ROMA - Un "progetto politico innovativo", qualcosa che possa rappresentare "in nuce il partito unico", una spinta per convincere anche An e Udc. Soprattutto "una mano da tendere a Umberto Bossi". Silvio Berlusconi sta iniziando a fare i conti con la sconfitta elettorale. Quella del 10 aprile, certo, ma anche quella delle amministrative. Si è reso conto che la "spallata" a Prodi difficilmente potrà essere assestata in occasione del referendum sulla devolution. E allora lavora sui "tempi lunghi" studiando le prime mosse da effettuare subito dopo il 25 giugno. Un disegno che punta in prospettiva a mettere in campo il "partito unico del centrodestra" e che nell'immediato avrà una tappa intermedia: "il Partito del Nord" con vocazione nazionale.
Una sorta di federazione tra Forza Italia e Lega. Anzi, il Cavaliere ricorre ad una definizione che lo stesso Umberto Bossi ha usato nelle scorse settimane: una "Confederazione". Un modo per coinvolgere il Carroccio nella costruzione del soggetto unitario dei moderati. Ma anche una ciambella di salvataggio per lo stato maggiore lumbard che, dopo il referendum e il possibile addio alla riforma federalista, rischia di fare i conti con l'esplosione della base e l'implosione del movimento leghista.
"Dobbiamo aiutare la Lega - va ripetendo da giorni l'ex premier - Dobbiamo aiutare Bossi. I leghisti devono stare con noi e non possiamo rischiare che escano dalla Casa delle libertà". E già, perché il vero incubo che agita i sonni del capo di Forza Italia e dello stesso Senatur è un solo: la scissione. Una parola che nella Lega evoca trascorsi drammatici, quelli del '95. Non per niente l'idea del Partito del Nord, dopo mesi passati nel surgelatore della politica, è stata scongelata domenica scorsa in occasione della cena tra Berlusconi e Bossi ad Arcore.
"Insieme possiamo fare un unico soggetto politico", ha ripetuto il Cavaliere al leader leghista. Se in passato il Senatur aveva risposto con un secco "no", questa volta si è mostrato più disponibile. Forse perché il Carroccio non è mai stato così in subbuglio come in questi giorni. Forse perché mai aveva dovuto affrontare fenomeni interni come quello degli "autoconvocati". O forse perché Bossi sa - e lo ha anche riferito all'ex presidente del Consiglio - che c'è anche chi spinge per una frattura definitiva con la Cdl per cercare il dialogo con l'Unione, anche a costo di una scissione.
I riflettori sono puntati su Roberto Maroni che ormai da settimane non esclude un passaggio del genere. "Io però - è la rassicurazione che Bossi fornisce a tutti - ho un debito d'onore con Silvio. Questo non lo posso fare". Per questo il niet è stato meno inflessibile. E perché Berlusconi ha prospettato una guida di questo "soggetto confederato" gradita alla Lega. Si tratterebbe di Giulio Tremonti che potrebbe capitanare "l'embrione" del partito unico da portare successivamente all'attenzione di An e Udc. Sebbene non pochi dentro Forza Italia individuano una candidatura alternativa, quella di Roberto Formigoni. Che aspira a far nascere in Italia la succursale del Ppe. Un nome caldeggiato da chi spera di rafforzare la rete territoriale della Cdl con il radicamento che può vantare Comunione e Liberazione, movimento cattolico di cui il governatore lombardo è un illustre esponente.
Di certo, il disegno immaginato dal Cavaliere non dispiace nemmeno ad Alleanza nazionale. Anzi, l'ala "settentrionalista" del partito di Fini scalpita. Dati alla mano stanno evidenziando che il partito è in crescita solo al nord e non più al sud. E tra le righe minacciano di essere pronti al "gran salto" se Fini dovesse bloccare l'operazione. E forse non è un caso che alle comunali di Roma il più votato sia stato un ciellino doc come Samuele Piccolo. Il nodo centrale, però, resta la Lega.
Il prossimo 18 giugno si terrà la tradizionale adunata di Pontida. Già là Bossi potrebbe lanciare un primo segnale. Persino per quanto riguarda la sua successione. Perché il senatur potrebbe non essere in grado di traghettare il partito verso il "nuovo" e avrebbe bisogno di un "proconsole vicario" con tanto di investitura ufficiale. L'uomo in pole position è Giancarlo Giorgetti, ma Roberto Calderoli e Roberto Maroni stanno facendo di tutto per accreditarsi con il "capo".
Il Cavaliere, però, vuole lanciare "un progetto politico innovativo" anche per conservare la sua leadership. Per respingere gli assalti degli alleati - Casini e Fini - che già giovedì scorso, al vertice della Cdl, avevano accennato al problema. "O c'è un progetto politico - aveva avvertito il leader di An - o si rimette tutto in discussione".