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  1. #71
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    Sta soria del Gran Muftì, del filoislamismo di alcuni nazionalsocialisti, ecc... ha stufato.

    1° parliamo di 60 anni fa
    2° parliamo di quando Inglesi e Francesi occupavano i territori dell'ex Impero Ottomano
    3° è una questione del tutto marginale per il nazismo che certuni, ingigantiscono per dare sostegno alle loro tesi

    Per quel che riguarda Evola e l'Islmam:

    1° Mutti è mussulmano, quindi parecchio di parte
    2° Evola rintracciò in alcuni elementi dell'Islam (x es il concetto di Guerra Santa) dei richiami alla tradizione, tuttavia, ciò è ben lontano da definire l'Islam in toto erede della Tradizione (un legame più diretto si ha per i sufi che però sono una piccola minoranza, spesso considerata eretica). Anche perchè gli elementi "tradizionali" dell'Islam si ritrovano anche nel cristianesimo

  2. #72
    Saloth Sâr
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    Arjuna, ma il Cattolicesimo è caduto oramai sotto i colpi della peste protestante e del giudaismo massonico

    La forza Tradizionale dell'Islam sta nella totale sottomissione del credente a Dio e quindi al conseguente annientamento dello spirito e del pensiero illuminista-materialista che ha infettato la nostra civiltà

    L'Islam oramai rappresena l'unica alternativa allo stile di vita occidentale, a questa società materialista e capitalista

    L'uomo occidentale, schiavo del sistema capitalistico, vive immerso nell'oblio, costretto a sostenere ritmi quotidiani innaturali che lo hanno reso la negazione dell'essere.

    I musulmani invece sono pronti, tutti, ad immolarsi sulla via di Dio senza esitazione ! La loro fede è più forte delle armi degli oppressori....

    I musulmani amano la morte sul sentiero di Allah come i miscredenti amano la vita.
    Questo è lo spirito che serve a noi !


    D'altonde fu proprio Adolf Hitler a dire:

    "L'Islám e l'Europa sono due mondi destinati ad incontrarsi; entrambi infatti hanno in comune alcuni valori fondamentali da difendere e hanno a che fare con gli stessi nemici: il razionalismo e il materialismo, l'oscurantismo democratico, l'ateismo marxista e capitalista, l'azione del sionista sfruttatore"

    Eh...

  3. #73
    Forumista senior
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    'il soldato tedesco ha stupito il mondo, il bersagliere italiano ha stupito il soldato tedesco' E. Rommel
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    saloth mi dici ALMENO UN elemnto in comune tra la tradizione Indoeuropea e quella Semita di cui l ' Islam ne fa parte ??

    ps: non fa il copia&incolla degli articoli di Mutti..anche perchè ha scritto di molto meglio rispetto a 'L' islam visto da evola'

  4. #74
    Saloth Sâr
    Ospite

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    Citazione Originariamente Scritto da Fenriz
    saloth mi dici ALMENO UN elemnto in comune tra la tradizione Indoeuropea e quella Semita di cui l ' Islam ne fa parte ??

    ps: non fa il copia&incolla degli articoli di Mutti..anche perchè ha scritto di molto meglio rispetto a 'L' islam visto da evola'
    Tu cosa ci vedi di "Indoeuropeo" nelle masse di inetti occidentali (perchè ormai quello sono...) schiavi del consumismo, del materialismo e plagiati dalla mentalità giudaico-democratica ?

  5. #75
    Saloth Sâr
    Ospite

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    Comunque l'Islam non appartiene ad una sola cultura, "Islam" significa sottomissione, l’uomo deve mettersi completamente nelle mani di Dio e sottomettersi al suo volere. Solo così si può essere musulmani !


