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  1. #11
    Saloth Sâr
    Ospite

    Predefinito

    L'immigrazione va combattuta e su questo ho già detto la mia nell'altro 3d, però l'islamofobia la lascio volentieri ai leghisti

    Un italiano è libero di abbracciare la fede che preferisce, un italiano può essere cattolico come islamico ma rimane pur sempre un italiano

  2. #12
    Saloth Sâr
    Ospite

    Predefinito

    Citazione Originariamente Scritto da Avanguardista
    gli immigrati non islamici vanno bene?
    Certo, sono materialisti come noi, no ?

    Filippini, eguadoregni, camerunesi avanti ! Tutti in Italia !

  3. #13
    Saloth Sâr
    Ospite

    Post Disinformazione sull’Islàm e strategie geopolitiche atlantiche

    di eurasia-rivista.org

    lunedì, 08 maggio 2006


    (resoconto della conferenza del Prof. Enrico Galoppini, Magenta – 5 maggio 2006)

    Fonte: http://www.eurasia-rivista.org


    Venerdì 5 maggio 2006 alle 21.30, a Magenta (MI), presso la libreria “La memoria del mondo”, si è tenuta la conferenza del Prof. Enrico Galoppini (docente di Storia dei Paesi islamici all’Univ. di Torino e redattore della rivista di Studi geopolitici “Eurasia”) “Disinformazione sull’Islàm e strategie geopolitiche atlantiche”, organizzata dal circolo “NUM – Noi stessi”, che aderisce al Coordinamento Progetto Eurasia (CPE).

    Alla presenza di un pubblico di una trentina di persone, il relatore ha spiegato perché l’Islàm, nella presente fase storica successiva alla fine del bipolarismo Usa-Urss, viene incessantemente presentato alla stregua di un “problema” politico, sociale, religioso, se non addirittura di ordine pubblico. Tale immagine volta a creare allarmismo e preoccupazione attorno all’Islàm, agli Stati a maggioranza musulmana e ai singoli musulmani, viene creata – sfruttando stereotipi sedimentati e perciò rinnovabili – attraverso un apparato mediatico totalitario e refrattario ad ogni contraddittorio allo scopo di agevolare, garantendo un ampio consenso, la realizzazione della Globalizzazione (“libero mercato” e “libera circolazione degli uomini”) e del Mondialismo, ovvero la costituzione di un “governo mondiale” (di cui l’Onu è una prima prefigurazione), di una “giustizia mondiale” (v. tribunali speciali per “crimini di guerra” degli sconfitti), di una “religione mondiale” (v. “diritti umani” e democrazia), con le differenze ridotte al rango di folclore in un mondo forzatamente unificato, “pacificato” e ridotto a “mercato”.

    Ma se l’Europa è stata posta sotto il controllo del Mondialismo sin dalla sconfitta militare del 1945 (e l’UE, con la relativa esautorazione del potere degli Stati europei, si prefigge di completare l’opera), la Russia e la Cina ancora non prendono ordini dalle sue centrali decisionali: per raggiungere il controllo di quello che è il “cuore dell’Eurasia” è dunque necessario occupare – anche per controllarne le risorse energetiche – quella “cintura” di Stati immediatamente a ridosso della Russia e della Cina, alcuni dei quali sono a maggioranza musulmana. Si tratta del famoso “Asse del male”, che difatti comprende Iraq ed Iran (di fatto anche la Siria, e potenzialmente altri), ma anche la Corea del Nord, posta all’altro estremo della “cintura”. Questi Stati, dopo il preteso “Big bang del XXI secolo” dell’11 settembre (non si dimentichi l’aggressione a Belgrado, del 1999…), devono essere associati agli autori (ufficiali, cioè “islamici”) degli attentati negli Usa, in Europa e nel resto del mondo: Saddam Hussein tramerà perciò con al-Qa‘ida, e lo stesso – c’era da aspettarselo – starebbe facendo l’Iran… (ad ogni buon conto, gli “Stati canaglia” hanno, per definizione, la caratteristica di essere legati al “terrorismo di matrice islamica”: lo si è detto, talvolta, anche in relazione al Venezuela della Rivoluzione bolivariana!).
    Le preoccupazioni delle popolazioni europee legate ai considerevoli flussi migratori di musulmani vengono gonfiate a livelli parossistici, fornendo la scusa per un continuo allarmismo da addebitare alla presenza, in casa, di “cellule terroristiche islamiche in sonno”, di “quinte colonne di al-Qa‘ida”, salvo poi scoprire che trattasi di regolari bufale mirate a creare uno stato d’animo funzionale alle strategie militari e geopolitiche da perseguire nelle aree oggetto delle mire atlantiche: il “nemico” – dipinto come mero malvivente (v. le operazioni di “polizia internazionale”) e, dunque, “terrorista” (la “guerra”, ufficialmente, non la si fa più a nessuno) – diventa così interno ed esterno.

