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  1. #1
    ardimentoso
    Ospite

    Predefinito Fiamma Tricolore: programma per Roma. Rivoluzionario

    PREFAZIONE

    Da almeno 25 anni assistiamo ad un calo di partecipazione popolare alla vita politica del Paese. Solo un sensibile, quanto pericoloso, innalzamento dei toni desta la nostra sonnolente attenzione nei confronti di un dibattito politico, che ha più il gusto di becera polemica “da bar” che non di vero e proprio confronto sulle visioni della realtà.
    La variegata composizione delle coalizioni impedisce una seria presa di posizione, potendo rinvenire in entrambe sfumature politico/ideologiche affini alle proprie. Se ritengo – e non è il nostro caso – che i valori e la tradizione cattolica debbano informare lo Stato, o che la sicurezza passi attraverso politiche di controllo dell’immigrazione, o ancora che l’eccessiva burocratizzazione spezzi l’iniziativa privata, o che è fondamentale ridurre l’imposizione fiscale al fine di rilanciare l’economia, troverò forze politiche che sostengono queste mie convinzioni da una parte e dall’altra.
    Entrambe gli schieramenti si sono strutturati in modo da poter, almeno in potenza, contenere tutto ed il contrario di tutto.
    La polemica ad oltranza, arma che l’opposizione utilizza per dimostrare l’inaffidabilità del governante di turno, stanca le nostre orecchie non assumendo il sapore del duro scontro politico, ma della guerra per il raggiungimento del potere (si pensi alla polemica trasversale sulla TAV).
    Tangentopoli prima, i recenti scandali in materia di acquisizioni poi –banche, assicurazioni, testate giornalistiche ecc. – hanno trasmesso in tutti noi l’impressione che la politica si sia trasformata, nel corso del tempo, in una sordida lotta per i soldi, della quale tutti noi siamo spettatori paganti.
    La mancanza assoluta di personaggi politici di spessore incrina la nostra naturale propensione a seguire ed approfondire fatti ed iniziative che potrebbero avere risvolti concreti sulla vita di una comunità. Il dibattito, oramai prevalentemente incentrato sulla distribuzione di cariche e poltrone, non ci interessa più.
    Ebbene, la disarmante mancanza di contenuti politici, unita alla frequente circostanza della loro elusione di fronte al rischio di piccole perdite di consensi, ci ha disabituato a leggere e valutare i documenti politici, troppo spesso evasivi nei contenuti, vaghi sulle iniziative, inconsistenti nella struttura ideologica.
    Il termine “interesse nazionale” è pressoché scomparso e sulle iniziative politiche tese a tutelarlo – trasporti, energia, mercato, sanità ecc. – vi è una volontaria mancanza di chiarezza, alimentata dalla necessità di evitare dissidi interni alle coalizioni.
    Il programma elettorale della Fiamma Tricolore si configura invece, come insieme di iniziative, rivoluzionarie in senso letterale, che non lascino spazio alle interpretazioni; si basano sulla osservazione della realtà, sullo studio della realizzabilità politico/economica e sulla convinzione che una terza via è esistita ed esiste in forma attuale, anche se coperta da anni di menzogne e revisioni storiche ad uso e consumo di politici, banchieri e speculatori nascosti sotto la spessa coltre di un regime catto/comunista.
    Ecco perché ci auguriamo, dal più profondo del cuore, che chiunque si avvicini a questo programma – che ha più il sapore di un manifesto politico – lo faccia senza preconcetti, senza l’annoiato atteggiamento di chi non crede più in nulla, senza l’accondiscendenza e la presunzione di chi “sa come va il mondo”, senza lo sconforto di dover leggere per 15 minuti di seguito e, soprattutto, con la consapevolezza che solo “cambiando gioco” si vince la decisiva partita contro l’ultima moda politica: il liberismo senza controllo in ogni ramo e settore della nostra vita.

    Unitevi a noi nel dire basta alle argomentazioni “su misura”; dimostrate al mondo politico che non è più il tempo di dire solo ciò che si può riassumere in versione “pocket”; basta con le frasi ad effetto nella manciata di secondi messi a disposizione nei pochi dibattiti politici ai quali siamo invitati; basta alle domande sul passato ed al velo di silenzio intorno alle proposte per il futuro.
    Tutto ciò che abbiamo scritto e proposto per l’amministrazione della Capitale, è realizzabile; basta solo essere in grado di raccontarlo.

    Soluzioni Radicali
    Nel programma che segue abbiamo volontariamente evitato di soffermarci su quei temi che, seppur cari a tutti coloro che amerebbero “vivere” e non “usare” la nostra città, costituiscono fondamento ideologico della Fiamma Tricolore.
    Ci siamo limitati insomma a disegnare ed affrontare la situazione “globale”, convinti come siamo che questa rappresenti, per una metropoli, la vera causa di tutti i mali.
    Roma è una città – per noi è LA CITTA’ – destinata ad divenire, entro un breve lasso di tempo, vera e propria Capitale, con propri settori di esclusiva competenza – attualmente detenuti dalla Regione – e con propria autonomia legislativa; per questo riteniamo che la capacità di trovare soluzioni radicali e rivoluzionarie a problemi che rappresentano il male di tutte le grandi metropoli, sia presupposto fondamentale per chiedere al Popolo romano il proprio sostegno.

