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Risultati da 1 a 3 di 3

Discussione: Metempsicosi.

  1. #1
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    Talking Metempsicosi.

    Metempsicosi

    Da Ugo Plez, Le scienze perdute, Mondadori 1991 (ma la prima edizione del libro è del 1972), p. 103 ss.: «In epoca moderna, il maggior rappresentante del razionalismo, Leibniz, e il maggior rappresentante della corrente opposta, l’empirismo, Hume, sostennero questa teoria. Hume diceva che la dottrina della metempsicosi è la più razionale delle teorie sulla morte che siano state emesse. Il movimento che sintetizzò l’empirismo e il razionalismo, l’idealismo, sostenne la metempsicosi nella maggior parte dei suoi rappresentanti.

    La filosofia di Kant ha con essa numerosi punti di contatto, e così la filosofia di Schelling. Fichte la sostenne molto duramente, e con Fichte anche Hegel, il fondatore della dialettica. Abbiamo nominato solo una piccolissima parte di coloro che l’hanno sostenuta, tra i grandi pensatori occidentali. Cartesio, sebbene non si sia occupato del problema, ha lasciato nelle sue opere, considerate il fondamento della scienza moderna, tutte le premesse per dedurre la metempsicosi.

    Tra gli uomini politici di maggior rilievo sostennero la metempsicosi il nostro Mazzini, fondatore dell’ideologia repubblicana, oltre ai famosi sociologi indiani Aurobindo Sri, Krishnamurti e l’immancabile Gandhi». Sono, queste, certo, affermazioni decise che però andrebbero verificate caso per caso. Così, a memoria, oltre a Giordano Bruno (menzionato poco prima), possiamo avallare la propensione a tale credenza in Mazzini. Ma, per il resto, giriamo la questione ai conoscitori delle opere di quei filosofi.

    Tuttavia, qui, ci chiediamo: ma tutta questa gente (e tutta quell’altra che ci crede) ci tiene tanto a reincarnarsi? Figuratevi il dover ricominciare tutto da capo in questa Valle di Lacrime, dalle sculacciate appena nasci (per farti piangere, sennò non sei dei nostri) all’agonia in clinica (nella migliore delle ipotesi), passando per i migliori anni della vita trascorsi zitti e seduti sul banco, a fare esami, a cercare lavoro, a pagare mutui, a dover andare d’accordo con la suocera, a preoccuparsi per i figli, a versare la pensione al servizio sanitario…

    No, no. Forse non sarà «la più razionale delle teorie sulla morte» ma quella dell’«eterno risposo» è senz’altro la più consolante.

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  2. #2
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    Predefinito

    Tutta questa gente credeva alla reincarnazione semplicemente perchè non ha ben conosciuto o si è rifiutata di ben conoscere (o ha rinnegato) la Verità!

    I dati scientifici a disposizione negano anzichè confermare questa assurda teoria! altro che razionale!

    Gi illustri "signori" citati erano infatti quasi tutti massoni! pur di attaccare la Chiesa e la sua dottrina si è disposti anche a credere di reincarnarsi in un insetto!

    Quando avrò più tempo...riprenderemo l'argomento!

    sia lodato Gesù Cristo

  3. #3
    VINCIT OMNIA VERITAS!
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    Predefinito Reincarnazione.

    Suggestioni mefistofeliche e dabbenaggine umana



    Nello scorso numero del bollettino abbiamo accennato al fenomeno dello "spiritismo", al quale è legato per molti versi quello della credenza nella reincarnazione.
    Non è con piacere che ci occupiamo di queste fantasticherie moderne, ma il diffondersi di suggestioni cosí perniciose impone, ogni tanto, che si faccia una qualche chiarezza, con la speranza che almeno alcuni vengano indotti a piú accorte riflessioni.
    Innanzi tutto è bene chiarire l'equivoco secondo cui vi sarebbe equivalenza tra metempsicosi e reincarnazione; equivoco che, pur basandosi in generale sull'ignoranza di ciò di cui si tratta, viene alimentato dagli stessi sostenitori della reincarnazione, vuoi perché anch'essi non sanno bene di cosa parlano, vuoi perché alcuni di loro ritengono sia comodo far risalire l'idea della reincarnazione fino ai Greci antichi. In tal modo credono di poter far apparire le loro fantasie come ben fondate, visto che il ricorso all'antica Grecia viene generalmente considerato come fattore di "conoscenza" e di "civiltà".

