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Discussione: I Fasci Siciliani

  1. #11
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    11)...il ruolo del Sud, infatti, doveva essere quello di mercato per i manufatti settentrionali ( M. Ganci, 1977). Con la scusa di visitare l'Esposizione Nazionale di Palermo, gli attivisti socialisti Carlo Della Valle e Alfredo Casati si fecero promotori, tra gli operai organizzati nelle numerose società operaie e di mutuo soccorso, della fondazione di una federazione operaia, sul tipo di quelle milanesi. L'idea venne subito bene accolta poiché gli operai palermitani si rendevano conto che le società mutualistiche allora esistenti non erano in grado di sostenere il loro malcontento e di trasformarlo in rivendicazioni economiche e sociali. Nacque così una federazione operaia che prese il nome di "Fascio dei Lavoratori di Palermo", basata sul modello della "Bourse du Travail" di Parigi.Come quest'ultima, il fascio di Palermo fu diviso per sezioni d'arti e di mestieri, ma, rispetto alla Camera del lavoro parigina, venne accentuata l'organizzazione "orizzontale", cioè la federazione delle associazioni tra di esse, il "fascio" che avrebbe rappresentato sul piano sindacale l'intera classe operaia. Essi si distinsero inoltre per il fatto che il programma doveva essere attuato non soltanto a beneficio degli associati, ma di tutta la classe lavoratrice. La nascita ufficiale del fascio di Palermo si fa risalire al giorno dell'inaugurazione del suo gonfalone rosso, avvenuta il 29 giugno 1892. Nella stessa data, probabilmente, venne eletto il comitato direttivo, presieduto da Rosario Garibaldi Bosco. Dopo il 29 giugno, a Palermo, numerose società operaie e di mutuo soccorso si sciolsero e consegnarono le proprie bandiere al fascio dei lavoratori e nel giro di due mesi, questo raggiunse la quota di 7.500 iscritti. Il 4 agosto 1892, Garibaldi Bosco partecipò, insieme ad altri rappresentanti dei Fasci Siciliani, al Congresso di Genova e, quindi, alla fondazione del Partito dei Lavoratori Italiani. Di ritorno da Genova, Garibaldi Bosco si convinse che, in Sicilia, il socialismo si sarebbe potuto diffondere ed avrebbe potuto trovare attuazione solamente attraverso l'organizzazione dei Fasci. Riguardo alla composizione di questi ultimi, egli sottolineava l'importanza dell'unione - nella lotta contro gli sfruttatori - della classe operaia con quella contadina. A partire dal settembre 1892, la nascita di nuovi Fasci, che fino ad allora era avvenuta ad un ritmo molto lento, cominciò a divenire più frequente. Tuttavia, ancora pochi erano i centri rurali interessati dal fenomeno. ...
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  2. #12
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    12) FORMAZIONE DEI FASCI RURALI
    Nelle campagne siciliane, prima dei fasci, vi erano state delle importanti esperienze associative, anche se non inserite in un quadro evolutivo, e non sostenute da un movimento di massa. Si trattava di una sorta di cooperative in cui un certo numero di contadini riunivano i loro mezzi per poter prendere in affitto un latifondo, per poi suddividerlo tra loro in proporzione dei mezzi di ognuno. Spesso questi sodalizi finivano male per prevaricazioni interne e la mafia ne approfittava per accrescere il suo potere. Tra i contadini siciliani non mancava, pertanto, lo spirito di associazione mancavano però l'istruzione e la capacità di gestione. Prima dei fasci vi erano state infatti molte manifestazioni di protesta, prive però di qualsiasi forma di organizzazione. Tutto questo, come sottolinea lo storico Francesco Renda, dimostra che fu soltanto con il movimento dei fasci siciliani che si realizzò, finalmente, l'unione tra la protesta generale, la lotta di massa e l'organizzazione. I fasci rurali cominciarono a sorgere con un ritmo travolgente soprattutto dal gennaio 1893, dopo la strage di Caltavaturo. Questo tragico avvenimento in verità fu soltanto il catalizzatore della reazione dei contadini. Le vere ragioni del dilagare dei fasci rurali vanno piuttosto ricercate nelle sempre più indigenti condizioni di vita delle masse popolari. Alle storiche cause di sofferenza e di malcontento si erano aggiunte....