    Non ci soffermeremo dunque sul problema di zingari ed extracomunitari – privilegiati in tutto dall’attuale amministrazione capitolina – su clandestini e sicurezza – bisogna aspettare che una romana sfortunata venga sequestrata e violentata dal branco per 5 giorni, prima di porre fine allo scempio di uno dei parchi più belli di Roma, il Colle Oppio – sulla cronica mancanza di asili – presupposto fondamentale per un vera politica di sostegno alla Famiglia – sulla viabilità – l’unica politica seguita da 15 anni a questa parte, sembra quella di recapitare, agli automobilisti romani, multe fantasma per sottoporre i loro mezzi a fermo giudiziario a loro insaputa – sui trasporti pubblici – i pochi chilometri di metropolitane esistenti sono una vera e propria roulette russa per coloro che ne fruiscono, sia dal punto di vista dell’efficienza, sia da quello della sicurezza – sul commercio – pare che l’unica pratica a suo sostegno sia stata quella di permettere, grazie al nuovo piano regolatore, l’edificazione di migliaia di metri cubi per centri commerciali di multinazionali del settore, o favorire (sinonimo di “non contrastare”) l’arrivo di orde di ambulanti abusivi.

    Abbiamo ritenuto che la linea politica di un partito come la Fiamma Tricolore sia, in simili materie, noto ai più e che l’amministrazione di una città che è stata “faro di civiltà” passi attraverso la creazione di un senso civico e di appartenenza (a ciò serve la Partecipazione Sociale al Bilancio), attraverso la definitiva risoluzione del dramma “casa”, senza la proprietà della quale tutti ci sentiamo insicuri (Mutuo Sociale), attraverso la garanzia di alcuni bisogni primari e la difesa di diritti inalienabili da logiche privatistiche e speculative (contro la Privatizzazione dell’acqua), attraverso la garanzia di un lavoro duraturo e partecipato, senza il quale vengono a mancare i presupposti perché la Comunità Romana si perpetui (Socializzazione delle imprese controllate dal Comune).

    Riteniamo che avere soluzioni preconfezionate per ogni più piccolo problema, sia proprio degli sciocchi e dei bugiardi, ma siamo certi che onestà morale, competenza tecnica, sudore e volontà – qualità per noi dimostrabili e dimostrate nell’azione politica quotidiana – rappresentino il miglior programma in circolazione.

  2. #2
    ardimentoso
    Ospite

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    MUTUO SOCIALE

    Analisi e valutazioni sulle politiche abitative

    Negli ultimi sessant’anni si è assistito ad un progressivo slittamento dalla condizione di affittuari a quella di proprietari.
    Tale fenomeno ha vissuto una sensibile accelerazione a partire dai primi anni 80. Dal 1961 al 2001 si è registrato un decremento degli immobili in affitto del 29%. Parallelamente si è assistito ad un incremento degli alloggi in proprietà del 26%.



    L’evento in questione, seppur in apparenza incoraggiante, contiene al suo interno le cause scatenanti di quella che ad oggi è considerata, da tutte le forze politiche e sociali, la più grave emergenza del Paese: quella abitativa.
    Prima tuttavia di passare all’analisi della condizione descritta, occorre sottolineare come essa nasconda una delle più grosse menzogne dell’Istituto di Statistica (ISTAT), vero e proprio travisatore di una realtà concretamente e quotidianamente percepita come tale: quando si afferma che il 70% degli italiani è proprietaria di casa, si omette di considerare la percentuale di famiglie che, non essendo in grado di sostenere gli attuali affitti, abbia fatto ricorso ad un indebitamento – reso possibile dai bassi tassi di interesse sui mutui stipulati sul finire degli anni novanta – eccessivo se paragonato alle entrate della famiglia stessa.

    A tutti voi “proprietari” che pagate un mutuo spesso vicino al 50% delle entrate complessive della famiglia rivolgiamo questa domanda: che succede se vicissitudini che sempre più spesso colpiscono il mercato del lavoro, causano la perdita del lavoro?
    La risposta è semplice quanto inquietante: la banca vi toglie la casa.
    Ed a tutti coloro che hanno accesso mutui trentennali e che, magari, hanno da pochi mesi cominciato a pagare le rate, chiediamo: vi sentite proprietari di casa? Ebbene secondo l’ISTAT voi lo siete a tutti gli effetti.

    Ecco dunque la prima e clamorosa menzogna, in grado da sola di alterare le politiche abitative di Istituzioni locali e statali: il 70% degli italiani è proprietario di casa. Una cosa è certa: anche avendo restituito alla banca solo l’1% del capitale finanziato ed essendo quindi proprietari di una corrispondente frazione di immobile, l’ICI lo pagate per intero. Per questo la Fiamma Tricolore intende proporre e, ove ce ne fosse data la possibilità, realizzare l’abolizione dell’ICI sulle prime case di proprietà abitate, aumentando la percentuale dell’imposta su quelle successive alla prima.
    Ma come si può spiegare il progressivo, quanto repentino, slittamento da un “orientamento” all’affitto a quello all’acquisto, ben rappresentato di grafici sottostanti? Basta consultare la dinamica dei prezzi per l’affitto degli ultimi anni per comprenderne la causa.


  3. #3
    ardimentoso
    Ospite

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    Come ben rappresentato nella tabella sottostante, nel comune di Roma il canone medio di affitto è aumentato del 91% (quasi del doppio), circostanza questa che ha certamente spinto i cittadini della capitale verso forme di indebitamento a lungo termine quali i mutuo bancari per l’acquisto, sebbene onerosissimo, di una casa di proprietà (con le avvertenze di cui sopra).



    A riprova di quanto appena affermato, basti soffermarsi sui dati sotto riportati.


  4. #4
    ardimentoso
    Ospite

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    L’incremento della domanda è certamente una delle cause della crescita dei prezzi di vendita di alloggi ad uso residenziale.
    Tale crescita è stata seguita con attenzione da piccoli risparmiatori e grandi speculatori (Ricucci, Gnutti, Billè, Consorte ecc.) i quali, in presenza di elevate disponibilità finanziarie, garantite loro da banche conniventi con i forzieri pieni a danno dei correntisti (vedi Popolare di Lodi), hanno messo in atto una politica di acquisizione di massa – resa possibile dalle ingenti alienazioni di patrimonio immobiliare pubblico – che ha alimentato la bolla speculativa tutt’ora in essere.
    I prezzi di vendita degli immobili rappresenta la testimonianza più evidente di quanto appena affermato.



