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  1. #11
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    Citazione Originariamente Scritto da pcosta

    Ma quale lato del carattere di Poliziano aveva individuato Dalla Porta secondo voi, novelli fisiognomi, per rassomigliarlo a un rinoceronte?
    Io, un'idea ce l'avrei, è una tra queste.

    a) Un sordido pedofilo assassino simboleggiato dal corno del rinoceronte, come simbolo fallico e come pericolosità bestiale?

    b) Un afrodisiaco infallibile con la sua poesia gentile e amorosa, come era fama essere la polvere di corno di rinoceronte?

    c) un cornuto tout court perchè la moglie se la intendeva con Pico Della Mirandola?
    La a) tenderei ad escluderla: a prescindere dal fatto che il Poliziano era troppo elegante per poter essere definito "sordido", come ipotesi mi sembra un pochino eccessiva.

    La c) è carina, ma ho qualche dubbio, anche perché corre voce che, più che un'amante, Pico Della Mirandola potrebbe avere avuto un amante.

    Quindi non rimarrebbe che la b).


    A meno che...

    d) Naso molto grande dimostra uomo che riprende l'opera altrui e che non gli piacciono se non le cose sue e si burla dell'altrui. Il Rinoceronte è riguardevole per un corno che ha sopra il naso, et è il più nasuto di tutti gli animali; onde da lui solo si piglia il naso in proverbio. È animal d'ingegno astuto, allegro e facile. [...] Angelo Poliziano fu di naso assai sproporzionato, epperò d'ingegno pungente et invidioso, lodando le cose sue e burlandosi di quelle degli altri; e vituperando l'altrui, non potea patir ch'altri vituperasse le sue. (Da De humana physiognomonia, Giovanbattista Della Porta. Cap. VII)


  2. #12
    compassionevole
    Ospite

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    Citazione Originariamente Scritto da pcosta

    Costei per certo e' la piu' bella cosa
    che 'n tutto il mondo mai vedesse il sole ;
    lieta vaga gentil dolce vezosa,
    piena di rose, piena di viole,
    cortese saggia onesta e graziosa,
    benigna in vista in atto et in parole.
    Cosi' spegne costei tutte le belle,
    come 'l lume del sol tutte le stelle.

    (Agnolo Poliziano)


    Dalla "Fisiognomonia umana" di Giambattista della Porta ecco l'accostamento tra Agnolo Poliziano e un rinoceronte:

    [

    Il quale rinoceronte è a sua volta piuttosto "fantasioso" essendo tratto dalla nota incisione che Durer fece nel 1515 più sulla base di inesatte descrizioni di viaggiatori che per averlo visto.

    Ma quale lato del carattere di Poliziano aveva individuato Dalla Porta secondo voi, novelli fisiognomi, per rassomigliarlo a un rinoceronte?
    Io, un'idea ce l'avrei, è una tra queste.

    a) Un sordido pedofilo assassino simboleggiato dal corno del rinoceronte, come simbolo fallico e come pericolosità bestiale?

    b) Un afrodisiaco infallibile con la sua poesia gentile e amorosa, come era fama essere la polvere di corno di rinoceronte?

    c) un cornuto tout court perchè la moglie se la intendeva con Pico Della Mirandola?
    Infatti, non si tratta di un rino, ma di un serpente con corno ( corno unguale uno secolorum ) probabilmente l'età della setta a cui l'Angelo apparteneva, sparsa un pò in Bologna, Asculi e Firenze...si tratta di una setta Sapienzale...ah quel Barberino, di cui il testo, da anni vò cercando...
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 22-11-16 alle 23:28

  3. #13
    compassionevole
    Ospite

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    ...forse qualcuno avrà anche notato che "l'unicorno" e il serpente con il corno forse hanno qualcosa in comune.Quando Deckard lascia la stanza con Rachael, lei urta un origami a forma di unicorno...Rachael, vi dice qualcosa?



    ma chi si vede...anche la colomba bianca...



    non ci posso credere, anche l'appeso sull'abisso...



    sono uscito fuori tema? Credo di si, o no?

  4. #14
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    "Che non si muore per amore
    è una gran bella verità..."

