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    Angry Bellerioti pagliacci ..ma credete che i militanti siano ancora così scemi?!?!

    Referendum/ Castelli (Lega) ad Affari: Bossi non ha mai aperto al dialogo con il Centrosinistra. E' solo una manovra del Corriere
    Martedí 06.06.2006 163




    "Depotenziamento del referendum dal punto di vista politico e voto nel merito. Questo ha detto Bossi. Il Corriere s'è inventato 'Dialogo anche se vince il no' perché è schierato e vuole solo mettere in crisi la CdL. Questo articolo, infatti, non ha fatto piacere ai nostri alleati". Così il leghista Roberto Castelli, intervistato da Affari. Ottimisti? "Se voterà più del 40% possiamo vincere".

    Mancano meno di tre settimane al referendum costituzionale, come vi state avvicinando a questa tappa?
    "La questione è abbastanza complessa, perché ci sono parecchi gradini da fare. Il primo è convincere la gente ad andare a votare, che ovviamente è stanca dopo una tornata elettorale continua e una campagna che dura ormai da sei mesi. E poi non dobbiamo convicerli a votare sì, ma convincerli a verificare che cosa c'è scritto nella riforma. Sono assolutamente certo che quando la gente avrà verificato quello che è scritto nella riforma voterà sì. Noi ci stiamo impegnando a fondo, nello stesso modo con il quale ci siamo impegnati per le Politiche".

    Siete ottimisti che il sì possa vincere?
    "Siamo sicuri che se riusciremo a convincere la gente ad andare a votare avremo buone possibilità. Se invece la gente non andrà a votare allora andranno i soliti militanti della sinistra, che voteranno no perché gliel'ha detto il partito e non da una lettura della legge".


    Quanto dovrebbe essere l'affluenza per poter sperare che vinca il sì?
    "Secondo me dovrebbe passare il 40%. A quel punto potrebbe esserci un risultato a nostro favore, sotto lo ritengo difficile".

    La campagna elettorale è nel merito oppure si tratta di una sfida politica?
    "Noi stiamo tentando di spostarla nel merito, perché fino ad ora è stata una battaglia meramente politica. Questa riforma ha un peccato originale".

    Ovvero?
    "E' stata voluta e in larga parte fatta dalla Lega. E, per definizione, per quanto riguarda l'attuale maggioranza, tutto quello che fa la Lega è sbagliato. Quindi, come direbbe Totò, va bocciata a prescindere. Il nostro sforzo è invece quello di far capire ai cittadini cosa c'è scritto all'interno. Non c'è soltanto la questione del federalismo ma anche una serie di questioni importantissime, che rendono più efficente il sistema: viene abolito il bicameralismo perfetto, non c'è più la possibilità del ribaltone, gli elettori possono eleggere direttamente il loro premier, il sistema diventa più economico e rapido perché vengono diminuti i parlamentari e con questo sistema si abbattono drasticamente i costi del Parlamento che sono i più alti d'Europa. Se la gente si informasse, sono convinto che voterebbe sì, sia a destra che a sinistra".

    Quindi la vittoria del sì non sarebbe una spallata al governo...
    "Noi non vorremmo metterla su questo piano. Perché altrimenti si va a votare secondo logiche di schieramento. Gli elettori della CdL andrebbero a votare per dare una spallata al governo e, ovviamente, gli elettori della sinistra andrebbero a votare per difendere il governo. E quindi tutti prescinderebbero dal testo. Siccome riteniamo che sia un'ottima riforma, a vantaggio di tutti, sia di Prodi sia di Berlusconi, invitiamo gli elettori a leggere che cosa c'è scritto. E, per quanto riguarda la Lega, stiamo tentando di depotenziare il contenuto politico. Questo è un voto sulla riforma costituzionale, non è un referendum sul governo".

    Però Umberto Bossi ha aperto al dialogo con il Centrosinistra anche in caso di vittoria del no. Che ne pensa?
    "Qui siamo alle solite".