    La politica pubblica nel settore non ha certamente contribuito a calmierare le storture di un libero mercato – soprattutto nel campo abitativo – per sua natura poco attenta alle necessità del popolo italiano.
    Basti pensare che, mentre in Italia (ed il comune di Roma non si discosta da questo orientamento) la quota di patrimonio immobiliare pubblico raggiunge appena il 4% sul totale della abitazioni, non così è in altri paesi europei, dove il concetto di Stato Sociale è stato meglio recepito o, più semplicemente, smantellato con minore scientificità e determinazione dai liberisti senza freni e dai “compagni” di Veltroni.



    Come si evince dalla tabella soprastante, non si può certo affermare che le istituzioni (Governo, Regioni, Comuni) abbiano investito risorse destinate alla costruzione di edilizia residenziale pubblica, tesa ad impedire lo scivolamento di migliaia di famiglie nello stato di povertà e, conseguentemente, di disagio abitativo.
    La linea politica seguita si è direzionata verso provvedimenti tesi ad incentivare gli affitti di tutti coloro che di appartamenti ne posseggono più d’uno (sapevate che davanti allo Stato Italiano chi possiede meno di 100 appartamenti viene definito “piccolo proprietario”?)
    Non costruzione di manufatti edili destinati alle categorie svantaggiate, ma soldi dati ai grandi proprietari quale contributo in conto affitto.
    Ed il progressivo contenimento della quota dell’impegno pubblico sulla realizzazione di edilizia residenziale è assolutamente emblematica.

  5. #5
    ardimentoso
    Ospite

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    Il Governo italiano destina solo lo 0,07% alla casa, contro una media europea (ci riferiamo all’Europa vera, non quella con la Turchia) dello 0,72%.
    La tabella sottostante appare emblematica di un orientamento già descritto: pochi soldi per la costruzione di case da assegnare alle fasce deboli – sempre più numerose in quanto accresciute da nuove tipologie: precari, giovani coppie, anziani che non sopravvivono all’euro, disabili cui non viene garantita l’assistenza ecc. – ma contributi ai grandi proprietari per incentivare l’affitto del proprio patrimonio lasciato sfitto.


  6. #6
    ardimentoso
    Ospite

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    Sin qui la situazione generale, ora vediamo quali misure sono state adottate dal Comune di Roma per arginare un fenomeno che, solo nella capitale, ha portato allo sfratto esecutivo più di 10.000 famiglie: immaginate una città come Pomezia integralmente sfrattata in quattro anni.

    Nella capitale, mentre si celebravano notti bianche, feste pazze, concerti miliardari, inaugurazioni di brutture architettoniche che deturpano e sviliscono l’animo imperiale di una città millenaria, 273 famiglie sono senza fissa dimora o ricoverate in centri di accoglienza diurna, 21 mila famiglie si trovano in stato di coabitazione o sovraffollamento, di cui il 22% sono anziani e disabili – alla faccia della festa del nonno – 496 sono le famiglie ancora presenti nei residence, 1.500 le famiglie con contributo mensile per condizioni di grave disagio sociale sfrattate, 26.500 le domande ammesse alla graduatoria del diritto alla casa, 17.000 le domande per il buono casa con i requisiti per averlo, di cui il 27% è costituito da anziani e disabili.

    Dai dati appena riportati risulta evidente quanto insufficienti siano state le misure adottate dall’autorità comunale per calmierare gli effetti di una condizione socio-economica fortemente compromessa da una incidenza del costo per affitto sul reddito familiare vicina al 50%.
    Considerato che lo stipendio medio di un operaio/impiegato ammonta a 1.200 euro, come si può pensare di crescere una famiglia se i canoni di locazione medi per 75 mq in un grande centro urbano è di 1.074 euro?
    La risposta è semplice quanto sconvolgente: sconfinare al di sotto della soglia di povertà e cadere in disagio abitativo non è più rischio esclusivo di ceti particolarmente svantaggiati, ma proprio di quello che una volta si definiva “ceto medio”.

    Di fronte al dilagare dell’emergenza abitativa aumentano le risorse finanziarie destinate dal comune al settore in questione, ma non varia la linea politica seguita: non costruzione di edilizia popolare, il cui effetto primario sarebbe quello di calmierare i prezzi di mercato, ma contributi in conto affitto (da dare quindi ai grandi proprietari) denominati “buoni casa”. Nell’anno in corso il comune ha potuto contare su trasferimenti per l’emergenza abitativa da regione e governo per un ammontare complessivo di 29.377.242 ed invece di utilizzarli per costruire nuove case, li butta per soluzioni tampone non risolutive ed all’insegna di un assistenzialismo che nulla ha a che fare con lo Stato Sociale che noi intendiamo.

    Il 4 ottobre 2005 l’assessore al patrimonio, Minelli, annunciava lo stanziamento di 118 milioni di euro per l’emergenza case; interrogato dall’intervistatore l’assessore recitava testualmente “puntiamo molto sul rilancio di una politica degli affitti”. Nessun diritto alla proprietà della casa, solo la speranza di riuscire a pagare un affitto per tutta la vita.
    D’altra parte cosa si potrebbe aspettare da un’amministrazione che, dopo più di 30 anni, approva un nuovo piano regolatore, lo fa in periodo di totale emergenza abitativa, e non individua le aree destinate all’edilizia pubblica?
    Ed ancora: quale prospettiva di crescita per una popolazione la cui fascia giovanile è impossibilitata a creare una propria famiglia per mancanza delle basilari condizioni di crescita e sviluppo (casa, lavoro e assistenza alla maternità)?

