Al pennone la bandiera di guerra-di Marcello De Angelis

[Celtic]

Nel volgere di un mese molto è successo: per l’Italia, per la destra, per la nostra famiglia politica e, devo ammetterlo, anche per me stesso. Le elezioni politiche si sono concluse in relativa parità, la comunità nazionale si è di fatto divisa a metà su quello che, purtroppo, ha preso infine le caratteristiche di un referendum pro e contro Silvio Berlusconi, lasciando che il confronto politico finisse in secondo piano. In virtù della puntigliosità legislativa dimostrata dagli uomini del centrodestra nel codificare la riforma elettorale, l’inesistente vantaggio ottenuto dalla coalizione guidata da Prodi ha ottenuto la maggioranza alla Camera. Al senato, come è ormai chiaro a tutti, esiste un equilibrio di numeri che una semplice epidemia di influenza può far saltare, paralizzando l’azione di governo o ribaltando gli esiti delle votazioni. Tra i senatori di An, come alcuni già sanno, ci sarò anch’io, eletto in Abruzzo, terra dei padri. Spero che la mia presenza sarà notata, soprattutto dagli avversari, per le qualità peggiori che mi contraddistingono, tra le quali la vis polemica credo tenda a primeggiare. La maggioranza degli italiani all’estero, infine, ha votato per noi, ma, per un’ennesimo effetto pirotecnico legislativo, sono stati i rappresentanti della sinistra ad essere eletti. Come previsto e annunciato, la volontà e capacità di condizionamento dei comunisti sulle scelte di Prodi si sono rese da subito palesi: nel centrosinistra comandano loro. Anzi, i centristi o sedicenti moderati e cattolici si trovano già relegati nel ruolo di ruota di scorta o sciuscià dei nostalgici delle purghe staliniane. Dopo nemmeno un mese dalla vittoria del tecnocrate Romano Prodi, con la scusa del 25 aprile, tornato ad ogni effetto ad essere quella festa dell’odio di parte e celebrazione degli orrori delle guerre civili così cari alla sinistra comunista, le nostre strade si sono ri-riempite di passamontagna e bandiere rosse… Un “bravo” a Marini e Mastella e piene congratulazioni ai bambocci rutelliani per la loro brillante operazione di salvataggio dalla “dittatura strisciante” di Berlusconi… Silvio, a dirla tutta, da questa contesa è uscito tutt’altro che ridimensionato. Il suo approccio combattivo ha riscosso il gradimento dell’elettorato e il miracolo è arrivato ad un passo dal realizzarsi. Un passo lungo appena 24mila voti, che su scala nazionale sono ben poco. Ma recriminare è un esercizio futile. Arrabbiarsi bisogna, e coltivare un feroce senso di rivalsa per la vittoria sfuggita. E l’occasione della rivincita è subito, in molte delle nostre città e a Milano, Napoli e infine Roma, dove dare una prova della nostra capacità di reagire ad una sinistra che già si adagia sugli allori è doveroso oltreché possibile. A Roma, la riscossa contro l’arroganza dei sinistri la guiderà lo stesso Gianni Alemanno, scelto da un’ampia coalizione come candidato unico. Le città sono solo uno dei fronti dai quali è necessario scatenare l’offensiva. Una profonda e impietosa analisi critica dei nostri insuccessi si impone, e il fatto di non essere più al governo forse ci consente di dire a voce alta alcune cose sulle quali, per carità di Patria, abbiamo in questi anni sorvolato. E’ necessario chiederci perché abbiamo perso il primato del consenso giovanile, che fino a dieci anni fa apparteneva al nostro partito. Dobbiamo rivolgere maggiore attenzione al mondo sindacale, perché queste elezioni sono state l’ennesima dimostrazione di come il controllo sociale, che la sinistra esercita su una parte cospicua della popolazione, passi soprattutto dalle organizzazioni dei lavoratori. Dobbiamo infine risolvere le gravissime carenze registrate in ogni aspetto della comunicazione e della penetrazione culturale, perché quello che abbiamo realizzato in questi cinque anni di governo è stato assolutamente insufficiente e inadeguato. Per chi ha letto il risultato del 10 aprile come un tragico punto d’arrivo quindi, brutte notizie. “Vedo rosso all’orizzonte” gridava Almirante dal palco di Piazza del Popolo “ma non è un tramonto, è un’alba!”. Che i radicla-chic si affrettino a scolare il loro champagne… Sta arrivando la seconda ondata.

[LUCIS (POL)]

come sempre marcello riesce a farmi venire i brividi con i suoi editoriali...

[Giò]

buon articolo