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    Predefinito Il sinistro arnese dei poteri forti

    Piero Vassallo
    23/05/2006

    Vico, un autore (stranamente) consigliato da Marx ma non letto dagli intellettuali sedicenti marxisti (i quali, peraltro, non leggono Marx) ha stabilito che l'essenza dei poteri forti è il tranquillo convincimento di occupare una posizione inespugnabile.
    Tonificati dalla sicurezza del potere e dall'abituale esercizio dell'arte necessaria a conservarlo a qualunque costo, gli oligarchi "non si possono persuadere ch'i plebei abbiano la stessa natura umana ch'essi hanno".
    La "Scienza nuova" ha dimostrato, appunto, che la spinta dal basso non può infirmare l'albagia oligarchica, tanto meno espugnare i palazzi del potere.
    I poteri deboli che sconfiggono i poteri forti rappresentano, ad ogni modo, una contraddizione in termini e un pio abbaglio.
    Gli studiosi di storia possono facilmente accertare che la condizione necessaria alla libertà delle plebi dalla tirannia oligarchica è la scelta di un uomo forte, che si schiera dalla parte degli oppressi: "Che uno come Augusto vi surga e vi si stabilisca monarca" ("Scienza Nuova", seconda, Conchiusione dell'opera).
    Con termini che appartengono al linguaggio del XVIII secolo, Vico dimostra che le plebi (i proletari) non possono sottrarsi all'oppressione dei poteri forti senza che insorga un oligarca dotato della coraggiosa ambizione che è indispensabile a chi intende dissociarsi e rompere la disciplina di casta.



    La triste storia della rivoluzione sovietica ricorda che, in assenza di "uno come Augusto", la rivolta di popolo è destinata a ricadere sotto il ferreo tallone delle oligarchie.
    L'applicazione della teoria vichiana ai fatti dei giorni nostri introduce un paradosso che scandalizza i detentori dei poteri deboli (i partiti progressisti) e gli illusi che li votano: senza l'intervento di Berlusconi, equipaggiato antagonista dei poteri forti, l'opposizione del popolo italiano contro le oligarchie sarebbe perduta in partenza.
    Nessuno può prevedere se Berlusconi vincerà la lunga guerra contro i poteri forti, ma è certo che senza la guida di una forte personalità d'estrazione oligarchica, la difesa dell'autorità popolare non è seriamente pensabile.
    Questa verità è così evidente che perfino nella sinistra radicale qualcuno comincia a sospettare che, battendo Berlusconi, i poteri deboli hanno consolidato i poteri forti, ossia l'obitorio maltusiano, le banche, le grandi industrie, il cartello dei narcotrafficanti, le cattedre del nichilismo, le lobby della disgregazione morale, i laboratori della scienza disumana.



    Il trotzkista Marco Ferrando, ad esempio, svela la natura codina dell'asse Prodi - Padoa Schioppa e mette in discussione il partito della rifondazione comunista mostrando le intenzioni squisitamente antipopolari del nuovo governo: penalizzare i lavoratori, obbedire alle imposizioni degli gnomi di Bruxelles, foraggiare la Confindustria.
    Togliere ai poveri per dare ai ricchi.
    Purtroppo Ferrando non ha smaltito la dose del digrignante odio antiberlusconiano, odio che i poteri forti gli hanno sapientemente inoculato. Egli fa, tuttavia, una preziosa (anche se involontaria) concessione alla verità attribuendo all'annuncio del programma antipopolare di Prodi e Padoa Schioppa, la causa della vertiginosa rimonta elettorale di Berlusconi.
    Ferrando non ha esplorato gli estesi confini della dialettica che oppone i poteri forti alla dignità popolare, ma ha compreso, almeno, che Berlusconi non dipende dai poteri forti.
    Ha così posto le basi di una nuova, eccellente piattaforma per la propaganda del centrodestra.
    Qualcuno potrebbe obiettare che Ferrando è un estremista inattendibile. Sennonché la diagnosi di Ferrando è avvalorata dall'indiscussa autorità di Eugenio Scalfari, il quale (nell'omelia tenuta il 21 maggio e pubblicata nella prima pagina di "Repubblica") riconosce ed esalta il carattere rassicurante (vale a dire antipopolare, ossequioso dei poteri forti) del governo Prodi - Padoa Schioppa.

    Scalfari, dopo aver bacchettato l'incauto Piero Ostellino, colpevole di aver sospettato un'esposizione di Prodi al vento della sinistra popolare, sentenzia, con l'abituale compunzione omiletica, che "nella rassegna della nomenclatura ministeriale" si vede "un tasso di moderatismo che potrebbe forse allarmare alcuni non disprezzabili settori del corpo elettorale e non solo quello del centrosinistra".
    Nelle parole di Scalfari - navigato tessitori di inganni - si trovano sufficienti motivi per convincere Moretti a ridiscendere in campo per chiedere a Prodi di dire qualcosa di sinistra.
    L'allarme gridato da Marco Ferrando non è dunque senza ragioni.
    Non priva di ragioni è anche l'inquietudine che serpeggia negli ambienti vaticani, beffeggiati e sfidati dalla sgangherata Rosy Bindi,
    una professionista del bigottismo, che rovescia il suo rumoroso quanto inutile "senso etico" in un acrobatico progetto: "trovare un equilibriotra i miei valori cattolici e il rispetto per le idee e le inclinazioni diverse".



    In parole povere la Bindi fa capire che, per stare al governo con la sinistra, occorre calpestare la logica e trascinare il bigottismo
    fino all'ossequio servile dei poteri forti, costituiti dalla trionfante lobby pederastica e dalla selvaggia setta dei manipolatori genetici.
    L'espansione dei poteri forti è dunque visibile ad occhio nudo.
    Ora c'è da augurarsi che gli inseguitori cattolici della chimera incarnata dal popolarismo di sinistra si rendano (finalmente) conto dell'ingannoche hanno subito.
    E ne traggano le debite conseguenze.
    Quando i fedeli della parrocchia addomesticata e turbata dal conformismo si desteranno dal sonno dogmatico, non sarà difficile sfruttare le occasioni di riscossa popolare, che saranno generosamente concesse al centrodestra dall'incontrollabile arroganza dei poteri forti.
    E dalla collaudata stupidità dei cattocomunisti al potere.



    Piero Vassallo




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  2. #2
    kalashnikov47
    Ospite

    Predefinito

    Articolo perfetto.

 

 

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