    A tutto ciò la Fiamma Tricolore si oppone. A sprechi, assistenzialismo che incatena il popolo romano, connivenze con “palazzinari” vecchi e nuovi, consulenze d’oro per amici, sostenitori e curatori d’immagine, la Fiamma Tricolore dice BASTA.

    L’emergenza abitativa è la degenerazione del libero mercato in un settore che necessita di regolamentazione; la Fiamma Tricolore propone, quale soluzione definitiva, per il diritto alla PROPRIETA’ DELLA CASA il MUTUO SOCIALE.

  7. #7
    ardimentoso
    Ospite

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    In poche parole, creare un fondo comunale destinato alla costruzione di case e quartieri a misura d'uomo con soldi pubblici e che venda a prezzo di costo queste case a famiglie non proprietarie con la formula del mutuo sociale: ovvero una rata di mutuo senza interesse, una rata che non superi 1/5 delle entrate della famiglia, una rata che viene bloccata in caso di disoccupazione, una rata che non passa attraverso le banche...

    PRIMA PARTE
    Il Fondo Comunale per il Mutuo Sociale
    Sarà destinato all’ATER (ex IACP) con la destinazione specifica di costruire nuovi quartieri con modelli di bioarchitettura tradizionale, a bassa densità abitativa e con tecniche innovative in materia di fonti energetiche rinnovabili.
    .
    Il Fondo Comunale per il Mutuo Sociale dovrà essere utilizzato per la costruzione dei nuovi quartieri in terreni gratuiti del pubblico demanio, individuati attraverso apposita variante al Piano Regolatore appena approvato per la gioia dei “soliti noti palazzinari romani”.
    .
    Il Fondo Comunale per il Mutuo Sociale, per la progettazione dei quartieri, non deve pagare famosi e costosi architetti, ma bandire prestigiosi concorsi fra giovani architetti e istituti universitari di architettura e urbanistica.
    .
    In questo modo, il Comune non paga terreni, non paga concessioni e tasse e non paga progetti.
    Abbatte così i costi di costruzione in maniera radicale.
    Inoltre il Comune, in qualità di ente pubblico, non mira al profitto.
    .
    Questo permetterà di vendere le case costruite a reale prezzo di costo, calcolando esclusivamente materiali edili e manodopera.
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    Il prezzo finale per una casa di 100m2 costruita a queste condizioni è di circa 150.000 Euro! E stiamo parlando di una bella casa, in palazzi bassi con massimo 5 nuclei familiari per palazzina, in quartieri costruiti nel verde, in quartieri costruiti attorno all'uomo, con rispetto per le esigenza comunitarie... Stile Garbatella per intenderci, non i casermoni sovietici stile Corviale o Laurentino38.
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    Le case di questi quartieri devo essere assegnate a famiglie non proprietarie con la formula del MUTUO SOCIALE.
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    MUTUO SOCIALE significa vendita a rate da parte dell' ente per il MUTUO SOCIALE alla famiglia che accede al mutuo.

    L'ente vende a prezzo di costo, ossia allo stesso prezzo che è stato pagato dall'ente per la costruzione, e senza interessi applicati alla rateizzazione.
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    Come primo atto dell'assegnazione di un MUTUO SOCIALE le famiglie non ricevono denaro ma una casa di nuova costruzione.

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    SECONDA PARTE
    Le regole
    Possono accedere al MUTUO SOCIALE solo famiglie in cui nessun componente del nucleo risulti proprietario di altro immobile.
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    Visto il carattere permanente della formula del MUTUO SOCIALE possono accedere solo famiglie con cittadinanza italiana e residenti da almeno 5 anni nella regione. Per le altre rimangono le altre forme di assistenza alloggiativa.
    .
    La famiglia paga il MUTUO SOCIALE con una rata che non può superare 1/5 delle entrate economiche familiari. Ossia se la famiglia ha entrate per 1000 euro la rata del MUTUO SOCIALE è di 200 euro mensili.
    .
    Se tutti i membri maggiorenni della famiglia risultano disoccupati la famiglia può dichiarare lo stato di TOTALE DISOCCUPAZIONE e il pagamento del mutuo viene interrotto senza che si perda il diritto di proprietà. La famiglia riprenderà il pagamento del mutuo quando tornerà ad avere introiti economici.
    .
    La famiglia che dichiara lo stato di TOTALE DISOCCUPAZIONE viene seguita costantemente da un'assistente sociale inviato dal Municipio di pertinenza. Le funzioni dell'assistente sociale sono di aiuto sociale mirate all'ottenimento di un nuovo lavoro ma anche di controllo. Qualora l'assistente sociale scopra che una componente della famiglia che dichiara TOTALE DISOCCUPAZIONE in realtà lavora e dichiara il falso per non pagare il mutuo la famiglia in questione perderà il titolo di proprietà e la casa sarà assegnata ad un'altra famiglia.
    .
    La proprietà della casa acquisita con MUTUO SOCIALE è vincolata: la casa non può essere rivenduta, affittata, messa a garanzia di un prestito o ipotecata. La casa ottenuta con mutuo sociale è quindi economicamente inerte e deve essere utilizzata esclusivamente come abitazione per la famiglia che ne è proprietaria.
    Non può essere quindi né pignorata né confiscata.

    .
    Come si finanzia il Fondo Comunale per il Mutuo Sociale:
    ovvero dove il Comune trova i fondi per costruire le case da assegnare a mutuo sociale.
    .
    Inizialmente esclusivamente utilizzando i fondi statali (si pensi solo che dal 2000 al 2007 il governo ha stanziato per l’emergenza abitativa quasi 200 milioni di euro) regionali e comunali (vedi sopra) a disposizione per l'emergenza abitativa, per le politiche di edilizia residenziale pubblica e i fondi europei specifici. In una seconda fase utilizzerà le entrate derivanti da i pagamenti mensili delle rate del MUTUO SOCIALE e le entrate derivanti dall' affitto dei locali commerciali dei nuovi quartieri. Si creerà in questa maniera un circolo finanziario che non necessità di continui finanziamenti da parte dello Stato.

