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    Predefinito La Borsa globale per il controllo totale

    | Lunedi 29 Maggio 2006 - 13:43 | Michele Altamura |

    Stiamo attualmente assistendo al più grande stravolgimento dei mercati borsistici mondiali dopo il fallimento della nuova economia, e dunque l’attentato dell’11 settembre. In due settimane più di 2.000 miliardi di dollari di capitalizzazione sono stati bruciati sui mercati internazionali, 200 miliardi solo nella giornata di lunedì 22 nelle borse europee: la più grande crisi di liquidità si sta preparando.
    L’aumento vertiginoso del prezzo delle materie prime sta devastando l’economia reale, e presto l’industria siderurgica e chimica dovranno assorbirne l’aumento del prezzo dei metalli e dei derivati petroliferi, così come dell’energia. A questo si accompagnerà una crisi di liquidità dovuta al rialzo dei tassi interessi che indurranno le persone a investire, a risparmiare piuttosto che consumare, e a maggiori costi all’indebitamento, che si accompagneranno anche da una maggiore difficoltà ad ottenere credito. Quello innestato da anni, se non decenni, è un processo evolutivo e inesorabile, non si può arrestare ma solo rallentare. È quello che più o meno ha cercato di fare Bernanke, perché ha aumentato i tassi di interessi per dare da un lato la stretta monetaria e frenare l’inflazione, e dall’altro per svalutare i debiti della bilancia commerciale. Il dollaro FED ha distrutto l’economica mondiale, come un verme l’ha divorata, e con un debito pubblico così elevato e con una economia fondata sul consumo e non sulla produzione, c’è ben poco da fare. A giugno scatterà il nuovo aumento dei tassi di interessi, non solo in America, ma anche in Europa e in Giappone.

    Dalla prima fase detta “di emissione”, che vede una serie di fattori, prima separati, convergere improvvisamente tale da essere evidente agli osservatori più attenti, si passerà ad una fase detta “di accelerazione”. In questa fase gli investitori prendono coscienza della crisi perché comincia a farsi sentire su fatti ed elementi che prima non venivano considerati. A giugno entreremo in questa fase, in cui gli shock sui mercati saranno sempre più frequenti sino a far esplodere la bolla immobiliare e finanziaria. Dopodichè si entrerà nella terza fase, che è detta “di impatto”, costituita dalla trasformazione radicale del sistema stesso (implosione e/o esplosione) a causa di tutti quei fattori che nel tempo si sono accumulati, il sistema dunque si sgretola. Nella quarta fase detta di “disincanto” gli attori andranno a costruire un nuovo sistema sulle ceneri dell’altro. Non è possibile dire i tempi e gli scenari che si apriranno, forse passerà un anno, forse 5 anni, ma sicuramente la moneta di carta cadrà in disuso per far posto alla moneta elettronica, e la nostra economia diverrà di tipo “rent”, cioè dell’affitto, del consumo, non produrremmo né avremo proprietà.

    In meno di tre mesi, tutte le certezze sul futuro saranno rovesciate, e giugno sarà davvero un mese critico e decisivo. I timori di un’esplosione dell’inflazione spinge le banche centrali ad alzare i tassi, ma questo poi determina il crearsi di bolle borsistiche, dovute a delle operazioni puramente speculative che spazzeranno via le economie emergenti e quelle deboli.
    È quello che è accaduto sui mercati europei questo lunedì: i grandi fondi di investimento approfittando della differenza dei tassi di interesse si capitalizzano, ossia si fanno finanziare in mercati con bassi tassi (mercati asiatici), dopodichè investono tali risorse in mercati ad elevato rendimento (America) in titoli derivati e future sulle commodities. Una piccola contrazione del prezzo delle merci è bastato per bruciare 200 miliardi di euro, perché quei futures improvvisamente erano scambiati ad un prezzo inferiore rispetto a quello d’acquisto. Una piccola contrazione dei prezzi poteva far crollare i mercati asiatici, o almeno quelli più deboli come quello Indonesiano, perché loro hanno perso quei soldi investendo nei fondi.
    Così si è assistito, tra la prima e la seconda settimana di maggio, alla più forte liquidazione di azioni sulla borsa americana da un anno e alla più forte caduta settimanale delle borse europee dall’agosto 2004.