    La preoccupazione che viene diffusa a dosi da cavallo (ci sono spesso gli estremi per il reato di procurato allarme) è quella di essere invasi dall’Islàm e dai musulmani. Di qui l’errata interpretazione di massa della “guerra preventiva”, che non è – s’intende – “guerra a chi sta per farcela” (l’Iran, ci raccontano), ma prevenzione dell’emersione di eventuali altre potenze politiche, economiche, culturali e militari capaci d’insidiare l’attuale unipolarismo statunitense e, perciò, per la loro stessa esistenza, d’imporre un multipolarismo nelle relazioni internazionali e nella gestione delle risorse del pianeta secondo i principi naturali della libertà, dell’indipendenza, dell’autodeterminazione e della sovranità per tutti i popoli-nazione del mondo, che in tale prospettiva aborrita dai fautori della Globalizzazione e del Mondialismo sarebbero liberi di scegliere, gestire ed orientare il proprio futuro.

    Ma la diffusione dell’idea dell’Islàm come “problema” ha buon esito perché l’ignoranza sull’Islàm e i musulmani è in effetti abissale. Per questo, il Prof. Enrico Galoppini ha spiegato ai presenti – facendo ricorso all’etimologia - il significato di alcuni termini di base quali lo stesso “Islàm” e l’abusato “jihàd”. A seminare confusione, oltre ad alcuni “esperti” ben poco preparati e/o in malafede, sono soprattutto i giornalisti, più precisamente gli “inviati” (quindi i loro direttori), del tutto a digiuno – giusto per rilevare un’incredibile lacuna – di lingua araba... L’apparato mediatico, dunque, in-forma, cioè dà forma alla mente delle persone, incapaci di rendersi conto della dimensione e del crimine in atto e della truffa cui vengono sottoposte in occasione delle invasioni di Paesi a maggioranza musulmana, del loro scempio e, quel che è peggio (per un mondo che salmodia incessantemente le virtù dell’“antirazzismo”), del massacro di esseri umani (i parenti degli immigrati che dovremmo “rispettare”!) rei di non essere – secondo la vulgata imperante - “laici”, “democratici” ecc. Ma all’antirazzismo di maniera, evidentemente, non corrisponde alcun rispetto né degli esseri umani né della varietà delle culture e della loro continua rielaborazione: è questo il vero razzismo, quello che riduce a contabilità (quando va bene) lo sterminio di uomini, donne, bambini demonizzati in blocco (“il musulmano” è per definizione paradigmatico, non un essere reale!), con buona pace dell’Islàm “moderato”, una specie di ‘coniglio di pezza’ posto davanti a una pletora di utili idioti (gli “intellettuali”) e del pubblico che gli dà credito.

    Due sono perciò i punti da capire bene:

    1 – La disinformazione sull’Islàm è mirata a dividere, dal punto di vista della psicologia collettiva, le popolazioni europee e quelle arabo-musulmane, separare le due sponde del Mediterraneo, procrastinare all’infinito la dicotomia “Oriente e Occidente” (“l’Oriente” è il ‘luogo’ della barbarie, della tirannia, ad esempio, mentre “l’Occidente” è “la civiltà”, con l’Europa che, anziché trovare il suo naturale complemento politico, economico e culturale nell’Asia e nell’Africa, svanisce nell’abbraccio mortale della pseudocultura della Globalizzazione e del Mondialismo).
    I burattinai di tale turpe manovra, se si pensa che l’Italia, nello specifico, è occupata da oltre 100 basi militari statunitensi sono facilmente individuabili. Tra i due litiganti il terzo gode, e se Cristianesimo ed Islàm vengono contrapposti, a beneficiare di ciò sono i padroni dell’Europa e i destabilizzatori – da sessant’anni e oltre – del Vicino Oriente, che allo scopo hanno creato una base territoriale (lo “Stato d’Israele”) al Sionismo, che è oggi la vera ideologia unificante dell’Occidente.