    Islam-Europa


    Allorchè si dice “Islam” il primo pensiero dell'uomo occidentale corre a comunità umane e a zone geografiche completamente estranee agli orizzonti europei: quando non si identifica il mondo islamico con l'area linguistica araba, lo si intende comunque come una realtà indissolubilmente legata al cosiddetto “Terzo mondo", per cui l'occidentale, anche se fornito di un discreto grado d'istruzione, pensa generalmente all'Islam come a una religione tipica di popolazioni asiatiche ed africane e niente di piu' (purtroppo il ‘terrorismo intellettuale' di certa storiografia moderna ha prodotto i suoi frutti…). Niente di piu' falso.
    L’essenza autentica dell'Islam è fondata sulla sottomissione al Dio Unico, e non su qualsivoglia contingenza spaziale, o temporale, o umana. L'Islam è incomparabilmente vicino all’uomo, poichè è "din-al-fitrah", la religione innata nell'essere umano. La vicinanza dell'Islam riguarda infatti l’intimo dell’uomo, della sua natura propria, della sua essenza, una vicinanza che possiamo quindi definire assoluta. Sappiamo però che ciò che contraddistingue l'uomo moderno, occidentale in particolare, è proprio la sua lontananza dalla propria essenza, dal suo sè.
    D'altronde l'universalità stessa dell'Islam è simboleggiata dalla composizione etnica del gruppo umano formatosi intorno a Muhammad (S) all'inizio della sua missione profetica. Infatti accanto agli arabi, che costituivano ovviamente la maggior parte dei Compagni del Profeta (S), c'erano esponenti delle altre grandi famiglie dell'umanità: c'era un africano, l'etiope Bilal, c’erano rappresentanti del mondo indoeuropeo come Salman al-Farsi (il persiano) o come Suhayb detto “ar-Rumiآ”, ossia “il Romano”, che era evidentemente originario dell’Impero Romano d’Oriente. La composizione etnica della comunità Islamica ai giorni nostri riconferma visibilmente il valore universale dell’Islam: gli arabi costituiscono solo una piccola parte dellآ’intera Ummah Islamica, di cui fanno parte anche popolazioni indoeuropee che nel corso dei secoli hanno abbracciato l’Islam (persiani, greci, afgani, indiani, caucasici, goti, slavi, illiri, ecc.).
    La sua possibilità di coinvolgere una così grande vastità di tipi razziali e quindi una vasta molteplicità di tipi psicologici e di esperienze culturali gli deriva dalla sua peculiare caratteristica di prima e contemporaneamente ultima religione dellآ’umanità. L’Islam si presenta infatti come un adattamento della Tradizione Primordiale, che Muhammad (S) è venuto a riproporre e a riconfermare nei tempi storici, in una forma adeguata alle condizioni della presente fase dellآ’umanità - una forma tale da poter essere adottata da tutto quanto il genere umano.
    E’ importante quindi avere ben chiaro che l'Islam non inizia con Muhammad (S), la cui venuta è stata preannunciata dai testi sacri di molte forme tradizionali, ma con Adamo (as), primo profeta e primo seguace di quella dottrina dellآ’Unità Divina (Tawhid) che costituisce l'essenza dell'insegnamento islamico.
    Dice Iddio (Gloria a Lui) nel Suo Nobile Libro: “Wa li kulli ummatin rasul" (Per ogni comunità c'è stato un Messaggero”) (X, 47). E il Profeta Muhammad (S) disse che gli inviati celesti vissuti prima di lui furono centoquarantaquattromila. Ciò significa che i popoli europei, nella fase della storia umana anteriore alla rivelazione coranica, non furono certi esclusi dalla dispensazione della verità e che Iddio Altissimo (Gloria a Lui) suscitò in mezzo ai nostri antenati una serie di guide da Lui ispirate (1).
    D’altronde non sarebbe difficile trovare le tracce dell’antico "Tawhid” europeo nelle pagine di molti maestri greci e latini, nei miti dei Celti, dei Germani, dei Daci, degli Slavi e, in generale, presso tutte le tradizioni che risalgono alle civiltà dell'Europa precristiana (2)
    Se gli europei si rendessero conto di ciò, scoprirebbero che lآ’Islam custodisce oggi, in una forma integra e pura e adeguata allآ’ultima fase della storia umana, l’essenza di quegli elementi di verità che in un lontano passato appartennero all’Europa stessa. Il patrimonio piu' prezioso che l’Europa abbia posseduto, cioè l'insegnamento divino trasmesso ai popoli europei attraverso i Profeti che precedettero Muhammad (S) è stato salvaguardato, nella sua essenza, dalla rivelazione piu' recente, quella coranica.
    E se agli europei di oggi i principi dell’Islam sembrano estranei o addirittura inaccessibili, ciò non è dovuto ad una presunta incomparabilità dellآ’Islam con l’autentica anima europea o al suo essere "semitica” (3); la causa di ciò, invece, sta nella decadenza e nella degradazione dellآ’Europa, la quale si è allontanata dalla sua natura originaria e dalla sua essenza piu' profonda.
    E' soprattutto per questo che molti europei tendono a vedere nellآ’Islam una religione destinata esclusivamente a popolazioni asiatiche ed africane. Ciò avviene anche perchè molto spesso si dimentica che nel corso del Medio Evo (ma anche dopo) la cultura europea si è nutrita alle fonti dellآ’Islam (pensiamo anche ai rapporti fra i Fedeli dآ’Amore ed il tassawuf o fra la Cavalleria cristiana e la futuah); ci si dimentica, ad esempio, che la lingua letteraria dell'Italia nacque alla corte di un imperatore, Federico II di Svevia, imbevuto sin dalla giovinezza di Islam (e secondo taluni studiosi divenuto segretamente musulmano); ci si dimentica che il poema di Dante contiene una considerevole quantità di elementi di origine islamica (4); non sempre ci si ricorda che il territorio dell'Islam (dar al Islam) si estese anche in Europa, dal momento che inglobò la Spagna, la parte meridionale della Francia, la Sicilia; e sia pure in maniera temporanea la Sardegna, la Corsica, la città di Bari, e piu' tardi, con gli Ottomani, arrivò fin sotto le mura di Vienna; o che l’Islam, da quattro o cinque secoli a questa parte, in Europa non è rappresentato da immigrati extraeuropei arrivati di recente, ma da comunità autoctone di lingua bosniaca, macedone, bulgara, albanese, neogreca.

