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  1. #1
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    Predefinito Amor Sacro e Amor Profano


    Tiziano Vecellio, Amor Sacro e Amor Profano - Immagine tratta dal sito http://www.colorado.edu/

    Famoso quadro del Tiziano (Vecellio) custodito presso la Galleria Borghese di Roma. É un olio su tela di 118 x 279 cm., dipinto nel 1515-16 per il gran cancelliere di Venezia Niccolò Aurelio. Ai lati di un antico sarcofago ornato di sculture (adibito a fontana), verso il quale si china un amorino, stanno le due figure femminili che forniscono il titolo al dipinto: una è sontuosamente abbigliata, e l’altra nuda, e di classica e rigogliosa bellezza. Sullo sfondo un vasto paesaggio al tramonto. La sontuosità cromatica del dipinto è ottenuta con il sapiente accostamento e la contrapposizione di pochi colori fondamentali, nella ricchissima gamma dei loro valori tonali. Conoscendo il titolo del quadro, verrebbe subito da pensare che la figura vestita a sinistra rappresenti l’Amore Sacro, per la sua aria mite e composta, vestita di tutto punto, mentre l’altra figura nuda a destra dovrebbe rappresentare l’Amore Profano. Una interpretazione corretta può sgorgare solo dall’attento esame delle differenze fra le due figure femminili: nell’abbigliamento, nei colori, nello sfondo, nella posizione, nel gesto ed nel contrasto tra scrigno e bacile. Occorre innanzitutto tenere presente che nell’antichità la nudità era considerata simbolo di purezza, di genuinità, di virtù, di candore, e soprattutto di assenza di finzioni (pura verità e nuda verità sono tuttora sinonimi). Quindi l’Amor sacro è raffigurato nudo, mentre l’altro, quello profano, è vestito sontuosamente in quanto sono appunto gli abiti e l’acconciatura i più importanti artifici a cui ricorre l’Amor profano , meno bello del sacro, per aumentare artificiosamente l’attrazione tra i due sessi. L’Amore Sacro sfoggia soltanto un mantello rosso, classico segno dell’amore profano; ma non bisogna dimenticare che i neoplatonici definivano il rosso come l’ultimo ed il più perfetto dei tre colori ermetici (gli altri due sono il nero ed il bianco). In contrasto con l’unicità cromatica dell’Amor sacro, spicca la molteplicità dei colori di quello profano, tutti attenuati e mancanti comunque del rosso. I colori sono tanti perché pure tanti sono gli amori profani. Ad accentuare ancor più la differenza tra le figure femminili, l’autore ha posto loro sfondi differenti. L’Amor profano ha sfondo oscuro invece l’Amore Sacro si staglia su un ampio e luminoso orizzonte. La posizione delle due donne: quella nuda è alta, slanciata, ed occupa una posizione più eminente, che evidenzia come sia lei il primo piano dell’opera. Inoltre è seduta sull’orlo del sarcofago, ma vi si appoggia lievemente, come se dovesse presto alzarsi, mentre l’altra appare stabilmente seduta, più in basso e più formosa, pesante, evidenziando la sua stabile materialità nei confronti dell’aerea spiritualità della sua compagna nuda. Nella gestualità poi, mentre l’Amore Sacro ha un braccio alzato verso il cielo, l’altro indica la terra in basso. La terza figura è un amorino che gioca scherzosamente con l’acqua della fontana. Esso porta a tre i simboli dell’Amore: la Bellezza (Pulchritudo), che per intercessione dell’Amore (Amor) porta alla Voluttà (Voluptas), che rappresenta "il fine al quale Amor aspira", ovvero si perviene all’Estasi Sacra.

    Dal sito http://www.mazzinipancaldomartini.it...o/tiziano.html

  2. #2
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    Una chiave di lettura meno "esoterica" attribuisce quest'opera al desiderio del committente, Niccolò Aurelio, di celebrare degnamente il suo matrimonio con un dipinto allegorico: la donna che indossa il tradizionale abito bianco, che porta tra i capelli la corona di mirto (pianta sacra a Venere e simbolo dell'amore coniugale) e che delicatamente viene iniziata ai misteri dell’amore dalla Venere nuda, sarebbe proprio la sua sposa, Laura Bagarotto.

