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Discussione: LN, Croazia e FBI

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    Talking LN, Croazia e FBI

    Gli uomini del Carroccio hanno comprato un casinò in Croazia. Per valorizzare un investimento turistico di Bossi e amici. Poi l’hanno venduto: ma i compratori sono stati arrestati dall’Fbi
    di Gianni Barbacetto



    POLA (CROAZIA).

    La Croazia non porta fortuna alla Lega nord. Prima è miseramente fallito un investimento turistico fatto dagli uomini di Umberto Bossi a Salvore, sulla costa croata, a pochi chilometri dal confine italiano. E ora due brutti arresti fatti dall’Fbi in California mettono la parola fine all’avventura di alcuni dirigenti leghisti che avevano addirittura comprato un casinò a Pola.
    La campagna croata di Bossi comincia nell’ottobre 1998, quando un’allegra brigata di italiani mette insieme qualche milione per acquistare un villaggio turistico in costruzione in località Alberi a Salvore, la punta istriana che si allunga sullo splendido golfo di Pirano. Il progetto è appetitoso: 14 ettari di area edificabile, sei palazzine, 180 appartamenti, piscine, ristoranti, campo da golf, porticciolo privato. Il tutto a mezz’oretta di macchina dall’Italia, comodamente raggiungibile da Trieste.
    Skiper Residence: questo il nome del sogno. Ma sono i nomi degli aspiranti proprietari italiani ad attirare l’attenzione: Maurizio Balocchi, tesoriere della Lega e oggi sottosegretario all’Interno; Edouard Ballaman, commercialista svizzero diventato segretario amministrativo del Carroccio nonché deputato eletto in Friuli-Venezia Giulia e questore della Camera; Stefano Stefani, oggi sottosegretario alle Attività produttive; Giancarlo Pagliarini, ex ministro e oggi assessore al Comune di Milano; Enrico Cavaliere, architetto di Mestre che in Croazia è di casa, ma che è anche presidente del Consiglio della Regione Veneto (è la sua Archimedia Engineering a progettare il villaggio).
    Meno noto, in politica, il nome di Manuela Marrone: ma i fan del Senatur sanno bene che si tratta di sua moglie, la signora Bossi. L’elenco degli «amici» è più lungo: sono 114 italiani che per sbarcare in Croazia si mettono insieme, acquistando la società Ceit di Montegrotto Terme, in provincia di Padova: «Ma la Lega non c’entra niente, e non c’entra la speculazione», protesta Pagliarini, «era solo un investimento di pochi milioni a testa tra amici, per avere una casetta al mare».
    Fatto sta che la Ceit di Montegrotto rileva, con un prestito ipotecario di due milioni e mezzo di euro, la Kemco, la società croata con base a Umago che sta costruendo lo Skiper Residence: l’investimento previsto è di oltre 100 miliardi, il più grosso mai visto in quel tratto di costa. Peccato che a un certo punto tutto si inceppi. Perché gli amiconi della Lega hanno davvero messo nell’affare soltanto pochi soldini, mentre è una banca a sopportare il grosso del peso finanziario: la Hypo Alpe Adria Bank, sede a Klagenfurt, in Austria, con azionista di maggioranza (52 per cento) la Regione Carinzia, cioè il suo governatore Jörg Haider.
    Mentre il quotidiano La Padania, controcorrente rispetto all’Europa, inanella parecchie affettuosità giornalistiche nei confronti di Haider, la Ceit accende una serie di mutui (fino al valore complessivo di 12 milioni di euro) con la filiale croata della Hypo Alpe Adria Bank. In più, contrae debiti salati con le aziende fornitrici croate e le amministrazioni pubbliche locali. Risultato: la banca austriaca, preoccupata per la sorte dei suoi prestiti, chiede alla Ceit di restituire i soldi. L’avvocato della banca in Croazia, Goran Veljovic, dichiara al Corriere della sera: «A un certo punto ci siamo accorti che i nuovi mutui che ci venivano chiesti servivano soltanto a pagare i vecchi».
    Gli amiconi italiani cadono dalle nuvole, perché loro tutti quei soldi non li hanno. In più, si mettono di mezzo anche le amministrazioni locali croate, che rivolgono agli italiani alcune contestazioni urbanistiche. I cantieri si bloccano, la società non può commercializzare gli appartamenti, nuovi soldi non arrivano. Nel dicembre 2001 i leghisti cercano di coinvolgere le banche italiane (Unicredit e Sanpaolo), premendo perché si accollino il debito contratto con la Hypo Alpe Adria Bank, mentre sulla questione si mette al lavoro il tribunale commerciale di Zagabria, che sforna un paio di sentenze, sfavorevoli agli italiani.