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  3. #13
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    13)....infatti, dalla metà degli anni '80, gli effetti della crisi agraria causata, come abbiamo già detto, dalla forte concorrenza dei prodotti agricoli americani. In Sicilia il primo mercato a subirne le conseguenze fu quello del grano che subì un consistente calo di prezzo. Il Governo italiano cercò di arginare la crisi economica introducendo nuove tariffe doganali, tra le quali fu compreso un dazio protettivo del grano. Ciò scatenò la guerra commerciale con la Francia che bloccò l'importazione di vino. Alla crisi del grano si aggiunse così quella del vino, ed inoltre si aggiunse la fillossera che distrusse i vigneti. Altro settore agricolo siciliano piegato dalla crisi fu quello degli agrumi, il quale risentì sia della concorrenza d'oltreoceano sia della guerra di tariffe con la Francia. In questo settore la crisi fu ancora più dura poiché, nel periodo precedente, vi era stata una corsa all'affitto delle terre coltivabili ad agrumi, per via della maggiore esportabilità e questo aveva causato un aumento esagerato dei fitti delle terre e della produzione agrumaria. I coltivatori non avevano più come pagare i debiti. Al solito i grandi proprietari latifondisti, non risentirono gravemente della recessione economica, anche perché aiutati, notevolmente, dall'introduzione del dazio sul grano mentre i gabelloti, si ritrovarono a pagare fitti alti. Su chi scaricarne il peso? Sui contadini, naturalmente rendendo ancora più gravosi i patti agrari allora in vigore, e diminuendo le già misere paghe dei giornalieri. Conseguenza diretta della crisi, fu, pertanto, un'ulteriore accentuazione della lotta di classe: da un lato i grandi proprietari latifondisti, i quali videro aumentare il peso della rendita fondiaria e vennero protetti dal Governo; dall'altro i contadini, sui quali pesava interamente il prezzo della crisi, in mezzo c'erano i gabelloti. Fu soprattutto contro questi ultimi che, nel 1893, i contadini si organizzarono per manifestare la loro protesta e la loro rabbia. Erano proprio i gabelloti i più diretti, e visibili, responsabili delle loro tristi condizioni: i grandi latifondisti se ne stavano ben lontani....
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  4. #14
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    14) LA STRAGE DI CALTAVATURO
    Alla base della strage di Caltavaturo vi fu il mancato indennizzo dei contadini per la perdita degli usi comuni in seguito alla eversione della feudalità. In breve i fatti andarono così: il duca di Ferrandina (che possedeva a Caltavaturo 6.000 ettari di terra), si era finalmente deciso a concedere una aliquota dei propri terreni - quale liquidazione degli usi civici - al comune di Caltavaturo. Gli amministratori, però, invece che ripartire queste terre tra i contadini li concessero in gabella ed in affitto a dei prestanome dei borghesi, e talvolta anche senza il ricorso a prestanome, come per esempio nel caso del segretario comunale Antonio Oddo, che teneva da otto anni in affitto terre del comune (da S.F. Romano, 1959).
    Cinquecento contadini, stanchi di questa usurpazione e angariati dai patti agrari e dalla crisi, all'alba del 20 gennaio 1893 "occuparono" alcune terre di proprietà comunale e cominciarono a lavorarle. Mentre stavano zappando, sopraggiunsero i militari e i contadini decisero allora di ritornare in paese, per manifestare dinanzi al Municipio e per esporre le proprie ragioni al sindaco. Ma quest'ultimo risultò irreperibile. Stanchi per la vana attesa, decisero di ritornare ad occupare i terreni demaniali, ma trovarono la strada sbarrata dalle forze dell'ordine. "Improvvisamente, senza preavviso di squilli di tromba od altro, una scarica di fucileria sulla folla lasciava undici morti e quaranta feriti, alcuni dei quali, trasportati all'ospedale di Palermo, morivano nei giorni seguenti" (S.F. Romano, 1959). La notizia dell'eccidio fece inorridire l'intera nazione (si dice!)....
