La storia vista dalla Sinagoga

Pubblichiamo alcune schede relative alla storia italiana curate da un sito ebraico, che corrispondono esattamente alla versione della storiografia ufficiale insegnata nelle scuole. Di particolare interesse i giudizi dati sulla rivoluzione francese, sul risorgimento e sul concilio Vaticano II.

Gli Ebrei in Italia, di Luciano Tas

Riforma e Controriforma
Nel XVI secolo il Rinascimento si diffonde in tutta Europa, e oltralpe assume anche il carattere di contestazione e rivolta contro la Chiesa romana. È la Riforma, sarà lo scisma. I cristiani non sono più solo cattolici e i contestatori diventano "protestanti".
La metà del Cinquecento segna per gli ebrei un drastico giro di vite. La Riforma induce il Papato a un generale irrigidimento. È la Controriforma. Alcune conseguenze le conoscono nel 1555 in Italia gli ebrei, per i quali la Controriforma ha un nome: la bolla Cum nimis absurdum emessa dal papa Paolo IV il 15 luglio. In essa si dice che "è assurdo e sconveniente al massimo grado che gli ebrei, che per loro colpa sono stati condannati da Dio alla schiavitù eterna, possano, con la scusa di essere protetti dall'amore cristiano e tollerati nella loro coabitazione in mezzo a noi, mostrare tale ingratitudine verso i cristiani da oltraggiarli per la loro misericordia e da pretendere dominio invece di sottomissione". Questi ebrei, si legge ancora, osano "vivere in mezzo ai cristiani" e perfino "nelle vicinanze delle chiese", si vestono come gli altri, senza perciò potersi fare riconoscere, comprano case, assumono balie cristiane, insomma, commettono questi e "numerosi altri misfatti a vergogna e disprezzo del nome cristiano".
La bolla papale impone agli ebrei di abitare in una o più strade, dove non ci sia possibilità di contatto con i cristiani: è l'istituzionalizzazione del ghetto. Gli uomini sono obbligati a portare un berretto che li distingua; le donne un velo o uno scialle, sempre con caratteristiche tali da rendere subito nota la loro identità. Ogni contatto con i cristiani, di lavoro o di amicizia, è vietato. Agli ebrei è vietato ogni tipo di lavoro, d'arte o di commercio che non sia il traffico di stracci e di abiti usati - "sola arte strazziariae seu cenciariae". Nel 1559 muore papa Paolo IV, ma le leggi antiebraiche del suo predecessore restano in vigore. Col succedersi dei papi, Pio V, Gregorio XIII, Sisto V, Clemente VII, le condizioni di vita imposte agli ebrei non mutano. La politica della Chiesa ha conseguenze negative anche negli Stati che non sono direttamente dominati dal papato.

Liberté, Egalité, Fraternité
Con la Rivoluzione francese, esportata anche in Italia, gli ebrei italiani, che sono circa 30.000 su una popolazione di 17 milioni, fanno il loro ingresso nella vita pubblica del paese. Occupati gli Stati pontifici, imposta a Roma una Repubblica retta da patrioti italiani liberali, i francesi favoriscono una Costituzione (20 marzo 1798) che garantisce a tutti i cittadini e a tutti i culti eguaglianza di trattamento da parte dello Stato.
Gli ebrei accolgono con entusiasmo l'ingresso dei francesi in Italia, ma restano prudenti, quasi presaghi che alla Rivoluzione e a Napoleone sarebbe succeduta la Restaurazione. E con la Restaurazione molti degli antichi ceppi.

Con la Restaurazione il pendolo torna indietro
Il Congresso di Vienna del 1814/15 s'incarica di mandare indietro il pendolo della Storia. Lo status quo ante è ripristinato e in Italia la condizione ebraica torna, segnatamente nello Stato pontificio, al disgraziato punto in cui si trovava nel XVIII secolo. Con la parziale eccezione della città di Livorno dove il Granduca di Toscana incoraggia l'afflusso degli ebrei, garantendone la sicurezza con un decreto noto come la "Livornina".
Anche in Piemonte tornano i ghetti, ma l'espansione economica ebraica negli anni di libertà ha creato situazioni di fatto difficilmente reversibili.
Nel Lombardo-Veneto vivono 7000 ebrei, che qui possono studiare e laurearsi. Condizioni simili si hanno in Toscana, a Parma, a Modena, a Mantova. In quest'ultima città agli ebrei è consentito uscire di giorno dal ghetto e persino tenervi "granari e magazzeni, purchè si osservi la debita distanza dalle Chiese".

Fratelli d'Italia
A partire dalla metà dell'800 la storia degli ebrei italiani si confonde sempre di più con la storia d'Italia e non può meravigliare il fatto che gli ebrei partecipino ai moti risorgimentali. I patrioti italiani, come Mazzini e Cattaneo, tendono all'abbattimento di un mondo chiuso, reazionario, antisemita. È proprio Cattaneo, con il suo Interdizioni imposte dalla legge civile agli Israeliti, a denunciare l'insostenibile condizione ebraica, anche se nel Regno di Sardegna alcune delle conquiste civili degli ebrei restano acquisite con lo Statuto albertino.
Alle campagne che Garibaldi conduce nel 1848 e nel 1849 partecipano duecento ebrei, e quando a Torino le responsabilità di governo sono affidate a Camillo Benso conte di Cavour, questi si avvale dell'opera di consiglieri e amici ebrei, come Ottolenghi, Todros, Vitta, Leonino. Segretario particolare di Cavour è un altro ebreo, Isacco Artom, mentre a dirigere il giornale governativo di Torino, L'Opinione, è chiamato Giacomo Dina.
Dietro l'angolo c'è il 1870 e la presa di Roma da parte dei bersaglieri. L'ultimo ghetto d'Europa è abbattuto. La Chiesa cattolica cessa di essere, per sua stessa fortuna, una potenza temporale. L'Italia unita porta agli ebrei libertà e uguaglianza. Nel codice del 1889 non c'è più traccia della vecchia divisione tra religione di Stato e culti tollerati. Tutti i culti ora sono ammessi ed è punito il vilipendio di ogni religione professata.

Gli ebrei, lo Stato e la Chiesa cattolica
Una nuova Intesa con lo Stato è firmata dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane nel 1987. In applicazione all'art. 8 della Costituzione rinnova il precedente accordo e lo rende più compatibile con la sensibilità democratica.
Anche i rapporti con la Chiesa registrano cambiamenti. A rompere certi pregiudizi antiebraici è per primo papa Giovanni XXIII. La dichiarazione Nostra Aetate, al Concilio Vaticano II del 1965, "riabilita", poi, il popolo ebraico dall'accusa di "deicidio".
Le nuove direttrici della Chiesa saranno clamorosamente portate all'esterno da un altro papa, Giovanni Paolo II, che il 13 aprile del 1986 si reca in visita al Tempio Maggiore di Roma. L'evento è senza precedenti. Mai, in tutta la storia, un pontefice aveva varcato la soglia di una sinagoga. È un momento di grandissima emozione. Dopo il gesto e le parole di Giovanni Paolo II ai "fratelli maggiori" ebrei, la strada della revisione critica della Chiesa sembra irreversibile.

(Fonte: http://www.ucei.it/ebreiInItalia/)