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    Predefinito come sopravvivere allo sviluppo - intervista a serge latouche

    Come sopravvivere allo sviluppo

    INTERVISTA DI DAVIDE TURRINI A SERGE LATOUCHE

    (Da Liberazione del 9 maggio 2006)

    Bastone sottile che non serve nemmeno da appoggio, viso canuto alla Burt Reynolds, cravatta leopardata sopra una camicia bianca con righine azzurre e viola, Serge Latouche, 66 anni portati meravigliosamente, professore emerito di scienze economiche all’università Paris Sud, esperto di rapporti economici e culturali tra Nord e Sud del mondo, fa la sua comparsa in Italia, a Bologna. La facoltà di Scienze Politiche, materialmente a pochi passi dell’ex dimora del nuovo premier Prodi, è lo sfondo architettonico per l’incontro del professore che prende a prestito il titolo del suo nuovo volume, Come sopravvivere allo sviluppo (Bollati Boringhieri), per argomentare l’utopia del nuovo secolo: la decrescita economica.
    Ed è proprio il quesito di partenza, lontano da Giddens come dal socialismo reale e che piuttosto richiama a una resistenza alla Davide contro Golia, a essere rivolto immediatamente a Latouche.
    «Alcuni anni fa, sopravvivere allo sviluppo era un problema che interessava solo il Sud del mondo», spiega il professore francese, «il Nord voleva sviluppare il Sud e occidentalizzarlo, ma altro non era che il proseguimento della colonizzazione con altri mezzi a cui va aggiunta la relativa distruzione delle identità culturali e del tradizionale saper fare. Oggi, invece, tocca a noi occidentali: la distruzione della biosfera, la globalizzazione che altro non è che la mercatizzazione del mondo (e non la globalizzazione del mercato), quel gioco al massacro che porta ad abbassare i salari degli operai del Nord per renderli concorrenziali con quelli cinesi, altro non sono che elementi che compongono, paradossalmente, l’impossibile concetto di sviluppo sostenibile. Mentre io ritengo che l’unica soluzione stia nella società della decrescita economica».
    Ma che cos’è esattamente la decrescita economica?
    Non è un concetto, non è l’elemento simmetrico della crescita, nemmeno una teoria economica. E’ una parola d’ordine, è uno slogan per gridare un forte “basta” al discorso dell’ideologia economicista. Dobbiamo abbandonare il credo insensato del crescere per crescere che ha come solo obiettivo il profitto per i detentori del capitale. La crescita ha materialmente un limite. Vi faccio un esempio: a un litro di petrolio corrispondono 5 metri cubi di foresta. A questo ritmo i 12 miliardi di ettari ancora utilizzabili nel giro di ben poco tempo si esauriranno; per non dire che le riserve di petrolio potranno bastare soltanto per altri trent’anni. Allo stesso tempo, però, basta un semplice rallentamento nel tasso di crescita per far cadere la società nello sconforto, con relativo abbandono dello stato assistenziale. Ecco perché suggerisco di uscire da questo circolo vizioso della crescita che è destinata a esaurirsi molto presto e perché condanno anche tutta la sinistra istituzionale, oramai diventata socialiberista, che non osa uscire dal paradigma tradizionale della società della crescita.
    Il problema a questo punto è come attuare i buoni propositi…
    Questa sorta di ateismo contro la religione dell’economia e dello sviluppismo (straordinario vocabolo italianizzato dal francese, n. d. r.) prende le mosse dallo scollegamento del benessere dalla crescita economica, cioè far crescere il benessere diminuendo progressivamente il pil e drasticamente i costi negativi dei corollari della crescita, o ancor meglio: far decrescere il Ben-Avere statistico per migliorare il Benesssere vissuto. La base di questo percorso sarebbe internalizzare gli effetti esterni, ovvero far pagare alle imprese i costi che fanno sopportare ai clienti, agli operai e alle generazione future: dalle spese per la pubblicità (le spese pubblicitarie con 500 miliardi di dollari all’anno sono al secondo posto dei bilanci mondiali dopo i costi per gli armamenti), ai costi di spostamento di uomini e merci per il commercio che provoca insensato inquinamento.
    E dopo questa sorta di umanesimo di fondo da cui partire, quali sono le altre tappe da seguire?
    In primo luogo dobbiamo deeconomicizzare il nostro immaginario, che oggi ha assimilato come unici valori della vita il denaro e il guadagno; riconcettualizzare il valore di povertà, un elemento dignitoso che abbiamo trasformato in qualcosa di vergognoso; rilocalizzare le attività produttive e ritrovare la saggezza del senso del luogo e del vivere localmente; ridurre l’orario di lavoro per tutti, creando meno disoccupazione e un cambiamento di valori che ci porta a rivalutare, come gli antichi, l’ozio; infine smetterla con l’assistenzialismo delle ong, reintroducendo i valori propri alle popolazioni del Sud del mondo.
    Non le sembra di perseguire una sorta di mondo utopico?
    Tutti, dai politici agli economisti, sanno del rischio che stiamo correndo. Basta vedere gli effetti di quella che io definisco la pedagogia delle catastrofi (guardate il comportamento degli acquisti nel post “mucca pazza”). E poi abbiamo bisogno di utopia, nel senso forte della parola, perché questi cambiamenti sono assolutamente possibili se solo lo vogliamo. Se, per esempio, prendiamo il treno da Reggio Emilia per Roma e scopriamo dopo la partenza di essere quasi arrivati a Torino, ci fermiamo, scendiamo e prendiamo il treno che porta dalla parte opposta, o no? Ecco, allora credo che la decrescita economica sia una scommessa dove la ragione, assieme alla necessità umana, porterà a democrazie locali ed ecologiche, piuttosto che al suicidio.

