Colombia - 26.6.2006
Prospettiva di pace
Le Farc rilanciano la loro disponibilità allo scambio umanitario
“Dipende da Alvaro Uribe. Le Forze Armate Rivoluzionare Colombiane sono interessate all’accordo umanitario e pienamente disponibili a realizzarlo. Ma non basta. È indispensabile anche una reale apertura da parte del governo, che deve iniziare col darci garanzie sufficienti senza trucchi e senza inganni”.
Così le Farc tornano a parlare di scambio umanitario e liberazione di prigionieri, facendo di nuovo sperare le migliaia di famiglie che attendono da anni di riabbracciare i loro cari.
L’intenzione della guerriglia di riaprire le trattative per il tanto rimandato scambio di prigionieri c’è, ma ancora una volta è subordinata a precise condizioni.
Il futuro della Colombia. Lo ha detto in un’intervista rilasciata in esclusiva alla televisione indipendente TeleSur, Raul Reyes, portavoce del gruppo guerrigliero, nonché membro dello Stato maggiore centrale. Nell’accordo sarebbe prevista la liberazione della ex candidata alla presidenza, Ingrid Betancourt, di 52 tra ufficiali e sottoufficiali, di 12 deputati, vari politici e 3 contractor statunitensi. In cambio le Farc chiedono la liberazione di 600 guerriglieri, detenuti nelle carceri colombiane. Secondo le Farc, il futuro della Colombia è ora in mano al governo, che a questo punto è chiamato a decidere se “continuare con la guerra” o cercare un avvicinamento ai guerriglieri.
In prima persona. “Noi siamo disposti a sederci al tavolo delle trattative, solo dopo che il governo avrà demilitarizzato i dipartimenti del Caquetá e del Putumayo, nella Valle del Cauca, sud-est del paese” e una volta che Uribe avrà sospeso temporaneamente l’ordine di cattura dei membri dello stato maggiore centrale. Questi i presupposti, assieme al venir meno delle operazioni militari in tutto il paese, regolate dal Plan Patriota, finanziato dagli Usa. “L’eventualità di nuovi dialoghi e la ricerca della pace, cui la maggioranza dei colombiani anela, dipenderà da queste condizioni”, ha ribadito Reyes. “Le Farc non accetteranno accordi sotto banco, né informali, né tanto meno colloqui fuori dalla Colombia, finché non ci saranno zone smilitarizzate”. E inoltre i guerriglieri di Marulanda non accetteranno la mediazione di nessuno: “Non delegheremo niente, a nessun amico, a nessuna personalità interessata alla pace. Le discussioni le sosterranno gli stessi guerriglieri, in prima persona”.
“Le Farc sperano che il governo inizi a riconoscere l’esistenza di un conflitto armato”, ha aggiunto. “Come si può credere nella volontà del presidente di trovare soluzioni politiche attraverso il dialogo, se è il primo a non ammette nemmeno la verità, ovvero che il paese vive un conflitto politico e militare da molti molti anni e che l’unica soluzione usata finora per risolverlo è stata la stessa guerra?”.
Un'altra Colombia è possibile. Circa il futuro del gruppo guerrigliero più vecchio della Colombia, Reyes spiega: “Le Farc sono disposte a continuare a lottare per i loro ideali”, e conclude: “Se Uribe non prenderà la via della pace, il confronto militare e politico si acutizzerà, così come il malcontento sociale. La gente sta aspettando la soluzione di problemi impellenti: lavoro, salute, alimentazione, vie di comunicazione. I colombiani vogliono che si dica basta alla corruzione e al paramilitarismo, che continua a mietere vittime tra la gente innocente, a intimidirla, a minacciarla con la compiacenza e la benedizione di Alvaro Uribe”.
Da parte sua, il governo ha detto che vaglierà, con le dovute cautele, il passo delle Farc. Ma la Colombia è sempre più disperata. Da quaranta anni e con oltre 300 mila vittime sul cuore, attende che la si smetta con ripicche e tranelli e finalmente si arrivi a deporre kalashnikov e bombe a mano per costruire una Colombia realmente ‘altra’, realmente migliore.
Stella Spinelli