    «Io sono uscito dall’affare», dice a Diario l’ex ministro Pagliarini, «spero che mi restituiscano i soldi che ho messo all’inizio. Altri sono restati, per vedere come andrà a finire. Di più non so...». Ma le ferite dell’avventura Skiper non sono ancora rimarginate, che in Croazia per gli uomini di Bossi già si profila all’orizzonte un guaio anche peggiore, con tanto d’intervento dei detective americani dell’Fbi.
    SECONDO ATTO. Gli amici del Carroccio avevano pronta l’arma segreta per risolvere il problema Skiper: una licenza per gestire un casinò. Poter aprire una casa da gioco dentro il complesso turistico, ecco la mossa vincente per valorizzare l’investimento e attirare capitali. Così i più attivi tra i leghisti coinvolti nell’affaire residence di Salvore – tra loro Edouard Ballaman, Maurizio Balocchi, Enrico Cavaliere – si danno da fare per impossessarsi di una licenza croata per i tavoli verdi. Puntano gli occhi sul Casinò Histria di Pola, inserito nel complesso dell’Hotel Histria che è il quattro stelle più lussuoso della città. Ogni casinò, in Croazia, ha una doppia licenza: così, conquistato l’Histria, la Lega ha la possibilità di far funzionare roulette, chemin de fer, baccarat e slot machine anche a Salvore.
    L’Hotel Histria, in verità, è proprietà di un altro gruppo di italiani, gli imprenditori veneti dell’Europa Tourist Group, che gestisce, tra l’altro, alcuni alberghi a Bibione e che in Croazia controlla l’Arena Tourist, l’impresa turistica più importante di Pola. Ma l’Arena Tourist ha la proprietà dell’immobile che ospita il casinò, mentre la gestione è della Santex, una società che ha la speciale licenza croata per le case da gioco e che paga l’affitto all’Arena Tourist. E chi c’è dietro la Santex? Proprio il gruppo di italiani, autorevoli dirigenti e parlamentari della Lega, coinvolti nell’avventura Skiper.
    Gli amici di Bossi, dunque, sono diventati proprietari di un casinò. Sui giochi la Lega comincia ormai a farsi un piccolo know how, visto che Ballaman ha varato anche una società che gestisce alcune sale bingo, la Bingo Net (al 65 per cento di Balocchi, il resto diviso tra quattro soci, tra cui il presidente Enrico Cavaliere e l’ex deputato leghista Roberto Faustinelli).
    Gli affari, però non vanno bene. Il bingo non è la miniera d’oro che molti (anche a sinistra) speravano. E i casinò al di là del confine orientale dell’Italia, in Slovenia e Croazia, si moltiplicano e si fanno concorrenza. In più, Bossi e amici nel 2001 approdano a Roma ed entrano nel governo di Silvio Berlusconi. Diventa imbarazzante che ministri e sottosegretari italiani siano coinvolti in un business giudicato a rischio: mentre il ministro dell’Interno denuncia nei suoi rapporti che nei casinò permangono pericoli di riciclaggio, il suo sottosegretario Balocchi è tra i gestori di un casinò oltre confine...
    Il gruppo del Carroccio decide dunque di vendere rapidamente la Santex e risolvere così ogni problema finanziario e di opportunità politica. Ma invece i guai si moltiplicano. I compratori del casinò Histria, infatti, si fanno sotto, presentati da un mediatore locale, Bozivar Vukasovic, con casa a Trieste. Sono quattro americani: Moshe Leichner, suo figlio Zvi Leichner, Amotz e Nili Frenkel. La trattativa per la cessione del 75 per cento della società che gestisce il casinò di Pola (il restante 25 per cento appartiene a una misteriosa società irlandese) ha qualche momento di tensione, perché i compratori tirano sul prezzo e cercano di non pagare la seconda tranche. «Ma alla fine», dice a Diario il mediatore Vukasovic, «tra venditori e compratori è stato raggiunto un accordo».
    Peccato però che i Leichner, padre e figlio, a febbraio (come rivelato dal settimanale croato Imperijal) siano stati arrestati per truffa dall’Fbi, con l’accusa di aver sottratto oltre 77 milioni di dollari a un centinaio di persone che avevano loro affidato i soldi perché fossero investiti sul mercato dei cambi. Anche i Frenkel sono sotto inchiesta negli Stati Uniti per reati societari. Si conclude così, con un disastro dietro l’altro, la campagna croata di Bossi

  2. #2
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    Ceit: una storia tutta padana





