Il leader palestinese, detenuto in un carcere israeliano dal 2002, spiega com’è nato e quale obiettivo si prefigge il “documento dei prigionieri”: «Ci sono volute settimane di discussione, crediamo sia un risultato storico»L’intervista che segue è tratta da “Bitterlemons” (www.bitterlemons.org), un sito web dedicato al conflitto israelo-palestinese e al processo di pace e che presenta i punti di vista palestinese e israeliano sui maggiori temi di dibattito. Il sito è diretto da Ghassan Khatib, ex ministro del lavoro nell’Anp, e da Yossi Alpher, scrittore israeliano ed esperto di studi strategici.

Il documento dei prigionieri è un’iniziativa voluta da rappresentanti di tutte le fazioni palestinesi nelle prigioni israeliane. Com’è successo?
Il documento è scaturito come reazione al deterioramento testimoniato nell’arena palestinese e ai pericolosi segnali di tensioni interne. E’ derivato da un profondo senso di preoccupazione che la situazione finisca fuori controllo. E’ derivato anche dalla stretta dell’assedio al popolo palestinese. L’idea è di concertare un documento che costituisca un comune denominatore per tutte le forze politiche; un lavoro difficile nel contesto palestinese perché la maggioranza di queste forze sono trincerate dietro i loro programmi e non sono abituate ad avere un programma comune. Abbiamo sentito che i tempi erano maturi per formulare una strategia palestinese congiunta. Ci sono volute settimane di discussioni prima di essere d’accordo su questa iniziativa e sulla sua forma attuale. Crediamo che questo sia un documento storico che sarà d’aiuto a tutti, se adottato, per unificare i loro programmi politici e per allontanare lo spettro della guerra civile che minaccia il nostro popolo. Speriamo che il documento sarà anche una breccia nel muro dell’assedio opprimente che stiamo soffrendo.

Si parla molto del fatto che il documento punta alla costituzione di uno Stato palestinese entro i confini del 1967, che costituisce un implicito riconoscimento di Israele e per questo Hamas vi si sta opponendo. E’ in questo modo che il documento deve essere letto?
Le forze palestinesi per molti anni, ma specialmente dopo lo scoppio dell’Intifada di Al Aqsa, sono state d’accordo che lo scopo del popolo palestinese è quello di costituire uno Stato con piena sovranità su tutti i territori occupati da Israele nel 1967. Il riconoscimento tra l’Olp e Israele avvenne 16 anni fa e il documento non ha niente a che vedere con questo. Le leadership di Hamas e della Jihad islamica nelle prigioni hanno partecipato concretamente alla stesura di questo documento. Lo hanno firmato e continuano a sostenerlo nonostante l’opposizione di alcuni tra i leader di Hamas e della Jihad islamica fuori dalle prigioni. Credo che questa opposizione sia avventata e derivi dalla mancanza della dovuta considerazione. Una lettura attenta del documento potrebbe chiarire che si tratta di una dichiarazione di elementi costanti nazionali, unità nazionale e partnership politiche. Riguarda denominatori comuni e non si fa promotore delle posizioni di una parte sola. Non è il programma con cui è stato eletto il presidente Mahmoud Abbas, né quello di Hamas. E’ piuttosto un programma unificato e un piano strategico per tutti. Tutte le parti devono imparare a coesistere alla luce dei loro differenti programmi, ma dovrebbero farlo all’interno del contesto di un solo ed unificato piano e visione strategica. Sono fiducioso che i leader di Hamas e della Jihad islamica alla fine aderiranno a questo documento.

Ma Hamas e i firmatari islamici hanno ritirato il loro appoggio. Cosa è successo?
Le leadership di Hamas e della Jihad islamica nelle prigioni hanno partecipato concretamente alla stesura di questo documento e siamo in contatto costante, permanente e quotidiano. La prigione di Hadarim racchiude molte figure leader di differenti forze politiche palestinesi e noi siamo in continuo contatto e ci consultiamo anche con i leader di altre prigioni. Questo continuo dialogo e queste consultazioni hanno reso più facile il compito di scrivere il documento, perché abbiamo avuto una comprensione reciproca e un’assoluta fiducia gli uni negli altri. Siamo riuniti tutti nelle trincee della lotta e della resistenza. Non si tratta di un dibattito frivolo o bizantino; è un dialogo responsabile. I leader di Hamas e della Jihad Islamica che hanno firmato il documento sono simboli riconosciuti della lotta. Hanno rifiutato il referendum, ma continuano ad aderire al documento.

I prigionieri si aspettavano che il documento avesse l’importanza che ha?
I prigionieri speravano che il documento potesse godere di sostegno e che fosse ben accolto, ma l’appoggio è stato aldilà delle loro aspettative.

Approvi la decisione del presidente Mahmoud Abbas, Abu Mazen, di sottoporre il documento a referendum popolare, a prescindere dalle posizioni di Hamas e del governo palestinese?
Il documento vuole raggiungere una riconciliazione. Lo abbiamo chiamato Il Documento di Riconciliazione nazionale e la riconciliazione avviene attraverso il dialogo, che dovrebbe essere alle base per l’adozione del documento. Crediamo che la conferenza di dialogo nazionale è stata saggia ad adottare il documento; inoltre la decisione del presidente Abu Mazen di adottare e sostenere il documento è stata molto apprezzata dai prigionieri in tutte le prigioni. Abbiamo fiducia che ci sia ancora una buona opportunità per raggiungere un accordo sul documento attraverso il dialogo, che è una priorità per tutti.

Alcune fazioni, incluso Hamas e il Fplp, dicono che ogni referendum dovrebbe coinvolgere tutti i palestinesi, compresi quelli fuori dalla Palestina. Sei d’accordo?
Lo abbiamo sempre sostenuto. Infatti, è menzionato in una delle clausole del documento che ogni decisione importante dovrebbe essere presa con la partecipazione di tutto il nostro popolo, sia in patria che in esilio.

Il documento è stato concepito per promuovere una riconciliazione nazionale ma sembra che abbia seminato ulteriore discordia. Cosa pensi di questi sviluppi e come possono i palestinesi evitare altre divisioni?
Questo documento può lanciare un processo palestinese unificato. Può attivare istituzioni unificate, per proteggere l’esperienza democratica e consolidare il ruolo della legge ed offrire soluzioni per importanti temi strategici. Il documento apre le porte ad una soluzione per la questione delle Istituzioni dell’Olp e permette ad Hamas e alla Jihad islamica di unirsi sulla base del fatto che l’Olp è il legittimo ed unico rappresentante del nostro popolo, ovunque esso sia. Rafforzare e ristrutturare l’Olp è una necessità nazionale. Questo documento apre anche le porte alla formazione di un governo di unità nazionale. (Traduzione di Francesca Cutarelli)

Marwan Barghouti è membro del Parlamento Palestinese, eletto con Fatah. Dal 2002 è detenuto in una prigione israeliana.

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