    Tutto questo viene realizzato attraverso il lavoro concreto ed intellettuale (e nient’affatto coordinato, il che è la tragedia!) svolto da:
    - chi è affetto da pregiudizio filo-americano (gli stessi che accusano di “antiamericanismo” tutto ciò che detestano, fornendone quindi una caricatura): tra costoro, “sessantottini delusi” ma coerentemente impegnati nel “liberare la donna”, nel formare la “società civile” ecc.;
    - ottimisti “new global” dei cortei della pace e dei Social Forum (“un altro mondo è possibile”), più ONG delle “rivoluzioni arancioni” che “esportano la democrazia”;
    - “liberali” alla Pera e alla Ferrara che declinano il Cristianesimo in senso identitario (Lepanto come momento clou della storia): sono i “cristianisti”;
    - il Vaticano, che prima “condanna la guerra” (gestendo il malcontento) poi riceve in pompa magna il capo degli invasori;
    - giudeofili (falsi) che difendendo a spada tratta “Israele” ne fanno (coerentemente col loro sentire) l’avamposto della “civiltà” in mezzo alla “barbarie” (islamica);
    - “neofascisti” in deriva KKK e fautori delle “piccole patrie” (dalle “identità” create a tavolino, come quella dei sionisti…), cui l’immigrazione di musulmani dà lo spunto per sbracarsi in un razzismo indecoroso ed in un’islamofobia grottesca.

    2 – Gli europei devono essere distratti dal loro vero problema: il perseguimento della loro libertà, indipendenza, autodeterminazione e sovranità, politica, economica, culturale e militare. Non devono capire chi sono. Per questo devono imbarcarsi in guerre altrui, svolgendo il ruolo di ‘crociati per conto terzi’ (i “Crociati dello Zio Sam”). Questa realtà da incubo può avverarsi anche e soprattutto perché i popoli europei, indottrinati da una propaganda pluridecennale che ne ha infiacchito la volontà di riscatto, non esprimono più una classe politica che agisce nel loro interesse, degli statisti degni di tale qualifica: non è un caso che l’attuale sperticata dimostrazione di “amicizia” per “Israele” coincida col punto più basso registrato nelle relazioni, ad ogni livello, tra l’Europa (e l’Italia, nello specifico) e il mondo arabo e islamico, a riprova del ruolo svolto dalla base territoriale del Sionismo quale elemento di destabilizzazione di un’area strategicamente ed economicamente fondamentale (e non il contrario, come alcuni “controinformatori” sogliono vedere: ovvero che “Israele” sarebbe il grande manipolatore di tutto e di tutti…).

    Globalizzazione e Mondialismo, “mercato” come unico destino esistenziale e “religione (parodistica) dell’Olocausto” (si pensi all’insistenza con cui si chiede di “riconoscere Israele” e, contemporaneamente, di celebrare la “giornata della memoria”, ai quattro angoli del pianeta, ad es. all’Egitto!) rappresentano dunque i riferimenti di chi ha interesse a disinformare sull’Islàm, allo scopo di realizzare obiettivi strategici e geopolitici concreti (altro che “scontro di religioni”!) e, forse, in ultima istanza, escatologici (ma non c’è stato il tempo di approfondire questo aspetto).

    Al termine della relazione, dal pubblico sono state poste varie domande e sono stati sollevati nuovi argomenti di discussione, ma dopo due ore, quando nessuno dei presenti aveva lasciato la libreria (segno che l’argomento, quando è affrontato diversamente dal solito, suscita forte interesse e desiderio di conoscenza), gli organizzatori - che hanno distribuito del materiale informativo a stampa preparato dal Prof. Galoppini – hanno ritenuto giunto il momento di chiudere la serata, ripromettendosi, anche grazie alla cortese disponibilità del proprietario della libreria, di organizzare nuove occasioni di informazione sull’Islàm.

  4. #14
    Saloth Sâr
    Ospite

    Post

    La creazione del nemico islamico nel quadro della geopolitica nordamericana per il dominio mondiale

    di Tiberio Graziani

    domenica, 24 luglio 2005


    Per gentile concessione dell'Autore, pubblichiamo la traduzione italiana della postfazione al libro, pubblicato in Francia, Les Croisés de l'Oncle Sam, di Tahir de la Nive. I 'Crociati dello Zio Sam' sono quegli "esperti" (sovente autori di una inversione di campo di 180°...) che, soffiando sul fuoco dello "scontro di civiltà" prescritto nei pensatoi statunitensi (e gradito anche ai fondamentalisti islamici), intendono coinvolgere gli europei in una 'crociata' che non è affatto la nostra.