    Cioè?
    "Purtroppo in politica non è vero ciò che è vero ma è vero ciò che sembra vero. Bossi questa frase non l'ha mai detta. Non l'ho mai letta e non gliel'ho mai sentita dire. Invito a leggere le sue parole e non i titoli dei giornali e si vedrà che Bossi una frase del genere non l'ha mai detta".


    E quindi che cosa ha detto?
    "Depotenziamento del referendum dal punto di vista politico e voto nel merito, questo ha detto Bossi. Poi purtroppo il Corriere si è inventato il titolo 'Dialogheremo anche se vince il no', ma invito ad andare a vedere l'intervista perché questo non c'è scritto".

    Perché il Corriere ha fatto questo?
    "Per mettere in grave difficoltà la Casa delle Libertà. Il Corriere è un giornale schierato, ha forzato oltre ogni misura quello che ha detto Bossi e ha scritto questo articolo che ovviamente non ha fatto molto piacere ai nostri alleati. Tanto è vero che son due giorni che in Senato mi sto affannando a spiegare di andarsi a leggere le parole di Bossi e non quello che dice il Corriere".

    In caso di sconfitta al referendum che cosa farà la Lega?
    "Ci sarà un consiglio federale o un'assemblea per prendere le decisioni. Bisognerebbe anche vedere in che misura si perde. Sarebbe ben diversa una sconfitta di misura rispetto a una clamorosa. Oppura una dove il Nord dice sì e il resto del Paese no. Quindi dobbiamo aspettare, in caso di sconfitta, per capirne la portata".


    Si è parlato anche di una possibile uscita della Lega dalla CdL...
    "Nulla può essere escluso. Teoricamente il no potrebbe anche vincere con il 90% e, ripeto, bisognerebbe valutare il tipo di sconfitta. I sondaggi ci dicono che la gente è interessata, andrà a votare e che siamo ormai testa a testa".

    Il leader della Lega è sempre Umberto Bossi? O ci sarà presto un successore?
    "Proprio Bossi ha detto recentemente di non vedere nessuno che può succedergli. Sono perfettamente d'accordo con lui. In questo momento, e ancora per lungo tempo, non c'è alcuna possibilità che Bossi possa lasciare il bastone del comando".



    ...fanno come i sovietici con Brežnev e Černenko : utilizzano un uomo malato come Bossi (che sicuramente non è esente da colpe) per fare quello che vogliono e nascodersi dietro al mantra "Lo ha detto Bossi" , "Bossi lo vuole" , "Bossi e con noi!"..

  2. #2
    Il Patriota
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    è una risposta "senza se e senza ma" a "ducario"..meglio che non perdano tempo a raccogliere firme

  3. #3
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    REFERENDUM: BOSSI, CON IL CENTROSINISTRA SI PUO' DIALOGARE
    (AGI) - Roma, 5 giu. - "Il referendum non e' un voto politico.
    E' un voto per l'organizzazione dello Stato. E' ben diverso.
    Conviene anche a loro avere uno Stato non piu' centralizzato e che costa la meta'. E poi per il centrosinistra questo e' il momento buono per dimostrare alla Lega che sul federalismo non sono cosi' sordi come vogliono sembrare. Noi dialoghiamo con chi e' sensibile su questo tema". Cosi' il leader della Lega Nord, Umberto Bossi, nel corso di una intervista a 'La Repubblica', spiega l'importanza del referendum sulla riforma della Costituzione e lancia un appello agli elettori del centrosinistra a votare si'.
    Secondo Bossi il punto e' che "se passa il no si blocca tutto. Non si fanno piu' le riforme. Se invece vincera' il si' noi siamo pronti a metterci a un tavolo con chi governa per cambiare il Paese". Il voto del 25 e' "un'occasione storica che non bisogna lasciarsi scappare".
    Quanto all'ipotesi di un super partito del Nord con Forza Italia e Lega insieme, il senatur avverte: "Io sono contrario.
    Non sbriciolo la Lega per creare un partito nuovo. Con i partiti nuovi non si va da nessuna parte. I nostri elettori mi hanno perdonato e mi perdonerebbero ogni cosa. Hanno ingoiato dei rospi, sono stati responsabili perche' sapevano che dovevamo raggiungere la ragione stessa della nostra esistenza: il federalismo, la devoluzione. Ma questa del super partito, noi e Berlusconi, no. Sarebbe troppo'".
    Bossi restera' a fare il segretario della Lega Nord: "La gente vuole che rimanga - spiega - Non ho delfini che possono prendere il mio posto. La Lega l'ho fondata io e io rimango al timone".
    Sull'amnistia di dice d'accordo con Mastella, mentre sul presidente Napolitano afferma: "Con Napolitano sul Colle non ho nessun motivo per cui essere preoccupato".
    (AGI) Alf 051034 GIU 06 .
    051105 GIU 06
    COPYRIGHTS 2002-2006 AGI S.p.A.

