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  1. #21
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    Citazione Originariamente Scritto da Sandinista
    Non capisco cosa ci sia di così oscuro. Semplicemente Prachanda ed i compagni hanno voluto chiarire con questo gesto la loro opposizione al sistema castale e feudale induista. Forse potrebbe esserti piùchiaro considerando anche il fatto che l'induismo "rurale", se mi permetti l'esressione orrenda ma pratica, è molto più popolare e meno settario e colto di quelo dei bramini di Kathmandu. Io credo che l'abolizone dell'insegnamento del sanscrito sia statosoprattutto n atto simbolico. Un atto chiarificatore sulle intenzioni rivoluzionarie sociali dei maoisti (per la precisione i guerriglieri nepalesi fanno riferimento ad una corrente recente del marxismo chiamata marxismo-leninismo-maoismo che si inquadra all'interno del Movimento Rivoluzionario Internazionalista e contiene al suo interno i movimenti naxaliti indiani, il partito comunista turco, il partito comunista peruviano-sendero luminoso).
    Spero di averti tolto questo dubbio.

    A luta continua
    Hanno abolito tutte le cerimonie religiose, quindi parlare di induismo "rurale" contrapposto a quello dei bramini mi sembra una semplice forzatura.
    Sarà stato anche un atto simbolico, ma hanno abolito l'uso del sanscrito defindenola una lingua reazionaria, non so se piangere o ridere.
    Giampaolo Cufino

  2. #22
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    Citazione Originariamente Scritto da cornelio
    Hanno abolito tutte le cerimonie religiose, quindi parlare di induismo "rurale" contrapposto a quello dei bramini mi sembra una semplice forzatura.
    Sarà stato anche un atto simbolico, ma hanno abolito l'uso del sanscrito defindenola una lingua reazionaria, non so se piangere o ridere.
    Ma in Nepal il sanscrito è attualmente uno dei simboli del potere reazionario del re e delle caste alte induiste (bramhini e guerrieri). Sono state abolite le cerimonie religiose ufficiali e mediate dalla casta braminica stessa. Non capisco quale sia il paradosso. Probabilmente vediamo la cosa da due punti di vista diversi.

    A luta continua

  3. #23
    Saloth Sâr
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    Dovremmo dedicare uno spazio anche ai guerriglieri Tamil dello Sri Lanka

  4. #24
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    Inserisco qui un articolo ripreso da Peacereporter per portare alla luce tra le altre guerriglie indipendentiste dimenticate, il conflitto nel Baluchistan pakistano. Credo sia doveroso da parte nostra onorare questa guerriglia che da decenni lotta contro il giogo pakistano. Ritengo inoltre che analizzarla sia utile per porre in evidenza due aspetti fondamentali:la prima è la capillarità dell'ingerenza dell'imperialismo americano nella periferia capitalista mondiale, la seconda è mettere in risalto le pecche e gli errori gravi che (purtroppo) l'ala marxista-leninista storica della guerriglia balucia ha commesso negli anni sessanta e settanta abbandonando lentamente ma inesorabilmente la lotta armata e lo scontro militare e irrigidendosi dogmaticamente su delle questioni fondamentali nel confronto tra cultura e nazionalitarismo balucio e ideologia marxista-leninista stretta che hanno portato oggi l'ala moderata e istituzionale del movimentoindipendentista paradossalmente a chidere aiuto a quell'America che sostiene oggi il potere di Musharraf.
    Mi chiedo se Mohamed Iqbal pensasse a questo futuro per il suo Pakistan sessant'anni fa.

    Ecco l'articolo

    I vetri delle finestre della piccola casa dove siamo ospitati tremano per il fragore assordante che risuona ogni mattina nei cieli di Quetta: un rombo così forte che copre perfino il canto del muezzin della vicina moschea. “Sono i Mirage della Paf, le forze aeree pachistane, che decollano dall’aeroporto militare per andare a bombardare le postazioni dei guerriglieri sulle montagne di Dera Bugti e Kholu”, dice Zeeshan offrendoci la colazione: tè nero al latte e uova strapazzate.
    Da dicembre in Pakistan si combatte una nuova guerra di cui nessuno sembra essersi accorto, una guerra che contrappone il potente esercito di Islamabad ai pittoreschi guerriglieri tribali del Balucistan. Hanno il turbante, la barba lunga, gli occhi truccati e il kalashnihov a tracolla. Pregano Allah ma non sono talebani, né fondamentalisti islamici. Forse per questo la stampa mondiale non s’interessa a loro. Scrivono in caratteri arabi ma parlano una lingua simile a quella dei Curdi, popolo di cui condividono, oltre alle lontane origini, anche il destino di ‘nazione senza Stato’ divisa da confini tracciati a tavolino dai colonialisti britannici. I Baluci, pastori e contadini, vivono nell’ovest dell’Iran, nell’estremo sud dell’Afghanistan e soprattutto qui nelle regioni desertiche del Pakistan occidentale, cuore storico del loro regno tribale, rimasto sostanzialmente indipendente fino alla nascita del Pakistan nel 1947.