    La Kemco è controllata per il 100% dalla Ceit, una srl di Montegotto Terme (Padova). Fra i 114 azionisti ci sono alcuni nomi noti: la moglie di Umberto Bossi, Manuela Marrone, il presidente del gruppo Lega Nord Padania alla Camera, Giancarlo Pagliarini, il segretario amministrativo della Lega Nord Eduard Ballaman, oltre al senatore Massimo Dolazza e ai deputati Diego Alborghetti, Piergiorgio Martinelli, Flavio Rodeghiero, Daniela Santandrea, Stefano Stefani, presidente del partito, Silvestro Terzi e Maurizio Balocchi, tesoriere del partito.Stefani e Balocchi figurano anche nel consiglio di amministrazione. Proprio il tesoriere della Lega è la mente dell' affare, insieme al presidente del consiglio regionale del Veneto Enrico Cavaliere, leghista e a sua volta azionista della Ceit.Nella lista dei soci compare, per esempio, il nome di Graziano Bonardelli, ma anche quello del sindaco di Acqui Bernardino Bosio, del consigliere della Regione Piemonte Oreste Rossi, e di Romano Lazzari, segretario provinciale della Lega di Chi avari. Erano della partita pure i deputati Domenico Comino e Mario Barral, che però, dopo aver lasciato la Lega per fondare l' Ape (Autonomisti per l' Europa) sono usciti anche dall' affare.
    Alla scadenza le banche chiedono la restituzione dei prestiti, e i nostri imprenditori non trovano altra soluzione che chiedere un'altro finanziamento alla stessa banca per restituire con un consistente ritardo il primo prestito.
    L’avvocato della banca in Croazia, Goran Veljovic, dichiara al Corriere della sera: «A un certo punto ci siamo accorti che i nuovi mutui che ci venivano chiesti servivano soltanto a pagare i vecchi».
    Risultato: per i leghisti nessuna perdita di soldi (pochi quelli investiti nelle quote della società) ma si registra l'allontanamento di un alleato politico che i media vicini al carroccio avevano incensato per anni.
    Infatti Hider, intervistato dal quotidiano croato Vecernjj List, ha bollato con disprezzo e sarcasmo l'investimento leghista in Croazia.
    Lo ha giudicato una classica patacca e ha dileggiato Bossi come il capo di una banda di imbroglioni all'assalto delle spiagge croate.
    Praticamente ha dato del "terrone" al capo dei padani "mitteleuropei".
    La banca di Haider esercita il suo diritto di rivalsa confiscando le proprietà dello Skipper Residence, ormai quasi completato.
    A gennaio 2001la Corte Superiore di Zagabria da via libera alla vendita all'asta del «paradiso di Bossi», che di fatto viene «sequestrato». L'asta, i cui termini dovrebbero essere disposti tra breve, era motivata dal fatto che la banca di Kalgenfurt, avvalendosi di una clausola contrattuale cosiddetta d'«inaffidabilità e non gradimento del debitore», aveva considerato morosa la Ceit per il fatto che questa aveva pagato con ritardo alcune rate del mutuo.

    Ad aprile 2003 La Ceit fallisce e la lega nord fa pressione sul ministro degli Esteri, Franco Frattini, perché la Farnesina si attivi per aprire un canale di conciliazione tra i politici croati, i banchieri austriaci e gli investitori italiani della Ceit. L’attenzione è concentrata sul primo lotto di 180 appartamenti già realizzati, sul quale la Hypo Alpe Adria Bank, la banca che ha finanziato la Ceit, si è rivalsa dopo l’inchiesta sulle presunte tangenti e dopo la revoca dei crediti per «inaffidabilità e non gradimento del debitore».

    All'inizio del 2004 Il fallimento di Ceit, l’immobiliare targata Lega, è già stato benedetto da una sentenza del tribunale di Padova il 25 marzo scorso. Il curatore di quel crac, il ragioniere commercialista Flavio Tullio, vuole capire dove siano andati a finire i soldi, 10 miliardi di vecchie lire

    A maggio del 2004 la Procura di Padova apre formalmente un’inchiesta sul crac della società Ceit,sulla base della relazione depositata dal curatore fallimentare Flavio Tullio il magistrato,in attesa delle valutazioni su ipotetici reati societari, ha individuato l’ipotesi della truffa e nei panni dell’indagato c’è l’amministratore della Ceit, il prof. Sebastiano Cacciaguerra, docente all’Università di Udine.A innescare l’inchiesta è stata la denuncia di tredici imprenditori padovani e veneziani, un tempo vicini alla Lega Nord.

    A luglio 2004 il pubblico Ministro Paolo Luca invia dieci avvisi di garanzia a esponenti della "Ceit srl" , l'indagine riguarda la sparizione dalle casse dell'azienda di oltre due miliardi delle vecchie lire.
    Ricevono l'informazione di garanzia alcuni esponenti di spicco del Carroccio, tra loro il sottosegretario agli Interni Maurizio Balocchi, il presidente del Consiglio regionale del Veneto Enrico Cavaliere e l'Onorevole Stefano Stefani.
    L'ipotesi di reato è bancarotta fraudolenta per distrazione e falso, gli inquirenti stanno indagando sui bilanci della società, con un occhio particolare alla sparizione di fondi durante i lavori che l'azienda svolse in Croazia.

