L'INSANO APPETITO DELLA SINISTRA
Vincono per una manciata di voti e occupato tutto. E di più
di Vittoria Perri
Di questo interminabile periodo post-elettorale rimarranno a lungo nella memoria, anche dei non addetti ai lavori, delle chicche di rigore istituzionale senza precedenti. Dopo cinque anni di annunci sperticati di una Italia sull’orlo dell’apocalisse istituzionale, canali televisivi e trasmissioni affollate da esimi esponenti della sinistra urlanti allo scandalo su ogni provvedimento del Governo, oggi, a poco meno di due mesi dai risultati elettorali, si possono tirare le somme di un periodo di vera e propria follia politica nonché istituzionale. La sinistra è stata colpita dalla sindrome dell’affamato. Dopo anni di disperazione per aver drammaticamente perso le elezioni a causa di quel demonio di Berlusconi, la sinistra, morta di fame (di potere), si è ritrovata con pochi spiccioli in tasca (20000 voti in più, leggasi ventimila voti in più) nella magnifica pasticceria del palazzo del Potere. Ovvio che in preda agli spasmi della fame abbia arraffato alla meno peggio tutte le succulente prelibatezze che quei quattro soldi le consentivano. Occupazione spasmodica di ogni carica istituzionale esistente. La situazione, pur nella sua serietà, induce però anche a un bonario sorriso. Come non definire quantomeno imbarazzante la performance dell’ex presidente Scalfaro durante l’elezione di Marini? Rimarrà nella storia repubblicana delle barzellette, un ex Capo dello Stato che lascia fisicamente la presidenza di turno per andare a votare, in barba a ogni prassi procedurale. Ed è sempre lui, che in sede di spoglio per l’elezione del presidente del Senato, omette di leggere uno sconosciuto “Francesco Marini” per annunciare un voto a suo dire valido per Marini. “Mi sono sbagliato” si è schermito per poi giustificarsi con l’età. Oppure, sempre nella stessa circostanza, quando arbitrariamente ha convocato l’Assemblea di Palazzo Madama alle dieci e trenta di sera per consentire a uno sparuto gruppo di senatori del centro sinistra, frettolosi di tornare a casa, di rientrare di corsa, invece, per un’altra votazione. Ma lasciamo il senatore a vita Oscar Luigi che tiene alto il suo nome per il massimo premio al rigore istituzionale e passiamo a ricordare la ineccepibile procedura utilizzata dall’attuale maggioranza durante l’elezione del Presidente della Repubblica. Alla fine dal vaso di Pandora è venuto fuori Giorgio Napolitano. Politico accorto, competente, ragionevole, dotato di profilo istituzionale. Ma comunista, ovviamente. Preferito a D’Alema, perché troppo politicizzato, è stata scelta una figura che, a differenza del presidente dei Ds, ha solo venti anni di militanza in più nel partito Comunista. Tutto questo avveniva nello sprezzo delle più elementari regole istituzionali secondo le quali, da sempre, il capo dello Stato è figura super partes. Non secondaria, poi, la scelta della seconda e terza carica istituzionale: il primo, ex sindacalista, l’altro segretario del partito (orgogliosamente comunista) che sta più a sinistra dell’emiciclo di Montecitorio.
Il centro sinistra, quell’uomo affamato di potere ha fatto la scorpacciata, quindi. La certezza, però, è che ancora non sia sazio. Aspettiamo a breve altre laute mangiate.