    (Giulio Rapetti & Lucio Battisti)



    Narrano le cronache un po' romanzate delle vite dei poeti che Agnolo Ambrogini, detto il Poliziano, sia morto per amore.
    Non si tolse la vita: quel modo così romantico di morire d'amore è appunto una moda lanciata da Goethe e Foscolo agli albori del Romanticismo e agli umanisti classici del Cinquecento non era molto congeniale.
    Morì nel settembre del 1494 - dicono quelle cronache - a causa di un amore non corrisposto, che lo rese folle e gli spezzò il cuore.
    A leggere la dolce Ottava Rima, omaggio alla bellezza femminile, che ho volutamente messo all'inizio del Fisiognomoquiz, verrebbe da immaginarsi davvero un cuore infranto dall'amore, fino a condurre a morte un poeta tanto sensibile e delicato.
    E forse un cuore romantico, come quello di Silvia, sta versando una lacrimuccia di compassione per tal rio destino, che forse non conosceva.
    E' meglio asciugarla subito, perchè non è davvero il caso: le cronache e il pudore degli ambienti letterari, che tanto apprezzavano l'opera del Poliziano, hanno steso un velo tanto pietoso quanto omertoso sulla sua triste fine.
    Poliziano era quasi sicuramente un pedofilo omosessuale; più d'una le denunce registrate negli archivi degli "Otto di Guardia e di Balìa" e degli "Uffiziali di Notte" che a Firenze allora si occupavano di queste cose.
    Per non dire della satira di cui lo fece oggetto il Dazzi, che non riporto perchè un po' troppo sboccata.
    Ma è proprio la sua "morte per amore" che ci rivela l'aspetto più perverso, sordido e criminoso della sua fine.
    Nel 1494 era scoppiata in Europa la prima epidemia di sifilide, l'AIDS di quei tempi; alla sua prima apparizione era un male assai più fulminante che non in seguito, quando il pallido treponema fu forse in parte domato dagli anticorpi umani.
    Poliziano ne fu quasi certamente una delle vittime, non prima di aver contagiato a sua volta - e condotto a morte - qualche ragazzino di strada fiorentino (e l'amico e collega in umanesimo e omosessualità, Pico della Mirandola, che morì dello stesso male pochi mesi dopo il Poliziano).
    La storia è narrata in una lettera scritta da Antonio Spannocchi, il 29 settembre 1494:

    "Scordavo di dirvi che il Poliziano è morto: e la causa è stata questa, che egli amava un certo ragazzo, tanto adorno di bellezza da non aver pari, con il quale ebbe a tal punto confidenze intime, che "il sesso perse la sua funzione naturale".
    Dopo di ciò il ragazzo s'ammalò subito, e chiedendogli i medici perché si fosse ammalato, non riferiva loro nessuna causa, complice di se stesso. Ma poiché essi insistevano, rispose: "Chiedete al Poliziano". Ciò detto iniziò a delirare, e nel delirio non parlava d'altro che del Poliziano. Infine morì.
    Quando la cosa si riseppe, a Firenze si cominciò con gran clamore a chiedere che questo nefando omicida e disonestissimo stupratore di ragazzi fosse giustiziato con la spada, la croce e il fuoco. Immagina da solo quanta tristezza e vergogna portarono tali cose, in quel momento, a quest'uomo eloquentissimo tanto nella lingua greca quanto in quella latina.
    Vedendo che già la fama, da cui cercava con gran fatica di farsi innalzare, lo abbandonava, si ammalò di febbri. E quindici giorni prima della morte fu preso dalla stessa follia che già aveva colpito il ragazzo, anzi a proposito del ragazzo si vantò in modo ancora più acceso di ciò che questi aveva detto di lui, e diceva di essere Cristo, e quando venne a trovarlo il conte Pico della Mirandola lo chiamò subito san Pietro".


    (Testo in: Isidoro Del Lungo, Florentia, Barbera, Firenze 1897, pp. 265-266. Traduzione dal latino di Giovanni dall'Orto)


    Chissà se Dalla Porta, limitandosi alla analogia naso/corno, faceva parte dell'omertosa schiera dei letterati oppure davvero non ne sapeva nulla...

  5. #15
    compassionevole
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    Grazie, er Professor.

  6. #16
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    Citazione Originariamente Scritto da pcosta
    E forse un cuore romantico, come quello di Silvia, sta versando una lacrimuccia di compassione per tal rio destino, che forse non conosceva.
    Infatti non lo sapevo. Un altro mito infranto...

  7. #17
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    Poliziano e Pico della Mirandola, gialli medievali. I Ris indagano. Furono uccisi?