    La recente questione sulla pericolosità dell’Islam per l’Europa occidentale, sollevata dalle opinioni di Alexandre Del Valle e di Guillaume Faye, cui Tahir de la Nive reagisce in Les Croisés de l'Oncle Sam (ed. Avatar, nov. 2002)con adeguata vis polemica, interseca più piani che vanno distinti tra loro e ricondotti nella giusta prospettiva: quella degli attuali rapporti geopolitici tra il nostro continente e gli Stati Uniti d’America.

    1 - Gli USA e la conquista dell’Europa

    I rapporti tra l’Europa nel suo complesso e gli Stati Uniti sono, sino alla fine del XIX secolo, di reciproca indifferenza. E’ a partire dai primi anni del XX secolo che le relazioni cominciano a cambiare. Infatti, è con l’affermarsi delle teorie propagate dal think tank costituito in seno al gruppo inglese del Round Table e con il progressivo spostamento degli interessi finanziari britannici negli Usa che si manifesta l’interesse espansionistico delle lobbies anglo-americane a danno del Vecchio Continente e a delinearsi quindi una strategia che possiamo già definire mondialista.

    Il primo intervento degli Usa nelle questioni europee è costituito dalla loro partecipazione alla Grande Guerra. Al termine del conflitto, i nordamericani si affermano, con energia, alla Conferenza di Parigi: infatti alcuni dei principi esposti, in quell’occasione, dal presidente Wilson (i famosi 14 punti) saranno alla base del Trattato di Versailles. La diplomazia americana, nonostante alcune perplessità del Senato statunitense, contribuisce così di fatto alla ridefinizione della futura Europa ed inoltre, assieme a inglesi e francesi, alla pianificazione delle politiche neocolonialiste nelle aree geografiche già appartenenti al defunto Impero della Sublime Porta.

    E’ dunque alla fine della Prima Guerra mondiale che i governi di Washington abbandonano de facto la loro tradizionale politica isolazionista per praticarne un’altra, interventista ed espansionista. Questa nuova politica si orienta principalmente contro l’Europa; il suo retroterra teorico è costituito dalle ricerche e dagli studi economico-politici del Council on Foreign Relations (una creatura del Round Table) sulla interdipendenza economica tra le nazioni. Tali studi si contrapporranno con forza alle teorie dell’autosufficienza continentale proposte, e parzialmente attuate, dai regimi totalitari di Roma, Berlino e Mosca.

    Con la sconfitta delle Potenze dell’Asse, gli Usa si aprono definitivamente la via verso la conquista militare ed economica del Vecchio Continente. Questa volta i governi di Washington hanno maggior libertà d’azione, non essendo più subalterni agli inquilini di Downing Street: è infatti dal 14 agosto del 1941, quando Churchill e Roosevelt firmano la Carta dell’Atlantico, che gli Usa hanno preso la guida del costituendo sistema atlantico.

    Dal 1945, il disegno egemonico statunitense si impone economicamente, in Europa, attraverso il Piano Marshall, e si sviluppa politicamente, durante i 45 anni della Guerra Fredda, mantenendo in un vero e proprio stato di vassallaggio i maggiori paesi dell’Europa occidentale, pilotandone i governi nazionali e contrastando ogni loro tentativo volto a uscire dalla soffocante logica di Jalta. Saranno infatti ostacolate le politiche di apertura verso Mosca e quelle volte ad assicurare l’indipendenza energetica o quella militare ai principali paesi dell’Europa “libera”. Ricordiamo en passant: la Ostpolitik di W. Brandt, la force de frappe del Generale De Gaulle ed i tentativi di Enrico Mattei per affrancare l’Italia dal cartello dei petrolieri anglo-americani.

    Gli Stati Uniti perseguono tale strategia con esiti positivi grazie anche al fondamentale appoggio fornito loro dalla Gran Bretagna, unico paese europeo "culturalmente" e geopoliticamente a loro affine.


    2 - Gli USA e la conquista dell’Eurasia

    Con il crollo del muro di Berlino e con il collasso dell’Unione Sovietica, gli Usa diventano l’iperpotenza che oggi noi tutti conosciamo.