    Questa ipotesi sembrerebbe avvalorata dallo stemma araldico della famiglia Aurelio incluso tra i bassorilievi, e dal blasone della famiglia della sposa nella decorazione del piatto d’argento sul bordo della fontana, a sua volta ornata da un fregio il cui significato resta misterioso ma che, secondo alcuni critici, rientrerebbe nel solco interpretativo tradizionale: il cavallo domato e senza sella indicherebbe il soggiogamento della passione.

  3. #3
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    L’Amor sacro e amor profano è un dipinto che deve la fama non solo alla sua bellezza, ma anche alla particolarità del soggetto, più volte esaminato dagli studiosi: in esso compaiono due misteriose donne, estremamente somiglianti, l’una riccamente vestita l’altra nuda, sedute sul bordo di un sarcofago, trasformato in una vasca piena d’acqua. In assenza inoltre di dati documentari sull’origine del quadro, che comparve per la prima volta negli inventari della collezione Borghese nel 1648 (mentre stilisticamente l’opera è riferibile alla produzione dell’artista veneto degli anni venti del Cinquecento) ci si è soffermati sull’analisi degli elementi presenti sulla tela per dipanarne la storia.

    Dapprima fu identificato lo stemma posto sul fronte del sarcofago di Nicolò Aurelio, committente del dipinto, segretario del Consiglio dei Dieci dal 1507, gran cancelliere nel 1523, poi caduto in disgrazia e condannato all’esilio a vita. Poi nel 1975 Wethey individuava un secondo stemma al centro del bacile posto sopra il sarcofago come quello della famiglia Bagarotto, alla quale apparteneva Laura, moglie dal 1514 di Nicolò Aurelio: si definì in tal modo in maniera inequivocabile la committenza dell’opera.

    Circa la vicenda che invece riguarda la definizione del soggetto, già in un inventario del 1693 il quadro riceveva un titolo come Amor Divino e Amor Profano: in tal modo si evidenziava quel dualismo compositivo delle due figure femminili, che ha poi ispirato tutto un filone di lettura dell’opera con la contrapposizione di due concetti morali, in relazione all’Amore, simboleggiato da Cupido. Il Petersen giungeva nel 1907 a un’interpretazione in chiave mitologica, per la quale le due donne rappresenterebbero le due Veneri: la Pandemos, quella terrena, sarebbe raffigurata nella figura riccamente vestita, mentre l’Urania, quella celeste, dalla figura nuda. Tale identificazione venne ripresa in un fondamentale studio di Panofsky degli anni trenta e arricchita dalla relazione di tali immagini con la dottrina neoplatonica, particolarmente diffusa in ambito veneto. Il quadro risultava una summa di tale speculazione filosofica e le due Veneri finivano per rappresentare non più un contrasto tra bene e male, ma i due gradi dell’amore ficiniano verso la perfezione.

    Un’altra tradizione interpretativa si soffermava sull’atteggiamento delle due donne, vedendovi una semplice esortazione all’amore e tralasciando la suggestione del doppio, fornita dalla stretta somiglianza delle due. Identificata la figura nuda come Venere si andava cercando una fonte letteraria che permettesse di riconoscere nel quadro complessivamente un episodio mitologico. Wickoff (1895) sceglieva l’esortazione di Venere a Medea; Ozzola (1906) indicava l’incitazione della dea ad Elena per abbandonare Menelao, il Poppelreuter individuava tra le possibili fonti letterarie l’Hypnerotomachia Poliphili , come ultimamente ha fatto anche Calvesi (1989). Anche Wind nel 1958 sosteneva la lettura del dipinto come un’esortazione all’amore, anche se esso non andava interpretato in chiave mitologica ma allegorica: dopo aver escluso l’identificazione delle due donne con le due Veneri, evidenziava la presenza sul sarcofago di un rilievo con la punizione dell’amore bestiale, nonché la valenza purificatrice dell’acqua contenuta nel sarcofago e il significato delle due donne come amore superiore.

    L’ultima tappa fondamentale nella comprensione del dipinto ha origine dalla già citata scoperta da parte del Wethey dello stemma di Laura Bagarotto, che lo inserisce nella produzione dei quadri matrimoniali. Nel 1980 il saggio di Gentili riprendeva il contrasto tra le due Veneri, interpretandole però come l’opposizione tra Virtus e Voluptas.