  8. #8
    ardimentoso
    Ospite

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    PARTECIPAZIONE SOCIALE AL BILANCIO
    Cos’è la Partecipazione Sociale al Bilancio?

    In poche parole possiamo definirla come il processo, organizzato e guidato dall’amministrazione, con il quale il cittadino viene chiamato a partecipare a scelte inerenti la destinazione di spesa di una parte del bilancio comunale e municipale.
    Si tratta in sostanza di individuare alcune voci di spesa nei bilanci municipali e comunali, che abbiano ripercussioni dirette sulla vita dei cittadini – cultura, sport, viabilità di quartiere ecc. – e sottoporne la destinazione all’assemblea cittadina costituita secondo le norme stabilite.
    Essa rappresenta l’applicazione di un aspetto della socializzazione, intesa come partecipazione degli uomini, cittadini e lavoratori, alla gestione della “cosa pubblica” come dell’impresa.
    Nasce dalla necessità di coinvolgere i cittadini per la risoluzione di determinati problemi che riguardano il territorio in cui vivono, favorendone l’interessamento e la partecipazione. In tal modo si stimola la responsabilizzazione delle persone che si possono riavvicinare così alla politica intesa nel senso classico del termine, ossia come cura dell’interesse della comunità. L’attuazione della PSaB è anche una palestra di vita allo scopo di formare un’opportuna coscienza civica e di costruire una vera e propria comunità di uomini e donne sensibili allo sviluppo e alla vita del proprio territorio.

    L’esperienza Romana

    La passata amministrazione Veltroni aveva nel programma l’attuazione di quello che loro chiamano impropriamente “Bilancio Partecipativo”. L’ennesima promessa andata a vuoto. Nella giunta comunale tale tema lo si ricorda esclusivamente poiché ha consentito al sig.re D’Erme di avere una bella e comoda poltrona d’assessore.
    In tutti i municipi l’attuazione di tale pratica non ha avuto gioco facile, probabilmente per i delicati equilibri da circo Barnum che regolavano i bilancini della multicolore compagine governativa. In un solo municipio, l’XI, si è fatto qualche passettino in più; qui, il “bilancio partecipativo” è stato attuato almeno nella forma strutturale. Purtroppo è da rilevare che le uniche cose che sono uscite fuori da tale processo hanno riguardato quasi esclusivamente “cose” di prevalente interesse per gli “amici degli amici”. Veramente poca roba. Rimanendo sempre in zona salta all’evidenza la scarsa partecipazione dei cittadini poco informati e come le poche richieste “concrete” uscite fuori dai dibattiti, sono rimaste lettera morta: le pensiline alle fermate dei bus, la pulizia e la messa in sicurezza degli spazi verdi, una qualche soluzione per il traffico che attanaglia soprattutto le zone nei pressi dell’ardeatina. Niente di tutto ciò.
    Simpatico è poi il fatto che questo bel successo sia stato documentato con un bel libro. Finanziato dall’amministrazione ovviamente.

    Obiettivi e Strumenti attuativi

    Obiettivi
    Lo strumento tende a perseguire tre obiettivi :
    a) riavvicinamento dei cittadini alla politica, creando gradualmente l’idea di un governo condiviso della città;
    b) attivazione di sistemi virtuosi di gestione della “res publica”, in quanto una maggiore partecipazione dovrebbe comportare una maggiore legittimazione ed una maggiore equità nell’amministrazione del patrimonio erariale;
    c) ampliamento della partecipazione cercando di coinvolgere gli strati di popolazione normalmente esclusi dai meccanismi decisionali, superando le consuete modalità d’interessamento passivo dei cittadini.

    Strumenti
    Il percorso attuativo, ossia quegli strumenti che posti in essere consentono la finalizzazione del progetto PSaB all’interno del Comune sono:
    a) All’interno della struttura municipale necessita la creazione di un luogo adibito allo scopo. Può essere sufficiente l’istituzione di un ufficio del consigliere delegato che, avvalendosi secondo necessità anche di consulenti esterni, costituirebbe il luogo d’assemblaggio iniziale e sintesi finale.
    b) Il dibattito avviato, oltre che permanente dovrà essere anche itinerante. Pertanto è necessario un monitoraggio costante dell’intero territorio inteso come ascolto dei cittadini.
    c) Regolamentazione dei momenti partecipativi che costituiscono il dibattito. Nelle piccole realtà il coinvolgimento può essere generalizzato mediante la convocazione in apposite assemblee pubbliche. In quelle più grandi ci si avvale dell’apporto di associazioni già presenti sul territorio. Obbligo dell’amministrazione, resta in ogni caso il perseguimento del maggior coinvolgimento possibile, soprattutto di quelle frange di popolazione normalmente escluse dal dibattito politico/sociale.
    d) Realizzati i punti precedenti vi saranno le condizioni per proseguire nel percorso. Le amministrazioni a tal punto utilizzeranno lo strumento ritenuto più idoneo (assemblee, consulta delle associazioni in senso lato), per avviare un confronto che dovrà essere giocoforza basato su effettive intenzioni e lealtà. Cioè, una volta stanziati i fondi e convocate le assemblee, vi sia l’effettiva disponibilità e volontà ad accettare le indicazioni che verranno per l’utilizzo delle risorse. Dal confronto scaturirà quell’elaborazione progettuale che verrà recepita dall’amministrazione.
    e) Nel caso l’elaborazione progettuale rivesta un carattere di particolare complessità potranno essere necessari ulteriori passaggi di approfondimento, quali il confronto con organi tecnici competenti, che ne possano verificare l’effettiva fattibilità.
    f) Al termine del percorso, la struttura che si occupa della redazione del bilancio all’interno dell’ente, si impegnerà ad eseguire le determinazioni assunte in merito alla destinazione delle risorse. Tale passaggio riveste una connotazione puramente tecnica ed esecutiva.