    La storia di un conflitto che dura da sessant’anni. “Fu allora che i Punjabi che dominavano il neonato Stato islamico decisero di annettere con la forza delle armi la nostra regione, ricchissima di risorse naturali (gas, petrolio, minerali preziosi) e strategica per la sua lunga costa sul Mare Arabico, proprio davanti alle rotte del petrolio mediorientale”, spiega Surat Khan Marri, anziano intellettuale e scrittore che vive a Quetta e che da sempre si batte per l’indipendenza del Balucistan. “Provammo a resistere, ma fu inutile: la nostra terra venne sottoposta a un regime di occupazione militare e di selvaggio sfruttamento di tipo coloniale. Negli anni ’50 il gas del giacimento di Sui iniziò a fluire verso il ricco Punjab, senza che a noi venisse dato nulla in cambio. Il Balucistan venne saccheggiato delle proprie ricchezze rimanendo una regione povera, arretrata, senza infrastrutture, né servizi sociali di alcun genere. Alla popolazione locale non furono lasciati nemmeno i posti di lavoro nei nuovi impianti: tutte le mansioni qualificate vennero assegnate a ‘coloni’ Punjabi; a noi non rimaneva che fare gli autisti, i guardiani, i meccanici. Questa situazione – spiega Marri sorseggiando il suo tè al latte – fece nascere tra i Baluci un sentimento nazionalista e indipendentista, e iniziarono le prime rivolte organizzate dai capi delle tribù Marri e Bugti, quelle delle regioni attorno a Sui. Negli anni ’50 e ’60 il potente esercito pachistano non ebbe difficoltà a schiacciare la nascente guerriglia nazionalista balucia. Negli anni ’70 però le cose cambiarono: l’Unione Sovietica era interessata alla nascita di uno Stato Balucio amico che desse a Mosca uno sbocco sulle ‘acque calde’. Per non parlare dell’India, sempre pronta a indebolire il suo nemico storico. Con il loro aiuto il nostro movimento guadagnò forza. Ma il Pakistan e gli Stati Uniti non rimasero a guardare: scatenarono contro di noi una guerra totale; bombardarono con il napalm i nostri villaggi, uccidendo migliaia di civili. Nessuno si ricorda di quella guerra perché fu spudoratamente censurata dai mass media occidentali. In quegli anni Henry Kissinger arrivò a dire: ‘Non riconoscerei l’esistenza della questione balucia nemmeno se mi colpisse dritta in faccia’. Da allora la situazione qui in Balucistan non ha fatto che peggiorare: il governo ha avviato nuovi progetti di sfruttamento, ha costruito caserme e militarizzato il territorio e ha iniziato a perseguitare gli attivisti baluci, migliaia dei quali sono semplicemente scomparsi nel nulla. Negli anni ’80 e ’90 il nostro movimento era troppo indebolito per continuare la lotta armata, quindi abbiamo imboccato la strada della lotta politica e sindacale. Abbiamo provato la via della protesta non violenta. Abbiamo cercato di trattare con il regime militare di Musharraf, ma non abbiamo ottenuto nulla: solo repressione e nuove provocazioni. Finché la parola è tornata alle armi”.

    La riesplosione del conflitto armato dopo trent’anni di tregua. Per capire come e perché, dopo quasi trent’anni di relativa calma, si sia tornati a combattere siamo andati a trovare Yar Jaan Badini, direttore del settimanale Balochistan Today, pubblicazione che sostiene la causa del popolo balucio.
    “Negli ultimi anni l’atteggiamento del governo si è fatto sempre più aggressivo e provocatorio. La mano d’opera locale impiegata negli impianti di Sui e negli altri cosiddetti ‘progetti di sviluppo’ è stata licenziata e sostituita con lavoratori Punjabi fatti arrivare da Islamabad, Lahore e Karachi. Sono seguiti scioperi e proteste, regolarmente ignorati o repressi dalle autorità. Così sono iniziati gli atti di sabotaggio contro i gasdotti governativi. Per proteggerli, il governo ha costruito tre nuove grandi basi militari. E soprattutto sono iniziati i lavori, in collaborazione con i cinesi, per il megaporto commerciale di Gwadar, sulla costa balucia: un progetto enorme che in prospettiva creerà almeno quattro milioni di posti di lavoro, tutti riservati a manodopera proveniente dal Punjab. Nel 2004 i partiti baluci hanno chiesto al governo di smantellare le basi militari e di rispettare la Costituzione federale pachistana, facendo partecipare la nostra provincia alla gestione e agli utili dei progetti di sfruttamento delle risorse locali. Ma il governo non ne ha voluto sapere. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata, nel gennaio 2005, la violenza sessuale subita da una dottoressa locale, Shazia Khalid, da parte di un ufficiale dell’esercito. Le tribù locali, in base al codice d’onore balucio, hanno preteso che il responsabile venisse punito, ma lo stesso Musharraf ha pubblicamente difeso il militare colpevole. Una vicenda perfettamente emblematica della nostra situazione: impunemente stuprati dai Punjabi. Nelle settimane successive si sono moltiplicati gli attacchi alle caserme e ai gasdotti. Finché a marzo l’esercito ha risposto bombardando Dera Bugti con una pioggia di granate, uccidendo 72 persone, in maggioranza donne e bambini, e ferendone oltre 200. Questo non ha fatto che infiammare la situazione, che alla fine è esplosa a metà dicembre 2005, quando – in risposta al lancio di alcuni razzi in occasione di una visita di Musharraf – il governo ha ordinato un’offensiva militare su vasta scala nelle regioni dove operano le due tribù baluce più combattive, i Bugti e i Marri. Da allora, nei distretti di Dera Bugti e Kholu, è guerra aperta. Si contano già trecento morti tra i baluci e decine tra i soldati e la situazione sembra peggiorare di giorno in giorno”.