  4. #4
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    Grandi manovre sul referendum
    Data di pubblicazione: 07/06/2006
    AgenParl Roma – L’escamotage è stato individuato: una mozione bypartisan da fare approvare al Parlamento prima della scadenza referendaria, con la quale sostanzialmente impegnarsi a non tenere in alcun cale la volontà popolare, riaprendo una stagione di riforme costituzionali.

    “Al di là della posta in gioco – dice all’AgenParl un ex popolare oggi deputato della Margherita – sul referendum confermativo della riforma di Lorenzago si sta giocando una partita politica, forse la partita politica che condizionerà tutta la legislatura e che potrebbe persino andare oltre i suoi limiti temporali”.

    “In sostanza – viene spiegato all’AgenParl – Giulio Tremonti con la sua intervista al Corriere della Sera intendeva fare da apripista proprio ad Umberto Bossi. L’obiettivo è salvare la devolution, buttando alle ortiche la modifica della forma di governo.

    Certamente Silvio Berlusconi è stato informato dell’iniziativa. Ma il Cavaliere, più che condividerla, l’ha subita come male minore. Tremonti, infatti, gli ha spiegato che ormai da settimane i principali esponenti della Lega, e in particolare Roberto Maroni, trattano con i dirigenti diessini e soprattutto con Massimo D’Alema, Pierluigi Bersani e Piero Fassino sul dopo referendum.

    La Lega ovviamente ha interesse a salvare il federalismo e cioè la sua ‘ragione sociale’”. I diessini hanno interesse ad evitare ogni manovra di allargamento della maggioranza sul versante centrista dell’Udc. Se alla Lega verrà assicurato che, a prescindere dall’esito del referendum, il federalismo resterà un obiettivo di riforma, magari con la non infondata giustificazione di porre riparo alle innovazioni, tutt’altro che meditate e funzionali, del Titolo V della Costituzione, ogni discorso sull’allargamento della maggioranza, ad esempio come quello sul quale si spende da tempo Enrico Letta, avrà cessato di avere senso. E’ evidente, infatti, che la Lega, accontentata sulla devolution, consentirà la governabilità al centrosinistra nell’attuale assetto.
    Il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, ha capito che i diessini muovono in direzione della Lega e per l’isolamento del suo partito. Si potrebbe dunque pensare che Casini, per rompere la manovra, portasse lo scudo crociato sulle posizioni di Marco Follini, schierandolo per il ‘no’ al referendum. Oltretutto, politicamente questa posizione è più che sostenibile: l’Udc è stato il partito dell’ex maggioranza di centrodestra più critico nei confronti di questa riforma, che oggi nessuno difende, neppure i suoi promotori.

    Ma Casini ha scelto un’altra strada. Convinto che se aderisse all’impostazione di Follini sposterebbe il suo partito più al centro ma darebbe anche un colpo mortale al centrodestra, Casini ha fratto propria la posizione di Giulio Tremonti e di Umberto Bossi: salviamo il federalismo, che può entrare in vigore da subito, e rimandiamo alla riforma della riforma tutto il resto, anche perché era stato previsto che le innovazioni sarebbero entrate in vigore nel 2011.

    In sostanza, Casini ha detto l’altra sera a Porta a Porta che se la riforma costituzionale non è proprio tutta da buttare lo si deve al paziente lavoro degli uomini dell’Udc nella trascorsa legislatura. Dalle loro critiche e dalle loro riserve si può partire per lavorare ancora sulla forma di governo.