    www.decrescita.it

  2. #2
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    Discorso molto bello ed interessante, pur con alcuni punti che (secondo me per la necessaria brevità dell'intervista) appaiono troppo poco chiari
    per esempio il concetto di "dignità" della povertà.
    Esageratamente utopistico, forse.
    Bisogna cominciare con un insegnamento di tipo morale

  3. #3
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    Assolutamente utopistico nell'attuale contesto capitalistico che si basa sulla massimizzazione del profitto. E poi in un mondo in cui ogni giorno migliaia di persone muoiono di fame e una grossa fetta della popolazione vive miseramente, mi si viene a parlare di decrescita economica (produttiva)? Ma per favore... Quello che bisogna cambiare consapevolmente e al più presto è il modo in cui siamo organizzati per produrre e distribuire le ricchezze, cioè cambiare sistema economico-sociale.

    --
    OGGETTO: l'istituzione di un sistema di società basato sulla proprietà comune e il controllo democratico dei mezzi e degli strumenti per la produzione e la distribuzione delle ricchezze da parte e nell'interesse della società nel complesso. Il Movimento Socialista Mondiale (http://www.worldsocialism.org) sostiene solamente l'immediata sostituzione del capitale e dei salari/stipendi con la produzione universale per l'uso; esso è organizzato in partiti fratelli in Africa, Australia, Canada, Gran Bretagna, Nuova Zelanda, USA e altrove (http://worldsocialism.blog.excite.it).
    "Ma chi è quel mona che continua a inquinare?" (cit. Mosconi variata)
    "Tanti di loro sono così assuefatti, così dipendenti dal sistema, che combatterebbero per difenderlo." The Matrix
    Cos'è il Socialismo

  4. #4
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    Trovo molto interessanti le sue tesi, forse troppo estremistiche, ma certo portatrici di una nuova concezione dello sviluppo, contraria, quanto lo sono io, allo sviluppismo di quasi tutta la sinistra.
    A questo proposito vorrei rimandare ai due mesi di dibattito, con interventi molto qualificati, sul concetto di sviluppo, all'interno dio rifondazione, grazie anche al contributo di econmisti e ecologisti, si sta affermando una tesi simile, che non significa basta sviluppo, ma sviluppo frenato dal rispetto dell'ambiente, basta con la produzione eccessiva delle merci, ma produzioni qualificate, abbattimento delle roialti sui brevetti, il che porterebbe alle produzioni personificate nei paesi del sud delmondo, vedi ad esempio per le medicine anti-hiv, ma anche per le sovvraproduzioni di mercci praticamente simili, fatte solo epr intasare il mercato e fegare il consumatore, per creare montagne di rifiuti.

  5. #5
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    secondo me chi ci azzecca al meglio è Rifkin: con "Entropia" traccia un'interessante analisi (storica, politica, economica e culturale) riguardante il discorso energetico e, più in generale, dello sviluppo umano sul Pianeta. Rifkin parla di una società a basso sviluppo entropico come unica alternativa alla forsennata corsa allo sviluppo senza limiti.
    Va, a mio avviso, decisamente riformulato in certi passaggi da un punto di vista più marxista, però, per essere un economista americano, direi che è accettabile.
    L'ultimo suo libro è "Il sogno europeo", interessante analisi sociologica (eccessivamente ottimista... però tutto sommato valida in certi passaggi).
    SALUTI M-L

  6. #6
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    E' parzialmente vero, credo che sianbo due autori-ricercatori che affrontano il medesimo problema guardandolo da due ottiche diverse, uno con una forte impronta legata all'economia, l'altro con un improntas molto più morale.
    Il bello della cosa è che l'una senza l'altra o mancherebbero di solide basi, o peggio di una anima.

  7. #7
    Evoliano di sinistra
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    Prossimo al nulla, laggiu' nell'abisso io conduco da solo la mia lotta.......In ogni caso nessun rimorso
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    Autore interessante di cui sto leggendo la fine del sogno occidentale....Critica all'occidente piu' che condivisibile, critica e risposte all'attuale pensiero unico che pero' poc hanno a che vedere con le ricette marxiste o sbaglio...

  8. #8
    Sospeso/a
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    non sbagli, infatti a mio parere la decrescita (e solo in alcuni suoi aspetti) può essere al massimo per noi un palliativo temporaneo, non possiamo certo perdere di vista la necessità di superare la logica produttiva odierna.

  9. #9
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    Umbria. Dove regna "Il Capitale" oggi più spietatamente. Votano la guerra, parlano di pace... sinistra "radikale", sei peggio dell'antrace ! Breaking news: (ri)nasce il partito dell'insurrezione !
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    E' strano vedere tutti interessati alle tematiche della decrescita e del "post-sviluppismo" e poi vedere le stesse persone impegnate a sostenere un governo che con pado(v)a-schiappa punta alla ripresa di competititvità e all'incremento del Pil.
    Mah... le nevrosi dell'uomo contemporaneo !

  10. #10
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    Mi pare, sebben sia difficile, molto interessante e da non perdere di vista la teoria contro-economica che egli propone. Utopica, certo, però cominciare a guardare aldilà del "reale" sarebbe un buon passo avanti; secondo me, è importante insegnare anche questo ai bambini, ai ragazzi, anche ai giovani come me, che vanno all' università. Al popolo intero bisogna insegnare la speranza, l' utopismo e l' anticonformismo, sicuramente. Non è facile, certo, e anche se si iniziasse da adesso dovrebbero passare decenni prima di vedere i primi effetti; però bisogna cominciare!
    "Gli idoli di legno possono vincere, le vittime umane venir sacrificate."
    Karl Marx

 

 
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