    L’europeo che abbraccia l’Islam, dunque, non cessa affatto di essere europeo. Diventando musulmano, egli non diventa nè arabo, nè turco, nأè persiano, nè altro. Diventando musulmano, l'europeo ridiventa se stesso, recupera la sua identità originaria, perchè l’Islam è la sintesi finale e perfetta in cui si compiono e si compongono armonicamente le migliori potenzialità espresse dai popoli europei nel corso della loro esistenza.
    Oggi l'Europa ha piu' che mai bisogno dellآ’Islam.
    Invasa sessant'anni fa dagli eserciti americani, sottoposta fino ad oggi alla volontà politica d’oltre Atlantico, economicamente dominata dalla grande usura internazionale, costretta ad assimilare i costumi piu' volgari che siano mai apparsi sulla faccia della terra, incapace di reagire ad ogni moda culturale che provenga dagli Stati Uniti, l’Europa rischia di scomparire come realtà a sè stante, per annegare in quella melma che viene chiamata “civiltà occidentale” e che minaccia l’esistenza di tutti i popoli e di tutte le culture del nostro pianeta.
    Si, il tentativo di livellare le culture mediante l’imposizione di un unico modello, quello occidentale, è una minaccia mortale che riguarda tutti i popoli; ed è al tempo stesso una ribellione contro il piano divino. Dice infatti Dio nel Sacro Corano. “O uomini, vi abbiamo creato da un maschio e da una femmina e abbiamo fatto di voi popoli e tribu' affinchè vi conosceste a vicenda. Presso Dio, il piu' nobile di voi è colui che piu' Lo teme. In verità Dio è Sapiente, ben informato" (XLIX, 13). “E fan parte sei Suoi segni, la creazione dei cieli e della terra, la varietà dei vostri idiomi e dei vostri colori. In ciò vi sono segni per coloro che sanno” (XXX, 22).
    Sono appunto questi Segni divini, questa varietà di linguaggi e di colori, di tribu' e di popoli, questa ricchezza dell'ordine naturale voluto da Dio ad essere minacciati da un progetto che mira ad imporre a tutto il genere umano un unico modello di vita: quello occidentale, garantito dallآ’egemonia politico-militare americana funzionale al dominio economico della finanza usurocratica.
    Europa ed Islam hanno dunque, in comune, il nemico principale. Se gli europei acquisissero la lucida consapevolezza di questo fatto, comincerebbero a guardare l'Islam con occhi diversi. E forse comincerebbero a prendere in considerazione questa ipotesi: che se vuole salvare la propria specificità, se vuole recuperare la propria autonomia, l’Europa deve cercare ispirazione e guida nella parola divina, così come essa si trova custodita in quel Libro di Dio nel quale tra l’altro leggiamo: “In verità Iddio non modifica la realtà di un popolo fintanto che esso non muta nel suo intimo” (XIII, II).
    E’ a questa rivoluzione interiore che noi chiamiamo gli europei.