    Chi resta del tutto spiazzato in questo gioco sembra Alleanza Nazionale. Per far digerire al proprio elettorato l’indigeribile, e cioè la devolution, Gianfranco Fini aveva puntato tutto sulla riforma della forma di governo, magnificando i vantaggi di un superamento del governo parlamentare, dell’introduzione del premierato con investitura popolare, della riduzione dei parlamentari.

    Tutti temi che fanno vibrare le corde dell’opinione pubblica di destra, trattandosi – come dice all’AgenParl un politologo – di una sorta di ‘fascismo riammodernato’. Ma è proprio questa parte della riforma che Tremonti, Bossi e Casini sono decisi a barattare con il centrosinistra. Non a caso quindi Ignazio La Russa si è subito schierato contro ogni trattativa bipolare e per andare allo scontro sul referendum.

    “Non a caso La Russa – si dice all’AgenParl – perché, come è noto, egli è l’esponente di An più vicino al Cavaliere”. In via della Scrofa, sede di An, si punta ora tutto sul pressing da esercitare su Berlusconi perché assuma in prima persona la guida della campagna referendaria da svolgere in termini di scontro politico finale.

    Per lo scontro si sono subito schierati anche i partiti di sinistra dell’Unione. Da Rifondazione al Pdci. Anche loro vedono ogni manovra di allargamento della maggioranza come il fumo negli occhi.

  5. #5
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    Roma, 191
    REFERENDUM: BOSSI, DO LA MIA PAROLA CHE APRO TAVOLO
    Umberto Bossi fa scaramanticamente le corna in vista del referendum confermativo sulla riforma della Costituzione, ma dopo si dovra' aprire un tavolo di trattativa. "Siamo sempre disponibili - sottolinea Bossi al Tg3 - soprattutto per riaffermare il federalismo. Do la mia parola che apro il tavolo, che se passa apro il tavolo per riformare, per migliorare, per tirare dentro tutti".

  6. #6
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    Referendum. Bossi accoglie la proposta di Fassino: "Pronti a riformare anche se vince il no"

    Roma, 4 giugno 2006
    "Noi siamo sempre disponibili a riformare". Così Umberto Bossi ha risposto ai giornalisti che gli chiedevano se era disponibile a aprire un tavolo sulle riforme anche nel caso in cui il referendum bocci la riforma costituzionale, come ha proposto oggi il segretario dei Ds, Piero Fassino.

    Facendo scaramanticamente le corna, Bossi ha detto comunque di sperare che "la gente sia più saggia di Fassino e dei politici e si renda conto che lo Stato va cambiato".

    Bossi in particolare ha però rilanciato la proposta di un tavolo per rivedere le riforme dopo la vittoria del sì. "Io dò la mia parola - ha detto - che se passa apro un tavolo per mettere dentro tutti".

    Umberto Bossi si augura che non ci siano spaccature tra Nord e Sud nel voto sul referendum del 25 giugno. "Mi auguro che il Sud voti come il Nord", ha detto il leader del Carroccio. "Il federalismo - ha aggiunto - è un vantaggio per tutti. Bisogna semmai chiedersi come mai quasi tutti gli Stati sono federalisti. Ci sarà un motivo: lo Stato federalista costa meno, quello centralista è basato su una burocrazia costosa". "Stiamo facendo la devolution - ha sottolineato - per spingere il Paese verso il federalismo con vantaggi per tutti".

  7. #7
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    Però Umberto Bossi ha aperto al dialogo con il Centrosinistra anche in caso di vittoria del no. Che ne pensa?
    "Qui siamo alle solite".

    Cioè?
    "Purtroppo in politica non è vero ciò che è vero ma è vero ciò che sembra vero. Bossi questa frase non l'ha mai detta. Non l'ho mai letta e non gliel'ho mai sentita dire. Invito a leggere le sue parole e non i titoli dei giornali e si vedrà che Bossi una frase del genere non l'ha mai detta".