    Ovviamente coloro che reggono le fila del sistema non vorranno certo perdere il controllo della situazione, e infatti quello che sta ora accadendo sulle borse mondiali non ha precedenti nella storia: la fusione delle borse internazionali un’unica entità.
    Quello che è iniziato come progetto paneuropeo, su iniziativa della Euronex, società che controlla la federazione delle Borse di Parigi, di Amsterdam, di Lisbona, è diventato un progetto internazionale di dimensioni titaniche. Dal progetto è stata momentaneamente, per così dire, “esclusa la Deutsche Borse”, che non ha voluto cedere alla perdita di una posizione di potere di Francoforte che infatti avrebbe dovute cedere il passo ad Amsterdam, dove sarebbe stata posta la sede della Holding derivante dalla fusione. La Deutsche Borse ha tuttavia perso la sua occasione e dovrà sicuramente pagare molto di più per rimettersi in gioco, perché la fusione con NYSE, la borse di New York, è già stata messa ai voti dell’assemblea dei soci, ossia le più grandi banche internazionali che controllano i fondi di investimento, le Borse s.p.a. e, nella maggior parte dei casi, le società all’interno quotate. Verrà creato il mercato azionario più grande e liquido del mondo, con oltre 4.000 società quotate, che non è altro che un sistema finanziario telematico internazionale nel quale confluiranno tutte le transazioni dei paesi occidentali. È infatti questo il primo passo, diremo storico, verso la creazione del sistema telematico sul quale circolerà la moneta elettronica, le transazioni azionarie e lo scambio di merci.
    Ben presto anche la Borsa di Londra entrerà nella Holding, e quella italiana sarà acquisita da questo mostro. L’Italia perderà il suo centro finanziario, e presto anche una delle istituzioni che controlla il mercato azionario e societario, ed è sconcertante che il ministro Padoa Schioppa non ha altro da dire che spetta sempre alle società decidere perché sono enti privati. Perdendosi il sistema in un’autostrada telematica sconfinata, le Autority e lo stesso governo non avranno più alcuna voce su acquisizioni e fusioni: sarà questa l’espressione del liberalismo più assoluto. Il business dei derivati, dei futures e delle opzioni non conoscerà limiti, insomma è la ribalta dei banchieri in grande stile.

    Non dobbiamo qui dimenticare che Euronext presenta non poche correlazioni con la loggia massonica che si nasconde dietro Clearstream, e una fra tutte è la partecipazione del suo presidente al The Bridge Global Forum, che conta tra i suoi membri il governatore della Banca del Lussemburgo e il presidente di Clearstream.
    Mentre tutto questo accade, il governo tace e ossequiano alle direttive che giungono da coloro che li hanno condotti al potere. Infatti il giorno stesso in cui è stato formato il governo Prodi, i banchieri di Banca Intesa hanno pubblicamente dichiarato che occorreva subito cambiare la legge sul risparmio, la stessa legge che timidamente accennava alla proposta di acquisto di Bankitalia da parte dello Stato. Gli scandali calcistici inondano le cronache dei giornali, ma anche in questo caso non bisogna tralasciare il fatto che milioni di euro provenienti da operazioni di calciomercato sono spariti dai bilanci. La denuncia della truffa architettata dà solo in parte vita agli scandali: alcune teste devono cadere essendo i capri espiatori, mentre il resto va insabbiato. I fondi neri delle squadre di calcio, che nient’altro sono che i fondi neri delle società che le possiedono, scompaiono ancora una volta nei circuiti bancari utilizzando come prestanome i calciatori: gli ingaggi calcistici miliardari non esistono, perché essi vengono subito rinvestiti dai calciatori stessi in fondi e banche, così come le leggi spalma-debito delle società di calcio servono solasmente a coprire altre truffe. Inoltre, i pm sospettano che i fondi scomparsi siano stati depositati nello Ior dalla società di Moggi. Se lo scandalo proseguirà di questo passo anche il Vaticano ne subirà le conseguenze, screditando sempre di più un’istituzione per sostituirla con un’altra.
    Dietro ogni scandalo c’è sempre un burattinaio che fomenta la tangentopoli e si nasconde poi dietro l’istituzione che dovrebbe invece essere la soluzione o il governo dei buoni.
    Allo stesso tempo vediamo che ancora una volta gli illuminati giungono in Europa, mangiano l’intero mercato europeo trovando un ragionevole accordo con i banchieri europei.
    Il presidente della Fondazione Rockfeller è in viaggio in questi giorni nei Balcani, e si eleva ad ambasciatore di pace dicendo al popolo serbo “di chiedersi cosa è un serbo”. Noi vorremo sapere invece cosa è un americano, se non la cavia più docile dei loro più atroci esperimenti, e cosa sono gli illuminati, che si sono autoproclamati menti superiori senza tuttavia avere delle idee proprie. Stanno mangiando l’Europa diffondendo odi e rancori in Paesi in cui i conflitti sociali sono radicati da secoli e aiutano a depredare imprese e popolazioni che, martoriate da secessioni e genocidi, perdono la propria identità. Qui stabiliscono i protettorati e i commissari europei, insinuano i rappresentanti del FMI all’interno dei governi e riempiono le ambasciate di depravati, di pedofili e assassini. Le cosiddette organizzazioni umanitarie sono il covo degli infimi strati dell’umanità, figli delle baronie e della corruzione, della depravazione più assurda, e poi si ergono come istituzioni e difensori delle nostre famiglie, dei nostri villaggi e delle nostre case.

