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    Predefinito ISTAT - Come cambia la famiglia italiana

    ROMA - Tengono ancora molto al matrimonio, sono piuttosto contrari alla possibilità che una donna abbia un figlio in assenza di una unione stabile, ritengono che i figli non dovrebbero andare via da casa prima dei 25 anni. Sono alcuni degli aspetti emersi dall'indagine "Famiglia e soggetti sociali", svolta dall'Istat nel novembre 2003 e pubblicata adesso all'interno del volume "Strutture familiari e opinioni su famiglie e figli".

    Se dall'indagine viene fuori un ritratto piuttosto conservatore degli italiani, ci sono però degli aspetti di innovazione. Da un lato infatti il 53,9% degli intervistati si dichiara contrario all'affermazione "il matrimonio è un'istituzione superata", dall'altro però la convivenza è considerata dal 58,7% "una delle possibilità della vita di coppia", sebbene più per gli uomini (60,4%) che per le donne (57,1%).

    Al Nord il consenso maggiore alle convivenze. Il maggior consenso alle convivenze si registra nel Nord, dove oltre i due terzi degli interpellati si dichiara d'accordo con la possibilità che una coppia conviva anche senza avere in programma di sposarsi. I contrari sono soltanto il 19,9% e si concentrano soprattutto nel Sud (31,6%) (in particolare in Calabria, 35,2%, e in Puglia, 33,7%).
    Divorzio ormai accettato. Al divorzio, anche in presenza di figli, come scioglimento di un'unione coniugale infelice si dichiara favorevole il 71,1% delle donne e il 66,2% degli uomini. Tale consenso è più diffuso tra i residenti nelle Isole (72,4%). L'affidamento dei figli alla madre in caso di scioglimento dell'unione trova d'accordo solo un terzo della popolazione di riferimento (38% delle donne e 28,8% degli uomini).

    Figli in casa fino a 25 anni. Per le mamme e i papà
    italiani un figlio non dovrebbe lasciare la casa dei genitori prima dei 25 anni circa. E, a pensarla così sembrano essere anche i diretti interessati. Solo il 17,9% degli italiani, infatti, ritiene che il momento giusto per abbandonare la casa dei genitori sia il compimento della maggiore età. Più contrarie all'uscita precoce sono le donne di 45-49 anni (59,6%), contro il 49,9% degli uomini della stessa fascia d'età. Per le donne, infatti, l'età giusta è 25,8 anni per i figli maschi e 25,2 anni per le femmine, mentre gli uomini ritengono che ragazzi e ragazze dovrebbero uscire prima e cioè, rispettivamente, a 25,1 e a 24,6 anni in media.

    Del resto, anche i giovani di 18-19 anni che vivono ancora con i genitori indicano che l'età in cui è giusto lasciare la famiglia di origine è ben più elevata della propria (mediamente, 25 anni se maschi e 24,5 se femmine). Anche a 20-24 anni i figli tendono a spostare in avanti l'età in cui ritengono giusto 'spiccare il volo': 26 anni per i ragazzi e 25,4 per le ragazze.

    Le casalinghe sono insoddisfatte. Tramonta invece in via definitiva l'idea che una donna possa realizzarsi solo tra le mura domestiche. Che il lavoro domestico dia a una donna la stessa soddisfazione di un lavoro retribuito è vero solo per il 22,7% degli intervistati (20,7% delle donne e 24,6% degli uomini). Il consenso è un po' più ampio tra gli intervistati del Sud (25,3%) che tra quelli del Nord (circa 21%). Oltre la metà delle donne manifesta invece il proprio disaccordo (53,2%) contro il 39,6% degli uomini e il 28,7% che non prende posizione.

    Prevale l'insicurezza. Anche le donne che hanno un lavoro però non sono molto tranquille. Le donne più che gli uomini si dichiarano "insicure" per il proprio lavoro: lo dice il 41,2% delle intervistate contro il 31,8% degli uomini. E le donne temono, più degli uomini, gli effetti della maternità, pur desiderandola.

    I figli, desiderati ma temuti. Il numero medio di figli desiderato è infatti pari a 2,1, molto più alto degli attuali livelli di fecondità (1,3 figli per donna ) e non varia molto tra le diverse zone del Paese. Una persona su quattro ha dichiarato di aver intenzione di avere un figlio nei tre anni successivi all'intervista. Ad escludere certamente tale possibilità sono però un po' più le donne che gli uomini (48% contro il 42%). Questo perché le donne, molto più degli uomini, temono che un figlio porti delle conseguenze negative per la propria carriera lavorativa (46,9% contro il 19,7%). Le donne più degli uomini, inoltre (48,4% contro 43,1%) temono una forte riduzione dei propri spazi d'autonomia in seguito all'arrivo di un figlio.

    (21 giugno 2006)
    http://www.repubblica.it/2006/06/sez...-famiglie.html

  2. #2
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    Bisogna camminare molto nel buio della notte per trovare la luce del giorno.
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    Predefinito

    Ci troviamo in un fenomeno veramente paradossale che colpisce quasi tutte le aree culturali: da un lato si vogliono rendere i bambini autonomi il più presto possibile, fin dal nido e dalla scuola materna, e dall’altro si vedono adolescenti, e soprattutto post-adolescenti, i quali stentano ad attuare le operazioni psichiche della separazione anche se, a sentir loro, vorrebbero farlo. Per liberarsi di questo handicap, cercano dei sostegni psicologici, sociali e spirituali su cui appoggiarsi.
    fonte: http://www.vatican.va/roman_curia/po...la-gmg_it.html

 

 

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