    E quindi che cosa ha detto?
    "Depotenziamento del referendum dal punto di vista politico e voto nel merito, questo ha detto Bossi. Poi purtroppo il Corriere si è inventato il titolo 'Dialogheremo anche se vince il no', ma invito ad andare a vedere l'intervista perché questo non c'è scritto".

    Hanno sbagliato tutti a riportare le parole di Bossi?

  8. #8
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    Bossi: i nostri ragazzi tornino a casa
    «In Iraq campagna informativa per spiegare che i soldati sono lì ad aiutare» «Riforme, bene un tavolo con la sinistra ma solo dopo il sì al referendum»

    DAL NOSTRO INVIATO
    NOVARA - «Ma tornino indietro, cosa ci stanno a fare lì? È troppo pericoloso». Reagisce d’istinto Umberto Bossi, turbato dalla notizia di un’altra vittima a Nassiriya. Sono passate da poco le 11 di sera e il leader leghista sta per entrare alla trattoria Poretti di Torrion Quartara, a Novara. C’è da festeggiare il giovane sindaco leghista, Massimo Giordano, reduce da un trionfo personale (riconfermato con il 60 per cento dei voti). Insieme con il Capo c’è lo stato maggiore locale, compreso Roberto Cota, il segretario piemontese che è riuscito, insieme a Giordano, nel miracolo di quintuplicare i voti leghisti: dal 4 al 21 per cento. Un successo che conforta Bossi, soprattutto dopo l’esito nazionale non entusiasmante. Ma prima di entrare in pizzeria, arriva la notizia. «C’è un morto a Nassiriya» sussurra Cota al segretario. Bossi si ferma un attimo e scuote la testa: «Basta così, è troppo pericoloso». Poi entra, quasi trascinato dall’entusiasmo dei militanti, che non si sono accorti di nulla. In pizzeria Bossi rimarrà per due ore, raccontando al Corriere scenari e strategie della Lega, ma anche confessando il suo vero desiderio, la speranza di guarire e di restare a lungo capo della Lega. È un Bossi ancora claudicante ma in forze, che rimane a festeggiare insieme con gli altri fino all’una di notte. Scherza con «Lupo», mitico autista di Cota («ma togliti quegli occhiali da sole che è buio»); mangia, anche se con moderazione (affettati e tonnarelli al nero di seppia con pomodorini e spada, innaffiati dalla solita Coca Cola, anche se stavolta non ci sono i grissini da pucciare); lancia e guida i frequenti cori per il sì al referendum («Sì! Sì! E questo è per Scalfaro», ovvero il presidente del Comitato per il no, novarese); si unisce all’augurio per l’Insubria libera («Sapete chi ha fatto l’università dell’Insubria? Io e Reguzzoni»). Prima di cominciare, si apparta per rispondere alle domande, interrotto di frequente dall’entusiasmo dei presenti.
    Segretario, allora che fare in Iraq?
    «Visto quello che succede, dico che sarebbe meglio tornare a casa. Naturalmente, se ci sono accordi internazionale da rispettare, è giusto rispettarli. Però non posso non vedere quanto sia pericoloso mandare i nostri ragazzi in una zona dove c’è la guerra».
    Anche se non sono lì per fare la guerra?
    «Purtroppo questo non è chiaro a tutti. Bisognerebbe fare una campagna informativa in Iraq per spiegare cosa ci fanno i nostri soldati. Che sono lì per dare una mano, per aiutare».
    E invece muoiono.
    «C’è poca chiarezza. Ci scambiano per truppe occupanti. E dato che ci vedono così, si sentono legittimati ad ammazzarci».
    Le sue ultime esternazioni hanno creato qualche sorpresa nella Lega. Sulla devolution si è parlato di una apertura alla sinistra. Maroni invece spiega che prima si vota sì e poi si discute.
    «Ma certo, ha perfettamente ragione Maroni. Io non ho aperto alla sinistra, ho solo spiegato che la sinistra rischia di perdere tutti i voti del Nord».
    Però ha promesso un tavolo per migliorare la devolution.
    «Su quello ho dato la mia parola. Stiamo scrivendo una bozza del cambiamento e l’ideale sarebbe che anche alcuni della sinistra partecipassero al tavolo. Ma questo può avvenire soltanto dopo il sì al referendum».
    E se la devolution non passasse?
    «Ne prenderei atto: vorrebbe dire che l’Italia non è matura per avere democraticamente il federalismo».
    L’Italia?
    «Certo, perché il Nord farà comunque vincere il sì. E in quel caso saremo legittimati ad andare ovunque, dall’Onu all’Europa, per farci valere».
    Se vincesse il no, qualche effetto potrebbe esserci anche nel Carroccio?
    «La base si incazzerebbe, è ovvio».
    E allora si potrebbe tornare a ipotesi secessioniste.
    «Penso di sì. A Pontida, il 18, lanceremo la nostra sfida referendaria. Ci saranno anche ospiti federalisti europei, come la presidente del Parlamento basco».
    In caso di fallimento, lei si dimetterebbe? Nella Lega c’è scontento, l’ha ammesso anche lei. «Nella base forse, ma la dirigenza è compatta. Lo decideranno i militanti se devo restare. Io credo che lo vogliano».
    Oneto e altri «dissidenti», però, chiedono un congresso straordinario.
    «Quelli non sono leghisti».