    Non entriamo nel merito di quanto i Greci antichi fossero piú o meno "civili" di noi (ci viene in mente San Paolo e gli anziani dell'areòpago di Atene), e ci limitiamo a ricordare che il termine "metempsicosi" (dal greco metempsykhosis) non significa "reincarnazione", né alcunché di simile. Negli stessi dizionari che danno come significato: "reincarnazione delle anime", si trova precisato che si intende dire "trasferimento di un'anima in altro dal corpo", a volte sottintendendo "in un altro corpo" a causa del fatto che comunemente non si potrebbe concepire nient'altro di diverso.
    Ora, quest'insegnamento della metempsicosi lo si ritrova accennato, in riferimento alla scuola pitagorica, in particolare in Platone (Repubblica, X, 614 sgg.), ma senza che di esso esista una esauriente esposizione.
    In realtà, la concezione tardo-greca della "trasmigrazione delle anime", è relativa ad un antico insegnamento che assegna alle anime un destino post-mortem legato alla condotta terrena: un insegnamento cioè del tutto simile a quello della dottrina cristiana della ricompensa e del castigo. Tale insegnamento lo si ritrova espresso tardivamente per mezzo di allegorie ricalcate sulla comune vita terrena, cosí che si possa essere indotti a credere che quanto si parla di un'"anima che trasmigra" si intenda dire che essa trasmigri in un "altro corpo" in questo stesso mondo umano.
    In realtà, la concezione della trasmigrazione implica l'esistenza di piú mondi, o, per l'esattezza, di piú possibili destini esistenziali post-mortem, tutti rigorosamente unici e per nulla assimilabili a quello del nostro mondo, se non in via allegorica, per facilità di comprensione.
    Per quanto la dottrina cristiana sia cosa ben diversa da tale insegnamento, resta il fatto che anch'essa insegna che l'anima, immortale, segue un suo destino post-mortem, destino che non ha niente a che vedere col mondo dei vivi e che quindi non implica e non potrebbe implicare alcun tipo di ritorno in questo mondo. Tanto basti per far comprendere che l'insegnamento della metempsicosi, nella sua reale consistenza, non era molto diverso da ciò che insegna la dottrina cristiana. Ogni altro tipo di supposizione, a riguardo, sarebbe dovuta agli stessi errori che volgarmente si potrebbero commettere se si volesse affermare che la dottrina cristiana insegna che l'"altro mondo" è "alla lettera" quello descritto dal cattolico Dante Alighieri nella sua Divina Commedia.

    Ciò posto, occorre soffermarsi su un altro aspetto della "trasmigrazione delle anime".
    Sia l'antica concezione greca dell'anima (Platone e Aristotele), sia quella ebraica, sia quella cristiana sono concordi nel considerare che l'anima è "veramente e per sé - ed essenzialmente - la forma del corpo umano" (Concilio di Vienne, 1312, Decreto sull'anima forma del corpo). Ne consegue, in breve, che ogni anima "informa" un corpo, né potrebbe informare corpi diversi; il che significa che ogni idea relativa alla stessa anima che "animerebbe" corpi diversi, magari in tempi e spazi diversi di uno stesso stato d'esistenza, è del tutto frutto di vana fantasia, e, a rigor di logica, impossibile.
    D'altronde, se l'anima è la forma del corpo, anche a voler ammettere un suo "intervento di ritorno" nel mondo corporeo, ciò potrebbe solo accadere a condizione di accettare l'idea di due corpi perfettamente uguali, cioè, nel caso in specie, di due uomini perfettamente uguali (nell'anima e nel corpo): cosa che sta a significare che non di due uomini si tratterebbe, bensí di un uomo solo. Questa possibilità, già assurda se prospettata nello stesso tempo e nello stesso spazio, diviene del tutto risibile ove si pretendesse di prospettarla per tempi e spazi diversi. Come accade per i sostenitori della reincarnazione.
    La possibilità che la stessa anima (cioè la stessa forma di un corpo) replichi l'esistenza corporea, non è sostenibile né secondo la dottrina cristiana, né secondo alcuna dottrina mai insegnata in alcuna scuola dell'antichità.
    Che gli antichi fossero dei pagani, è un conto, ma che fossero dei cretini non è minimamente sostenibile. In quanto al fatto che si addebiti loro, a seconda delle piacevolezze personali, ogni cosa fantasiosa che ci aggradi, è questo un vezzo tutto moderno del quale non possiamo qui tenere conto alcuno.

