, abbiamo vissuto negli ultimi cinquant’anni. Nessun candidato al Quirinale, sinora, ha chiesto voti sulla base di un programma. E nessun candidato, in particolare, si è impegnato a sciogliere il Parlamento in una specifica circostanza.
    La «manovra antiribaltone», che il centrodestra vorrebbe inserire nella Costituzione, diventerebbe così parte integrante del programma presidenziale e darebbe al capo dello Stato un potere di controllo sul governo. Installato al Quirinale, infatti, D’Alema potrebbe aiutare Prodi a mantenere intatta la sua maggioranza (la prospettiva delle elezioni anticipate è un efficace deterrente contro i ricatti di palazzo) ma potrebbe anche orientare indirettamente la linea politica dell’esecutivo. Quella che Fassino propone, quindi, è una sorta di diarchia, vale a dire una sostanziale modifica del sistema politico come si è andato formando, sulla base della Costituzione, nella storia della Repubblica.
    Il suo capo dello Stato sarebbe in alcuni casi il «presidente di tutti gli italiani» ma anche, contemporaneamente, il garante del governo in carica e il suo tutore (e tale sarebbe soprattutto se non venisse eletto con una larga maggioranza, ma dopo la terza votazione con il solo sostegno della sua parte). Insomma, quello di Fassino, che piaccia o meno, non è un programma politico: è una riforma costituzionale.
    Sergio Romano

  9. #9
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    Citazione Originariamente Scritto da Bennah
    L'articolo citato nel messaggio iniziale è viziato da una "piccola" omissione: sottace del tutto, infatti, che qualora vincessero i SI al referendum costituzionale, le c.d. norme antiribaltone (che in realtà sono "norme di onnipotenza del premier") entrerebbero in vigore solo dal 2011; e non si applicherebbero quindi comunque a questa legislatura.

    Questa "piccola" omissione la stanno facendo in molti ormai; tipo Sergio Romano, che ogni giorno scrive un articolo diverso per invitare il csx a sostenere la devolution "perché questo rafforzerà i poteri di Prodi".

    Inultile dire che più che di una "piccola omissione" si tratta di una gigantesca, interessata menzogna.
    Nessuna omissione.
    Basta rileggere per trovare la precisazione:

    Perché è soltanto nel caso della vittoria dei Sì (e per altro dall'entrata a pieno regime del nuovo testo) che le dichiarazioni dell'On. Fassino potrebbero essere considerate come una mera anticipazione di quello che il Presidente della Repubblica non avrà più nella disponibilità di fare.

    Per l'appunto, le dichiarazioni di Fassino sono una mancanza di rispetto verso le istituzioni proprio perché, a Costituzione vigente, vincolare il Presidente della Repubblica alle sue intenzioni non si può fare.

  10. #10
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    Citazione Originariamente Scritto da Francor
    Nessuna omissione.
    Basta rileggere per trovare la precisazione:

    Perché è soltanto nel caso della vittoria dei Sì (e per altro dall'entrata a pieno regime del nuovo testo) che le dichiarazioni dell'On. Fassino potrebbero essere considerate come una mera anticipazione di quello che il Presidente della Repubblica non avrà più nella disponibilità di fare.
    Mi riferivo all'articolo di Ragusa nel post iniziale e a vari articoli che Romano ha scritto su Panorama e sul Corriere nei giorni scorsi; evidentemente oggi qualcuno glielo ha fatto notare, e lui ha capito.

 

 
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