    Firenze - Avvelenamento o sifilide? Il dubbio sulla reale causa che portò alla morte Pico della Mirandola e Angelo Ambrogini, detto il Poliziano, finalmente sarà svelato. I Ris di Parma hanno riesumato i loro corpi - entrambi i letterati fiorentini sono morti nel 1494 - per scoprire la verità. Saranno le avanzatissime tecniche alla Csi a svelare entro settembre se "ci mise lo zampino" Marsilio Ficino, come vuole la storiografia. E a rivelare qualche notizia in più relativa al poeta Girolamo Benivieni, amico di Pico e sepolto insieme a lui.

    Il ruolo di Ficino Le analisi saranno anche oggetto di una trasmissione televisiva, "Enigmi dal passato", stesso titolo anche per due saggi che usciranno l’anno prossimo. "L’ipotesi più nuova sulla morte di Pico - ha detto Silvano Vinceti, che presiede il comitato nazionale per la valorizzazione dei beni storici, culturali e ambientali - è quella di un coinvolgimento di Ficino, punto di riferimento del neoplatonismo, tra gli amici più intimi del filosofo insieme a Benivieni e Poliziano". Particolare, questo, che insieme alle ultime volontà del Benivieni aggiunge una buona dose di gossip medievale.

    Le analisi sui resti dei corpi A Ravenna i resti saranno sottoposti ad analisi anatomo-patologiche e biomolecolari, con l’ausilio anche di scanner laser 3D e della tomografia computerizzata. Il Ris entrerà in gioco per l’analisi del Dna: con il confronto di eventuali parenti di Pico e Poliziano (per esempio si sa per certo che il fratello del primo è sepolto a Roma) si potrebbero avere certezze sull’attribuzione delle ossa rivenute nelle bare. "Lo scheletro - ha spiegato Giorgio Gruppioni, professore di antropologia all’Università di Bologna - è un archivio di informazioni e dalle analisi sarà possibile ricostruire caratteristiche fisiche, la fisionomia del volto, malattie, traumi, anche stress, e soprattutto cause della morte".

    Le operazioni di riesumazione "La riesumazione dei resti, che riposavano nel piccolo 'chiostro dei morti', è durata oltre un’ora". La lapide sul muro viene giù a colpi di scalpello, sotto gli occhi vigili di Fausto Sbaffoni, priore del convento di San Marco. Togliere la cassa dove sono contenute le ossa del Poliziano è facile: è piccola, misura 70 centimetri per 30. Aperta, contiene un mucchietto di ossa consumate tra le quali gli occhi degli esperti riconoscono denti e pezzi di cranio. Più complesso arrivare alla cassa di Pico della Mirandola: è grande più del doppio, occorre buttar giù buona parte del muro e togliere una scala di legno. Ma poi Pico non svela nulla: la cassa, ancora chiusa, è partita insieme a quella del Poliziano.

    http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=195535

  8. #18
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    Chi ha ucciso Pico della Mirandola?

    [...] Ma quali dubbi avvolgono la sorte del giovane filosofo dalle prodigiose capacità mnemoniche e del raffinato filologo capace di poetare indifferentemente in italiano, in latino e in greco? Di Pico sappiamo che morì all’improvviso il 17 novembre 1494 nell’abbazia di Fiesole, a soli 31 anni, nello stesso giorno in cui le truppe francesi di Carlo VIII entravano nella Firenze da due anni orfana del Magnifico. Il quale Lorenzo era stato amico e protettore tanto del conte della Mirandola quanto del Poliziano, morto poche settimane prima in preda alle convulsioni di una febbre devastante. Avvelenati entrambi?