    Passiamo adesso a considerare la credenza nella "reincarnazione".
    Innanzi tutto è opportuno ricordare che tale credenza è apparsa in Occidente intorno alla metà dell'Ottocento (C. Flammarion e L. Figuier); all'incirca nello stesso periodo in cui accadeva che alcuni "filosofi" moderni credevano di aver capito tutto delle Upanishad indú per il solo fatto che qualcuno gliene aveva parlato in qualche salotto erudito di un piccolo paese della Germania (Schopenhauer); tanto che addirittura ci furono alcuni, anche dopo l'Ottocento (e pare che ce ne siano ancora), che, forti della loro supposta comprensione, pretesero di spiegare agli stessi Indú il vero significato dei loro testi sapienziali, convinti come erano (e sono) della loro "onniscienza".
    Questo breve cenno serve a ricordare qual'era la mentalità corrente degli ambienti che finirono col produrre la strana idea della "reincarnazione", soprattutto ove si tenga conto che è d'uso attribuirne l'origine agli Indú.
    Altro elemento esplicativo è dato dalla particolarità dell'ambito specifico che si dette alla formulazione sistematica dell'idea di "reincarnazione". Si trattò, in primis, degli ambienti del socialismo romantico, quegli stessi che erano alle prese con la difficoltà di spiegare perché uno nasce ricco e un altro povero, o perché uno nasce bello e un altro brutto.
    I personaggi di tali ambienti, dopo aver rinnegato ogni insegnamento religioso con la scusa del "primato della ragione", non riuscivano a trovare delle spiegazioni ben solide per giustificare i diversi destini umani. Essendo incappati nelle descrizioni approssimative che certi "ricercatori" facevano delle dottrine indú, rimasero entusiasti di questa strana idea che un uomo, dopo morto, si possa reincarnare in base ai propri meriti o alle proprie colpe; adottarono quindi con slancio la nuova teoria, che cosí facilmente risolveva molti dei loro problemi "filosofici".
    Ovviamente, a furia di "speculare", qualcuno si accorse che i Greci avevano parlato di metempsicosi, quindi la cosa poteva dirsi fatta, non c'era miglior riferimento "culturale" che quello della "filosofia greca".
    Vi erano da risolvere, però, alcuni problemi, dovuti al fatto che, mentre delle dottrine indú si poteva dire ciò che si voleva, tanto i riscontri erano ben difficili da fare, per la "filosofia greca" le cose stavano un po' diversamente, poiché non erano in pochi quelli che potevano contestare che i filosofi greci avessero mai parlato di reincarnazione.
    Un aiuto considerevole giunse (quale sorpresa!) dagli "spiritisti", soprattutto dagli spiritisti francesi, prevalentemente legati agli stessi ambienti socialisti (Hypolyte Rivail detto Allan Kardec, capo scuola degli spiritisti francesi); i quali riuscirono a far dire ai loro "spiriti guida" tutto quello che poteva far comodo alla nuova teoria.

    Cosa si afferma quindi con la "reincarnazione"?
    In sostanza si postula, e si pretende anche di dimostrare, che gli uomini vengano a questo mondo con un innato bagaglio esistenziale direttamente derivato da una o piú esperienze di vita vissuta precedentemente in questo stesso mondo o in un altro supposto del tutto simile al nostro. Cosí, se uno ha vissuto correttamente "progredirà spiritualmente" e rinascerà in una condizione migliore della precedente; se invece uno ha vissuto malamente "regredirà spiritualmente" e rinascerà in una condizione uguale o peggiore della precedente; e cosí via fino ad un supposto limite progressivo di "perfezione" oltre il quale non si reincarnerebbe piú.
    Ora, ammesso e non concesso che sia cosí, tanto che si arriverebbe a spiegare il perché uno nasca con un destino comodo e un altro con un destino scomodo, resta il fatto che non si capisce perché "all'inizio", e cioè alla supposta prima nascita, uno debba nascere volto al meglio e un altro no. Non solo, ma non si capisce neanche perché uno debba perfino nascere e, se le diverse rinascite debbono condurre alla "perfezione", perché debba nascere cosí imperfetto. Non solo, ma, ammesso che la rinascita possa condurre alla "perfezione", non si capisce da quale imperfezione si provenga ed a quale perfezione si pervenga. Non solo, ma, ammesso che la rinascita sia possibile, non si capisce chi e che cosa la determini, sulla base di che cosa la regoli e a quale fine la costituisca.
    Potremmo continuare ancora per un bel po', ma pensiamo possano bastare questi brevi cenni, tra i piú semplici.
    Il fatto è che di tutti i propugnatori di questa pericolosa stramberia, non ve ne sono stati e non ve ne sono ancora due che si trovino d'accordo nella sua formulazione. Per ogni aspetto controverso della teoria, vi sono le risposte piú disparate, sostenute ferocemente da altrettante scuole, tutte in concorrenza tra loro: cosí che il tale pretende che ci si "reincarni" dopo x anni, mentre il tal'altro si sbraccia per convincere tutti che il numero di anni sono y; uno dice che ci si "reincarna" sulla Terra, un altro è certissimo che ci si "reincarni" su Giove o su Sirio; Tizio sa per certo che ci si "reincarna" con lo stesso sesso, Caio, un po' viziosetto, può dimostrare che ci si "reincarna" con un sesso diverso; e via di questo passo, una stramberia dopo l'altra, tutte basate sulle opinioni personali dei capi scuola.