    Soffermandosi invece sull’occasione storica del dipinto, Maria Luisa Ricciardi (1986) rifiutava completamente ogni lettura umanistica e neoplatonica e identificava nella figura vestita il ritratto di Laura Bagarotto, alle cui spalle compare Padova, esortata da Venere ad aprirsi a Venezia raffigurata alle sue spalle; sul sarcofago comparirebbe la vicenda che coinvolse la famiglia, con Venezia, attaccata e tradita da Padova, e la punizione di Bertuccio Bagarotto, padre di Laura e attentatore di Venezia. Sempre su questa linea di lettura Robertson (1988) aggiungeva l’interpretazione del cofanetto nelle mani di Laura come l’urna con le ceneri del padre e la figura nuda come la Verità, per vendicare la morte ingiusta del padre.

    Rona Goffen (1992; 1993), pur riallacciandosi al dato ormai acquisito che il dipinto nascesse da un’occasione matrimoniale, non vede nella figura vestita un ritratto di Laura, ma una rappresentazione della categoria universale della sposa, sottolineando con le sue ricerche in chiave sociale e psicologica l’importanza dell’istituto matrimoniale per il mondo femminile del tempo. Le due donne, simili, rappresentano, nell’intento di conciliare castità e sessualità, i due momenti differenti della moglie e della sposa: la nuda eleva l’amore sessuale dal piano terrestre ad un livello più elevato in virtù del matrimonio e della procreazione.


    Riferimenti bibliografici

    * Wickoff, F. "Giorgione’s Bilder zu Römischen Heldengedichten." Jarbuch der Königlich Preussischen Kunstsammlungen (1895): 34-43

    * Gnoli, U. "Amor Sacro e Profano?" Rassegna d’Arte II (1902): 177-181

    * Ozzola, L. "Venere e Elena. L’amor sacro e l’amor profano." L’Arte IX (1906): 298-302

    * Petersen, E. "Tizians amor sagro e profano und Willkurlichkeiten moderner Kunsterklaurung." Die Galerien Europas 2, 1907: 97-10

    * Poppelreuter, J. "Sappho und die Najade Titians, ‘Himmlische und irdische Liebe’." Repertorium für Kunstwissenschaft (1913): 41-56

    * Hourticq, L. "La ‘Fontaine d’amour’ de Titien." Gazette des Beaux-Arts XII (1917): 288-298

    * Clerici, G.P. "Tiziano e l’Hypnerotomachia Poliphili e una nuova interpretazione del quadro della Galleria Borghese (L’Amor Sacro e l’Amor Profano)." Bibliofilia XX, 19 (1918-19): 183-203

    * Friedländer, W. "La tintura delle rose." The Art Bulletin XVI (1938): 320-324

    * Mayer, A.L. "Aurelio Nicolò: the Commisioner of Titian’s ‘Sacred and Profane Love’." The Art Bulletin XXI 1939: 89

    * Panofsky, E. Studies in iconology. Humanistic themes in the art of the Renaissance. (prima ed. New York 1939). Torino: Einaudi, 1975: 205-221

    * Wind, E. Pagan Mysteries of the Renaissance. (prima ed. New Haven 1958) Torino, 1971: 175-186

    * Gentili, A. Da Tiziano a Tiziano. mito e allegoria nella cultura veneziana del Cinquecento. Milano, 1980: 89-100

    * Ricciardi, Maria Luisa. "L’Amor sacro e profano. Un ulteriore tentativo di sciogliere l’enigma." Notizie da Palazzo Albani XV (1986): 38-43

    * Robertson, G. "Honour, Love and Truth: An Alternative Reading of Titian’s Sacred and Profane Love." Renaissance Studies 2 (1988): 268-279

    * Calvesi, Maurizio. "Un amore per Venere e Proserpina." Art e Dossier 39 (1989): 27-34

    * Goffen, Rona. "Titian’s ‘Sacred and Profane Love’ and Marriage." The Expanding Discourse: Feminism and Art. New York, 1992: 111-125.

    * Goffen, Rona. "Titian’s ‘Sacred and Profane Love’: Individuality and Sexulity in a Renaissance Marriage Picture. Studies of History of Art (1993): 121-144

    *Tiziano. Amor Sacro e Amor Profano. Catalogo della mostra. Milano: Electa, 1995


    Liberamente tratto da www.italica.rai.it



  4. #4
    sacher.tonino
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    Dello stesso autore, in alto, a sinistra di chi guarda, si nota una pattuglia di dischi interstellari, in formazione circolare.