  3. #3
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    '' E' in gran parte merito di Luca Cordero di Montezemolo se la Juventus non si rivolse ai tribunali ordinari '' (Joseph S. Blatter - Presidente F.I.F.A. - Dicembre 2007)
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    notizie nuove ed originali....come cambia il mondo a distanza di pochi mesi

  4. #4
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    Fanfulla
    26-08-04

    Lottizzazione in Croazia

    Ho visto questo articolo, qualcuno ne sa qualcosa o è una bufala.
    Mi sembra molto preoccupante.
    Che ne dite ???

    Investimenti padagni e mazzette
    --------------------------------------------------------------------------------
    Dicono di aver pagato tangenti per tutto. "Mazzette" e mance varie, che sommate l'una sull'altra farebbero esattamente gli oltre due miliardi di vecchie lire che mancano dalle casse della Ceit srl. Tangenti per gli allacciamenti della luce, per ottenere l'aumento dei volumi e realizzare le mansarde, perfino per le autorizzazioni dei posti barca che non sono riusciti a fare. E gli indagati lasciano intendere, neanche tanto velatamente, che anche i funzionari della Hypo Alpe Adria Bank di Klagenfurt non sarebbero stati insensibili ai "regalini" per erogare i mutui, che servivano per realizzare il "paradiso dei leghisti, il mega-villaggio-turistico che doveva essere realizzato sulla costa di Punta Salvore, a Umago in Croazia. Ma il primo lotto di 180 appartamenti se lo inghiottì la banca austriaca, motivandolo con i ritardi dei pagamenti delle rate dei prestiti.

    È forte la difesa che hanno adottato gli ex amministratori della Ceit srl, la società leghista di Montegrotto Terme dichiarata fallita dai giudici del Tribunale di Padova il primo aprile scorso, per giustificare la presunta distrazione di oltre un milione di euro. Il pubblico ministero Paolo Luca contesta all'intero consiglio di amministrazione la bancarotta fraudolenta e il falso, per aver segnato sui libri contabili della società che le quote ammontavano a cento mila lire, quando in realtà le azioni costavano dai quaranta milioni in su. Quanti soldi sono stati raccolti tra i simpatizzanti leghisti (in particolar modo imprenditori veneti e friulani) per realizzare lo "Skipper Residence" di Umago? I conti li sta facendo il curatore del fallimento, Flavio Tullio. Qualcuno stima la cifra in otto miliardi di lire, altri, addirittura, la fanno salire a dieci.

    Nel ricorso d'urgenza che l'avvocato Patrizia Longo ha presentato ai giudici del Tribunale civile per ottenere il sequestro preventivo dei beni degli ex amministratori Ceit, si afferma che sedici soci hanno versato nella srl di Montegrotto ben 900 milioni di lire. Soltanto sedici dei 180 acquirenti delle quote Ceit. L'avvocato Longo rappresenta il gruppo di imprenditori che hanno denunciato gli ex amministratori leghisti e che adesso li stanno perseguendo anche sul piano civile per ottenere la restituzione dei soldi che hanno pagato inutilmente. Il 2 settembre il Tribunale dovrebbe decidere sul sequestro. Gli ex soci chiedono il pignoramento dei beni dell'ex presidente della società, il professor Sebastiano Cacciaguerra, docente dell'Università di Udine, proprietario di due appartamenti a Udine e di uno a Cadoneghe (Padova). Poi viene il vice presidente, Silvio Cufone, di Vigonza (Padova), il quale, oltre a far parte di una ventina di società, possiede sei garage a Vigonza, un appartamento a Padova, una casa a Latisana, tre appartamenti e un terreno a San Vito al Tagliamento (Pordenone). Tra i consiglieri c'erano anche Enrico Cavaliere, veneziano, presidente del Consiglio regionale del Veneto, che non risulterebbe proprietario di immobili, Maurizio Balocchi, genovese, tesoriere della Lega e sottosegretario agli Interni, uomo molto vicino a Umberto Bossi, proprietario di garage, appartamenti e negozi a Chiavari, Stefano Stefani, di Costabissara, in provincia di Vicenza, ex sottosegretario al Commercio ed ex presidente federale della Lega Nord, imprenditore orafo, proprietario di immobili vari, e il commercialista Guido Rizzato, di Due Carrare (Padova), il cui nome figura in molte società, alcune delle quali insieme a Silvio Cufone.

