La rivoluzione dimenticata.
Il pensiero scientifico greco e la scienza moderna
Lucio Russo
Alcuni manuali di storia della scienza continuano a tramandare notizie sulla storia della matematica antica senza informare il lettore che si tratta molto spesso di racconti incerti, le cui fonti non sono sempre attendibili.
Per esempio, si attribuiscono a Talete i teoremi sulla similitudine perché ci è stato tramandato da storici di epoca romana (Diogene Laerzio, III secolo d.C.) che il saggio di Mileto misurò l'altezza delle piramidi servendosi della loro ombra. Da questo episodio se ne deduce che Talete doveva conoscere i teoremi sulla similitudine. Le prime notizie che Pitagora avrebbe scoperto il famoso teorema ci vengono dallo stesso Diogene Laerzio. Secondo questo 'storico', Pitagora volendo ringraziare gli dei per avergli fatto scoprire un teorema così importante avrebbe compiuto un’ecatombe, cioè sacrificato cento buoi agli dei; secondo altri autori ne avrebbe ucciso soltanto uno; altri ancora ritengono che Pitagora fosse un animalista e che non avrebbe potuto uccidere nessun animale. Peccato che le storie aneddotiche di Diogene siano state scritte quasi mille anni dopo la morte di questi due presunti matematici. Strano poi che di queste fondamentali scoperte non c'è traccia negli scritti di Aristotele e Platone, che invece vissero pochi secoli dopo.
Dietro queste ricostruzioni c'è semplicemente l'idea di uno sviluppo continuo della matematica che dalla notte dei tempi arriva gradualmente e senza interruzioni a Euclide. Talete avrebbe dimostrato alcuni teoremi, Pitagora altri e Euclide avrebbe raccolto i teoremi ottenuti uno a uno dai matematici che lo avevano preceduto.
Lucio Russo, ordinario di Calcolo delle probabilità all'Università di Roma II e storico della matematica greca, nel suo libro La rivoluzione dimenticata, ha il coraggio di rompere con questa tradizione, affermando che né i matematici del periodo babilonese ed egiziano né quelli del periodo di Pitagora avevano ancora elaborato l'idea di dimostrazione e di teorema: la prima vera e propria rivoluzione scientifica è avvenuta, secondo l'autore, nel primo periodo ellenistico, ossia intorno al 300 a.C.
La caratteristica principale di questo periodo storico consiste nell'attuazione del programma di Alessandro Magno di ellenizzare i territori degli antichi imperi, da lui conquistati nel giro di pochi anni. Alessandria d'Egitto, fondata nel 332 a.C., diviene il centro culturale del mondo ellenico, che ormai comprendeva tutto il bacino del mediterraneo. Il quadro completo della cultura ellenistica si ottiene aggiungendo ai greci abitanti il nuovo impero quelli delle città greche autonome: Rodi, Siracusa e Marsiglia.
Euclide e Archimede sono i personaggi di spicco di questa rivoluzione culturale; accanto a loro, una miriade di studiosi portano la scienza a un livello elevato e non ancora del tutto riconosciuto dalla storiografia matematica. In effetti, il prof. Russo, sostiene, anche nel titolo del suo saggio, che questa rivoluzione è stata 'dimenticata'.
Le cause della 'decadenza' di questa raffinata cultura scientifica sono da addebitarsi all'espansione dell'impero romano, che a partire dal 212 a.C., data della distruzione di Siracusa e uccisione di Archimede, conquista i principali centri della cultura greca, provocando la rapida decadenza degli studi scientifici.
Le cause della 'dimenticanza' sono da attribuirsi in parte a ragioni naturali dovute al fatto che papiri e pergamene non possono conservarsi per millenni, se non eccezionalmente. In secondo luogo, gli autori che ci hanno tramandato, ricopiando e commentando, le opere di questo periodo non erano più all'altezza di comprendere i complessi ragionamenti matematici, proprio perché gli studi scientifici erano stati praticamente abbandonati.
La gravità della perdita delle opere ellenistiche è stata spesso sottovalutata, in base all'ottimistica teoria della selezione naturale, secondo la quale, solo le opere migliori si sarebbero salvate. In realtà, sostiene Russo, Bizantini e Arabi hanno privilegiato gli autori del periodo romano, perché le loro opere sono metodologicamente inferiori e perciò più facilmente comprensibili. Tra le opere dei singoli autori si sono preferite in genere le parti iniziali, che sono più facilmente accessibili. Per esempio si sono conservati i primi sei libri dell'Aritmetica di Diofanto, ma non i successivi sette; ci è rimasto il testo greco dei primi quattro libri più elementari delle Coniche di Apollonio, ma non quello dei quattro successivi.
Russo indica come causa principale del decadimento degli studi scientifici lo scarso interesse da parte dei Romani per questo tipo di attività. Per avvalorare questa affermazione, ricorda che la prima traduzione in latino degli Elementi di Euclide sembra sia stata scritta solo nel 1120, dall'inglese Adelardo di Bath, che traduceva dall'arabo. Nell'VIII secolo il più grande matematico dell'occidente è considerato Beda, che nel suo lavoro "più impegnativo" descrive un metodo per rappresentare i numeri con le mani. "Molti sapevano ancora farlo fino al numero 10, ma Beda, usando una specie di alfabeto per sordomuti, riesce ad arrivare un po' più in là. Quando il più grande 'matematico' vivente in Europa è a questo livello la vita urbana vi è già scomparsa" è il commento sarcastico del prof. Russo.