    Parla il braccio destro del maggiore capo guerrigliero. Ce lo conferma Agha Shahid Bugti, portavoce del leader indipendentista e capo guerrigliero Nawab Akbar Bugti. “Contro di noi usano l’aviazione, gli elicotteri da combattimento, i carri armati e l’artiglieria pesante. Tutta la tecnologia militare che gli americani hanno dato a Musharraf per combattere al Qaeda, lui la sta usando contro di noi, uccidendo uomini, anziani, donne e bambini. Abbiamo trovato cadaveri bruciati in modo tale da far pensare all’utilizzo di bombe incendiarie: napalm, fosforo o chissà cosa. Per farvi capire la situazione voglio raccontarvi una storia successa di recente: l’11 gennaio un camion militare dei Frontier Corps salta su un mina vicino al piccolissimo villaggio di Pattarnala. Tre soldati, rimasti gravemente feriti, muoiono durante la notte. Mezz’ora dopo i loro compagni decidono di vendicarsi, arrestando tutti gli uomini adulti che trovano a Pattarnala, dodici in tutto. Il mattino dopo la televisione nazionale dà la notizia di dodici ‘miscredenti’ uccisi in combattimento. Le donne del villaggio vanno subito al forte dei Frontier Corps per reclamare i corpi dei loro uomini. Ma non vengono nemmeno fatte entrare. Ci riprovano il giorno dopo, ma con lo stesso risultato. Così il 14 gennaio vanno al forte due anziani del villaggio, ma non fanno più ritorno. L’indomani i militari restituiscono i dodici cadaveri più i due degli anziani: tutti uccisi con un colpo ravvicinato alla testa: giustiziati! Questo dà l’idea di quello che sta succedendo”.

    “La questione balucia si risolve solo con fine della dittatura in Pakistan”. Kachkol Ali è il leader dell’opposizione nazionalista balucia al Parlamento Provinciale del Balucistan. “Finché il Pakistan sarà governato da una dittatura militare, finché a comandare sarà l’esercito, non sarà possibile stabilire nessun dialogo con le autorità, dato che per i militari esiste solo un modo per risolvere i problemi: la forza. Le rivendicazioni del popolo del Balucistan potrebbero essere risolte semplicemente attuando la Costituzione federalista pachistana del 1973, che oggi è lettera morta, posto che il federalismo è assolutamente incompatibile con un regime militare, che per sua natura concepisce solo un’organizzazione centralistica del potere. Quindi torniamo sempre lì: il vero ostacolo è rappresentato dalla dittatura militare. Solo un governo civile e democratico potrà risolvere il problema balucio. Per questo chiediamo il sostegno dell’Occidente, dell’Unione europea e soprattutto degli Stati Uniti. Non in nome di astratti ideali: non siamo ingenui e sappiamo che gli americani non si muovono per promuovere la democrazia o il diritto di un popolo all’autodeterminazione. Noi facciamo appello al loro stesso interesse, poiché il regime di Musharraf non solo non sta facendo nulla per combattere il terrorismo, ma con il progetto cinese di Gwadar – che non sarà solo porto commerciale ma anche militare – darà al regime di Pechino la possibilità di posizionare la sua nuova flotta da guerra nelle ‘acque calde’ e petrolifere del Mare Arabico. Non penso che questo convenga a Washington”.

    A luta continua

  5. #25
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    Citazione Originariamente Scritto da Saloth Sâr
    Dovremmo dedicare uno spazio anche ai guerriglieri Tamil dello Sri Lanka
    Sulle Tigri di Liberazione del Tamil Eelam e sui movimenti di rivoluzione sociale nello Sri Lanka (come lo JVP) credo sia intanto opportuno riportare un fatto, due nomi e un simbolo tanto per cominciare visto che il discorso e la storia delle Tigri e non solo è molto lungo e complicato.

    Il fatto è questo: nel 1983 una delle prime azioni di guerriglia delle tigri tamil fu l'attacco di una pattuglia dell'esercito singalese con un imboscata. Morirono 13 soldati singaese. La risposta dei singalesi (detentori di un potere assoluto nello Sri Lanka, dove la lingua ufficiale è il singalese, la religone ufficiale è il buddhismo che è la religione singalese e al governo la rappresentanza tamil era ed è tutt'oggi risibile) fu un pogrom di stampo xenofobo di circa 6000 tamil in un vero e proprio atto di pulizia etnica sotto l'occhio compiaciuto dell'esercito. Il fatto è nudo e crudo senza molti commenti, credo sia sufficiente questo intanto per poter aprire un dibattito.

    I nomi che faccio sono due.
    Il primo è Rohana Wijewera il Che Guevara d'oriente, leader del movimento rivoluzionario JVP operante nel sud del paese (dove il governo centrale è più forte) morto nel 1999 per mano dell'esercito singalese.