    Sul piano penale, il pubblico ministero Paolo Luca ha il sospetto che i soldi raccolti dalla società di Montegrotto non siano finiti tutti nell'operazione "Skipper Residence". D'altro canto l'ex deputato leghista milanese (ed ex delfino di Bossi), Luca Bagliani, poi passato all'Udeur, ha detto al sostituto procuratore Luca che la Ceit aveva il compito di "drenare denaro" per conto della Lega.






    pensiero
    26-08-04
    è cosa vecchia ma vera....sta proseguendo l'inchiesta....in ogni caso sono faccende personali, anche se non implicati dei leghisti...la lega niente c'entra....spero....



    Ilariamaria
    26-08-04
    guarda, che quel forum (??? ndr) è famoso per le balle che racconta sulla lega Nord.

    Nessuno, ma proprio nessuno in lega nord sa qualcosa di questastoria, ma sono circa 8 anni che di tatno in tanto qualcuno fa saltare fuori una faccenda simile senza che peraltro si ain grado di produrre documenti. Si tratta solo di chiacchere.

    la cosa preoccupante non sono tanto questo genere di chiacchere, quanto la brutta abitudine di alcuni che si dichiarano leghisti di credere senza prove a qualunque pirlata scriva Liberazione....



    Fanfulla
    26-08-04
    pensiero dice il contrario

    IL FATTO
    PA...de=2004.0716.05
    Doveva essere il loro Paradiso terrestre e aveva tutti i numeri per diventarlo: luogo splendido, natura incontaminata, un affarone in grado di attrarre turisti e compratori. Ora, invece, il megavillaggio turistico di Punta Salvore in Croazia, su cui un nutrito gruppo di investitori italiani guidati da una manciata di leghisti di primo piano aveva pensato di fare i soldi, rischia di trasformarsi nel loro peggior incubo.

    Leghisti illustri
    Dieci sono infatti gli avvisi di garanzia recapitati nei giorni scorsi ad altrettanti imprenditori membri del consiglio di amministrazione della Ceit, la società con sede a Montegrotto Terme (Pd) dichiarata fallita lo scorso aprile e costituita proprio con lo scopo di mettere a punto l’investimento croato. Tra i fondatori della società spiccavano fin dall’inizio nomi eccellenti come quello di Manuela Marrone, moglie del senatur Umberto Bossi, due sottosegretari come Stefano Stefani ed Enrico Cavaliere, quest’ultimo anche presidente del consiglio regionale del Veneto, ma anche il “nostro” parlamentare nonché questore della Camera Edouard Ballaman e molti altri, tutti appartenenti al Carroccio. Da cui l’appellativo dato al residence croato di “Paradiso dei leghisti” o “Paradiso di Bossi”.
    E alla Lega appartengono anche alcuni degli indagati eccellenti: si tratta in particolare degli stessi Cavaliere e Stefani e del tesoriere del Carroccio Maurizio Balocchi, uomo molto vicino a Bossi. Per loro e per gli altri sette (tra i quali spicca anche il nome del docente universitario udinese Sebastiano Cacciaguerra, ultimo presidente della Ceit e il primo a ricevere l’avviso di garanzia), l’accusa è quella di bancarotta fraudolenta per distrazione e falso.

    Due miliardi scomparsi
    L’indagine della Procura di Padova è partita dalla denuncia di 13 dei 114 soci della Ceit, i quali, dopo aver acquistato alcune quote della società con la speranza di un investimento miliardario, non solo non hanno mai incassato una lira ma hanno anche visto fallire la società e il loro denaro volatilizzarsi. Già, perché dalle casse della Ceit sarebbero spariti ben due miliardi di lire, soldi che secondo il pubblico ministero Paolo Luca sarebbero stati distratti dagli ex-amministratori della società. Da qui l’accusa di bancarotta fraudolenta: la Ceit è stata infatti dichiarata fallita lo scorso primo aprile dal Tribunale di Padova.
    Ma ci sarebbe anche il falso: il pm accusa infatti gli indagati di aver falsificato le carte contabili della società, non registrando le entrate del ’98, registrando solo il 50% delle sovvenzioni e indicando in 100mila lire le quote dei soci quando la sottoscrizione minima ammontava a 40 milioni. Di tutto questo dovranno dunque rispondere gli ex-amministratori della società.
    Si apre così una nuova fase, tutta legale, di una vicenda che in questi anni ha riservato diversi colpi di scena. Tutto inizia nell’ottobre ’98 quando l’allegra brigata di leghisti doc e semplici simpatizzanti si lanciano in quello che avrebbe dovuto essere l’investimento del secolo: la realizzazione a Punta Salvore in Croazia, uno dei luoghi più belli della costa istriana con vista sul golfo di Pirano, di un mega-villaggio turistico, il residence Skipper, con tanto di 2300 appartamenti su 14 ettari di area edificabile, piscine, ristoranti, campo da golf, porticciolo privato.
    Gli aspiranti investitori (in tutto sono 114) acquistano dunque la società Ceit di Montegrotto Terme la quale a sua volta rileva con un prestito ipotecario di due milioni e mezzo di euro la Kemco, la società croata con base a Umago che sta costruendo lo Skipper Residence a Punta Salvore. Dopo aver realizzato il primo lotto (180 appartamenti su sei palazzine), però, arriva la prima bastonata: la Hypo Alpe Adria Bank, che ha concesso alla Ceit un prestito da 12 milioni di euro accollandosi quasi tutto il peso dell’investimento, di fronte al mancato rispetto dei termini nel pagamento delle rate e preoccupata per la sorte dei suoi prestiti, chiede indietro i suoi soldi alla Ceit.