    Conclusioni

    E’ evidente che i percorsi di partecipazione abbiano bisogno di tempi lunghi e, almeno nella forma globale, di costanza e pazienza. E’ determinante comunque una capacità di radicamento dei nuovi processi, in quanto si tratta di trasformare uno strumento di gestione ordinaria, in uno strumento politico attraverso cui veicolare l’azione democratica. Tale strumento appare come ideale per contrapporre un’idea di politica prossima al cittadino a quell’idea ormai comune di politica asservita alla “dittatura” dei poteri forti, che perseguono il solo scopo di rigenerare se stessi. Nel contesto attuale, sottolineare soltanto la “governabilità”, significa equiparare l’azione politica alla gestione di un’azienda il cui unico azionista sono gli interessi dei gruppi che detengono il potere.
    Il PSaB consente invece al cittadino di partecipare attivamente alla gestione amministrativa creando decisioni di governo rilevanti per il futuro del luogo in cui vive. Tale strumento inoltre va ad evidenziare anche le capacità di governare di una comunità, la quale si assumerà una parte di quelle responsabilità fino ad ora completamente a carico di coloro che governano.

    A tutti coloro che, strumentalmente, dovessero definire la proposta come demagogica o, nel migliore dei casi, utopistica, facciamo presente che tale esperienza di governo è mutuata da quella, perfettamente riuscita, di Porto Alegre.
    Porto Alegre, città di tre milioni di abitanti, è la capitale dello stato brasiliano di Rio Grande do Sul.
    Caratterizzata da gravissimi squilibri sociali, ha posto l’amministrazione comunale, che la governa ininterrottamente dalle elezioni municipali del 1988 (quasi come a Roma), di fronte alla necessità di concentrare i propri sforzi nell’inversione delle tradizionali priorità di governo urbano, a partire da un intervento di democratizzazione della gestione istituzionale che fosse in grado di creare un “luogo” di formazione della coscienza civica dei propri cittadini.
    Dal 1989, il comune di Porto Alegre, ha promosso un processo di riforma in senso partecipativo di alcuni settori strategici, con il triplice obbiettivo di valutare meglio necessità ed energie sociali della popolazione, di rifondare la relazione di fiducia tra cittadini ed istituzioni e di ridare significatività all’asfittica capacità di rappresentanza dimostrata negli anni precedenti dalla classe politica al governo della città.
    Il principale di questa articolata operazione è stato l’Orcamento Particepativo inteso quale percorso di accompagnamento nelle scelte della Giunta Municipale in materia di bilancio, ma anche come processo di supporto e rafforzamento della rappresentatività reale dei Consiglieri Comunali rispetto al proprio elettorato.
    Il suo funzionamento è costituito da dibattiti successivi e aperti a tutti i cittadini che accompagna e sostanzia il processo di definizione dei Piani Annuali di Investimento del Comune, cioè di una porzione di bilancio comunale che costituisce linee ed indirizzi delle “spese di capitale”.
    I risultati nel corso degli anni assumono aspetti miracolosi tanto da destare un notevole interesse internazionale, in particolar modo a partire dal vertice ONU di Istambul “Habitat II sugli insediamenti umani” del 1996, quando fu ufficialmente presentato nel novero delle 42 Pratiche Eccellenti mondiali di gestione urbana; inoltre la Banca Mondiale ha scelto Porto Alegre come sede per il “Seminario internazionale della democrazia partecipativa” (12/13 novembre 1999) a motivo della sua significatività come esempio di trasparenza ed efficacia nella gestione finanziaria della città.
    L’emulazione di Porto Alegre è esplosa come una bomba ad orologeria anche in occidente. Comuni francesi, inglesi, spagnoli e tedeschi hanno infatti iniziato a sperimentare graduali forme concrete sui propri territori ed, in alcuni casi, mescolando i riferimenti brasiliani con quelli di autonome sperimentazioni occidentali.
    Questa è la nostra idea di Roma: una città che rappresenti faro di sviluppo, avanguardia in campo amministrativo e non luogo simbolo di concerti, gay pride; una città dove si possano sperimentare nuove ed evolute forme di amministrazione partecipata. Qualcuno pensa che, in presenza di un bilancio municipale “partecipato” dal popolo, avremmo assistito allo scempio di 50 milioni di euro spesi per coprire il luogo simbolo della Roma Imperiale, l’Ara Pacis, con una orrenda “pompa di benzina”? Non è lecito pensare che, potendo scegliere, gli abitanti di Roma avrebbero evitato di far sparire il monumento alla pax augustea, privilegiando magari l’investimento delle risorse in vivibilità dei quartieri?

    Una nuova “Lex Publia” può tornare a prender forma, per dar voce a quelli che a tutti gli effetti sono i nuovi plebei: noi, tutti, l’intero popolo Italiano.
    Lo si deve a chi ha dato tanto nel passato; lo si deve a chi, allo stato attuale, non avrà niente dal futuro: i nostri figli.

  9. #9
    ardimentoso
    Ospite

    Predefinito

    CONTRO LA PRIVATIZZAZIONE
    DELLE ACQUE


    Trovate edificante questa immagine?
    Vi piace l’idea di un sindaco che sappia utilizzare il proprio ruolo istituzionale non solo per la città che amministra, ma anche per portare sostegno e solidarietà a popolazioni lontane e svantaggiate?

