Risultati da 1 a 2 di 2
  1. #1
    Massimiliano71
    Ospite

    Predefinito Interessante articolo di Panorama su Chavez.

    Tratto da Panorama.it:

    Benzina per la Revoluciòn

    di Pino Buongiorno


    Hugo Chávez finanzia progetti in molti paesi del mondo. Obiettivo: creare un blocco socialista anti Usa. Un'utopia che i soldi del petrolio rendono ora possibile. Per Washington era «il buffone di Caracas», ma oggi fa paura. E così la strategia cambia.



    Lo show, domenica 7 maggio, va in scena a Barquisimeto, la capitale dello stato di Lara, una città, fondata nel 1552, nella regione centro-occidentale del Venezuela, famosa per i suoi crepuscoli mozzafiato. Hugo Chávez, 52 anni, ex parà ed ex golpista, poi arrivato al potere attraverso le elezioni, è più istrionico che mai nell'interminabile diretta televisiva e radiofonica per il suo consueto programma settimanale Aló presidente.
    Sei ore di botta e risposta con gli ascoltatori, ed è un uragano di notizie shock. Non solo promette 150 mila nuove case («Entro quest'anno» urla ai suoi sostenitori) per gli abitanti di Barquisimeto, che vivono ancora nelle bidonville.

    Non solo rimprovera i suoi ministri per i ritardi nella costruzione della rete idrica. Il presidente della repubblica bolivariana del Venezuela, a sette mesi dalle elezioni, rivela pure che vuole rimanere in carica fino al 2031 modificando la costituzione attraverso un referendum.
    Annuncia un raddoppio delle tasse e delle royalty (fino al 33 per cento) per le compagnie petrolifere straniere che operano nel bacino sul fiume Orinoco, il più ricco deposito di petrolio del paese, dove ogni giorno si estraggono 600 mila barili di greggio pesantissimo che vengono trasformati in olio sintetico leggero.
    Fa un altro passo nel contrasto all'influenza degli Stati Uniti in America Latina anticipando che intende rompere l'accordo commerciale che lo lega al Messico e alla Colombia (G3), dopo aver dato un colpo mortale al Mercosur e al Patto andino.

    No, Chávez non è più quel «buffone» a capo del quinto produttore di greggio al mondo, così come è stato dipinto per anni dalla propaganda dell'amministrazione Bush. Né è «un cane che abbaia, ma non morde», come per molto tempo si è sostenuto a Washington. È un fenomeno complesso che in poche settimane è riuscito a scuotere la geopolitica dell'America Latina, approfittando della svolta a sinistra di molti paesi e dando impulso a un piano strategico che fa perno su Caracas e prevede un gasdotto di 8 mila chilometri tra la Patagonia e le Ande, costo 20 miliardi di dollari.

    Lo ha potuto fare grazie a un'alleanza ferrea con Fidel Castro, a Cuba, e con Evo Morales, in Bolivia. «L'asse del bene» lo chiama lui, che dovrebbe fare da polo di attrazione anche per altri paesi in procinto di andare alle urne. Innanzitutto il Perù, dove Chávez finanzia il candidato Ollanta Humala che si contrappone al filoamericano Alan García. Ma anche il Nicaragua, che il leader del populismo socialista vorrebbe restituire ai sandinisti di Daniel Ortega. E ancora: l'Ecuador, da affidare a un altro suo pupillo, Rafael Correa, e il Messico, con la conquista del potere da parte di Manuel Lopez Obrador, esponente della sinistra, ex sindaco della capitale.

    A Washington, ma anche nelle capitali europee, Chávez è diventato il simbolo di quello che può succedere quando gli Stati Uniti e l'Unione Europea dimenticano e, a volte, disprezzano un intero continente. Nei centri studi si organizzano dibattiti con una sola domanda: si sta realizzando il sogno di Chávez di trasformarsi nel nuovo Libertador, nell'erede del tanto amato Simón Bolívar?
    Di certo c'è che, mentre Castro ha fallito nell'esportare la sua revolución con la guerriglia, il presidente venezuelano rilancia a livello mondiale i principi della «rivoluzione bolivariana» per diventare la forza d'urto che si oppone a George W. Bush e a tutto ciò che rappresenta, il difensore dei movimenti no global, l'alleato più forte dei nemici o solo degli avversari dell'America. Innanzitutto, Iran e Cina.

