Rivincita è il contrario di riperdita e significa con tutta probabilità ripetersi nella vittoria. Soltanto usando il termine in questo modo si ottiene una convincente definizione di quanto è successo nelle elezioni amministrative. Dove erano già al governo: Roma, Torino, Napoli (e in altre località), i sindaci di centrosinistra rivincono spesso alla grande, mandando un duplice segnale. Da un lato, gli elettori premiano chi ha governato dimostrando capacità e affetto per la loro città (o provincia); dall'altro, puniscono giustamente strani sfidanti che vengono paracadutati in qua e in là dalla Casa delle Libertà.
Così come puniscono candidati estratti da professioni che non hanno nulla a che vedere con il governo delle città e delle province e mai collaudati nelle amministrazioni locali.
Dove perdono i candidati del centro-sinistra, come a Milano e in Sicilia, fanno comunque molto meglio che nel passato. Anzi, Rita Borsellino ottiene un successo personale in termini di voti che segnala che intorno al suo nome si sono raccolti molti che vorrebbero che la lotta alla mafia fosse più estesa, più incisiva, più penetrante.
A Milano, purtroppo, è il centro-sinistra che sconta e paga la sua incapacità di costruire il consenso intorno ad un candidato politico, senza rincorrere la destra sul terreno, dove rimane più forte e convincente, dell'antipolitica e dei governanti tecnici «prestati» alla politica.
In tutte le elezioni amministrative si intrecciano inevitabilmente fattori locali e fattori nazionali.
Quindi, è utile anche leggervi elementi di interesse nazionale. La campagna forsennata condotta da Silvio Berlusconi contro la stessa legittimità della vittoria elettorale del centro sinistra, non soltanto non paga in termini di voti, ma non riesce neppure a portare alle urne un numero elevato di suoi sostenitori. Se mancano all'appello coloro che pure hanno votato il centro destra il 9 e 10 aprile non è colpa del destino cinico e baro, ma dell'incapacità del Berlusconi pluricandidato a Milano e a Napoli e dei suoi alleati di persuadere i «loro» elettori a ritornare alle urne. Si misura, qui, incidentalmente, anche la stupidità e l'opportunismo di non avere voluto l'election day.
Anche se sono affari suoi, sembra che sarà ancora più difficile per Berlusconi convincere ad andare in strada e in piazza elettori che non vanno neppure alle urne.
In secondo luogo, la leggenda molto provinciale del Nord produttivo che si sarebbe tutto schierato con la Casa delle Libertà, mentre era il resto del paese, tutt'intero, a sentire i propagandisti del centro destra, incredibilmente arretrato a votare per il centro-sinistra, esce distrutta da alcuni esiti.
Senza fare nessuna ironia sulla Sicilia, che non è proprio una delle zone più moderne del paese, è lì che lo schieramente berlusconiano tiene, anche se Forza Italia declina, come le succede anche in diverse altre aree. A meno che, con straordinaria fantasia, si voglia collocare Torino nelle zone arretrate dell'Italia, il successo di Sergio Chiamparino, che va ben oltre le previsioni, indica che non soltanto il centro-sinistra è molto più forte del centro-destra, ma che i ceti avanzati, produttivi, moderni preferiscono continuare ad essere governati da un sindaco (ex-comunista) che ha dimostrato di saperlo fare (tralascio qualsiasi considerazione sullo sfidante filosofo).
Insomma, se c'è un vento che soffia si è accertato che va a favore del centro-sinistra e ha travolto le mediocri penose dichiarazioni propagandistiche con scarso fondamento empirico degli illusionisti del berlusconismo.
All'elettorato italiano la polemica sulla (del tutto legittima) occupazione delle cariche istituzionali da parte dello schieramento che ha vinto le elezioni nazionali non ha fatto né caldo né freddo. L'opposizione bellicosa con qualche tratto eversivo condotta da Berlusconi lo ha lasciato perplesso, se, addirittura, non lo ha deluso e quindi demotivato dal tornare alle urne. Incoraggiato da un esito generale altamente positivo, il governo può adesso dedicarsi a governare senza pensare, però, che i suoi problemi e quelli del paese siano finiti.
Anzi, rimangono tutti, sono gravi, debbono essere affrontati rapidamente e decisamente, magari delegando più poteri e più possibilità di ottenere risorse alle autonomie locali, a cominciare dai comuni, vera spina dorsale dell'Italia di sempre. Ai governanti gli elettori hanno detto: «provateci, abbiamo fiducia in voi».
Come inizio, non è niente male; anzi, appare piuttosto incoraggiante.