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  5. #15
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    15) Il fascio di Palermo manifestò subito la propria solidarietà con le vittime. Esso, inoltre, convocò un'assemblea tra i soci, durante la quale si sottolineò l'urgenza della propaganda socialista fra i contadini, e si aprì una sottoscrizione, che ben presto diventò nazionale, a favore delle famiglie dei caduti. A Caltavaturo, coloro che avevano partecipato alla manifestazione del 20 gennaio costituirono un fascio dei lavoratori e tra gennaio ed aprile sorsero, come funghi, numerosi fasci rurali (soprattutto nella Sicilia centro-occidentale), sia a causa dello sdegno suscitato dall'eccidio sia per l'opera di propaganda avviata, in campagna, dal fascio di Palermo. Alla manifestazione tenutasi in aprile a Caltavaturo parteciparono anche i presidenti dei fasci di Corleone e Piana dei Greci che diventeranno ben presto i più attivi e importanti della Sicilia del latifondo. Il fascio di Corleone era stato costituito nel settembre 1892, ma le sue attività ebbero inizio soltanto il 9 aprile 1893, giorno della sua inaugurazione ufficiale. Presidente fu eletto colui che ne era stato il principale fautore: Bernardino Verro. Il dirigente corleonese si fece subito promotore della costituzione di nuovi fasci nei paesi vicini; diresse gli scioperi e le lotte contadine che, sin dalla primavera, si svolsero nel circondario e divenne uno dei capi indiscussi del movimento dei fasci. Il fascio di Piana dei Greci sorse il 21 marzo 1893, sotto la presidenza di Nicolò Barbato. un medico che, negli ultimi tre anni, aveva fatto propaganda socialista nelle famiglie contadine del suo paese. Il sodalizio corleonese e quello di Piana divennero il punto di riferimento dei fasci sorti nei paesi vicini. Riporta Massimo Ganci che quello di Piana dei Greci fu il Fascio più maturo e più democratico di tutta l'Isola. Le decisioni venivano prese dopo lunghe discussioni alle quali partecipavano tutti, e alla fine si votava. Il 1° luglio 1893, il sodalizio contava già 2.500 uomini e 1.000 donne! Uno dei segni più evidenti della maturità e della democrazia di questo fascio fu proprio la presenza femminile (che, comunque, non fu un'esclusiva di Piana). Durante l'inaugurazione del fascio di Corleone, si riunirono le delegazioni di numerosi altri fasci e si delinearono i punti di un programma di rivendicazioni. Tali punti vertevano essenzialmente sull'aumento dei miseri salari dei braccianti, e sulla modifica dei vessatori patti agrari cui erano sottoposti i contadini. Basandosi su tali rivendicazioni, vennero avviati, ai primi di maggio, i primi scioperi agrari a Campofiorito a Corleone e a Piana dei Greci. Con le prime agitazioni iniziò anche la reazione delle autorità di Pubblica Sicurezza e, quindi, le prime denunzie all'autorità giudiziaria ed i primi arresti. Verro e Barbato vennero denunziati per "grida sediziose" e "come eccitatori di tumulti, per associazione a delinquere e per aver preparato stragi e saccheggi" (S.F. Romano, 1959 ). Tra gli arrestati vi fu anche Nicolò Barbato, tradotto in carcere il 12 maggio ma rilasciato il 20 giugno, in seguito al grande scalpore suscitato dal suo arresto. Le numerose denunzie e gli arresti dei dirigenti e di numerosi soci dei fasci di Corleone, Piana dei Greci e San Giuseppe Jato riuscirono nell'intento di far cessare questa prima ondata di agitazioni. Intanto in maggio il numero delle organizzazioni era già arrivato a 90 ed il fascio di Palermo, sotto la guida di Garibaldi Bosco, ritenne opportuno affrontare il problema della loro organizzazione e del loro coordinamento a livello regionale. Inoltre, bisognava chiarire, una volta per tutte, il loro indirizzo politico. A tale scopo furono organizzati due congressi regionali, che si tennero a Palermo nei giorni 21 e 22 maggio 1893. Secondo le idee del comitato promotore di questi congressi, i Fasci dovevano diventare, oltre che delle organizzazioni di carattere cooperativistico e sindacale, anche delle sezioni socialiste