  5. #5
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    Citazione Originariamente Scritto da sacher.tonino
    Dello stesso autore, in alto, a sinistra di chi guarda, si nota una pattuglia di dischi interstellari, in formazione circolare.
    Eh lo so… in diversi dipinti antichi compaiono strani oggetti nel cielo che molti considerano prove di avvistamenti UFO. L'argomento è suggestivo ma, almeno nel Bacco e Arianna di Tiziano, la spiegazione c'è. Ed è mitologica.

    Quella pattuglia di dischi interstellari altro non è che la costellazione della Corona Boreale: Arianna venne abbandonata da Teseo sull'isola di Nasso, dove Dioniso-Bacco la vide, se ne invaghì e la sposò. Per renderla immortale, il dio le tolse la corona e la scagliò in cielo, trasformandola in una costellazione.

  6. #6
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    Il Codice da Vecellio

    Non ho cominciato io.
    Altri autorevoli forumisti hanno tirato in ballo gli UFO e l'ermetismo per il misterioso dipinto di Tiziano sull'Amor Sacro e l'Amor Profano.
    Mi permetto quindi un esoterico contributo - quanto mai attuale - all'interpretazione dell'opera.
    In particolare sull'identificazione della nuda fanciulla che rappresenterebbe l'Amor Sacro.
    E' un volto che ritroviamo anche in un altro famosissimo dipinto di Tiziano, nella galleria di Palazzo Pitti, che vado a mostrare:





    Non è difficile riconosce che si tratta della stessa persona; i rossi capelli, l'espressione degli occhi, i lineamenti, la sacra nudità.
    Per di più, a corroborare questa identificazione c'è il simbolo comune: una coppa che nel dipinto della Galleria Borghese la fanciulla alza al cielo, mentre in quello di Palazzo Pitti è in primo piano alla destra del personaggio dipinto.
    Dunque abbiamo un sepolcro, una coppa, una dominanza del rosso, un "amore sacro": non occorre essere andati al cinema sabato scorso per capire che questo dipinto è una allegoria del "Sang Real"; quale amore più sacro infatti di quello che legò Maddalena e Gesù?
    Già, perché il dipinto di Palazzo Pitti, ovviamente, ha come soggetto proprio Maria Maddalena...

  7. #7
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    Citazione Originariamente Scritto da pcosta
    Per di più, a corroborare questa identificazione c'è il simbolo comune: una coppa che nel dipinto della Galleria Borghese la fanciulla alza al cielo, mentre in quello di Palazzo Pitti è in primo piano alla destra del personaggio dipinto.
    Dunque abbiamo un sepolcro, una coppa, una dominanza del rosso, un "amore sacro": non occorre essere andati al cinema sabato scorso per capire che questo dipinto è una allegoria del "Sang Real"; quale amore più sacro infatti di quello che legò Maddalena e Gesù?


    E io che credevo che la fanciulla dell'Amor sacro alzasse al cielo un vaso con la fiamma, simbolo dell'ardente, inestinguibile amore divino. E che accanto alla Maddalena di Palazzo Pitti fosse raffigurato il vaso di unguenti preziosi secondo l'iconografia tradizionale, vaso che diventerà una caraffa trasparente nella Maddalena dell'Hermitage, quale simbolo della sua nuova castità.

    Proprio vero che ogni giorno si impara qualcosa di nuovo...



    Maddalena penitente - Hermitage, San Pietroburgo

  8. #8
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    Citazione Originariamente Scritto da pcosta
    Non è difficile riconosce che si tratta della stessa persona; i rossi capelli, l'espressione degli occhi, i lineamenti, la sacra nudità.
    Per di più, a corroborare questa identificazione c'è il simbolo comune: una coppa che nel dipinto della Galleria Borghese la fanciulla alza al cielo, mentre in quello di Palazzo Pitti è in primo piano alla destra del personaggio dipinto.
    Dunque abbiamo un sepolcro, una coppa, una dominanza del rosso, un "amore sacro": non occorre essere andati al cinema sabato scorso per capire che questo dipinto è una allegoria del "Sang Real"; quale amore più sacro infatti di quello che legò Maddalena e Gesù?
    Già, perché il dipinto di Palazzo Pitti, ovviamente, ha come soggetto proprio Maria Maddalena...
    L'ho sempre detto: "Il codice pcosta" (riduttivo limitarlo a Vecellio), se pubblicato, surclasserebbe i libricini di costui...


  9. #9

  10. #10
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    Bella... Colonna sonora del Codice da Vinci?

 

 
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