    L’Europa occidentale secondo i think tank americani assume ora il ruolo di una “testa di ponte” gettata sul cuore del continente euroasiatico. Il teorico principale di tale strategia è l’ex consigliere per la sicurezza nazionale del presidente J. Carter, Z. Brzezinski. Nel suo saggio, La grande scacchiera (Milano, 1998), anticipato nell’articolo “A Geostrategy for Eurasia”, apparso sulla rivista del Council on Foreign Relations, “Foreign Affairs” (76, 5), afferma esplicitamente che l’Europa occidentale è semplicemente “la testa di ponte essenziale dell’America sul continente euroasiatico” e molto realisticamente sottolinea che “enorme è la posta geostrategica americana in Europa. Diversamente dai rapporti fra Stati Uniti e Giappone, all’interno dell’Alleanza atlantica l’influenza politica e la potenza militare americane incidono direttamente sul continente euroasiatico. In questa fase delle relazioni euroamericane, che vede gli alleati europei tuttora dipendenti, in larga misura, dal sistema di sicurezza americano, l’allargamento dell’Europa si traduce automaticamente in un’espansione della sfera d’influenza diretta degli Stati Uniti. In assenza di stretti legami transatlantici, per contro, il primato dell’America in Eurasia svanirebbe in men che non si dica. E ciò comprometterebbe seriamente la possibilità di estendere più in profondo l’influenza americana in Eurasia” (pag. 83).

    Il controllo del continente euroasiatico è dunque il vero scopo della politica espansionista americana. Una volta assegnato all’Europa occidentale il ruolo geostrategico di testa di ponte, l’obiettivo primario degli Usa è quello di contenere ed influenzare sul piano militare e politico la Federazione Russa, mediante partnership create ad hoc con i paesi dell’ex-blocco sovietico e persino con un accordo diretto come il recente trattato Nato-Russia.

    La disintegrazione dei Balcani, voluta dal Vaticano, dalla Germania ed attuata da Washington e Londra, la questione del Kosovo e Metohija, il sostegno all’UCK, la demonizzazione di Milosevic, come anche l’appoggio dato dagli Usa ai terroristi secessionisti del Daghestan e della Cecenia, come un tempo venne dato a Bin Laden e compagni contro i sovietici nella guerra afghana, appartengono alla strategia mondialista degli anglo-americani. In questa stessa strategia rientra dunque anche la creazione della cosiddetta ”dorsale verde”. Infatti i fenomeni secessionisti, come quello del Kosovo e Metohija, del Daghestan o della Cecenia, prima richiamati, che esplodono apparentemente in nome del principio di autodeterminazione dei popoli o di una specificità religiosa, nella generalità dei casi (a causa della loro posizione geostrategica) sono pretesti, che hanno dato e danno un senso alla cosiddetta ingerenza umanitaria ed al presidio militare dei governi di Washington e di Londra e pongono inoltre le premesse per la definizione di un nuovo diritto internazionale, una sorta di un parodistico Jus planetario, che sancirebbe la sovranità dello pseudo-impero americano.

    Il controllo del continente euroasiatico impone alle amministrazioni di Washington la ridefinizione degli assetti geopolitici nel Vicino Oriente (rientra in questo piano la normalizzazione dei rapporti tra Turchia e Israele) ed in Oriente.

    Per quanto concerne l’area del Vicino Oriente, il riequilibrio geopolitico deve tener conto delle privilegiate relazioni che esistono tra il governo israeliano e gli Usa, e risolvere dapprima l’annosa questione dell’Iraq, ed in seguito quella dell’Iran.

    Per l’area orientale invece i think tank del Pentagono già prevedono, per il 2017 (il 2012 secondo Edward N. Luttwak), il risveglio del Drago cinese. Il prossimo nemico dell’Occidente sarà dunque, verosimilmente, la Cina.

    2.1 Il nemico principale e la trappola del falso obiettivo

    Per chi propugna una politica di liberazione continentale, gli anglo-americani sono e rimangono quindi il nemico principale.

    Un nemico principale che adotta strategie diversificate, che strumentalizza situazioni critiche irrisolte da anni, che tende a provocare fossati tra popoli di diversa cultura e civiltà. Che basa la sua strategia pseudo-imperiale sulla teoria dello scontro delle civiltà, una caricaturale ripresa dell’antica prassi romana del “divide et impera”.

    Teorizzatore dello scontro delle civiltà è Samuel P. Huntington, già membro del National Security Council e attualmente in forza al Weatherhead Center for International Affairs della Harvard University. In realtà quello che l’autore del fortunato saggio, The clash of civilizations and the remaking of world order, teorizza più che uno scontro di civiltà è uno scontro tribale. C’è chi ha subito il fascino delle teorie di Huntington e invece di considerarle per quello che sono, vale a dire la giustificazione della aggressiva politica anglo-americana verso le aree geografiche ove risiedono popolazioni non occidentali, le reinterpreta alla luce di un fenomeno sociale interno all’Europa, non politico quindi, come l’immigrazione. E’ il caso di Del Valle, Faye e Steuckers. Costoro prospettano uno scenario geopolitico ove lo sviluppo di un espansionismo islamico attenterebbe al continente europeo. Ne sarebbero coinvolti principalmente i paesi dell’Europa occidentale e, dopo l’11 settembre, gli stessi Stati Uniti. Sarebbe dunque auspicabile….un’alleanza euro-americana contro i popoli islamici, una alleanza che ricorda quella euro-atlantica contro l’orso sovietico.

