L´INTERVISTA
Chiti, ministro delle Riforme: Casini contradditorio, in disaccordo con la legge vuole tenerla in vita
"Il confronto solo dopo il 25 giugno partiamo da premier e legge elettorale"
CARMELO LOPAPA
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ROMA - Il dialogo sulle modifiche da apportare alla seconda parte della Costituzione si aprirà. Anzi, «sarà un grande confronto nel merito e coinvolgerà tutti: opposizione, sindacati, Confindustria, mondo della cultura». Ma partirà dopo, solo all´indomani della vittoria del no al referendum del 25 giugno. Nessuna trattativa preventiva, nessuna mozione congiunta prima di quella data. «Ora si impone una scelta: bisogna cancellare il pasticcio creato dalla destra al governo» dice il ministro per le Riforme e i rapporti con il Parlamento Vannino Chiti. Dopo, il dialogo potrebbe partire su quattro punti. Il confronto auspicato anche da Casini nell´intervista di ieri a Repubblica, insomma, è molto più che un´ipotesi, perché «il governo Prodi non compirà mai più l´errore già fatto dal centrosinistra di cambiare la Costituzione a colpi di maggioranza».
Ministro Chiti, da Casini a Tremonti, passando per Bossi è quasi un invito corale ad un patto sulle riforme costituzionali. La contrapposizione sulla devolution resta immutata o qualcosa sta cambiando?
«C´è molto tatticismo da campagna referendaria, nelle parole dei leader del centrodestra. Siamo a poche settimane del voto e il referendum è una cosa seria, non si possono prendere in giro i cittadini sostenendo, come fa Casini, che bisogna votare sì al mantenimento del testo per poi cambiarlo. Noi diciamo, al contrario, che se prevalessero i "sì" quell´enorme coagulo di contraddizioni che è la riforma costituzionale del centrodestra impedirebbe alle istituzioni di funzionare. Non possono coesistere devoluzione e antiregionalismo, poteri al premier e sfiducia costruttiva del Parlamento».
Tremonti va oltre, vi chiede di siglare una mozione parlamentare aperta, per impegnarsi fin da ora ad un cammino di riforme da avviare dopo il 25 giugno.
«La proposta è ancora più strumentale rispetto a quella di Casini. Tende a far passare l´idea che il sì e il no tutto sommato sono la stessa cosa, ma il sì aiuta di più. Questa è una operazione che non può essere consentita. È indispensabile che vinca il no alla devolution. L´impegno che fin da ora possiamo prendere, e qui non parlo a titolo personale ma del governo, è che subito dopo il voto sarà portato avanti in modo coerente un progetto di modifica della Costituzione. Lo strumento, se l´assemblea costituente o la commissione ipotizzate da Casini, lo decideremo insieme».
Che garanzie offrite a chi sospetta il contrario?
«Noi vogliamo sviluppare un grande confronto nel merito delle modifiche apportate dalla destra ai 56 articoli della Costituzione. Non cerchiamo una rivincita rispetto alle politiche, non ci interessa. Qui è in gioco la carta fondamentale che è di tutti gli italiani. Per questo ci rivolgiamo anche agli elettori del centrodestra, perché comprendano che l´ex maggioranza ha dato vita a un mostro. E le innovazioni necessarie saranno introdotte con larghissima convergenza. Mai più una modifica costituzionale senza l´intesa con le opposizioni, come anche noi abbiamo fatto nel 2001».
Pronti al dialogo. Ma su cosa? Quali parti della Costituzione siete pronti a cambiare d´intesa con la minoranza?
«Ci sono cinque punti su cui riflettere e dialogare per innovare: quattro riguardano la Costituzione e uno la riforma della legge elettorale».
Primo punto?
«Rafforzamento del ruolo del presidente del Consiglio e del governo. Secondo, la riforma del Parlamento: si può ipotizzare dal 2011 un superamento del bicameralismo perfetto e ragionare su un monocameralismo con 4-500 deputati da affiancare magari a una Camera non elettiva formata da presidenti delle Regioni, delle Province e dai sindaci dei capoluoghi di regione. Terzo, lo statuto dell´opposizione, il cui ruolo va riconosciuto e tutelato dalla Costituzione. Infine, la revisione del federalismo, del titolo V della Costituzione, dato che la nostra riforma non ha funzionato a meraviglia».
Esiste già un´ipotesi anche per la riforma della legge elettorale?
«Io penso a due opzioni. La prima: un maggioritario a doppio turno nei collegi, soluzione che preferirei. La seconda, su cui si può ragionare: un sistema proporzionale con sbarramento al 5 per cento e un premio di maggioranza per la coalizione vincente, che consenta di raggiungere una soglia massima del 55 per cento dei parlamentari».
La vostra dunque è un´apertura al dialogo ma condizionata alla vittoria del no?
«Noi diciamo: la prima parte della Costituzione, quella che il presidente Napolitano ha definito la nostra tavola comune dei valori, non si tocca. Sulla seconda, siamo pronti ad aprire un confronto anche un minuto dopo aver archiviamo quel pasticcio».
D´accordo, ma la campagna del centrosinistra? Latita, a dir poco.
«A Firenze, due giorni fa, Piazza della Signoria era strapiena per la manifestazione in difesa della Costituzione. Adesso va mobilitato il resto del Paese. È bene che ci diamo da fare».