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unitario
Il 4 Marzo ad Asti Giuliano Giuliani ha presentato la sua inchiesta sulla morte del figlio.
Il dibattito si è svolto nella chiesa sconsacrata del “Diavolo Rosso” e ha visto la partecipazione di circa 200 persone, la grande maggioranza giovani.
Al termine dell’iniziativa, organizzata dalla Fgci, sono stati raccolti più di 350 euro in favore del comitato “Piazza Carlo Giuliani”.
Questo articolo comparirà sulla prossima edizione di “Globuli Rossi”, edizione astigiana di Resistenza Attiva.
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Chi dimentica è condannato a rivivere il passato
di Giuliano Giuliani
Nella “chiesa” del Diavolo Rosso di Asti c’ero già stato qualche anno fa, nel 2002.
Non era trascorso neppure un anno dall’uccisione di Carlo. Si rifletteva su Genova, sulle ferite aperte, sull’arroganza della destra e sulle tante incertezze del centrosinistra (era persino ancora in voga la discussione se bisognasse scriverlo col trattino o senza). Ma la volontà di tenere ferma la memoria era diffusa. Ricordo spesso una magistrale frase di Claudio Magris: “La memoria è presidio di verità e di libertà”. Poi, in molti purtroppo, hanno cominciato ad ignorare questa esigenza. Peggio, a convincersi che dimenticare, stendere veli più o meno pietosi potesse servire a rimarginare la ferita.
Non è così, lo sappiamo. Chi dimentica è condannato a rivivere il passato. Coscienti di questo tremendo rischio, non sono pochi coloro che vogliono ricordare, conoscere, indagare, approfondire, cimentarsi nella ricerca della verità. “Fatti non foste a viver come bruti / ma per seguir virtute e canoscenza”, dice Ulisse ai suoi. La verità come virtù, la sete di conoscenza (adesso scriviamolo in lingua moderna) come stimolo e testimonianza di vitalità.
E il 4 marzo, all’iniziativa della Fgci, il Diavolo Rosso si riempie di giovani, e anche di genitori e qualche nonno, per ascoltare il racconto di un vecchio padre che non può dimenticare. Soprattutto per vedere con i propri occhi come hanno violentato e travisato la verità, come hanno cercato di nascondere le responsabilità di quelli che stanno in alto, come hanno scritto un’altra pagina di vergogna da aggiungere al libro delle menzogne dell’Italia repubblicana.
Sì, perché questa volta ci sono più di cento fotografie e cinque filmati che lo dimostrano, che fanno vedere come uccidono Carlo (altro che sasso che vola e che devia il proiettile), e come violentano il suo corpo inerme, e come si coprono di infamia quando cercano di nascondere quello che hanno fatto. C’è materia a sufficienza per una Commissione parlamentare d’inchiesta (è nel programma dell’Unione) che voglia stare ai fatti e restituirli al Paese per come si sono svolti.
Quelle immagini, quei filmati, le testimonianze su Diaz e Bolzaneto sono una lezione sulla democrazia violata e sulla necessità di conservarla e irrobustirla.
E questo è un impegno intorno al quale costruire incontri di generazioni e di appartenenze diverse, un percorso di arricchimento personale che rinnovi il grande sogno della partecipazione consapevole e della rappresentanza adeguata.
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