    Tale scenario assegna all’Europa un ruolo di vassallaggio ben peggiore di quello che subiamo attualmente, in quanto le conseguenze immediate sarebbero lo scontro diretto con popolazioni a noi geograficamente vicinissime e con le quali abbiamo sempre mantenuto rapporti di amicizia, nonostante il passato colonialista di alcuni paesi europei come la Francia e l’Italia.

    Come si può notare, la soluzione euro-americana, proposta da autori come Del Valle, è strettamente connessa alla strategia USA per la conquista dell’Eurasia: giustifica infatti, da parte “europea”, ulteriormente la funzione di testa di ponte che gli strateghi statunitensi hanno assegnato ai paesi dell’Europa occidentale e ribadisce gli “stretti legami transatlantici” (Brzezinski) necessari e finora insostituibili alla politica di predominio mondiale vagheggiata dalla iperpotenza d’oltreoceano.

    L’Europa, se cadesse in questa trappola, commetterebbe un vero e proprio suicidio, in quanto andrebbe a spezzare quel continuum geopolitico di cui è parte costituente e che le ha assicurato, da sempre, la sua stessa esistenza, culturale, politica ed economica.

    Dal punto di vista atlantico uno scontro permanente tra le nazioni europee e il mondo islamico ridurrebbe la forza economica dell’Europa a sicuro vantaggio degli Usa che, data la fragilità intrinseca del Vecchio Continente, si potranno imporre come defensores Europae, analogamente a come fecero, oltre cinquanta anni fa, quando si imposero come liberators nella crociata contro il nazi-fascismo.

    2.2 - Propaganda di guerra, immigrazione e islamofobia

    Il problema dell’immigrazione esiste e pone molteplici questioni: sociali, di convivenza, di cultura.
    Ma dobbiamo essere consapevoli che è un fenomeno naturale e ricorrente nella storia dei popoli, originato da diverse cause, generalmente socio-economiche, più raramente politiche. Con una differenza però rispetto al passato. Infatti, bisogna considerare che questo fenomeno, nell’ultimo decennio, ha assunto proporzioni gigantesche a causa dello sviluppo industriale del nord del pianeta e dell’accelerato processo di globalizzazione dei mercati. Esso equivale oggi ad un vero e proprio “urbanesimo planetario”. Le nazioni ove tale fenomeno è più rilevante e desta maggiori preoccupazioni sono quelle dell’Europa occidentale, che, dal 1989 (crollo del muro di Berlino), attraversano una fase di transizione, non solo politica e geopolitica, ma anche economica e sociale. L’immigrazione, nel quadro delle strategie messe in atto dai governi degli Usa e dagli organismi internazionali che fanno capo alle Nazioni Unite, in particolare il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale, diviene un non trascurabile elemento aggiuntivo alla destabilizzazione delle politiche economico-sociali dei paesi dell’Europa occidentale, traducendosi infatti in una forza lavoro a basso costo e costituendo un blocco sociale allogeno, con le correlate critiche conseguenze di coesistenza con gli autoctoni.

    A ciò occorre aggiungere anche la scarsa attenzione che i governi europei hanno riservato al fenomeno considerato. La superficialità dei governi europei in materia di immigrazione ha favorito e favorisce i flussi migratori, aumentandone il grado d’intensità e di pervasività, fino a determinare, da un lato, episodi incontrollabili di intolleranza - finora limitati e sporadici, e comunque confinati nell’ambito di epidermica reazione a fenomeni di microcriminalità -, e, dall’altro, la crescita macroscopica di organizzazioni criminali transnazionali di stampo mafioso a base etnica, che compromettono, drammaticamente, il controllo di ampi spazi territoriali (nazionali ed extranazionale, come nel caso dell’area adriatica) da parte delle normali forze di polizia ed alimentano, con i loro illeciti ricavati, quote sempre più crescenti e costitutive della finanza internazionale, che, poiché pecunia non olet, le tollera e pertanto le legittima.