    Le prime illazioni cominciarono a correre già all’epoca. Alimentate da un gossip griffato. Il primo a smuovere le acque fu nientemeno che Girolamo Savonarola, rivelando durante una predica che l’anima di Pico non era potuta andare subito in Paradiso per certi peccati su cui preferì sorvolare. La vaga indicazione del frate prese presto consistenza e divenne una storiaccia di corna in cui l’eclettico filosofo compariva come rapitore di una donzella e causa di una megarissa in cui avevano perso la vita quindici persone - una vicenda da cui si sarebbe salvato soltanto grazie alla copertura di Lorenzo de’ Medici. In seguito la voce popolare corresse: nella storia del mancato Paradiso non c’entrava un’amante, ma un amante, senza apostrofo: si conosceva anche il nome, Girolamo Benivieni, filosofo e fervente cristiano. Nulla di sorprendente, visto che l’omosessualità era diffusa nel circolo neoplatonico di Marsilio Ficino frequentato dal nostro («Nell’amor celeste», scrisse infatti, «tutto tende, e si drizza alla bellezza spirituale dell’animo, e dell’intelletto, la quale molto più perfetta si trova ne’ maschi, che nelle donne, come d’ogni altra perfezione si vede»), e più in generale nella Firenze colta dell’epoca. A partire proprio da Poliziano. E i due, Pico e Poliziano, sarebbero vittime di una trama tessuta dallo stesso Marsilio Ficino, secondo la supposizione avanzata di recente da uno scrittore francese, Jean-Claude Lattes, in un romanzo dal titolo Marguerite et les enragés, in cui il maestro del neoplatonismo rinascimentale avrebbe agito spinto dall’invidia e da una disputa sull’uso della magia.

    Tanti possibili sospetti, dunque. Ma probabilmente la verità è meno romanzesca. L’ipotesi è che i due umanisti siano stati tra le prime vittime del morbo gallico descritto di lì a qualche decennio, nel 1530, da Gerolamo Fracastoro: ossia la sifilide, importata secondo la tesi prevalente dai marinai di Cristoforo Colombo. Una lettera del senese Antonio Spannocchi, datata 29 settembre 1494, racconta la fine di Poliziano poco dopo la morte di un ragazzo da lui amato, e con i medesimi sintomi. Anche lui nelle ultime due settimane era stato preso da una febbre violenta e aveva cominciato a delirare proclamandosi Cristo. Mentre un amico che venne a trovarlo si sentì apostrofare come San Pietro. Chi era? Il conte Pico...


  9. #19
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    Predefinito Macché sifilide: arsenico!

    Pico Della Mirandola e Poliziano furono avvelenati con l'arsenico. E' il risultato di uno studio inziato circa otto mesi fa da Silvano Vinceti, presidente del Comitato nazionale per la valorizzazione dei beni storici, culturali e ambientali e promotore della riesumazione dei resti dei due umanisti: nei campioni ossei, nei tessuti molli e, in particolare, nelle unghie sono state ritrovate alte percentuali del veleno. Si apre dunque una nuova pagina di storia, uno scenario che vede al centro un duplice omicido, il cui probabile mandante, secondo Vinceti, potrebbe essere stato Piero de' Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico, noto per il suo carattere rancoroso e cinico. L'esecuzione materiale del misfatto andrebbe invece ricondotta a Cristoforo da Casalmaggiore, segretario di Pico della Mirandola, probabilmente con l'aiuto del fratello Martino.



    Sono andata off topic (molto ), vero Tomás?

  10. #20
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    Predefinito Re: Frenologia e fisiognomica

    Massimo Centini

    MAGIA E SEGNI

    Un'importante verifica allo studio della fisiognomica che avanzava velleità scientifiche giunse da Giovan Battista Della Porta (1535-1615) che, pur non negando alcuni legami con la cultura magica, offrì una prima interessante occasione di riflessione intorno al simbolismo della raffigurazione umana. Lo studioso poneva la fisiognomica all'interno del corpus costituito dalle scienze divinatorie: l'astrologia, l'aeromanzia, l'hidromanzia, la geomanzia, la capnomanzia (divinazione attraverso il fumo). Oltre alla fisiognomica, il Della Porta annoverava anche altre ipotesi di interpretazione del corpo umano: la metoposcopia (lettura della fronte), la podomanzia (lettura dei piedi), l'umbilicomanzia (lettura dell'ombelico). Per lo scienziato napoletano si trattava di 'scienze' dalle quali comunque tendeva a prendere le dovute distanze: «Le quali scienze quanto siano vane, e scritte senza alcun fondamento, lo giudichino i Letterati, à quali muovon lo stomaco».

    Nella sua opera scientifica, Magiae naturalis sive de miraculis rerum naturalium libri III (1558), il Della Porta si proponeva di dimostrare come fosse possibile, attraverso la magia, scorgere oggettive analogie fra micro e macrocosmo, fra l'uomo e i fenomeni della natura, tra i vegetali e gli animali. Di fatto in questo libro è rinvenibile in nuce quella ricerca di corrispondenze tra l'uomo e gli altri esseri che sarà uno degli elementi trainanti del suo studio più emblematico: i sei volumi che formano il De humanaphysiognomonia (1586). Secondo Jean Bodin, il grande giurista cacciatore di streghe, il Della Porta era un «mago venefico»; definizione che in particolare era riferita alla Magia naturalis, ma anche i suoi studi di fisiognomica non furono indenni da accuse.