    Tra le firme c’è anche quella di Pagliarini.
    «Ma a me non mi interessa niente del congresso. Sa cosa mi interessa veramente?».
    Cosa?
    «Guarire. Completamente. Tornare in forze per restare alla guida della Lega».

    Come va ora?
    «Sono abbastanza migliorato. Con tutta questa fisioterapia».
    Ci sono stati momenti difficili. Stanchezza, depressione.
    «Certo, anche dopo le elezioni io e Berlusconi eravamo un po’ depressi. Se lavori e non ottieni niente, un po’ di sconforto è logico. Ma se dirigi un partito come la Lega non puoi permetterti di deprimerti».
    L’affetto della gente aiuta.
    «Certo, non mi mollano mai. L’altro giorno a Cassano Magnago mi hanno regalato una cassetta di ciliegie: "Segretario, mangi queste che guarisce».
    E la famiglia?
    «Ho una famiglia meravigliosa. Mia moglie ha preso tutto da suo padre, un siciliano, uno forte, che aveva capito tutto. Vedesse com’è brava alla scuola bosina. E con i bambini disabili. Sa cosa mi ha chiesto l’altro giorno la Manuela?».
    Cosa?
    «Se volevo scrivere un libro con lei».
    Un’autobiografia?
    «No, una cosa di politica. Ma le ho detto di no. Se lo scrivo, è solo per controllarla» ( ride ).
    E i figli?
    «Roberto gioca benissimo a basket. E Renzo suona il pianoforte. Quando sono stanco, si mette lì e mi suona delle canzoni vecchie, di Battisti».
    Che farà da grande?
    «Non lo sa ancora. Per ora è molto bravo con l’informatica, con i computer».
    Bossi fa una pausa, si fa chiamare la moglie. «È restata a casa, tiene troppo ai figli». Qualcuno lo chiama presidente, lui rettifica orgoglioso: «Segretario». Sorride, stringe mani. Ogni tanto alza il braccio, a pugno chiuso e urla, con la voce arrochita e un guizzo negli occhi: «Sì!». «Giornalista, mando un messaggio ai lettori del Corriere : sì!». Rimane a lungo a girare il caffè nella tazzina, mentre ascolta Cota parlare dei comitati referendari. Poi un ultimo accenno alla politica, ancora una volta in controtendenza, a spiazzare amici e nemici.
    Sull’amnistia qualcuno si è sorpreso per la sua apertura.
    «Non ne voglio molto parlare, chieda a Castelli. Sono sempre stato più morbido di lui, anche sulla grazia a Sofri. Sono sicuro che la galera a oltranza non fa bene a nessuno».
    E su D’Elia? Si nega che un ex terrorista possa diventare parlamentare.
    «Io non faccio queste polemiche. Chi ha i voti fa quello che vuole. Decide la gente. Come sempre».