  6. #16
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    16) Grazie alla pregiudiziale socialista, come auspicava il Bosco, si riuscì a smascherare i fasci apocrifi, cioè quelli che erano, in realtà, esclusivamente strumenti elettorali in mano ai borghesi. Da questi due congressi scaturirono, inoltre, altri due elementi che si sarebbero rivelati molto importanti per il movimento dei fasci. Uno fu il legame organizzativo che si stabilì tra fasci cittadini e quelli rurali, e quindi tra il movimento operaio ed il movimento contadino. L'altro elemento fu l'attenzione e l'entusiasmo con i quali si discusse del ruolo che le donne siciliane potevano, e dovevano, avere all'interno dei fasci. La loro partecipazione fu infatti massiccia e significativa. Le donne così come i ragazzi, partecipavano attivamente alle manifestazioni ed alle agitazioni dei fasci, anche dove non erano iscritte, e furono sempre nelle prime file. A volte erano proprio loro a sollecitare i mariti all'azione. Le donne presero parte anche agli scioperi agrari d'autunno che, come vedremo, si svolsero imponenti nelle zone del latifondo: una donna, Caterina Costanza, venne arrestata nella zona di Piana dei Greci in quanto promotrice dello sciopero del 30 ottobre; a Villafrati vennero arrestate sei donne, poiché, insieme ad altre quattro, si erano recate, armate di bastone nei terreni di un signore del luogo per convincere i braccianti che vi lavoravano a scioperare. Fu proprio la partecipazione dei ragazzi e delle donne che diede al movimento quel carattere di massa che lo distinse. Ovviamente, l'adesione femminile non lasciò indifferenti le autorità. I ben pensanti e molti giornalisti gridarono allo scandalo, al rilassamento dei costumi, all'allontanamento dalla Chiesa..... I contadini, infatti, sia uomini che donne, pur continuando a credere ai dogmi della religione cattolica, ed a conservarne il culto ne rifiutavano, non a torto, le istituzioni e le autorità che rimanevano fedeli alleate dei ricchi proprietari. La loro "chiesa" divenne il fascio....
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  7. #17
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    16) Sembrò quindi naturale, soprattutto nei centri rurali, tenere nella sede dell'organizzazione un crocifisso ed un'immagine del Santo protettore del paese o portare in giro, nelle manifestazioni, crocefissi e rappresentazioni della Madonna e dei Santi. In realtà, i dirigenti dei Fasci, nelle loro propagande, facevano leva sul sentimento religioso dei contadini per suscitare in loro entusiasmo e passione per il socialismo, inteso però non come attesa messianica di un futuro migliore, ma come impegno concreto, attivo, di ogni essere umano per costruire una società migliore. I contadini prendevano così coscienza dei propri diritti ed erano pronti a lottare per conquistarli. Sia nei Fasci rurali che in quelli delle città, si tenevano periodicamente delle riunioni domenicali, durante le quali si leggevano i giornali, si discuteva dei principi del socialismo, delle proprie condizioni di vita, delle rivendicazioni da avanzare, di come organizzare e condurre uno sciopero o una agitazione. Queste riunioni costituivano una novità per i contadini e per i minatori. Esse contribuirono allo loro istruzione e alla loro educazione morale e intellettuale. Soprattutto contribuirono a far loro acquisire la consapevolezza dei propri diritti. Consapevolezza che si manifestò compiutamente nelle rivendicazioni avanzate, dai contadini, al congresso di Corleone del 30 luglio 1893, e nelle richieste formulate dagli zolfatari, del nisseno e dell'agrigentino, nel congresso che si tenne a Grotte in ottobre.