    L’attenzione di autori come Faye, Del Valle e Steuckers si focalizza però esclusivamente sull’immigrazione arabo-musulmana, in quanto essa costituirebbe, insieme agli europei “convertiti” all’Islam, una sorta di avamposto o quinta colonna del presunto espansionismo islamico. Ora la realtà è ben diversa. Innanzitutto gli immigrati, di qualunque razza e di qualunque fede, hanno un problema primario: quello della sopravvivenza e dell’integrazione nel paese in cui sono emigrati. Problemi elementari dunque, generalmente dettati dalla miseria da cui fuggono. Queste necessità primarie possono certamente spingere l’immigrato nel circuito della criminalità, come anche farlo diventare un terrorista. Ma da qui a dire che gli immigrati siano dei criminali o dei terroristi ce ne corre; essi, più realisticamente, sono dei disperati, come gli immigrati di tutti i tempi. E come gli immigrati di tutti i tempi sono attratti dal “benessere” e dalle società ricche.

    Gli immigrati dunque non costituiscono un pericolo politico-militare come pretendono le ricostruzioni di Del Valle, ma un fattore di perturbazione sociale, cui la politica democratico-occidentalista risponde imponendo il processo dell’ “integrazione culturale”. Un processo che si situa dunque nella logica “illiberale” e democraticamente totalitaria della soppressione delle differenze culturali ed etniche.

    Tahir de la Nive ricorda molto opportunamente che gli stessi ambienti culturali e politici cui appartengono o appartenevano i Faye, i Del Valle e gli Steuckers avevano ipotizzato delle soluzioni al dramma dell’immigrazione ed ai suoi effetti. Scrive infatti il nostro autore: «le problème de l’immigration qui prenait de l’ampleur dans l’ensemble de l’Europe était abordé en conséquence et à la formule Avec les immigrés contre l ’Immigration correspondait un projet empreint à la fois de réalisme et de justice :celui d’une coopération entre une Europe enfin libre de ses choix et les pays du Tiers-Monde, afin d’œuvrer à leur développement dans le respect mutuel et la coprospérité, et non de la façon capitaliste et néo-colonialiste, pour ne pas dire néo- esclavagiste, actuelle. Rétablir l’équilibre Nord-Sud, créer dans les pays en voie de développement des conditions d’existence honorable pour leurs peuples, c’était dans un premier temps freiner l’immigration, puis poser les conditions d’une politique de retour. Il n’était pas question d’exclure mais de libérer ;de xénophobie mais de fraternité entre les peuples. En premier lieu, de rendre à chacun le droit primordial de prospérer sur son sol et selon sa culture.»

    Ma perché ci si sofferma di più sull’immigrazione araba, e non su quella, ad esempio filippina o cinese o nigeriana? Si criminalizza, in definitiva, esclusivamente l’immigrazione araba. Evidentemente lo scopo è quello di creare una psicosi tra gli europei, di creare un odio contro gli arabi, immigrati e non.

    Gli arabo-musulmani devono essere considerati i nemici, in quanto attualmente essi sono i nemici degli Usa e di Israele, e quindi dell’Occidente. Si cerca insomma di promuovere una diffidenza tra i cittadini europei nei confronti degli arabi e della loro cultura (l’islamofobia che denuncia Tahir de la Nive) nel quadro della creazione di quelle opportune premesse psicologiche ed ideologiche che serviranno per aprire un fossato tra civiltà limitrofe, con lo scopo non dichiarato di attuare una frattura geopolitica tra le due sponde del Mar Mediterraneo. Quello di spezzare l’unità geopolitica assicurata da questo mare interno, l’antico Mare Nostrum dei Romani, è il vecchio sogno di tutte le potenze marittime che hanno avuto a che fare con il continente europeo: da Cartagine alla Gran Bretagna agli attuali Stati Uniti.

    L’intenzione geopolitica degli atlantisti è dunque molto chiara: è quella di separare il nord Africa dall’Europa meridionale al fine di indebolire, politicamente, economicamente e militarmente la propaggine sudoccidentale della massa euroasiatica, tagliando a quest’ultima la via d’accesso verso l’Africa e l’Oriente, per assicurare agli USA le risorse che si trovano in queste due aree geografiche.

    E’ questa una azione speculare e parallela a quella che viene attuata ormai da alcuni anni nella zona caucasica, ove risiedono proprio popolazioni a prevalente cultura islamica.

    Tre sono attualmente i fronti che gli Usa hanno aperto contro la massa euroasiatica: Balcani, Mar Mediterraneo, fascia caucasica.