    Si schermisce con Panorama il ministro Delcy Rodriguez, giovanissima addetta alla presidenza di Miraflores, una delle persone più vicine a Chávez: «Non vogliamo esportare la rivoluzione bolivariana come Bush fa con la democrazia. Vogliamo solo affermare il nostro modello di un mondo multipolare e socialista da contrapporre a quello unilateralista e neoliberista dell'America».
    E chi dovrebbe essere sedotto dal «chavismo»? Delcy Rodriguez sorride. «Penso a tanti paesi africani, ma anche agli europei con la loro tradizione di coesione sociale».
    I giornali di tutta l'America Latina sono zeppi di pagine su «la nueva guerra fría» che contrappone la Casa Bianca al Sud America. Citano il direttore nazionale dell'intelligence Usa, John Negroponte, il quale ha ammesso che la Cia sta ampliando la rete di spie nelle capitali latinoamericane. Seguono le esercitazioni navali condotte nei Carabi dal Comando meridionale delle forze navali americane. Quanto basta a Chávez per sostenere in diretta tv che è «imminente l'invasione del Venezuela» e per chiamare alla «resistenza popolare». «Brucerò i pozzi di petrolio» urla ai microfoni della radio.

    Questo confronto è parossistico. Mentre promette ferro e fuoco, el Comandante continua a far partire verso i porti texani le petroliere che coprono il 15 per cento del fabbisogno energetico Usa. E negli alberghi di Caracas i petrolieri americani, ben mimetizzati, continuano a fare affari con l'ente energetico di stato (Pdvsa) proprio come fanno cinesi e iraniani. Tutto questo appare «schizofrenico» a Humberto Calderon Berti, ex ministro del Petrolio, che si chiede: «Se davvero Bush è il diavolo, perché Chávez non rompe definitivamente?». In effetti, riconosce però, «Chávez ha grosse capacità di distruzione. Non solo della democrazia e del benessere dei venezuelani».

    Ma fintanto che la benzina è a questi livelli record è il trionfo del populismo petrolifero. Ai prezzi attuali le casse dello stato bolivariano si riempiranno quest'anno di una cifra che oscilla fra i 60 e gli 80 miliardi di dollari. Questa manna ha permesso ai dirigenti chavisti, secondo le accuse dell'opposizione, di creare un fondo segreto di almeno 20 miliardi di dollari. I soldi finanzierebbero alcuni progetti sociali in Venezuela, ma per la maggior parte verrebbero destinati alla campagna acquisti dei leader amici o disponibili.

    Leopoldo Lopez, giovane leader anti Chávez, consegna a Panorama il dossier Los regalos para el mundo. Dentro ci sono tutte le cifre del disegno strategico del «nuevo Peron». «Il nostro governo ha donato 16 miliardi e 400 milioni di dollari, a Cuba ma anche all'Argentina, dove Chávez compra miliardi di bond del debito estero, al Brasile, dove fa costruire a prezzi scontati le raffinerie, ma finanzia anche le scuole di samba. E perfino al Burkina Faso e al Mali» elenca Lopez, il quale ha visto morire la guardia del corpo crivellata di colpi da sconosciuti.

    Il ministro Delcy Rodriguez smentisce sia i regali («Sono accordi petroliferi con finanziamenti a lungo termine») sia il tesoro nascosto («Da noi non esce un solo barile che non sia contabilizzato»). Precisa che la «campagna di odio dell'opposizione è acuita dai sondaggi più recenti che confermerebbero l'obiettivo che si è prefissato il presidente: almeno 10 milioni di voti su 14 complessivi».

    Non c'è dubbio che la battaglia elettorale di dicembre sarà al fulmicotone e forse anche qualcosa di più. Quello che però oggi preme a Chávez è l'intero pianeta. Nella biografia, certamente non autorizzata, Hugo Chávez sin uniforme, si può leggere la lapidaria definizione di uno psicologo che ha visitato il presidente: «È una personalità narcisistica». È sicuramente vero, come dimostrano gli incredibili spettacoli domenicali di Aló presidente. Ma non basta a spiegare il personaggio alla ribalta con dichiarazioni esplosive e vertici politici da La Paz a Città del Vaticano.
    La verità è che Chávez è un rivoluzionario il quale, al posto dei kalashnikov, usa i petrodollari. E forse fa più male.

  2. #2
    Redskin
    Ospite

    Predefinito

    Grande Hugo!

    Ma questo ahimè preluderà alle mosse dei porci yankee...che di sicuro non staranno a guardare....

 

 

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