    La Ceit affonda
    Questa però i soldi non li ha più, anche perché pare abbia contratto debiti salati con le aziende fornitrici croate e le amministrazioni pubbliche locali, e così i cantieri si fermano. La Hypo Bank porta allora la società padovana di fronte al tribunale di Zagabria che decide di mettere all’asta il complesso turistico per 25 miliardi di lire. L’asta però va deserta e così la banca austriaca fa scattare l’ipoteca e si appropria del residence.
    Ed è così che gli investitori italiani si sono visti sfumare sotto gli occhi il loro “Paradiso” e ora rischiano pure di rimetterci i soldi investiti. La parola a questo punto passa al Tribunale di Padova che nei prossimi mesi, anche analizzando i registri contabili della Ceit, dovrà capire se c’è stata bancarotta fraudolenta e dove sono finiti quei 2 miliardi di lire.

    A seguito dei continui abusi i forum sono stati sospesi.
    Il servizio riprenderà sotto il controllo di un moderatore.



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    Fanfulla
    26-08-04
    altro articolo

    Martedì, 10 Agosto 2004




    Il crack del villaggio turistico di Umago in Croazia
    I leghisti si oppongono al sequestro dei beni


    Adesso è battaglia tra gli ex amministratori leghisti della Ceit srl e gli ex soci, i quali rivogliono i soldi che hanno sborsato per creare il mega-villaggio-turistico progettato sulla splendida costa di Punta Salvore, a Umago. È iniziato ieri mattina il braccio di ferro sul sequestro dei beni degli ex componenti del consiglio di amministrazione, chiesto dal gruppo di imprenditori padovani e veneziani, i quali stanno bersagliando gli ex responsabili della società, sia sul piano civile, sia su quello penale, dove l'intero cda è indagato per bancarotta fraudolenta e falso. Ieri mattina davanti al giudice del Tribunale civile, Daniela Bruni, c'è stata l'udienza per il ricorso d'urgenza presentato dall'avvocato Patrizia Longo. Otto dei nove ex consiglieri citati si sono presentati in udienza e i loro legali si sono opposti duramente alla richiesta del sequestro conservativo.Il servizio nel fascicolo nazionale.

    http://www.gazzettino.it/VisualizzaA...8-10&Pagina=11






    Fanfulla
    26-08-04 altro articolo di 20

    fallimento di Ceit, l’immobiliare targata Lega, è già stato benedetto da una sentenza del tribunale di Padova il 25 marzo scorso. E adesso il curatore di quel crac, il ragioniere commercialista Flavio Tullio, vuole capire dove siano andati a finire i soldi, 10 miliardi di vecchie lire

    (da il Mattino di Padova del 11/05/2004)