    Alessandro Trocino

  9. #9
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    Non perdiamo neanche tempo a commentare questi schizofrenici.
    Sforziamoci a far capire alla gente che sono solo dei BUGIARDI e mettiamo in piedi qualcosa di nuovo!
    Cialtroni fuori dalle balle!

  10. #10
    Blut und Boden
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    Citazione Originariamente Scritto da Der Wehrwolf
    Bossi: i nostri ragazzi tornino a casa
    «In Iraq campagna informativa per spiegare che i soldati sono lì ad aiutare» «Riforme, bene un tavolo con la sinistra ma solo dopo il sì al referendum»

    DAL NOSTRO INVIATO
    NOVARA - «Ma tornino indietro, cosa ci stanno a fare lì? È troppo pericoloso». Reagisce d’istinto Umberto Bossi, turbato dalla notizia di un’altra vittima a Nassiriya. Sono passate da poco le 11 di sera e il leader leghista sta per entrare alla trattoria Poretti di Torrion Quartara, a Novara. C’è da festeggiare il giovane sindaco leghista, Massimo Giordano, reduce da un trionfo personale (riconfermato con il 60 per cento dei voti). Insieme con il Capo c’è lo stato maggiore locale, compreso Roberto Cota, il segretario piemontese che è riuscito, insieme a Giordano, nel miracolo di quintuplicare i voti leghisti: dal 4 al 21 per cento. Un successo che conforta Bossi, soprattutto dopo l’esito nazionale non entusiasmante. Ma prima di entrare in pizzeria, arriva la notizia. «C’è un morto a Nassiriya» sussurra Cota al segretario. Bossi si ferma un attimo e scuote la testa: «Basta così, è troppo pericoloso». Poi entra, quasi trascinato dall’entusiasmo dei militanti, che non si sono accorti di nulla. In pizzeria Bossi rimarrà per due ore, raccontando al Corriere scenari e strategie della Lega, ma anche confessando il suo vero desiderio, la speranza di guarire e di restare a lungo capo della Lega. È un Bossi ancora claudicante ma in forze, che rimane a festeggiare insieme con gli altri fino all’una di notte. Scherza con «Lupo», mitico autista di Cota («ma togliti quegli occhiali da sole che è buio»); mangia, anche se con moderazione (affettati e tonnarelli al nero di seppia con pomodorini e spada, innaffiati dalla solita Coca Cola, anche se stavolta non ci sono i grissini da pucciare); lancia e guida i frequenti cori per il sì al referendum («Sì! Sì! E questo è per Scalfaro», ovvero il presidente del Comitato per il no, novarese); si unisce all’augurio per l’Insubria libera («Sapete chi ha fatto l’università dell’Insubria? Io e Reguzzoni»). Prima di cominciare, si apparta per rispondere alle domande, interrotto di frequente dall’entusiasmo dei presenti.
    Segretario, allora che fare in Iraq?
    «Visto quello che succede, dico che sarebbe meglio tornare a casa. Naturalmente, se ci sono accordi internazionale da rispettare, è giusto rispettarli. Però non posso non vedere quanto sia pericoloso mandare i nostri ragazzi in una zona dove c’è la guerra».
    Anche se non sono lì per fare la guerra?
    «Purtroppo questo non è chiaro a tutti. Bisognerebbe fare una campagna informativa in Iraq per spiegare cosa ci fanno i nostri soldati. Che sono lì per dare una mano, per aiutare».
    E invece muoiono.
    «C’è poca chiarezza. Ci scambiano per truppe occupanti. E dato che ci vedono così, si sentono legittimati ad ammazzarci».
    Le sue ultime esternazioni hanno creato qualche sorpresa nella Lega. Sulla devolution si è parlato di una apertura alla sinistra. Maroni invece spiega che prima si vota sì e poi si discute.
    «Ma certo, ha perfettamente ragione Maroni. Io non ho aperto alla sinistra, ho solo spiegato che la sinistra rischia di perdere tutti i voti del Nord».
    Però ha promesso un tavolo per migliorare la devolution.
    «Su quello ho dato la mia parola. Stiamo scrivendo una bozza del cambiamento e l’ideale sarebbe che anche alcuni della sinistra partecipassero al tavolo. Ma questo può avvenire soltanto dopo il sì al referendum».
    E se la devolution non passasse?
    «Ne prenderei atto: vorrebbe dire che l’Italia non è matura per avere democraticamente il federalismo».
    L’Italia?
    «Certo, perché il Nord farà comunque vincere il sì. E in quel caso saremo legittimati ad andare ovunque, dall’Onu all’Europa, per farci valere».
    Se vincesse il no, qualche effetto potrebbe esserci anche nel Carroccio?
    «La base si incazzerebbe, è ovvio».
    E allora si potrebbe tornare a ipotesi secessioniste.
    «Penso di sì. A Pontida, il 18, lanceremo la nostra sfida referendaria. Ci saranno anche ospiti federalisti europei, come la presidente del Parlamento basco».
    In caso di fallimento, lei si dimetterebbe? Nella Lega c’è scontento, l’ha ammesso anche lei. «Nella base forse, ma la dirigenza è compatta. Lo decideranno i militanti se devo restare. Io credo che lo vogliano».
    Oneto e altri «dissidenti», però, chiedono un congresso straordinario.
    «Quelli non sono leghisti».