    Il secondo è Vellupillai Prabhakaran il leader ed il fondatore delle Tigri Tamil.


    Infine il simbolo che riassume la lotta del popolo tamil per la sua giusta autodeterminazione

    La bandiera della nazione e del popolo tamil.

    A luta continua

  6. #26
    alfredoibba
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    Onore ai Tamil.

  7. #27
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    Predefinito rohana wijeweera:l'Ernesto Guevara d'Oriente

    Nell'obiettivo di fornire approfondimenti ed informazioni su personaggi, movimenti e guerriglie nel mondo posto qui una brevissima biografia di Rohana Wijeweera, il guerrigliero fondatore del JVP (Fronte di Liberazione del Popolo) che dal 1965 si batte per la giustizia sociale e socialista nello Sri Lanka.

    Rohana Wijeweera
    Dirigente e fondatore del JVP

    Il 13 novembre del 1989, il fondatore dirigente del Fronte di Liberazione del Popolo venne ucciso barbaramente dalle forze di polizia dello Sri Lanka. Da due anni il JVP aveva ingaggiato una lotta senza quartiere contro un governo dittatoriale di destra che, appena giunto al potere, aveva abolito la costituzione, soppresso i fondamentali diritti democratici, messo fuori legge la sinistra rivoluzionaria. Sul piano economico - sociale la destra aveva imboccato la via di un neoliberismo selvaggio fatto di privatizzazioni e di misure antipopolari che svendevano l'economia del paese alle multinazionali e all'imperialismo. Con l'appoggio della sinistra opportunista la dittatura aveva portato il paese sull'orlo del collasso e all'affamamento delle masse popolari. Assieme alle ingiustizie, crescevano le ricchezze della borghesia compradora. Stanchi di 10 anni di tirannia capitalista nel 1987 il proletariato e la gioventù dello Sri Lanka iniziano una lotta con scioperi e mobilitazioni. Il governo rispose con lo stato d'emergenza e la persecuzione più feroce.


    Ai comunisti non restava che passare alla resistenza armata popolare alla quale il governo rispose con la ferocia, il piombo e gli squadroni della morte. Per due anni nello Sri Lanka fu il teatro in cui si affrontarono faccia a faccia la controrivoluzione e la rivoluzione di cui il JVP è stata guida indiscussa. Due anni di fuoco in cui persero la vita, vittime del terrore controrivoluzionario quasi 60.000 giovani, operai e contadini. L'assassinio a sangue freddo del massimo dirigente del JVP Rohana Wijeweera, il 13 novembre 1989, fu l'atto conclusivo dello sterminio reazionario.



    Wijeweera era in netto disaccordo e contrsto sin dal periodo dei suoi studi universitari (medicina) a Mosca presso l'Università Lumumba con la politica imperialista sovietica, cosa che gli costò l'espulsione dall'URSS e da allora l'ostilità di Mosca.Riuscì a mobilitare per la sua lotta giovani studenti, disoccupati, ragazzi delle campagne facendo del Fronte di Liberazione del Popolo un movimento giovane e dinamico, non dogmatico e pieno di energie vitali. Il governo dello Sri lanka ebbe nella sua lotta contro i guerriglieri dello JVP l'appoggio di diversi stati del contnente tra cui l'India e il Pakistan ma anche (e qui ritorna la teoria dell'imperialismo unitario) i discreti aiuti di USA e URSS.
    A mio parere l'errore grave di questo idealista fu il non cercare una base programmatica di lotta e di sostegno con le Tigri Tamil di Prebacaran, ed anzi talvolta addirittura le due parti si ritrovarono in aperto conflitto cosa che fiaccò ed indebolì entrambe le parti ma soprattutto lo JVP già obbligato a far fronte ad un fronte nemico di così vasta portata. Gli errori tattici si pagano e nel caso di Rohana Wijeweera il costo degli errori è stato la morte da parte dello stato reazionario dello Sri Lanka.
    Questo non toglie che Rohana Wijeweera sia tutt'ora una delle figure più popolari presso le masse povere e ai margini della periferia capitalista dello stato singalese.
    Onore al che Guevara d'oriente.


    A luta continua

  8. #28
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    Sri Lanka - Nuovo scontro: per le Tigri Tamil uccisi 22 soldati
    Le ribelli Tigri Tamil hanno dichiarato stamane di aver ucciso 22 soldati in uno scontro nello Sri Lanka orientale. Secondo l'esercito invece le vittime sarebbero molte meno, anche se alcune truppe mancano ancora all'appello. Uno dei capi tamil ha affemato che i ribelli hanno ucciso alcuni dei militari che si erano addentrati nel loro territorio e ne hanno catturati altri. Se confermato, sarebbe lo scontro che, singolarmente, ha fatto più vittime militari dal cessate il fuoco del 2002 con cui si è conclusa una guerra civile durata vent'anni. © peacereporter
    Giampaolo Cufino

  9. #29
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    Predefinito la concolta indipendentista corsa