    Miliardi di cui oggi non c’è traccia visto che a quella cifra ammonta il buco di Ceit. E vuole capire come si sia formato e sia stato gestito il capitale raccolto tra i 114 investitori che avevano scommesso sul successo dell’iniziativa proposta da Ceit (Centro europeo investimento turistici): la costruzione del villaggio vacanze Skipper affacciato sul golfo di Pirano, in Croazia, una quarantina di chilometri oltre il confine triestino. Un affare da 100 miliardi sponsorizzato dalla Lega e dallo stesso leader Umberto Bossi che aveva brindato all’operazione la sera del 6 giugno 2000 durante una cena al ristorante «da Bruno» ad Alberi di Umago affollata di soci e simpatizzanti. Un affare, invece, finito male: prima Ceit ha perduto il residence rilevato dalla banca finanziatrice Alpe Adria Hypo Bank, poi è fallita lei stessa. Sommersa dai debiti. Ecco perché ieri il curatore Flavio Tullio ha invitato in tribunale il nucleo storico dei promotori di Ceit: oltre a 4 imprenditori padovani, il presidente del consiglio regionale del Veneto Enrico Cavaliere che della società è stato presidente, e l’attuale sottosegretario al Ministero degli Interni Maurizio Balocchi che è anche segretario amministrativo della Lega ed era nel consiglio di amministrazione dell’immobiliare con l’ex sottosegretario e senatore Stefano Stefani. Quest’ultimo - atteso da Tullio per oggi - era entrato nel consiglio di amministrazione Ceit in un successivo momento con l’amministratore delegato Sebastiano Cacciaguerra, docente all’Università di Udine, e il designer veneziano Nicola Munaretto, buon amico di Cavaliere.
    Il faccia faccia di ieri pomeriggio è andato per le lunghe. Al punto che il presidente del Consiglio regionale Veneto, stressato dalla lunga attesa in corridoio, dopo un paio d’ore avrebbe deciso d’andarsene per tornare davanti al curatore in un’altra occasione. Dagli interessati, comunque, nessuna conferma. Sulla vicenda Cavaliere, che è architetto e nel fallimento Ceit ci ha rimesso soldi anche dal punto di vista professionale, glissa ogni domanda. E al telefono taglia corto infastidito: «Di questa storia non voglio più parlarne». Smentisce con foga l’appuntamento con il curatore il senatore vicentino Stefani, concludendo piuttosto seccato: «Io oggi sono a Milano».
    Ma intanto parallelamente al fallimento va avanti l’indagine per truffa coordinata dal pubblico ministero Paolo Luca. Un’indagine avviata in seguito alla denuncia di 13 piccoli investitori padovani assistiti dall’avvocato Giorgio Saccomani. Rassicurati dalla presenza di alcuni pezzi da novanta della Lega e dallo stesso Bossi (tra i soci Ceit con un piccolo investimento insieme alla moglie Manuela Marrone), si erano decisi a comprare quote della società (40 milioni la quota minima). Alla fine dell’operazione contavano di diventare proprietari di 5 appartamenti e di un posto barca nel residence di Punta Salvore. Ma il progetto è andato in fumo quando nell’estate del 2001 Alpe Adria Hypo Bank ha preteso il rientro immediato del prestito di 22 miliardi di lire concesso a Kemco, l’immobiliare che aveva avviato il progetto ed era stata poi rilevata da Ceit. Che ha perso tutto: il villaggio vacanze sognato dalla Lega e i soldi degli investitori.


    http://www.pieroruzzante.it/primopiano2004/110504.html




    Fanfulla
    26-08-04
    Ho cercato su Internet ed ho trovato gli articoli postati, tralasciando quelli che mi sembravano di parte. Insieme alle voci della vendita del palazzo a Venezia, a quelle della vendita del prato di Pontida, al crollo della CrediEuroNord, credo che la Lega debba dare una risposta ufficiale ai suoi militanti o bisogna sempre stare zitti e subire il Laura negher ?? Forse la Dirigenza dovrebbe cercare di dare un esempio e non sempre negativo: come fa poi a predicare bene e razzolare male ??




    Cabernet
    27-08-04
    Da "Il giornale di Vicenza"

    Stefani, un miliardo partito dalla Svizzera
    Il deputato leghista nel crac del villaggio a Umago investì i soldi per salvare l’operazione immobiliare