    Accanto a tutta una simbologia astrologica connessa alla magia naturale, il Della Porta recuperò il simbolismo dello zoo-morfismo aristotelico, con un'impostazione più allargata sul piano esoterico. Nella sua elementare ricerca di corrispondenze formali, si avvalse delle caratteristiche dei volti per scorgere nei loro tratti elementi riferibili a qualche animale, al fine di porre in evidenza il carattere e il temperamento del soggetto raffigurato. Così l'autore: «È un metodo che permette di conoscere le attitudini e la natura degli uomini interpretando i segni fissi e permanenti del suo corpo e i mutamenti che tali segni subiscono reagendo agli stimoli esterni (...) L'esperienza ci fa scorgere con facilità che l'animo non è impassibile rispetto ai moti del corpo, così come il corpo si corrompe per le passioni dell'anima». [1]




    G.B. Della Porta, De humanaphysiognomonia



    Nel lavoro di Della Porta sono presenti alcune intuizioni antropologiche e psicologiche ancora informi, ma innegabilmente il riordino formale operato nel libro rivela la consapevolezza che la ricerca sulla natura profonda dell'uomo possa effettivamente essere condotta studiandone l'aspetto esteriore. «Dall'istesso volto si conosce la magnificenza, la liberalità, la bontà, la malvagità, l'ansietà e lo studio, il saver, la mestizia, la vigilanza, la sonnolenza e le restanti, come sono di propria natura (...) La faccia è quella che rappresenta le passioni, perché quando l'animo sta allegro, ella è serena e allegra si vede, se mesto ella è malinconica e perturbata, quando è irato ella è livida, e sparsa di sangue e pazza, e piena di furia si vede.» [2]

    Il suo metodo non era certo indenne dall'influenza ermetica, ma forse, paradossalmente, lasciava intravedere alcuni accenni che potremmo quasi definire 'positivistici': «II volto è veramente testimonio e dimostratore della nostra coscienza, il quale è incerto, incostante, e vario, si forma dalla configurazione dell'animo, anzi suo simulatore e dissimulatore» [3]. Il Della Porta non lasciò nulla al caso, analizzando in toto la figura umana: oltre all'attenta valutazone del metodo da adottare per l'analisi fisiognomica, lo studioso proponeva un'analisi dettagliata di testa, capelli, fronte, sopracciglia, tempie, orecchie, naso, guance, labbra, denti, lingua, respirazione, riso, voce, mascelle, mento, collo, clavlcole, spalle, torace, ventre, ombelico, braccia, mani, dita, unghie, cosce, natiche, ginocchia, polpacci, talloni, piedi, andatura, eccetera. Un intero libro è dedicato agli occhi, mentre il quarto volume prende in considerazione i vari caratteri umani, suddividendone i tipi. In alcune delle sue valutazioni, come abbiamo già detto, il Della Porta concorda con Aristotele, individuando nelle analogie tra morfologia animale e umana gli elementi per risalire al carattere del soggetto.

    Va osservato che la sua ricca fisiognomica costituisce «il maggiore contributo alla scienza del viso di quel periodo, conserva in effetti alcuni tratti del pensiero magico proprio dei filosofi della natura del Rinascimento, ma da un altro punto di vista prepara l'avvento di una ragione classica del corpo e del viso. Della Porta è senza dubbio un uomo del Rinascimento per i suoi interessi di magia naturale, secondo cui si tratta di svelare i segreti della natura più che di scoprirne le leggi; e lo è anche per il suo uso delle comparazioni zoomorfe, fedeli alla dottrina delle segnature e delle simpatie» [4]


    NOTE

    1. G.B. Della Porta De humana physiognomonia, Lib. I, Napoli, 1598, pag. 147.
    2. G.B. Della Porta op.cit., Lib. li, pag. 105.
    3. G.B. Della Porta op. cit. Lib. II, pag. 107.
    4. J.J. Courtine, C. Haroche Storia del viso. Esprimere e tacere le emozioni (XVI-XIX secolo), Palermo, 1992, pag. 53


    Massimo Centini, Fisiognomica, edizioni Red (pag. 28 e seguenti)

 

 
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