    "Definire liberamente e armoniosamente le regole e i principi che reggeranno la società corsa del domani, la Corsica Indipendente
    Sono le parole che ostacolano e i nazionalisti non hanno mai esitato a metterle avanti, non per semplice gusto della provocazione, ma perché esse veicolano ciò per il quale noi ci battiamo da sempre, la nostra identità nazionale.
    I Corsi hanno sempre avuto un forte attaccamento a questa identità, e ciò malgrado la potenza devastatrice del sistema educativo francese. Chi non ricorda i racconti di un nonno che ripensa alle bacchettate inflitte dall’istitutore ogni volta che una parola corsa gli scappava durante la lezione? Ovunque si siano trovati nel mondo , anche al tempo in cui costituivano lo zoccolo della politica coloniale francese, i Corsi hanno sempre sentito il bisogno di ricostituire una comunità intorno a una identità sempre rinnovata. Nazionalisti, quando noi ci siamo affermati come tali, all’inizio degli anni ottanta, il termine ha provocato delle vere agitazioni, scioccando anche dei grandi spiriti che vi hanno visto a sproposito perfino il risorgimento di in irredentismo, o ancora i segni del peggiore dei tradimenti verso la "nazione-madre", la sola che meriti, la Francia...
    Vent’anni dopo, e che vent’anni nella storia di un Popolo, tutte le rivendicazioni del nazionalismo corso sono oggi riprese, senza paura e senza vergogna verso l’insieme degli uomini politici corsi, i più fedeli alla Francia e al sacrosanto principio dell’indivisibilità della Repubblica.
    Tutti parlano oggi di statuto fiscale derogatorio, d’insegnamento della lingua corsa, di POSICOR, vedere il riconoscimento del Popolo Corso, che la maggioranza tra loro ha votato nel 1988.
    Inoltre, questo nazionalismo, che ispirava tante paure ai suoi inizi, ha raccolto alle due ultime elezioni territoriali, più del 25% dei voti espressi nel 1992 e quasi altrettanto all’ultimo scrutinio malgrado tutti gli attacchi di cui è stata fatto oggetto. In questa fine di secolo, ci sono diverse migliaia di Corsi che affermano forte e chiaro la loro volontà di fare rinascere la sola Corsica, che merita, che esiste e per la quale ci si batte, la Corsica Nazione, libera e sovrana.
    Può sembrare ridicolo agli occhi dei tecnocrati parigini, è in ogni caso sufficiente affinché rinasca la Corsica di Paoli e di Sanbucucciu. Oggi la Concolta Nazionalista Ha deciso d’affermare chiaramente la sua scelta d’indipendenza nazionale della Corsica, come la sola applicazione concreta delle riflessioni portate avanti da qualche anno intorno agli spazi di sovranità, necessari alla sopravvivenza del Popolo corso. Questa scelta permette così di togliere ogni ambiguità su di un nazionalismo che avrebbe potuto accontentarsi di surfare sulle onde di un regionalismo alla francese, senza osare di affrontare il problema reale dell’esercizio della sovranità da parte di questo Popolo. La verità è che lo Stato Francese ha fatto di tutto da qualche anno per respingere questa scadenza e per impedire che la Costituzione la consenta, sullo zoccolo della rivendicazione dell’Indipendenza Nazionale da parte di una vasta unione popolare. Non ha esitato ad usare i mezzi più bassi allo scopo di distruggere il Movimento Nazionale, ma i fatti sono là, esso ha fallito. La scelta dell’indipendenza nazionale permette anche al Movimento Nazionale di diffondere i temi maggiori che sono i nostri e che daranno gli strumenti ai Corsi di determinarsi in tutta coscienza non per una separazione dalla Francia ma per una evoluzione reale la sola che darà loro e solo a loro le possibilità e i mezzi d’esercitare pienamente e liberamente l’insiema dei loro diritti e di concretizzare le loro scelte in tutte la sfere della vita di una nazione, politiche, economiche internazionali, sociali e culturali. La Concolta Indipendentista avrà a cuore nei mesi futuri di lavorare all’elaborazione con tutti i nazionalisti che desiderano, di un progetto politico coerente che sarà sottomesso all’approvazione del nostro Popolo.I Corsi devono allontanarsi dalla ricerca di uno stato di diritto fabbricato da altri e imposto con la forza, per attaccarsi a definire liberamente e armoniosamente le regole e i principi che reggeranno la società corsa del domani, la Corsica Indipendente.
    CONCOLTA INDIPENDENTISTA L’INIZIO DI UN’ERA
    La scelta fatta da più di duecento militanti di cambiare la denominazione della Concolta Nazionalista non risponde né a un fenomeno di moda né a un tentativo di creare un avvenimento madiatico di circostanza.
    Corrisponde alla necessità, per il Movimento Nazionale, da quando il Popolo Corso ha rinforzato e ancorato la sua legittimità con lo scrutinio dei territoriali, di passare a una tappa superiore, quella della definizione di un quadro politico che contiene l’insieme delle nostre proposte per la Corsica del domani. Abbiamo la convinzione che il solo accesso all’ Indipendenza nazionale ha il carattere di dare al Popolo Corso la padronanza dell’insieme dei suoi diritti nazionali. L’inganno consisterebbe nell’affermare che domani il riconoscimento del Popolo Corso sia ammessa dalla Francia senza che siano presi in considerazione i diritti inalienabili che vi sono annessi. Ogni volta che la Francia è stata costretta a decolonizzare, essa ha obbligatoriamente riconosciuto il fatto coloniale, valutato la riparazione storica che ne consegue, contribuito al ristabilimento dell’esercizio della sovranità delle nazioni interessate.
    La rivendicazione d’Indipendenza che è la nostra ha dunque come doppia finalità, di convincere per la via democratica il Popolo corso della necessità di dotarsi dei soli strumenti suscettibili di garantirgli un avvenire di pace e di prosperità, e di portare la Francia ad impegnarsi in un processo di decolonizzazione che permetterà la fine della violenza politica.
    CORSICA NAZIONE
    Corsica Nazione è organizzata localmente in "Cumitati di Rughjoni", comitati di regioni che coprono l’insieme del territorio corso e riuniscono diverse migliaia di aderenti.
    Nel 1992 e nel 1998, CORSICA NAZIONE è stata presentata sul piano elettorale. Malgrado la frode e un corpo elettorale composto in gran parte di elementi non locali, CORSICA NAZIONE ha totalizzato il 10% dei voti al momento dell’elezione dell’assemblea di Corsica nel marzo scorso. Essa dispone oggi di un gruppo di cinque eletti in questa assemblea e di numerosi eletti municipali in diversi comuni della Corsica. Accanto a CORSICA NAZIONE, delle organizzazioni sindacali e associative lavorano sul terreno sociale: A Federazione di i Travagliadori indipendenti (FTI), l’Associu Corsu di a Salute (ACS), l’Unione di i Travagliadori Corsi (UTC), l’Associu di i Consumatori Corsi(ACC).
    RIEDIFICARE I FONDAMENTI DELLA NAZIONE