    di Ivano Tolettini


    Una sonora stangata di 1 miliardo di vecchie lire che in rapida successione gli ha portato in dote un avviso di garanzia per concorso in bancarotta fraudolenta patrimoniale e il sospetto di avere partecipato a una avventura imprenditoriale in cui sarebbero state versate tangenti per oliare i funzionari croati, i quali avrebbero dovuto facilitare la costruzione del "paradiso" lumbard a Umago.
    L’onorevole leghista Stefano Stefani più ripensa all’operazione nella quale si è imbarcato nel 2000 per cercare di raddrizzare gli investimenti degli amici che stavano colando a picco e più ritiene che avrebbe fatto meglio a starsene fuori. Questa storia non la sta proprio digerendo perché comunque vada a finire, indipendentemente dalle questioni legali, è un rospo assai indigesto.
    Del crac legato alla costruzione del villaggio Skipper da parte dell’immobiliare Ceit, di cui è stato componente del consiglio d’amministrazione tra il 2000 e 2001, da un mese non voleva più parlare con i giornalisti ed aveva lasciato l’amico ed abile avvocato Claudio Cataldi, il quale difende anche il presidente del consiglio regionale Enrico Cavaliere, ad alzare cortine fumogene per smussare gli aspetti più controversi.
    Ieri Stefani conversando con un cronista trevigiano ha respinto l’ipotesi avanzata da qualche testimone che siano state pagate mazzette in Croazia ed ha ribadito di averci rimesso un sacco di soldi in un’operazione che non aveva alcuna valenza politica.
    L’inchiesta nei confronti dello staff della Lega Nord - è indagato anche il viceministro agli interni e cassiere federale Maurizio Balocchi - sta avendo un effetto domino per tre motivi.
    Come spesso succede nelle inchieste in cui sono coinvolti personaggi di primo piano del mondo politico lo spettro della strumentalizzazione per fini di bottega c’è sempre. Poi c’è un piano strettamente giudiziario poiché le accuse non sono da poco, trattandosi di ipotesi pesanti come la bancarotta con la quale sarebbero stati distratti un paio di miliardi di lire in danno dei creditori, vale a dire i soci leghisti della Ceit che aveva sede a Montegrotto Terme e per questo motivo è competente la procura di Padova.
    Per ultimo, ma non è meno coinvolgente per chi fa della politica un’arte da "uomini nuovi", c’è quello morale, perché se veramente venisse provato che i leghisti - come ha dichiarato qualcuno di loro agli inquirenti - hanno pagato mazzette in Croazia per avere facilitata la corsa alla casa al mare, verrebbe seriamente compromessa la loro credibilità.
    La storia del fallimento Ceit da diverse settimane è al centro delle cronache giudiziarie non solo venete. Sono indagate dieci persone, tra cui appunto tre big della politica del Nord Est come Cavaliere, Stefani e Balocchi.
    Il caso in sé è molto semplice. Nel ’98 la Ceit di Padova si fa finanziare con 18 miliardi e mezzo di lire dalla banca d’affari austriaca Alpe Adria Hypo Bank di Klagenfurt, vicina al governatore della carinzia Heider, per realizzare il progetto Kipper acquistando dall’imprenditore sloveno Miro Oblak la società Kempco proprietaria di terreni e progetto del residence in teoria da 1440 appartamenti.
    Il contratto di mutuo prevedeva una clausola capestro che in caso di inadempienza nel versamento di una sola rata avrebbe potuto chiedere l’immediato rientro. Così avvenne nell’estate 2001. I soci leghisti corsero ai ripari e fu in quel frangente che a Stefani fu chiesto di intervenire con 1 miliardo in contanti per tamponare la falla.
    Il deputato di Costabissara trasferì il denaro da una banca svizzera - al pm Luca ha spiegato che si trattava di un finanziamento - all’istituto carinziano, ma non serve a nulla perché la Alpe Adria Hypo Bank incamera tutto.
    L’immobiliare Ceit salta così per aria, il primo aprile di quest’anno è dichiarato il fallimento dal tribunale di Padova e quattordici soci fanno scattare le indagini della Finanza perché denunciano il Consiglio d’amministrazione per truffa. Il primo a finire sul registro degli indagati è il prof. Sebastiano Cacciaguerra di Udine, presidente di Ceit, seguito a ruota da altri 9 consiglieri che si sono alternati dal ’99 al 2003, tra cui appunto Balocchi, Cavaliere e il vicentino Stefani.
    Durante le indagini viene sentito come testimone anche l’ex deputato leghista veronese Luca Bagliani, il quale ha una vertenza civile in corso con la Lega che risale ai tempi della sua militanza parlamentare per una storia di mancati pagamenti della segreteria e riversa veleno sugli ex compagni di partito.
    Durante le indagini è emerso che il tesoriere Balocchi avrebbe trasportato all’estero 500 milioni in contanti dentro una valigetta per concludere l’operazione.
    Secondo il curatore e il pm Luca nei libri sociali dell’immobiliare leghista non sarebbero transitati tutti i soldi che gli amministratori avrebbero maneggiato, di qui le ipotesi di irregolarità contabili.
    «Nell’operazione imprenditoriale il Carroccio non c’entra niente», ha spiegato più volte l’avvocato Cataldi. E tra sei giorni il giudice civile di Padova si pronuncerà sulla richiesta di sequestro dei beni di Stefani, Cavaliere e Balocchi fino a un ammontare di 4 miliardi di vecchie lire. Se dovesse passare la richiesta degli ex soci con l’avvocato Giorgio Saccomani, allora sì che per Stefani la stangata sarebbe davvero sonora. Il danno (il miliardo di lire), la beffa (l’avviso di garanzia per bancarotta) e la trombata (i beni sotto sequestro). Che salasso.



    Fanfulla
    28-08-04
    Chi ha sbagliato paghi e si dia un esempio ai militanti del rigore Leghista.
    La nuova dirigenza dovrebbe dare l'esempio

  5. #5
    email non funzionante
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    Cazzi loro,comunque stoiria "datata".

    Cordialmente

  6. #6
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    non so cosa vuoi dimostrare co sta pappardella....forse ridurre Padania come il forum etno? beh...ci stai riuscendo benissimo.....qui si parlava molto poco di lega come è giusto che sia, alla fine si sta facendo solo quello....

 

 

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