    Tra le firme c’è anche quella di Pagliarini.
    «Ma a me non mi interessa niente del congresso. Sa cosa mi interessa veramente?».
    Cosa?
    «Guarire. Completamente. Tornare in forze per restare alla guida della Lega».

    Come va ora?
    «Sono abbastanza migliorato. Con tutta questa fisioterapia».
    Ci sono stati momenti difficili. Stanchezza, depressione.
    «Certo, anche dopo le elezioni io e Berlusconi eravamo un po’ depressi. Se lavori e non ottieni niente, un po’ di sconforto è logico. Ma se dirigi un partito come la Lega non puoi permetterti di deprimerti».
    L’affetto della gente aiuta.
    «Certo, non mi mollano mai. L’altro giorno a Cassano Magnago mi hanno regalato una cassetta di ciliegie: "Segretario, mangi queste che guarisce».
    E la famiglia?
    «Ho una famiglia meravigliosa. Mia moglie ha preso tutto da suo padre, un siciliano, uno forte, che aveva capito tutto. Vedesse com’è brava alla scuola bosina. E con i bambini disabili. Sa cosa mi ha chiesto l’altro giorno la Manuela?».
    Cosa?
    «Se volevo scrivere un libro con lei».
    Un’autobiografia?
    «No, una cosa di politica. Ma le ho detto di no. Se lo scrivo, è solo per controllarla» ( ride ).
    E i figli?
    «Roberto gioca benissimo a basket. E Renzo suona il pianoforte. Quando sono stanco, si mette lì e mi suona delle canzoni vecchie, di Battisti».
    Che farà da grande?
    «Non lo sa ancora. Per ora è molto bravo con l’informatica, con i computer».
    Bossi fa una pausa, si fa chiamare la moglie. «È restata a casa, tiene troppo ai figli». Qualcuno lo chiama presidente, lui rettifica orgoglioso: «Segretario». Sorride, stringe mani. Ogni tanto alza il braccio, a pugno chiuso e urla, con la voce arrochita e un guizzo negli occhi: «Sì!». «Giornalista, mando un messaggio ai lettori del Corriere : sì!». Rimane a lungo a girare il caffè nella tazzina, mentre ascolta Cota parlare dei comitati referendari. Poi un ultimo accenno alla politica, ancora una volta in controtendenza, a spiazzare amici e nemici.
    Sull’amnistia qualcuno si è sorpreso per la sua apertura.
    «Non ne voglio molto parlare, chieda a Castelli. Sono sempre stato più morbido di lui, anche sulla grazia a Sofri. Sono sicuro che la galera a oltranza non fa bene a nessuno».
    E su D’Elia? Si nega che un ex terrorista possa diventare parlamentare.
    «Io non faccio queste polemiche. Chi ha i voti fa quello che vuole. Decide la gente. Come sempre».

    Alessandro Trocino
    Ne avesse azzeccata una...

 

 
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