    CORSICA NAZIONE è un movimento popolare che si da per scopo la ricostruzione dei fondamenti della Nazione Corsa.
    La riflessione, le proposte e l’azione sono affidate ai Cumitati di Rughjoni, auto-organizzazioni di popolo corso dirette a favorire l’esercizio della democrazia diretta.
    Il rifiuto dello stato francese d’intraprendere una soluzione negoziata rivela che esso è pronto a tutto per farla finita con il Popolo Corso. Questa situazione deve essere portata a conoscenza delle istanze internazionali affinché esse sappiano che sorte è riservata al nostro popolo.
    IL PROGETTO POLITICO DI CORSICA NAZIONE

    Si tratta di un progetto di sovranità di cui tutte le proposte mirino a spezzare i legami di dipendenza e porre il Popolo Corso nella situazione di scegliere liberamente il suo destino compreso se la si auspica attraverso l’Indipendenza Nazionale piena e intera. Queste proposte si articolano intorno a quattro rivendicazioni fondamentali :
    Riconoscimento del Popolo Corso :
    Dalle loro elezioni, gli eletti di CORSICA NAZIONE all’Assemblea di Corsica hanno depositato una mozione in questo senso. Quest’ultima che deve essere esaminata a settembre, può, nel caso venga adottata costituire il preludio a una soluzione politica portatrice di pace
    Sviluppo economico:
    CORSICA NAZIONE raccomanda uno sviluppo economico identitario e controllato dai Corsi con l’ausilio di due strumenti specifici che sono lo statuto fiscale e il codice degli investimenti.
    Sviluppo Culturale:
    CORSICA NAZIONE milita in particolar modo per l’insegnamento della lingua corsa e per la sua ufficializazzione.
    Sviluppo Istituzionale:
    Avendo lo statuto attuale mostrato i suoi limiti, è indispensabile modificare il quadro istituzionale corso, sopprimendone i consigli generali e aumentandone in modo significativo le Prerogative dell’Assemblea, dandogli così delle capacità legislative che gli conferiranno i primi attributi della nostra sovranità.
    SITO INTERNET
    Da più di un anno, CORSICA NAZIONE è su INTERNET. Ci si può connettere componendo l’indirizzo seguente:
    www.corsica-nazione.com
    Visitate il nostro sito che, a parere degli informatici e degli utenti, è rapido e presentato in modo attraente.
    MOZIONE DEPOSITATA DAL GRUPPO CORSICA NAZIONE DAVANTI ALL’ASSEMBLEA DI CORSICA
    MOZIONE SEMPLICE
    Considerato che la questione del riconoscimento del Popolo Corso è al centro di ciò che si è soliti definire "il problema corso ".
    Considerato che dalla risposta che vi sarà data deriveranno degli orientamenti in materia economica, culturale e sociale.
    Considerato che questa questione ha in forte valore politico e simbolico.
    Considerato ch’essa condiziona specialmente la fine della violenza politica.
    Considerato che il riconoscimento del Popolo Corso è stato votato dal 1988 dall’Assemblea di Corsica e nel 1991 dal parlamento francese stesso.
    Considerato che la volontà politica affermata da queste due istituzioni non può vedersi opposta la posizione del Consiglio Costituzionale, organismo senza legittimità popolare.
    Considerato che lo stato attuale della Costituzione francese non può, in ogni modo, costituire un ostacolo serio, essendo sempre prevista, se il caso lo richiede, un procedimento di revisione.
    L’ASSEMBLEA DI CORSICA
    Richiede solennemente al governo francese di mettere in opera ogni percorso che conduca al riconoscimento giuridico del Popolo Corso tale come è stato definito dalla deliberazione del 1988.
    FEDERAZIONE DEI TRAVAGLIADORI INDIPENDENTI (F.T.I.)

