Giuliano Ferrara per “Il Foglio”

Provo ribrezzo per le reazioni medie della gente allo scandalo del calcio, alimentate quattordici anni dopo dagli stessi soggetti (media, magistrati, poteri neutri e forti) e dalle stesse pulsioni farisaiche usando le quali fu distrutta la Repubblica costituzionale, per poi passare il tempo successivo a lodare la Costituzione e la maestà della legge (e a difendersi dalle conseguenze della rivoluzione in toga contro il sistema). Che i bari debbano essere espulsi dal gioco e puniti, dopo aver accertato le responsabilità personali e risarcito le vittime della truffa con parsimonia, senza estendere oltre misura la responsabilità oggettiva, tutto questo è ovvio.

Fa parte del gioco, come faceva parte del gioco politico e dei codici giudiziari punire i singoli casi di corruzione e concussione. Altra cosa è la trasformazione della coscienza nazionale in una sola anima bella e canterina, spesso orchestrata da moralizzatori che aspettano solo di essere moralizzati (come Don Diego, quello in viola). Altra cosa è l’uso sporco delle intercettazioni e dei verbali di interrogatorio, il via libera alla calunnia e all’insinuazione, la tecnica degli avvisi di garanzia come espressione di un regolamento di conti.

Non è solo la storia che si ripete come farsa, visto che il punto di applicazione e l’origine del carattere malmostoso dell’opinione organizzata non è stavolta la politica, luogo del rischio in cui si governa la cosa pubblica, ma il tifo o passione calcistica, luogo delle certezze senza oggetto e del fanatismo simbolico. E’ che il risvolto di questo nuovo risibile processo al sistema è un moralismo senza basi, senza verità, il disegno inintelligente di chi vuole per pura ipocrisia che gli sia descritto un mondo senza stalle, senza stallieri e senza cacca.

Che cosa hanno fatto, secondo le intercettazioni, i masnadieri della Triade e i loro numerosi associati? Hanno tirato la giacca all’arbitro (avete presente la stessa espressione usata da sette anni per Ciampi? avete presente il libretto diffamatorio della Cederna per tirare la giacca di Leone?). Hanno premuto su Lippi per le chiamate in nazionale (avete presente Fassino quando dichiara che ci saranno “almeno nove ministri dei Ds” o Mastella che vuole fare fifty-fifty invocando il solenne lodo Spadolini, nonostante l’articolo 92 della Costituzione?). Hanno blandito i giornalisti (sounds familiar?). Hanno truccato le immagini in moviola (avete presenti i sondaggi truccati e le statistiche, i numeri impazziti della contesa politica?).

(Lucianone Moggi)

Poi, a parte questo ambiguo traffico d’influenza, che nella foga degli spogliatoi arriva al millantato sequestro di persona, e al vecchio insulto intimidatorio all’arbitro in cui il tifoso nazionale deve solo specchiarsi, altro che indignazione, sono incorsi in illeciti sportivi, e quelli vanno sanzionati nome per nome, episodio per episodio, persona per persona, comprese le eventuali responsabilità sociali.

Ma questo non ha niente a che vedere con l’apocalisse giudiziaria, la divinizzazione del pm napoletano che dice “è peggio di Mani pulite” perché forse sogna come Di Pietro una bella carriera politica. Questo non ha niente a che vedere con la teoria della morte del calcio, dell’anno zero, della vergogna che deve diffondersi su tutti, mentre si fa la maglia sotto la solita grottesca ghigliottina: il giacobinismo pallonaro, che ha già gli stessi personaggi e interpreti di quello anni Novanta, potrebbe, quello sì, portare alla morte del calcio, come quello giudiziario ha portato alla morte della politica e alla sua sostituzione con la goffa caricatura dei nostri anni.

La palla è tonda. Punto. Nel calcio e in tutti i giochi vincono i migliori e i più fortunati. Qualche volta Maradona segna con la mano, a volte è pieno di coca, ma è grande e fortunato, punto e basta. I grandi cavalli non sanno delle scommesse truccate, corrono a perdifiato e vincono. Pantani era un magnifico ciclista, sebbene lo abbiano buttato fuori per doping. Se la Juve sta in vetta alla classifica per 72 partite consecutive in due campionati, si puniranno eventuali responsabilità sociali nel comportamento (provato) di Moggi, quando ci sia proprio il trucco arbitrale e non il dubbio arbitrale, ma la Juve resta forte, resta una necessità. Così come resta necessaria la politica, sebbene la si sia avvilita all’esercizio di una banda di ladri per moralismo autoassolutorio, sepolcro imbiancato. A chi sacrifica il gioco per una visione del mondo falsa e consolatoria, indignata e ipocrita, preferiamo quel gruppo di tifosi che ha tradotto un Machiavelli da ballatoio nello stadio, con un povero ma onesto striscione: “IL FINE GIUSTIFICA I MEZZI”.