    Come si può notare, l'elemento che accomuna tutte queste scuole è costituito, oltre che dalla convinzione di base sulla "necessità" della "reincarnazione", dal fatto che tutti danno per scontato che il processo "reincarnazionista" è un processo "evolutivo", una sorta di progresso che si svolgerebbe a partire da una supposta condizione iniziale di miseria umana per giungere ad una altrettanto supposta condizione finale di umana ricchezza. Inutile dire che miseria e ricchezza si pretende si riferiscano alla "spiritualità" dell'uomo.
    Non ci soffermiamo su questa concezione del progresso e dell'evoluzione, anch'essa tipica figlia dei "lumi": se ne parla in altra parte di questo bollettino. Consideriamo invece l'aspetto illusorio che da questa concezione deriva alla credenza reincarnazionista.

    Ammesso e non concesso che vi sarà un momento in cui tutte le "anime reincarnate" raggiungano la "perfezione", si deve presumere che in quel momento il mondo che conosciamo finirà. Ci chiediamo: ci sarà un nuovo mondo di "perfetti"?
    Per quanto possa sembrare paradossale, la risposta è: sí. Anzi, sembra che i primi segni della perfezione siano già visibili, poiché stiamo parlando della stessa gente che è convinta dell'avvento della Nuova Era (New Age), o dell'Età dell'Aquario, avvento che viene dato come imminente: questione di una o due generazioni al massimo!
    Dobbiamo confessare che per quanto godiamo di una esagerata considerazione di noi stessi, per quanto siamo certi della nostra spropositata sapienza, per quanto ci nutriamo ogni giorno del piú sfrenato autocompiacimento, non ci siamo mai accorti di esseri dei "perfetti", neanche allo stato latente.
    Scherzi a parte, combinando la credenza nella reincarnazione con quella, da essa derivata, nell'avvento della Nuova Era, si rimane veramente stupiti del fatto di trovarci a vivere in un mondo che, per unanime ammissione degli stessi reincarnazionisti, è stracolmo di difetti, la maggior parte dei quali sono addebitabili agli stessi uomini che si vorrebbe prossimi alla "perfezione". Si tratta di una di quelle contraddizioni tipiche della mentalità moderna, e che i reincarnazionisti si portano dietro con la piú insospettabile delle disinvolture.

    Come era inevitabile, la credenza nella reincarnazione ha trovato molta gente disposta a prodigarsi per produrne le "prove sperimentali", e gran parte dei ricercatori è appartenuta e appartiene al mondo della cosiddetta scienza o ricerca scientifica che dir si voglia. Cosí che si sono trovate, per esempio, le prove "ipnotiche". Applicando l'"ipnosi regressiva", cioè facendo "regredire" la coscienza del soggetto fin nell'utero materno (?), poi piú indietro (??), poi ancora piú indietro (???), poi ancora piú indietro di indietro (????), e cosí via: càspita!, si sono ottenute descrizioni dettagliate e "scientificamente" verificate di persone, luoghi e situazioni delle vite passate del soggetto!
    La cosa piú buffa è che le descrizioni di tutte queste presunte "vite" assomigliano fin nei particolari a quelle che si trovano nei copioni cinematografici delle pellicole "storiche" americane; quelle, cioè, in cui si immaginano gli Ebrei del tempo di Mosè, per esempio, come dei Quaccheri un po' meno progrediti e un po' piú ingenui: certo perché ancora non conoscevano le conquiste americane!
    Se qualcuno chiedesse ai reincarnazionisti come fa una "coscienza" attuale, cioè di un uomo vivo oggi, a "regredire" oltre la vita, cioè a ricondursi oltre la sua stessa condizione d'esistenza, verrebbe trattato da demente; e, in effetti, di questo si tratta: di demenza.
    Si pretende di sostenere che la "coscienza" di un uomo sia in grado di "esplorare" (sia pure sotto ipnosi!) al di là dello stesso stato di "coscienza", come dire che la "coscienza" umana è in grado di esserci anche quando non c'è.
    Intendiamo dire che lo stato di coscienza, essendo uno degli stati tipici della natura umana, può solo esistere fin quando esiste l'uomo stesso; con la morte dell'uomo scompare anche la "sua" coscienza. Come sarebbe possibile allora la permanenza della coscienza dopo la morte dell'uomo, tra una reincarnazione e l'altra? Una stranezza del genere può solo concepirsi a condizione di considerare l'anima alla stessa stregua del corpo, e quindi dando per scontato che sia l'uomo corporeo sia la sua anima abbiano la stessa "coscienza", il che è possibile solo ammettendo che l'uomo vivente in questo mondo e la sua anima siano una sola ed identica cosa: cioè ammettendo una impossibilità.

