Quale ruolo, quale peso dare al problema nell' azione complessiva della " Destra radicale " ( uso questo termine, ma ne avrei potuti utilizzare anche altri ) ? Direi di introdurre il tema con una considerazione di Dominique Venner ( personaggio significativo della dr francese ) in risposta alle 'considerazioni' di Alain de Benoist. Afferma Venner " (...) ogni pensiero di 'destra' discende dalla sensazione che gli uomini esistano prima di tutto in quanto portatori di un' eredità collettiva specifica. Idea rifiutata dalla 'sinistra', per la quale ciascun uomo è in sè un inizio, un soggetto autonomo che non deve niente a delle radici, a un' eredità, a una cultura ad una storia. (....) " Eredità ( o radici ) è la parola-chiave della destra (....) ". Riferita a questo specifico contesto la differenziazione ( altrove inutilizzabile) mi sembra accettabile, ed è indubbio che il 'nostro' mondo deve considersi in rapporto 'sociale' non solo con i vivi ma anche con avi e figli non ancora nati. Questa immigrazione è figlia di una suddivisione del lavoro, o meglio della suddivisione di questo in zone economiche , per rendere possibile che esistano luoghi ove si lavori sottocosto ed altri nei quali la logica del plusvalore è portata alle sue estreme conseguenze ( vendendo cioè a sovraprezzo ). Tutto ciò ha come premessa tutto un sistema culturale ( lo stesso che ha in fondo 'gestito' e 'indirizzato' la decolonizzazioine, formato dalle multinazionale americane, l' internazionale social-comunista, sotto l' egida Onu ) che continua a spacciarci tutto questo come inevitabile sbocco della storia, o come 'inevitabile'. Detto questo, che posto dare, al problema nella 'nostra' azione politica ?