    Michele Altamura

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    Capitalismo: civiltà della menzogna

    | Lunedi 29 Maggio 2006 - 13:46 | Carmelo R. Viola |

    Si veda, ad esempio, l’uso del termine “pubblicità”, per indicare quella dilagante e sempre più stomachevole e deturpante spazzatura commerciale che inonda tutte le televisioni, quelle cosiddette pubbliche comprese. Priva dell’attributo qualificativo “consumistica”, quella parola pare addirittura rifarsi a qualcosa d’innocente e di compatibile con una civiltà di alto livello, quale vuole essere la nostra. Al contrario, l’attributo omesso introduce il concetto di menzogna, di frode logica e di espediente “subliminale” e di quant’altro serve a far giungere ai lettori solo l’immagine accattivante e persuasiva di un prodotto e nient’affatto la sua vera identità scientifica e, a seconda dei casi, utilitaria, dietetica, farmacologica e così via. Quella che manca è proprio la VERA pubblicità, cioè la resa di pubblica ragione delle caratteristiche dei vari prodotti perché il cittadino-consumatore scelga con cognizione di causa. No, nel mondo capitalista il consumatore, smentendo ancora una menzogna, quella della libera scelta, non deve scegliere ma solo fungere da automa consumista “che finge di scegliere”!

    Nella pubblicità-menzogna farmaceutica - anche questa operata nel pieno rispetto delle leggi di uno Stato sedicente di diritto e che è perfino in evidente aumento - c’è finanche un dettaglio che non si sa se definire più grottesco che puerilmente ridicolo. Si tratta delle avvertenze, contenute di norma nei foglietti illustrativi allegati ad ogni confezione, secondo le quali il prodotto può avere effetti collaterali e/o che comunque non va assunto sotto o sopra una certa età, in istato di gravidanza, in contemporanea con altri farmaci e così via. Ebbene, tali avvertenze, che sono della massima importanza per la salute del futuro consumatore, vengono lette con una tale fretta che talora si stenta a percepirle, più che mai da orecchie anziane o malate, possibilmente da parte di soggetti a maggiore rischio. Ma in tal modo l’inserzionista assolve ad un obbligo di legge, la quale non gli impone il dovere rendere percepibile il messaggio più importante per i destinatari, e mostra di essere interessato solo al consumo indipendemente dagli eventuali effetti nocivi del prodotto. Certo, l’acquirente intelligente legge il foglietto allegato - per quello che ci comprende - ma chi intelligente non è? Tutto sommato, aumenta la “farmacofagia” a danno della salute. Per fortuna qualcuno riesce ancora a sfuggire al condizionamento consumistico e questo lascia sperare in una futura supremazia del soggetto autonomo.