    Eppure, dicono in molti, la credenza nella reincarnazione è cosa diffusissima in Oriente, soprattutto in India.
    Non possiamo addentrarci in merito alla complessità delle dottrine sapienziali dell'India, e ci limiteremo dunque a far notare che anche in questo caso ci troviamo di fronte ad uno di quei problemi generati dalla volgarizzazione degli insegnamenti antichi: una questione simile a quella che abbiamo segnalato per la concezione tardo-greca della metempsicosi.
    Chi conosce seriamente le dottrine sapienziali dell'India, sa che esse non hanno mai insegnato niente che possa paragonarsi alla reincarnazione, cosí come sa che certi insegnamenti sui destini postumi dell'essere che è oggi un uomo, possono essere intesi "volgarmente" come indicativi di condizioni d'esistenza del tutto paragonabili all'esistenza umana. Le famose "vite" del Buddha sono una descrizione di stati d'esistenza che in India si ritengono relativi alle condizioni pre-natale e post-mortem di un essere attualmente vivente nello stato umano (in questo caso dell'essere che viveva come Gothama Buddha); per ovvi motivi "descrittivi" tali stati d'esistenza si presentano come assimilabili allegoricamente allo stato umano, soprattutto quando la descrizione e la comprensione sono legate alle conoscenze superficiali della gente del popolo. Da questo processo di "volgarizzazione" si possono anche trarre conseguenze come quelle reincarnazioniste, ma questo non potrebbe mai significare che la reincarnazione è "insegnata" dalle dottrine dell'India. Al massimo si potrebbe dire che le dottrine dell'India insegnano delle cose che "volgarmente" possono apparire come "reincarnazioniste", e come tali percepite dal popolo.
    Lo stesso accade da noi, per esempio, per il culto dei santi: cosí che non si potrebbe seriamente affermare che la dottrina cattolica insegni che San Cristoforo è presente presso tutti i corsi d'acqua per aiutare l'attraversamento di coloro che lo invocano, abbandonando a sé stessi tutti quelli che non lo invocano.
    Sia ben chiaro che non intendiamo stabilire alcun parallelo tra le dottrine orientali e la dottrina cristiana, né abbiamo inteso avallare anche solo un qualche aspetto delle stesse dottrine orientali, la nostra argomentazione ha il solo scopo di far intendere che una cosa sono le dottrine in questione e ben altra cosa sono le rimasticature, le fantasie e le pretese di certi Occidentali che, ormai da piú di un secolo, si servono di questa o di quella cosa "esotica" per usarla come supporto per le loro piú strampalate elucubrazioni. Né possono valere le indicazioni che fanno riferimento a diversi Orientali ormai superoccidentalizzati, prova ne sia il fatto che costoro "fanno fortuna" proprio in Occidente, offrendo sul "libero mercato" delle credenze e delle pseudo-religioni, i prodotti piú diversi e piú appetibili per la soddisfazione delle curiosità, delle manie e dei pregiudizi dell'uomo medio occidentale o occidentalizzato: questo self-made-man che si illude di inventare di tutto e di controllare tutto e che invece è schiavo di tutto.

    Quello che desta preoccupazione è il fatto che molti cristiani, perfino dei preti, ritengano sia possibile dar credito ad elucubrazioni del genere, e ciò accade solo a causa dell'andazzo, ormai affermato in seno agli ambienti religiosi, di considerare legittimo ogni qualsivoglia prodotto della "evoluzione" moderna.

    [Fonte]
    "In girum imus nocte et consumimur igni"

 

 

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