    L’attuale islamofobia, la sua propagazione nel mondo occidentale, assume dunque un’efficace funzione propagandistica proprio nel contesto dell’aggressione anglo-americana all’Eurasia.

    2.3 - La costruzione dell’identità occidentale

    Gli europei occidentali vengono indotti, con la scusa del terrorismo islamico e delle tensioni connesse all’immigrazione selvaggia, non solo ad odiare gli arabi nordafricani, per creare le premesse di cui dicevamo più sopra, ma anche gli islamici e il loro collante culturale e religioso, l’Islam. Il fine è quello di “costruire” una compatta identità “occidentale” a spese dell’Islam, in modo da utilizzare gli europei occidentali nelle azioni militari - pianificate per il controllo della massa euroasiatica - lungo tutta quella fascia che dalla regione caucasica si allunga verso il Mediterraneo.

    Una fascia territoriale che è ricca di risorse energetiche (gas e petrolio) e soprattutto è geostrategicamente importante, sia dal punto di vista militare che commerciale. Questa vasta zona costituisce infatti un vero e proprio spazio vitale per tutta l’Eurasia, in particolare per l’Europa occidentale e la Russia. E’ questa un’area geografica i cui abitanti, lo ricordiamo, sono popolazioni a prevalente cultura islamica.

    La libertà dell’Europa tra Zivilisation e nuova Kultur

    Creare dunque fratture in Eurasia è lo scopo militare dei neocartaginesi di Washington e di Londra. Nel loro “delirio di onnipotenza” oggi gli atlantisti prestano la loro attenzione alle popolazioni islamiche: domani sarà la volta della Cina ed allora si parlerà dapprima della mafia cinese, poi delle pericolose organizzazioni nazional-religiose cinesi ed infine di non sappiamo ancora quale “fondamentalismo confuciano” e terrorismo “giallo”.

    Oggi per chi ha a cuore la libertà dei popoli, la salvaguardia e lo sviluppo delle specificità razziali, culturali e spirituali, che il mercato globale e la “deriva occidentalista” della cultura europea tendono a conculcare, irridere e strumentalizzare, il nemico è l’Occidente.

    Oggi, la liberazione del nostro continente ed il risveglio delle sue più autentiche identità e delle sue più profonde vocazioni passa per l’alleanza con gli strati migliori e validi del mondo islamico.

    Oggi, solo mediante una intesa, paritaria ed onesta, con le popolazioni islamiche è possibile costruire una Europa libera ed unita.

    L’alleanza con il mondo islamico, come pure altre eventuali alleanze (col mondo ortodosso, indù, buddista) richieste dalle attuali esigenze politiche, economiche e militari, non deve essere tuttavia concepita ed adottata in termini meramente pragmatici.

    L’intesa con l’Islam deve essere realizzata principalmente in termini metapolitici, poiché l’attuale fase dell’occidentalizzazione dell’Europa e del mondo intero richiede la mobilitazione di tutte le energie disponibili. E la Kultur islamica, in quanto custode di un’eredità derivante dalla stessa tradizione primordiale, può fornire un contributo determinante per la rinascita dell’Europa, cioè per l’affermazione di una nuova Kultur europea dopo il lungo inverno della Zivilisation occidentale.

    ***

    Dello stesso autore, direttore della Rivista di Studi geopolitici "Eurasia", si legga:
    L'unità, salvaguardia delle diversità

    Per ordinare il libro di Tahir de La Nive:
    e-mail : avatar@geostrategie.com ;
    sito: www.geostrategie.com

  5. #15
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    Citazione Originariamente Scritto da frontista
    Si, si! Tutti contro il governo Prodi e per Berlusconi presidente! Lui si che ha bloccato gli immigrati (con i lacrimoni in Puglia...).
    Se invece di navigare sullo 0,0% cronico grazie alle idee bislacche di soggetti inutili come SubZero, Fabrioscia, etc. che squalificano quest'area politica forse avremmo potuto cominiciare a fare un po' di politica, presentarci meglio agli occhi della gente, parlare dei problemi concreti, acquisire consenso e dire la nostra nelle sedi giuste.
    Front National Docet.
    2010:

  6. #16
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    Citazione Originariamente Scritto da durrutibus
    e chi sarebbero questi 80.000 islamici col diritto di voto?

    italiani, forse?

    E CHE SI FA? VOGLIAMO TOGLIERE IL DIRITTO DI VOTO AI NON CRISTIANI?????
    sarebbe l'ora!
    andreas

 

 
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