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    Predefinito Qualche dubbio sui ragazzi di Buenos Aires in carcere

    IL CASO
    Qualche dubbio sui ragazzi di Buenos Aires in carcere
    PIERO COLAPRICO

    da Repubblica - 18 maggio 2006
    Siamo ancora in campagna elettorale», dicono i giudici del riesame per tenere in carcere i venticinque arrestati dell´11 marzo. Questa linea dura non ha raffronti con il passato e con il resto d´Italia. Quanto è spiegabile? A lasciare in cella quel mix di studenti, bancari, autonomi e sballati sono essenzialmente due ragionamenti.
    Uno. Carabinieri e Digos (con più forza i primi, più morbidi i secondi) sostengono che gli arrestati devono stare in galera perché non si sono allontanati dal fulcro delle devastazioni. Erano lì. Anche se non erano loro a lanciare i razzi, a distruggere vetrine e appiccare incendi, non se ne sono andati. Sono rimasti. E, pertanto, hanno avallato, protetto, fiancheggiato le violenze.
    Due. Per la magistratura, gente simile può «reiterare il reato». Può tornare in corteo e partecipare a manifestazioni drammatiche per la vita degli altri cittadini, visto che molti autonomi mostrano «assenza di autocontrollo» e sono considerati di «estrema pericolosità sociale».
    A questo uno-due, si aggiunge, per dare il ko giuridico, un classico colpo da «dietro le quinte». Per magistrati e detective gli assalti in corso Buenos Aires erano premeditati. Una delle prove sta anche in un´assemblea del centro sociale Pergola: era avvenuta dieci giorni prima degli scontri. Qualcuno spiegava che, dopo l´intervento della polizia, «chi è lì perché è un simpatizzante antifascista probabilmente farà poco (...) Ma quanto più la piazza che costruiamo noi avrà la caratteristica di essere violentissima, ci sarà l´elemento paura, eccetera, tanto più acquisterà rilevanza per noi».



    Su quei ragazzi in carcere bisogna saper distinguere

    Dagli scontri di Buenos Aires sono trascorsi 80 giorni A questa città non servono "martiri della repressione"
    PIERO COLAPRICO

    Sono queste le esatte parole di uno dei leader del movimento, ignaro di essere stato registrato mentre programmava le violenze. Ma il suo ragionamento da teppista politico sembra convergere, in una specie di tragica armonia, con i ragionamenti delle forze dell´ordine e dei magistrati e dei teppisti politici. Perché, per tutti e tre i soggetti, esiste una sorta di «responsabilità oggettiva» negli scontri di corso Buenos Aires. In cui basta «esserci» per diventare responsabili.
    Ai tempi di Tangentopoli, i garantisti della destra politica se la presero ferocissimamente contro il cosiddetto «non poteva non sapere», la teoria che - sostengono - tenne in carcere i politici in odore di mazzette. Quello che accade adesso è la stessa cosa: se gli arrestati fossero stati bravi ragazzi, «non potevano non scappare». In nome di questo principio, siamo arrivati al sessantottesimo giorno di carcere preventivo. Molti di più rispetto ai gravissimi fatti (qualcuno li ricorderà) del G 8 di Genova.
    Scegliere questa strada, quella di una responsabilità collettiva e non individuale, rappresenta però una semplificazione troppo rischiosa. Finisce per mettere sullo stesso piano sia i leader occulti, quelli che cercavano «rilevanza per noi», sia ragazzi e ragazze di vent´anni, molti dei quali (c´eravamo anche noi, come cronisti) vennero presi in contropiede dal rapido scoppio di violenza.
    Una volta imboccata questa via, per gli inquirenti non è difficile «buttare via la chiave», senza nemmeno concedere gli arresti domiciliari a chi studia o a chi lavorava regolarmente. Ma - a ben guardare - si tratta di una non-scelta. Perché, invece di «perdere tempo» a individuare uno per uno i veri black bloc, la risposta immediata è stata la «punizione» generale della piazza.
    Mai come in queste settimane si è levato da parte dei politici l´ecumenico «lasciamo lavorare la magistratura». Sul punto siamo d´accordissimo, aggiungendo però un codicillo: ci piacerebbe che la magistratura dell´accusa, se prosegue con questa fermezza, fosse certa, certissima, di avere nei dossier prove tali da ottenere, nel processo a porte aperte, la condanna della stragrande maggioranza dei detenuti. Perché se così non fosse, se dopo tanto carcere ci saranno molte assoluzioni, nella Milano ringhiosa di questo periodo, spunteranno - non occorre essere dei sensitivi per ipotizzarlo - le assemblee dedicate ai «martiri della repressione». Ne abbiamo bisogno?

  2. #2
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    Fatti gravissimi, grazie per averli ricordati.

    C'è una incapacità di fondo delle istituzioni di individuare i reali colpevoli e la tentazione fascistoide di individuare una categoria di nemico, sul quale scatenare la repressione.

    Siamo indietro, molto indietro.

  3. #3
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    Io sono particolarmente coinvolto in questa faccenda poichè un mio caro amico è in carcere per quei fatti. Sono passati più di due mesi, eppure ancora niente, fanno come vogliono e la gente si è scordata di quei poveri disgraziati che sono a marcire in carcere. Non c' entrano niente, lo vogliono capire? Appena riesco ad ottenere il permesso di vederlo, gli suggerisco di iniziare uno sciopero della fame per protesta.
    "Gli idoli di legno possono vincere, le vittime umane venir sacrificate."
    Karl Marx

  4. #4
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    Citazione Originariamente Scritto da Egol
    Io sono particolarmente coinvolto in questa faccenda poichè un mio caro amico è in carcere per quei fatti. Sono passati più di due mesi, eppure ancora niente, fanno come vogliono e la gente si è scordata di quei poveri disgraziati che sono a marcire in carcere. Non c' entrano niente, lo vogliono capire? Appena riesco ad ottenere il permesso di vederlo, gli suggerisco di iniziare uno sciopero della fame per protesta.
    Anche io ho un caro amico in carcere per questi fatti. Peraltro lui è una bravissima persona, l'unica sua colpa è stata essere in fondo al corteo (quindi lontano dagli scontri) ed essere finito in un cortile con una persona che aveva bombe carta nello zaino.

    Piccolo OT: a chi e come hai fatto richiesta per la visita?

  5. #5
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    Trasmissione di radio onda d'urto sugli arrestati dell'11 marzo a Milano per la manifestazione antifascista che cercava di impedire il corteo nazionale della Fiamma tricolore. La trasmissione contiene: l'intervista ad una compagna sulle prossime scadenze per la liberazione degli arrestati; la valutazione dell'Avv Wainer Burani, difensore di alcuni compagni detenuti;le considerazioni della parlamentare di Rifondazione comunista Graziella Mascia che illustra anche l'appello per la liberazione degli arrestati e la lettura di due lettere arrivate da S Vittore, la prima, collettiva, firmata da diversi compagni arrestati che invitano ad una manifestazione unitaria per la loro liberazione e la seconda di un compagno della provincia di Brescia, anche lui detenuto per i fatti dell'11marzo

    www.radiondadurto.org

  6. #6
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    Bisogna informare i giornali di queste cose, vanno liberati se non ci sono prove a carico.

 

 

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