    Abbiamo fatto solo un esempio. Potremmo portare anche quello del calcio, un groviglio di menzogne (ed ora anche di intrighi affaristici) che merita un articolo a sé. Intanto, per ovvii motivi di spazio, devo accontentarmi di cenni sul linguaggio truffaldino della logica capitalistica. Per riuscirci basta partire da una cima (come abbiamo appena fatto) o dalla base. Come per la moltiplicazione, cambiando l’ordine dei fattori, il prodotto non cambia. Il capitalismo, si dice, è basato sulla libera attività economica più propriamente sull’imprenditorialità, insomma sull’impresa. “Attività economica” è proprio una locuzione che fa a pugni con sé stessa, perché l’economia è, nella sua natura, una matematica, la quale non è libera perché segue leggi precise e inderogabili. Ma noi la prendiamo per buona. Mente anche la Costituzione quando all’art. 41 spaccia la libera iniziativa economica come una “libertà civile”! Ultimamente, anche a sèguito della famigerata legge Biagi - retaggio di una vittima inutile - (che speriamo sia svuotata della sua essenza “forestale” alias neoliberista ) si è parlato di cultura imprenditoriale e di educazione all’impresa.

    Anche qui manca l’attributo “qualificativo” “affaristica”. L’impresa è infatti, un’iniziativa che si propone di produrre e vendere (leggi:far consumare) qualcosa al fine di ricavare profitti ovvero di “fare buoni affari”. Nessuno si sognerà di dire che la Fiat sia una fondazione di pubblica beneficenza anche se la carità può anche farla in certe occasioni per darsi una parvenza di “fratellanza umana”! Ma la Fiat - come questa tutte le imprese che si rispettino ; come tutte le altre industrie automobilistiche- deve anzitutto far tornare i propri conti, in cui sono compresi i lauti autocompensi dei suoi fautori, insomma deve far consumare e la “pubblicità” del settore è così efficace che l’auto è diventata un oggetto di consumo come gli accendini e i cellulari. Che questo consumo abnorme - sempre meno sostenibile dall’urbanità e dal clima - sia appunto nocivo, nulla importa ai responsabili, ciascuno dei quali è diventato intanto - e per effetto dei lauti compensi - un “padreterno” del sistema con entità abitative principesche e conforts, che lo separano nettamente da coloro che hanno contribuito ai quei “buoni affari”.

    I “padroni del vapore” (ché tali sono rimasti) hanno sempre un argomento ad effetto che traducono in queste parole: “noi diamo lavoro!” Così ci viene buttata in faccia un’altra grande menzogna: l’impresa non dà lavoro ma ha bisogno di lavoro e per questo “lo compra” e lo fa al minor costo possibile. Il comprar lavoro è un “effetto secondario-strumentale” (come quello di fornire un motore di carburante), non il fine dell’impresa.

    Altra menzogna è l’uso e l’abuso della parola economica, a cui i fautori delle imprese fanno riferimento ad ogni piè sospinto, non dimenticando di aggiungere la parola “paese” (al cui bene sono votati !). Infatti, la parola economia significa amministrazione della casa e, per estensione, di un popolo , secondo equità e bisogno. Essa pertanto contiene il senso di giustizia distributiva. L’affarismo - di cui agli investimenti, alla concorrenza o competitività, alla pubblicità (consumistica), alle rendite, agli interessi parassitari (cioè senza lavoro personale, come il risparmio azionario), alle borse e perfino alle banche, in breve al ludismo finanziario o monetocrazia - non ha niente a che vedere con l’economia.

    L’economia - di cui ci parlano i bugiardi del sistema - è la predonomia: l’arte-scienza del predare e depredare di diretta derivazione forestale e che pertanto si incentra nell’impresa come libera attività predatorio-affaristica.

    E’ evidente che questo discorso esclude automaticamente tutte quelle imprese a gestione personale o familiare ove non c’è sfruttamento del lavoro altrui e che producono quel tanto che basta alla sussistenza decorosa dei suoi soli fautori.

    Quando i nostri economisti smetteranno di mentire su tutti i fronti, allora sì che si potrà cominciare a parlare di una civiltà del sociale e dell’uomo impegnato nel benessere dei propri simili come condizione del proprio benessere e dove, grazie all’uso di una moneta vera e propria, fenomeni come quello del debito pubblico potranno solo fare ridere di commiserazione sulla barbarie che fu.

    Carmelo R. Viola




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