OMNIA SUNT COMMUNIA
Ieri l’incontro ufficiale a Montecitorio (e poi un colloquio a quattr’occhi)
Chavez e Bertinotti: tra Venezuela
e Italia accordi anche economici
Anubi D’Avossa Lussurgiu
«Buenas tardes, muchachos»: così si è presentato ieri sera poco prima delle 19 il presidente del Venezuela, Hugo Chavez, alla piccola folla di giornalisti e personale di Montecitorio assiepata nella Sala Gialla, prima di infilarsi in quella del Cavaliere con un sorridente Fausto Bertinotti presidente della Camera dei deputati per l’incontro ufficiale, insieme alla sua delegazione governativa e parlamentare. L’unico appuntamento previsto nell’agenda ufficiale del rapido passaggio romano di Chavez, oltre a quello con il capo di un altro Stato, la Santa Sede: sarà infatti ricevuto stamane in udienza da Papa Ratzinger, Benedetto XVI. E ha già detto di volergli «parlare di lotta alla povertà».
Ma la visita a Montecitorio e l’incontro con Bertinotti sono una “prima” assoluta del presidente venezuelano, mai venuto in Italia in visita di Stato, nemmeno in quest’occasione. Pur se approdato a Roma per celebrare il duecentesimo del “giuramento di Montesacro” di Simon Bolivar, “El Libertador”, l’anno passato; e pur avendo anche presenziato al vertice Fao.
L’appuntamento con Bertinotti presidente della Camera è, insomma, il primo in forma ufficiale con un’istituzione nazionale italiana. E di qualche significato: non solo per il profilo politico degli interlocutori, al di là delle vesti formali; e non solo quindi per una caratteristica oggettiva dell’incontro, quella di incrociare due protagonisti “da sinistra”, nelle loro diverse peculiarità, l’uno alla testa di un Venezuela cruciale (anche per forza energetica) nella “nuova fase” latinoamericana, l’altro in quest’Italia con una nuova scena politica e istituzionale. Si è trattato di un appuntamento di maggior significato anche sotto il profilo del confronto generale in corso sullo scacchiere geopolitico ed economico tra quel Cono Sur e un’Europa al cospetto di veri e propri bivi.
Sarà il profilo della più importante tappa del viaggio di Chavez, quella che lo vedrà da stasera a Vienna per il quarto vertice fra capi di Stato e di governo di Ue, Caribe e America Latina. Preceduto da annunci di una nuova offensiva nei confronti degli accordi di libero commercio: e da quelli, fatti di persona, di voler introdurre una nuova tassa sul petrolio, ad arricchire il braccio di ferro con multinazionali e interessi Usa dopo la mossa di rinazionalizzazione degli idrocarburi avanzata dall’alleato Evo Morales presidente della Bolivia.
Non a caso la parola chiave nel “briefing” con la stamapa di Bertinotti e Chavez (in ordine di intervento) dopo l’incontro ufficiale di circa un’ora, è stata «cooperazione». Quella «tra i due governi», spiega ovviamente il primo, «esula da questo nostro rapporto»; ma è, aggiunge subito, la stessa «che in questo nostro incontro sollecitiamo». Bertinotti puntualizza, significativamente, che «la delegazione parlamentare italiana e quella venezuelana» hanno assunto un «impegno a definire una forma di collaborazione per contribuire a migliorare i rapporti tra i due paesi, anche sul terreno economico». Appunto con «l’obiettivo» di «un protocollo di collaborazione tra i due Parlamenti» così da «contribuire alla formazione di un rapporto assai intenso tra l’Unione Europea e l’America Latina». Gli scopi? Sono quelli di «una convivenza pacifica nel mondo» e, ancora, d’«una cooperazione economica che affronti i grandi problemi della povertà e della diseguaglianza».
Sarà poi Chavez stesso a spiegare, prendendo la parola a sua volta, che al momento della partenza da Caracas si era ancora alla vigilia (e nell’incertezza) dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano. Il clima diventato speciale (quanto delicato) della giornata è echeggiato infatti nell’aggiunta fatta da Bertinotti nel suo “report” pubblico sull’incontro: là dove definisce «apprezzato» nelle espressioni del presidente venezuelano il suo «interesse all’apertura del confronto con tutte le forze politiche» italiane, e con esso «le speranze riposte nel nuovo governo di Romano Prodi ma anche l’apprezzamento per il ruolo svolto da Silvio Berlusconi nei confronti del Venezuela».
Parole dovute, certo, ma che Chavez ribadisce alla stampa quando con tutta la sua verve da uomo (e politico d’eccezione) del Caribe: «L’Italia per noi è una sola», con il «massimo rispetto per tutte le forze politiche e correnti popolari rappresentate». E porge prima di tutto le «felicitazioni» a Bertinotti, oltre che a Napolitano e al capo dello Stato uscente Carlo Azeglio Ciampi, «grande amico»; ma ripete il ricordo di Berlusconi, «solidale con noi in un momento difficile», anni in cui Caracas ha visto anche tentativi di golpe.
Quello che Chavez ha a cuore di lanciare è un messaggio “in chiaro” di «affetto e infinita voglia di avvicinarci sempre di più». Motivato con il legame bolivariano del giuramento del 1805, oltre che con l’icona di Garibaldi e fin con i «valori cristiani» accanto a quelli di «democrazia» e «pace». Con l’occhio all’udienza papale di oggi, certo («chiederò anzitutto la benedizione», dice Chavez passando tra i giornalisti, mani giunte, occhi al cielo e sorriso indio; e «poi parlerò di povertà nel mondo»). E con una battuta sul «mio e nostro grande amico, Fidel Castro, che cristiano non è ma di recente ha detto di esserlo nel sociale...». Motivazione sostanziale, però, nella vigilia di Vienna, è l’attesa forte di un nuovo approccio della politica estera europea, e anche di quella economica.
L’ufficialità a Montecitorio finisce così: con un po’ di panico del protocollo della Camera per le interviste dei media latinoamericani al seguito presidenziale, tra voci di incontri con Napolitano o Prodi. E con Chavez che scompare, ma con Bertinotti. Verso l’unico incontro informale vero: quello tra loro due, da soli, due teste e due speranze.
http://www.liberazione.it/giornale/060511/default.asp
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