    Ebbene il sindaco della Capitale è convinto che simili operazioni di marketing – perché di questo si tratta – contribuiscano a rafforzare la propria immagine di “buono”, di persona attenta ai bisogni di chi sta male, di uomo vicino a chi non ce la fa ed, in quanto tale, amato dai cittadini di questa città.
    Ed allora ecco il “buon” Sindaco intento a dimostrare, con squilli di tromba, fanfare e, soprattutto, ingenti risorse economiche, come sia possibile risolvere il più grosso dramma dei paesi del terzo mondo: la mancanza di acqua.

    Prima di raccontarvi quanta falsità vi sia in quella immagine, quanto pianificato e penetrante sia stato il lavoro, non sul territorio africano, ma sull’immagine di Veltroni, occorre fare una considerazione: mai ci saremmo aprioristicamente opposti ad iniziative tese all’aiuto di popolazioni avversate da storia e condizioni, convinti come siamo che la lotta all’immigrazione clandestina passi attraverso strutturali politiche di assistenza ai Paesi di origine, che l’occidente intero – ma non l’Italia – sia debitore nei confronti di Stati sfruttati, depredati e abbandonati all’epoca, non ancora conclusasi, del colonialismo, che possibilità di sviluppo, anche per i paesi del mediterraneo, esistano in loco.

    Nessuna ideologica presa di distanza, solo tutto il nostro disprezzo verso chi sfrutta e asseta Popoli e Stati, propagandando poi un’immagine opposta alla nuda verità delle circostanze.

    Certamente qualcuno si starà chiedendo il motivo di questo accanimento e cosa abbia spinto la Fiamma Tricolore ad inserire nel proprio programma elettorale – che noi preferiamo definire vero e proprio manifesto politico programmatico, in quanto composto da battaglie che la Fiamma Tricolore avanzerà in qualsiasi istanza ed a qualsiasi livello – una foto raffigurante l’attuale Sindaco mentre pompa acqua da un pozzo di una “esotica” località africana.

    Qualcuno è a conoscenza del fatto che uno dei beni primari per la sopravvivenza dell’intero genere umano, l’acqua, è oggetto di una imponente campagna di privatizzazione?
    Siete al corrente del fatto che la Banca Mondiale ed il Fondo Monetario Internazionale spingono le forze economiche e politiche, naturalmente asservite alle prime, a trasformare l’acqua in bene economico da scambiare sul libero mercato?
    Sapete che, nelle intenzioni di molti amministratori, siete destinati a pagare l’acqua che esce dal rubinetto di casa vostra come se fosse acqua minerale? Siete consci del fatto che l’acqua sia una risorsa comune, primaria per la vita di tutti noi e, soprattutto, esauribile?

    Ebbene poche multinazionali nel mondo – come sempre concentrate in Europa e negli Stati Uniti – stanno compiendo, in tutto il mondo, una politica di acquisizione delle aziende pubbliche incaricate della gestione e della distribuzione del “bene pubblico” acqua; in altri termini si stanno appropriando, non sempre con mezzi leciti, di bacini e sorgenti idriche, di acquedotti e di depuratori al solo scopo di poter vendere il bene pubblico acqua.

  10. #10
    ardimentoso
    Ospite

    Predefinito

    E sapete quale è una delle aziende più attive nel campo di tale scellerata manovra?
    L’ACEA, ex municipalizzata, ora società di diritto privato, quotata in borsa, ed il cui capitale sociale è detenuto, per il 51% dal Comune di Roma e, per la restante parte, da privati quali Caltagirone – che già si è distinto nella storia romana per essere stato uno dei più attivi palazzinari – e dalla multinazionale dell’acqua SUEZ – le cui politiche gestionali, impedendo l’accesso all’acqua, hanno generato sanguinose rivolte nelle aree più povere del mondo.
    Non contenta della gestione delle acque a Roma, Frosinone e rispettive province, l’ACEA ha posto in atto, in qualità di capofila, una politica di acquisizione di Publiacqua spa, società pubblica costituita dai comuni del Medio-Valdarno (Toscana); effetto diretto dell’ingresso di logiche privatistiche – quelle del profitto – nel mercato di un bene pubblico, in molti comuni della Toscana, le tariffe sono quasi raddoppiate, tanto da spingere 43.000 cittadini di quella regione a firmare la Legge di Ripubblicizzazione del Servizio Idrico Nazionale.

    Ma da dove preleva l’acqua questa multinazionale del Comune di Roma? Dal più grande bacino carsico d’Europa, dalle sorgenti del Peschiera-Le Capore, nel Reatino. E già, perché in virtù di una concessione d’uso tacciata di irregolarità e molto poco onerosa, l’ACEA preleva 540 milioni di metri cubi l’anno – su un totale di 560 milioni annualmente sgorganti dalle sorgenti reatine – dai quali ricava enormi profitti, garantendo allo stesso tempo ai romani tariffe idriche particolarmente basse, diversamente dalle comunità reatine, che si ritrovano caricate non solo di notevoli vincoli e costi ambientali, ma anche di tariffe quasi doppie rispetto a Roma.

    In sostanza ACEA spa gestisce i servizi di captazione, approvvigionamento, trasporto e distribuzione dell’acqua potabile in buona parte del Lazio. Ed è dunque l’ACEA, in assenza di qualunque contro pubblico legittimo, che ci dice quanta acqua c’è, di quale qualità ed a quali tariffe. Ma una spa come ACEA, che per sua stessa natura deve fare profitti, che interesse può avere a promuovere il risparmio idrico se è proprio dalla crescita continua dei consumi che trae vantaggio – non è un caso che i cittadini romani siano i più “spreconi” dell’intera regione – o a minimizzare gli impatti dei prelievi, della carenza di depurazione ecc., se questo vuol dire affrontare investimenti consistenti.