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  8. #18
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    17) LA CONQUISTA DEI POTERI PUBBLICI
    La via scelta nei congressi di maggio, per il miglioramento delle condizioni di vita di tutti i lavoratori, fu quella legalitaria. Per ottenere il riconoscimento dei propri diritti, per l'attuazione degli ideali socialisti e per essere, finalmente, i protagonisti e non le vittime del sistema politico, le classi lavoratrici non dovevano ricorrere alla rivoluzione ma alle libere elezioni. Il 9 luglio, giorno designato per le elezioni, a Catania, a Messina, a Caltanissetta, a Piana dei Greci e in altri centri minori, vennero presentate, per la prima volta, liste socialiste, composte sia da "fascianti" poco noti sia da candidati già molto conosciuti quali: De Felice a Catania; Petrina e Noé a Messina; Barbato a Piana dei Greci. I risultati premiarono il lavoro svolto dall'intera organizzazione regionale. Oltre ai candidati di spicco, furono eletti anche numerosi operai, contadini, artigiani. Alla base di questo successo c'erano principalmente: le peggiorate condizioni di vita di gran parte della popolazione ed il crescente malcontento. Sull'onda dell'entusiasmo, crebbe il numero degli iscritti e si costituirono nuovi Fasci. I giornali del tempo e le autorità affermavano che il numero degli iscritti ai fasci, ammontava a circa 300.000. Ma, come affermò in seguito Garibaldi Bosco, questa cifra era superiore a quella reale, ed era stata gonfiata dai dirigenti dei fasci per far credere al Governo di disporre di forze ingenti, contro le quali al Giolitti non conveniva agire con la forza. Più vicina alla realtà, anche se approssimata per difetto è invece la stima fatta, nei mesi di ottobre e novembre, dal direttore generale di P.S. Sensales, giunto in Sicilia a fine settembre per svolgere, su ordine del Giolitti, un'inchiesta sui Fasci. Secondo tale stima in Sicilia c'erano 70.553 iscritti ai Fasci. Gli scioperi intrapresi nel maggio '93 dai braccianti e dai mezzadri dei circondari di Corleone e Piana dei Greci, come abbiamo detto prima , erano cessati a causa delle numerose denunzie ed agli arresti dei contadini e, soprattutto, dei dirigenti dei Fasci. Le agitazioni ripresero il 23 giugno, con lo sciopero dei mietitori del fascio di Prizzi, i quali richiedevano un aumento del salario. Ma gli scioperi agrari più consistenti e diffusi si ebbero subito dopo il congresso dei fasci della provincia di Palermo, che si tenne a Corleone il 30 luglio '93. I "Patti di Corleone" non intendevano rivoluzionare i rapporti di proprietà allora esistenti, ma, più semplicemente miravano alla modifica degli iniqui contratti di affitto da parte dei gabelloti. Dal congresso di Corleone uscirono anche altre importanti rivendicazioni: aumenti salariali per i braccianti; divisione dei beni demaniali; affitto diretto dal proprietario del terreno, in modo da eliminare la figura intermediaria del gabelloto, fonte solo di aggravi per il contadino e di potere e ricchezza per la mafia. Gli scioperi ebbero inizio nei primi giorni di agosto. Da Corleone e da Piana dei Greci si estesero in diversi comuni dell'entroterra palermitano ( Bisacquino, Villafrati, Chiusa Sclafani, Contessa Entellina, Roccamena, Belmonte Mezzagno), e agrigentino (Casteltermini, Acquaviva Platani, Santo Stefano di Quisquina ed altri centri minori). I contadini si astenevano dal lavoro dopo aver compiuto i lavori di mietitura e di trebbiatura, e convincevano anche i pastori, e tutti i salariati, a fare altrettanto. A settembre i coloni si rifiutarono di prendere i terreni a mezzadria alle solite condizioni, chiedendo che venissero applicati i Patti di Corleone. I proprietari delle terre e i gabelloti, all'inizio, si opposero categoricamente e, convinti di poter controllare e interrompere questa agitazione con gli stessi strumenti che si erano rivelati efficaci per gli scioperi di maggio, si rivolsero alla forza pubblica e alla "forza privata". A Corleone i proprietari terrieri cercarono, inutilmente, di convincere Bernardino Verro a desistere dalla sua attività offrendogli un compenso di quindicimila lire, se avesse accettato di farsi da parte, o una fucilata, in caso contrario. Il Verro, inoltre, il 12 settembre, fu diffidato dal Sottoprefetto. Le amministrazioni comunali dove si svolgevano le agitazioni, intanto, richiedevano rinforzi militari ed erano accontentati. Tuttavia lo sciopero, al quale, secondo stime ufficiali, parteciparono ben 50.000 contadini, nonostante questi episodi, procedette in maniera composta e senza dare luogo ad incidenti che potessero autorizzare l'intervento della polizia o della magistratura. Per sostenere a lungo lo sciopero, alcuni Fasci costituivano i monti frumentari e raccoglievano offerte di denaro, per aiutare i braccianti. I contadini alla fine, grazie soprattutto alla compattezza, alla tenacia e alla maturità dimostrata, riuscirono a fare cedere la maggior parte dei proprietari. Una prova del successo dell'agitazione contadina, può ravvisarsi nello stato di allarme in cui entrò il Governo in seguito al dilagare dello sciopero agrario. Conseguenza diretta di tale stato di allarme fu l'inasprimento dell'atteggiamento ostile e persecutorio che il Presidente del Consiglio aveva iniziato ad assumere nei confronti dei Fasci a partire dal maggio 1893. Risalgono infatti a questa data i primi provvedimenti governativi contro i Fasci. A spingere Giolitti ad intraprendere questa linea politica, furono le incessanti pressioni provenienti dai proprietari terrieri, dai sindaci, dai funzionari di P.S. Alle incessanti richieste di scioglimento dei fasci Giolitti rispondeva di non ritenere necessari i mezzi eccezionali ma aggiungeva: "I mezzi che la legge concede li adopererò tutti inesorabilmente"....
