Originariamente Scritto da
careca
una volta tanto provo anch'io a ragionare con la testa degli altri, per cui vi posto un articolo di oscar giannino in prima oggi sul mattino.
(potete anche leggere solo la parte in grassetto se l'articolo vi sembra troppo lungo)
07/06/2006L’ANALISI
Due strade da evitare
Oscar Giannino La manovra correttiva è «inevitabile», è la conclusione di Tommaso Padoa-Schioppa alla consegna della «due diligence» sui conti pubblici svolti dalla commissione coordinata dal professor Riccardo Faini. È una decisione politica impegnativa per il governo, e in quanto tale va apprezzata. È la volontà di mandare un segnale chiaro all’Unione europea, alle agenzie che monitorano il merito di credito del debito sovrano italiano, e ai mercati tutti: la barra dei conti pubblici italiani non corre rischi di sfuggire al controllo, e viene impugnata con mano salda. Immediatamente il commissario europeo Joaquin Almunia ha apprezzato la decisione italiana, come le maggiori agenzie di rating. Ed è ciò di cui primariamente si avverte il bisogno, quando in una democrazia assai conflittuale quale quella italiana a un governo di un segno ne succede uno di segno assai diverso. Il secondo elemento positivo, nella decisione di ieri, è che l’entità dell’extra-deficit ereditato dal governo Prodi viene stimata per un ammontare assai diverso dall’esito traumatico che si registrò nel 2001. Allora, il governo Amato prometteva di lasciare un deficit allo 0,8% del Pil, ma Eurostat dopo anni di polemiche roventi certificò che invece esso fu del 3,1% del Pil, già oltre il tetto di Maastricht. Oggi siamo assai lontani per fortuna da uno sforamento di 2,3 punti percentuali del Pil, e va reso atto all’ex ministro Tremonti che la sua correzione effettuata con l’ultima finanziaria è stata tempestiva ed efficace. Il deficit aggiuntivo sull’ultima trimestrale di cassa tremontiana, che lo valutava nel 3,8% del Pil, è superiore solo di uno 0,3% per la commissione Faini.
A questo 4,1% si somma un altro mezzo punto di Pil di eventuale deficit tendenziale, nel caso in cui le procedure di contenimento della spesa predisposte da Tremonti non fossero attuate con severità, e inoltre perché la stima del nuovo governo è che occorra reperire nuove risorse da destinare alla spesa nel settore delle infrastrutture, per i cantieri dell’Anas e per gli investimenti delle Ferrovie, al fine di non penalizzare la crescita. Ora resta la parte più difficile. Cioè definire le misure concrete in cui si tradurrà la manovra correttiva. Se il fine dichiarato è e resta quello prioritario della crescita, come richiesto dalle imprese e come dichiarano anche i sindacati, allora il mix di misure deve evitare due rischi altrettanto pericolosi. Il primo è quello di metter mano a una leva generale di nuove imposte e di innalzamenti contributivi: è la «manovra redistributiva» che già ieri Rifondazione e la parte «antagonista» della maggioranza hanno preso a invocare, e il suo maggior limite è quello che chi ridistribuisce a bocce ferme scoraggia tutti dal crescere e dall’investire, per il timore di vedersi sottratte fette crescenti dei propri sforzi. Più il governo riuscirà a star lontano da una concezione «demagogica» degli interventi sul versante del prelievo, maggiori saranno le possibilità di non compromettere i primi promettenti segni di crescita che provengono dall’economia reale. Il secondo rischio è quello di perdere l’occasione per una rigorosa bipartizione della spesa pubblica: la spesa per investimenti è il più possibile da potenziare, quella per consumi intermedi dell’amministrazione pubblica centrale e periferica ha molte voci sulle quali la razionalizzazione non è mai riuscita ad abbattersi, ed è il maggior aggregato fuori controllo, soprattutto nelle Regioni. Dopo il referendum, in occasione del Dpef che dovrà gettare le basi tanto della manovra correttiva che della finanziaria 2007 che ne sarà lo sviluppo, sarà per il governo più agevole realizzare quella «grande concertazione» tra Stato e autonomie che anche Tremonti indicava come prospettiva, per metter mano a una ripartizione equilibrata e sostenibile di spese ed entrate tra centro e periferia. Senza quella cornice più ampia, i due punti di Pil di correzione nel biennio indicati dal governatore Draghi ricadrebbero nella prospettiva di aumenti fiscali a raffica e promesse non mantenute di riduzione di spesa improduttiva. Che il passato insegni al governo tutti gli errori da evitare per il futuro. Oscar Giannino
l'unica conclusione che mi sento di trarre è che, nonostante tutto, per quanto mi consta, il nano pelato, capo bananas, mafioso, piduista, milanista ... e chi più ne ha più ne metta, nonostante tutto, dicevo, non ci ha mai messo le mani in tasca né le avrebbe messe, anzi,
per il resto tutti quei numeri li lascio agli addetti e sorrido quando coglioni che non sanno nemmeno cos'è un conto corrente si riempono la bocca di paroloni tipo pil, avanzo primario, trimestrale di cassa, debito pubblico ed altre amenità del genere
al contrario del nano, il genio mortadella, che all'epoca ebbe quella folgorante intuizione che è poi diventata il caposaldo di tutte le più moderne ed avanzate teorie economiche del mondo (ed anche oltre, non mettiamo limiti) chiamata "eurotassa", le mani in tasca le metterà, eccome se le metterà,
ed allora i cogliones, per giustificare il nome del quale si sono dichiarati orgogliosi, rideranno, rideranno e pagheranno, però saranno contenti di poter dire che almunia ha detto che lo 0,3 di pil, rapportato al deficit congiunturale, dedotto dall'avanzo primario che a sua volta va scorporato dal reddito netto pro capite, e moltiplicato per il numero degli scudetti dlla juve (meno due), ci fanno rientrare nei parametri di mastricht,
fa niente che per pagare le tasse bisognerà fare un mutuo, vuoi mettere la soddisfazione di far contento almunia?
e fa niente che almunia poteva essere accontentato anche senza che ci avessero messo le mani in tasca, perchè in quel caso voleva dire che trecconti ed il nano avevano truccato i conti...