    La Fiamma Tricolore è un partito giovane, composto essenzialmente da persone che hanno fatto della militanza un valore, che la vivono come una missione, una vocazione, persone che, a discapito dell’età anagrafica, hanno già collezionato numerose esperienze politiche, alla ricerca di un partito che fosse specchio della loro visione della vita.
    Gente che lavora per un mondo migliore, un mondo dove i lavoratori italiani non siano messi in competizione con quelli cinesi, dove le nostre donne possano passeggiare senza la paura di essere aggredite dal clandestino di turno, dove i nostri figli possano crescere con il senso della giustizia, del valore, della storia – quella vera – e non con il solo mito dell’apparire e del possedere, un mondo dove si produca per consumare e non viceversa, un modo dove le Istituzioni servano i cittadini e non il contrario, un mondo dove casa, lavoro e famiglia siano cardini da tutelare e non merci da trasformare.
    Ebbene questa comunità umana, che da due anni a questa parte tenta con fatica di rifondare un partito maltrattato dalla propria ex dirigenza, è per sua natura ostile alle ingiustizie, contraria alle menzogne, nemica non del potere, ma dell’utilizzo strumentale e personale che gli uomini ne fanno.

    Ecco perché la Fiamma Tricolore non può sopportare la menzogna che la foto d’apertura contiene, non può tacere davanti ad un messaggio che sottende valori non applicati, non può esimersi dal denunciare un fatto gravissimo.
    Mentre il sindaco della nostra città si fa ritrarre nell’intento di fornire acqua ad uno dei tanti popoli assetati del mondo, la sua ACEA travalica i confini nazionali e, con l’ausilio di partner nazionali ed internazionali, si accaparra la gestione di alcune importanti reti idriche in Armenia, Perù (con Impresilo spa) ed Albania, dove si è aggiudicata, nel luglio 2001, la gara internazionale per le attività di assistenza tecnica alla società Greater Tirana Water Supply. ACEA si è inoltre pre-qualificata per la realizzazione del progetto idrico Disi-Amman in Giordania, uno tra i dieci progetti idrici più importanti del mondo.
    E in Honduras dove, nell’agosto del 2000, ACEA ha vinto (capofila di un consorzio di imprese italiane) la gara per l’affidamento della gestione dei sevizi idrici nella municipalità di San Pedro Sula, seconda città nonché principale centro industriale dell’Honduras. Le società coinvolte si sono riunite in un consorzio denominato Aguas de San Pedro S.A.
    Il progetto consiste in una concessione trentennale, rinnovabile per ulteriori 10 anni su accordo delle parti, per somministrare servizi di distribuzione e depurazione delle acque nel Municipio di San Pedro Sula (popolazione di circa 527.000 persone), prima realizzati dalla Division Municipal de Agua, un’agenzia municipale dotata di autonomia nominale e sotto il controllo diretto del Sindaco. Testimonianze raccolte a San Pedro Sula nel corso del 2004, e riportate da un quotidiano hondureno, ci informano che “la gestione si è dimostrata, in parte, disastrosa: in alcuni rioni della città il servizio è pessimo, non tutti i cittadini hanno acqua potabile, né pulita, né sempre.
    Questo ha scatenato proteste nella città ed alcune organizzazioni rionali hanno distrutto i contatori in segno di denuncia e si sono rifiutati di pagare le bollette, dopo che le tariffe sono aumentate in modo inverosimile negli ultimi mesi”. Purtroppo il libero mercato – ma può realmente definirsi libero un mercato che sottrae risorse pubbliche alla comunità umana cui appartengono? – non fa danno solo dall’altra parte del mondo: caso analogo si è verificato ad Arezzo, dove il gestore privato si è rifiutato di manutenzionare la rete idrica a causa dei bassi profitti che le tariffe attuali consentono.
    A quanto pare il caso denunciato da una trasmissione televisiva RAI sulla gestione estera di AMA – colpevole, nell’occasione, di aver lasciato un paese nell’America Latina sommersa dalla spazzatura, con conseguenti ed elevatissimi rischi igienici – altra società privata della quale il Comune di Roma detiene la maggioranza azionaria, non rimane isolato.
    Quanto appena denunciato – le informazioni possono essere facilmente confermate da chiunque abbia minima familiarità con internet – è la rappresentazione di ciò che intendiamo per utilizzo del potere: perché i cittadini romani non sono informati sulle iniziative di una società della quale posseggono la quota di maggioranza? perché il responsabile principale della società in questione – Sindaco di Roma – intraprende dispendiose iniziative d’immagine in Africa, mentre la “sua” ACEA agisce in modo eticamente discutibile nei paesi in via di sviluppo? Perché i notevoli introiti della società controllata dal Comune di Roma – che in questo, come in altri casi, si comporta più come una multinazionale che come un comune – non vengono utilizzati – ammesso che si voglia seguire il detto “i soldi non puzzano” – per eliminare l’ICI sulla prima casa dei romani, per ridurre l’accanimento che il comune quotidianamente dimostra di avere verso gli automobilisti, per riqualificare le numerose periferie della capitale, per garantire maggiore sicurezza a cittadini e turisti?

    Davvero i romani accetterebbero di pagare tariffe idriche ridotte grazie allo sfruttamento di altre comunità umane? Davvero, se sapessero, accetterebbero il rischio di un bene primario e pubblico in mano a multinazionali dedite unicamente al profitto? O non preferirebbero forse poter contare su un servizio qualitativamente garantito da un’azienda a capitale interamente pubblico? Non apprezzerebbero forse una politica che prevenga ed elimini gli sprechi di un bene esauribile?
    La Fiamma Tricolore dice NO ad ogni possibile mercificazione del bene acqua, dice NO ad un liberismo ad oltranza che priva il popolo di ciò che, per legge naturale, gli appartiene. Propone l’affidamento dei servizi idrici ad impresa a capitale interamente pubblico la quale, per vocazione e scopi sociali, ne garantirebbe qualità, risparmio e costi accessibili.

    L’ACQUA E’ DI TUTTI E NESSUNO DEVE POTER PENSARE DI APPROPRIARSENE.

 

 
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