    La parola al segretario generale
    Presente sul terreno ogni volta che ciò era necessario, spesso a l’iniziativa di operazioni comuni all’insieme del paesaggio socio-professionale (conflitto SNCM, POSEICOR, conflitto dei pescatori, piattaforma di resistenza, cellula di crisi contro le misure Juppé, ...), in contesti a volte molto difficili, la F.T.I. ha ritirato la sua missione di federare gli attori economici corsi. Missione che consiste essenzialmente nel prendere in considerazione l’interesse del numero più grande a detrimento di ogni pratica corporativista o di categoria.
    La F.T.I. si è ugualmente preoccupata al problema sociale intervenendo da quando è possibile per ristabilire il dialogo prima che ne derivi un conflitto.
    La F. T. I. continuerà ad esercitare questo lavorodi fondo in ogni circostanza, anche se in passato non ha sempre ricevuto il sostegno militante che ci si aspettava ( occupazione del "Danielle Casanova" ).
    I mesi che verranno saranno molto difficili per l’economia della Corsica. Secondo le cifre del tribunale del commercio, se si applica in Corsica il diritto alla lettera, l’80% delle società saranno costrette a depositare il loro bilancio.
    L’assenza di un quadro economico adatto alla realtà della nostra isola si fa crudelmente risentire. Tutte le misure adottate fini ad ora si presentano, come avevamo annunciato, totalmente inefficaci.
    La F.T.I. dovrà, nel prossimo futuro, pesare con tutto il suo peso sui decisionisti. Ma non sarà sufficiente. Solo una volontà politica fortemente affermata potrà dare impulso al cambiamento istituzionale tale da salvare la nostra economia.
    Un altro bisogno si fa sentire in seno alla F.T.I., tra i nostri aderenti, alcuni auspicano che la federazione possa ugualmente funzionare come un sindacato tradizionale. Perché no ! Ciò necessiterebbe di una strutturazione differente che solo l’Assemblea generale potrà decidere.
    Il dibattito è aperto e potrà proseguire nelle giornate internazionali a Corti il 7, 8 e 9 agosto. In quella occasione noi invitiamo tutti i socio-professionali a raggiungerci per costruire questo dialogo. Per ciò che ci concerne, siamo pronti a partecipare rispondendo a tutte le domande che vorrete porci.
    La F.T.I. vuole qui rendere un ultimo omaggio alla memoria del nostro fratello Nunziu GRISONI recentemente scomparso e che è stato uno dei pilastri della nostra federazione.
    ASSOCIU CORSU DI A SALUTE
    L’Associu Corsu di a Salute, che riunisce professionisti della sanità, dei campi medici e paramedici, è stata creata nel 1988 e ha sviluppato in questi ultimi dieci anni, una riflessioni collettiva sull’organizzazione nel campo della sanità, incluso nel programma politico di Corsica Nazione.
    Dal 1992 al 1998, diversi temi fondamentali, che vanno dalla prevenzione alla valutazione dei bisogni e delle politiche della sanità così come lo studio delle determinanti della sanità, sono state affrontate e uno schema globale di organizzazione della sanità è stata proposta.
    Peraltro, l’A.C.S. ha realizzato un’inchiesta soggettiva sulla percezione dei problemi della tossicomania in Corsica, vicino a un migliaio di giovani dai 12 ai 25 anni, così come diversi incontri e colloqui sullo stesso tema.
    Le numerose prese di posizione e azioni portate avanti dall’A.C.S. s’inseriscono deliberatamente in un cammino pragmatico visto che la sanità è un bene troppo prezioso per essere sacrificato a logiche d’interessi particolari o a fantasmi ideologici dogmatici e manichei.
    Checché ne sia, e al di là della semplice constatazione delle incoerenze e delle pesantezze del sistema esistente, è fondamentale che in materia di Sanità Pubblica, come in molti altri campi, professionisti e tecnici siano già all’opera e partecipino, con l’insieme delle forze vive della nostra Nazione, all’elaborazione di progetti coerenti per la Corsica del domani, in una prospettiva sempre riaffermata di Sovranità e d’Indipendenza nazionale.
    PATRIOTTU

