
Originariamente Scritto da
eastbelfastman
Il thread non vuole ovviamente avere finalità polemiche. Fatico però a capire come l'ambientalismo possa dirsi di sinistra e ritengo utile dibatterne. Alla base di questa considerazione ci sono ragioni storiche legate all'antipatia - scusate la banalizzazione - che Marx nutriva verso la natura e coloro che ad essa rimanevano in qualche modo ancorati: i contadini.
Quando le rivoluzioni socialiste si sono svolte in paesi fortemente agrari, ossia in tutti i casi, non hanno risolto i problemi delle società latifondiste ma ne hanno procurati di nuovi. Tutti i teorici marxisti hanno sempre diffidato del contadino, difficile da collocare nello schema borghese - proletario. Un terzo incomodo, che abbisogna di un'economia socialmente ispirata ma non pianificata e collettivizzata, non meno che di una larga sfera di autonomia sociale e culturale.
Ebbene, un ambientalismo lontano dai valori contadini è un ambientalismo nato morto, incapace di confrontarsi con la realtà che egli stesso vorrebbe generare: una società rispettosa della Terra e dei suoi valori, in cui allo sfruttamento si sostituisca la conservazione e la valorizzazione del patrimonio ambientale, dove gli scambi globali siano surrogati da quelli locali. Ma tutto ciò non è di sinistra, non contempla diritti civili bensì, semmai, l'affermazione della famiglia, la restaurazione di una forma di distinzione tra i sessi, la contestualizzazione del lavoro salariato che non può interessare ad esempio i componenti la famiglia, una larga tolleranza verso l'a-sentimentalità che il ceto contadino nutre verso la sfera animale. E così via.
Insomma, se i verdi vanno a sinistra rischiano di non cogliere il senso della propria battaglia, di castrare la propria visione di un futuro maggiormente eco-compatibile.
Se invece ripartissero dalla società contadina, i verdi imparerebbero a parlare anche agli artigiani, ai dettaglianti, alle famiglie, all'universo cattolico, in breve a tutta la società. Sarà mai così?