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  9. #19
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    18) A maggio egli inviò una circolare alle autorità di polizia invitandole alla più stretta sorveglianza e alla denunzia dei dirigenti dei Fasci; e a giugno promosse un'inchiesta amministrativa per indagare se vi fossero pregiudicati tra gli iscritti ai Fasci, in modo da colpire, in caso di riscontro positivo, i sodalizi in quanto associazioni per delinquere. Scrive Francesco Renda che alla base della titubanza mostrata dal Giolitti nel ricorrere ad un provvedimento eccezionale di scioglimento dei Fasci vi era la precarietà della maggioranza che appoggiava il suo governo e non certamente, aggiungo io, un rispetto per i contadini e le loro rivendicazioni. Anche in autunno, quando, in seguito all'allarme suscitato dallo sciopero agrario, sempre più insistenti si fecero le richieste di provvedimenti straordinari, Giolitti, invece di sciogliere immediatamente i Fasci, preferì prendere tempo, inviando nell'Isola il direttore generale di P.S. Sensales. Oltre tutto, in ottobre, come abbiamo visto, sempre più sindaci, preoccupati per le agitazioni in corso, richiedevano l'invio di soldati nei loro comuni. Spesso però il rafforzamento militare piuttosto che evitare i conflitti ne diveniva un fattore scatenante, in quanto le autorità facevano abuso delle truppe a loro disposizione, esagerando i pericoli di qualunque manifestazione organizzata dai Fasci. Alla fine dell'esaltante sciopero agrario dell'autunno, comunque, il movimento dei Fasci Siciliani non si trovò ad affrontare soltanto la violenta repressione scatenata dal Governo, ma anche l'inaspettato cambiamento della politica agraria del Partito del Lavoratori Italiani!...
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  10. #20
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    19) A settembre si era svolto, infatti, il congresso di Reggio Emilia, durante il quale si erano gettate le basi ideologiche e politiche del Partito Socialista Italiano. A Reggio Emilia i socialisti italiani decisero che il partito doveva: "essere attento solo alle esigenze del bracciantanto agricolo di tipo capitalistico, e non preoccuparsi punto né dei contadini piccoli proprietari né degli stessi mezzadri ed affittuari che sono anche essi, come i contadini coltivatori diretti, destinati a scomparire, travolti dalla trasformazione in senso capitalistico dell'agricoltura"; di conseguenza Il movimento dei Fasci siciliani, che è al contempo di braccianti del latifondo, di contadini senza terra, di mezzadri, coloni, piccoli affittuari, ed anche di strati di contadini piccoli proprietari, in una impostazione di tal genere non trova posto, anzi è considerato come un corpo estraneo da guardare con diffidenza" (F. Renda). A favore degli oltre 50.000 contadini siciliani, che da oltre un mese stavano scioperando per l'attuazione dei Patti di Corleone, non venne espressa, da parte del congresso, alcuna parola di solidarietà; anzi venne manifestata contrarietà per le rivendicazioni stesse degli scioperanti, in quanto a sostegno e non contro la mezzadria. Altro deliberato del congresso di Reggio Emilia, che sancì definitivamente il distacco dal movimento siciliano, fu quello che stabilì che il Partito Socialista Italiano doveva rompere qualunque tipo di legame con i partiti affini e con i singoli che non fossero formalmente socialisti....
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