    Eredi di A RISCOSSA, poi di A RISPOSTA, creata nel 1991, l’Associu PATRIOTTU ha per vocazione di venire in aiuto ai prigionieri politici corsi, alle loro famiglie, e ai ricercati.
    Essa denuncia la repressione permanente ed oltranzista dello Stato francese che rinnega i suoi propri impegni in materia di Diritti dell’Uomo quando deve trattare la questione corsa.
    Questa repressione si traduce in: pestaggi di santa ragione, e altre forme di sevizie poliziesche,
    delle deportazioni, dei regimi di detenzione che comportano un arsenale di misure di sorveglianza e di controllo umilianti. Una dispersione di prigionieri politici in numerose prigioni della regione parigina rendendo la visita delle famiglie e l’esercizio della difesa molto difiicile. A ciò si aggiunge l’obsolescenza delle celle, la mancanza d’igiene, un cibo spesso immangiabile la privazione di attività sportive e intellettuali. Inoltre e sopratutto, le misure d’isolamento e il divieto di parlare tra prigionieri politici corsi, li mettono nell’impossibilità di comunicare tra loro.
    Con ormai svariati centinaia di arresti, lo stato francese, per mezzo della famigerata quattordicesima sezione anti-terrorismo, ha dimostrato che agli antipodi dei principi ch’essa pretende di difendere in tutto il mondo, e in contraddizione totale con i suoi precedenti impegni, essa intende ridurre, attraverso la forza brutale di una repressione generalizzata, l’aspirazione naturale di una comunità ad essere essa stessa.
    Davanti a questo accanimento, PATRIOTTU intende rinforzare i sentimenti di solidarietà che condividono i Corsi per essere ancora meglio ancora in grado di venir in aiuto delle famiglie sia da un punto di vista morale che materiale. Questo aiuto, questa solidarietà sono uno scudo contro le pratiche dello stato francese che tenta di destabilizzare il Movimento Nazionale d’isolare i militanti carcerati e ricercati. Grazie a vendita di materiali e serate diverse che organizza, l’associazione può così venire in aiuto ai prigionieri e alle loro famiglie. Ogni mese viene mandato un vaglia ad ogni prigioniero.
    L’Associu PATRIOTTU apporta anche un sostegno materiale importante assumendosi le spese del procedimento, del viaggio delle famiglie e degli avvocati. Questi ultimi assicurano la difesa politica dei patrioti imprigionati senza compenso. Dobbiamo ringraziarli per la loro presenza, la loro dedizione, e la loro competenza.
    Al di là del compito che è il suo, l’associu PATRIOTTU ha una sola ambizione: Scomparire ! Questa scomparsa testimonierà allora l’avanzata significativa di una lotta identitaria che vedrà i militanti nazionalisti imprigionati e ricercati ritrovare i loro (parenti) in una pace alla quale aspiriamo tutti.
    CORSICA VERDE
    GLI INCENDI:
    Da decenni la Corsica brucia e il flagello perdura. Tutto è stato detto e sono state fatte delle constatazioni. I discorsi, le discussioni, le eterne ridondanze all’indomani delle catastrofi ecologiche non hanno mai sortito effetti. Lo scenario è sempre lo stesso e gli attori di questo dramma dai troppi numerosi episodi sono inamovibili. Gli annessi e i connessi sono conosciuti da tutti (speculazione fondiaria, pastorizia, cacciatori, discariche selvagge, industria del fuoco, ecc...). La Corsica brucia perché i custodi del patrimonio sono spariti e il deserto avanza con in capo il Sahara. Ecco l’eredità che lasceremo alle generazioni future se l’immobilismo e lo status quo persistono. Oggi serve un cambiamento radicale di politica in materia di lotta contro il fuoco. Da qui la necessità di un piano d’azione globale che si organizzi intorno agli assi principali per:
    - la presa in considerazione delle diverse cause identificabili degli incendi accompagnate da una messa in opera delle risposte corrispondenti
    - sensibilizzare il nostro popolo
    - finirla con l’annacquamento delle responsabilità: una riforma strutturale con l’unificazione della lotta e della prevenzione sotto la sola responsabilità dell’assemblea territoriale, è indispensabile tanto quanto la creazione di un corpo corso di lotta e di prevenzione contro gli incendi;
    - organizzare all’Assemblea Territoriale una conferenza permanente di prevenzione e di lotta contro gli incendi, aperta a tutti i protagonisti dello spazio rurale. La difesa dell’ambiente dunque, del manto vegetale non vuol dire rifiuto de sviluppo; al contrario essa deve essere complementare dell’economia. l’insieme dei protagonisti della ruralità che deve partecipare sul terreno alla ricostituzione de "L’Isola Verde"
    - Creare un’Agenzia Fondiaria che permetta l’acquisto o l’affitto di terre da parte di giovani agricoltori desiderosi d’installarsi all’interno.
    - Esigere il trasferimento dei bilanci all’Assemblea Territoriale al fine di favorire la prevenzione e lo sviluppo rurale, elementi intimamente legati specialmente nell’ambito : di realizzazione di rompifuoco per pascoli la cui manutenzione è affidata agli agricoltori, la pianificazione di piccoli ristagni d’acqua e l’ampliamento di reti d’irrigazione, ristrutturazione degli approdi dei villaggi, incoraggiando la creazione di piccole imprese.
    - Impegnarsi, senza esitare, una riflessione globale sul trattamento dell’immondizia
    - Rendersi conto del rischio degli incendi per l’urbanizzazione al momento dell’elaborazione del P.O.S.;
    La soluzione è situata nella prevenzione, la guerra del fuoco è rovinosa e inefficace. Certamente, per assumere per raggiungere il certi mezzi sono ancora necessari. Bisogna tuttavia dare la priorità a un intervento rapido e leggero su i fuochi nascenti.(HBE). In materia d’incendio, prevedere è anticipare, ma tutto ciò dipende dalla volontà politica."

    Solidarietà al popolo corso, a Pascual Paoli e ai patrioti corsi.



    A luta continua

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