    Wa ala awla wa la ghowwata illa billah al al-yul-adhim



    NOTE

    (1) Fu così che si potè scorgere in Platone – Sayyduna Iflitun “Imam dei filosofiآ” – un profeta elargito al mondo greco dalla Misericordia divina, si vide in Plotino uno “shaykh” che aveva insegnato l’unicità divina all'elite contemporanea o si nominò “wazir” onorario di Alessandria Aristotele; fu così che si identificò Ermete Trismegisto col profeta Idris (il biblico Enoch), Zoroastro con Sayyiduna Ibrahim (il biblico Abraham), il “Dhu آ‘l-Qarnayn” coranico (Possessore di due corna) con Alessandro il Macedone o Jamshid, senza dimenticare tutti i profeti della tradizione ebraico-cristiana come Mosè, Noè, Gesu' o Maria (la pace sia su tutti loro).
    (2) Portiamo qui di seguito due brevi esempi: “Il Dio invece è, se necessita dirlo: ed è non nel tempo, in nessun modo, bensì con l’eternità: immota, atemporale, immutabile; di Lui non c'è prima nè dopo, nè futuro, nè passato, nè vecchiaia, nè giovinezza; anzi, essendo Uno, riempie il ‘sempre’ nel suo ‘adesso’, che è uno; e solo è ciò che realmente è in Lui: ciò che non è nato, non sarà , non cominciò, non cesserà di essere. Bisogna dunque rivolgersi a Lui e salutarlo, quando Lo si adora, in questo modo: “Tu sei”; oppure, per Zeus, dicendo, come alcuni fra gli antichi: “Sei Uno”. Infatti il divino non ha pluralità, come ciascuno di noi, che è fatto di diecimila discorsi e passioni; cumulo multiforme, orgoglioso miscuglio. L’Essere invece, è necessariamente Uno, così come Uno è necessariamente Essere (…). Quindi sta bene al Dio il primo dei Suoi nomi, nonchè il secondo e il terzo. E l'“Apollo”, infatti, perchè esclude la pluralità e nega il molteplice; e “Ios” in quanto Uno ed Unicoآ (Plutarco, Sulla E di Delfi, All'insegna del Veltro).
    “Zeus, chiunque mai sia, se con questo nome gli è gradito esser chiamato, con questo lo invoco; non ho nulla da mettergli a paragone, ponendo bene tutto ciò che esiste, tranne Zeus, se il vano peso dell’angoscia bisogna realmente gettare viaآ” (Strofe II della parodo, vv. 160-166 Orestea di Eschilo). Il concetto come possiamo notare è questo: "Zeus...non ho nulla da metterGli a confronto, tranne Zeusآ”. Un concetto questo che può benissimo essere commentato con le stesse parole con cui Titus Burkhardt illustra il significato della shahada (testimonianza di accettazione dell'Islam): “Secondo questa 'testimonianza’ Dio è distinto da tutto, e nulla può esserGli a confronto, poichè fra realtà reciprocamente paragonabili vi è comunanza di natura o parità di condizione, mentre la Divinità trascende l’una e l’altra. Ora, l'incomparabilità perfetta esige che nulla possa essere confrontato con l’incomparabile, sotto nessun rapporto; e ciò equivale ad affermare che nessuna cosa esiste di fronte alla Realtà divina, di modo che ogni cosa si annulla in Essa: “Allah era e nulla con Lui; ed Egli è adesso quale Egli era (Hadih qudsi)” (Introduzione alle dottrine esoteriche dellآ’Islam, Mediterranee).
    (3) Antonio Mediano definiva la visione islamica del mondo, una visione essenzialmente “aria” (Islam ed Europa, Allآ’insegna del Veltro), a cui faceva da supporto lo stesso Guenon che sottolineava il carattere “solare” della tradizione islamica, evidenziando le analogie per esempio fra il termine arabo con cui ci si riferisce alla vita ed ai detti del Profeta Muhammad (S) (l'Uomo Universale o anche figura “avatarica”), cioè “sunna”, con il nome con cui l’antica lingua dei popoli germanici designava il sole (cfr. ted. “sonne", ing. “sun").
    (4) Cfr. il voluminoso lavoro “Dante e l'Islam” dell’orientalista e monaco spagnolo Palacios.

  6. #76
    Saloth Sâr
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    Bismillah Ar-Rahman Ar-Raheem

    Nationalism, Race, Culture and Islam

    All Praise and All Thanks are for Allah (Subhanahu wa Ta'ala) to whom we shall all return to be judged on The Last Day.

    Since my conversion/reversion to Islam, I - because of my own past and previous political involvements - have been asked many times over the years for my views regarding nationalism, race and Islam. Is, some have enquired, Islam compatible with nationalism, and/or racial identity, while others have asked whether our own native or ancestral culture is important.

    For years, I have striven to answer these questions, by asking the advice of those Muslims more learned than I, by studying the Quran and Sunnah, and by studying the works of Islamic scholars. Thus I have come to understand that, for Islam, there is only Dar al-Islam and Dar al-Kufr: the lands of Islam, and the lands of Ignorance where abide the Kafiroon. In addition, as Allah Subhanahu wa Ta'ala says:

    "The most honourable of you in the sight of Allah is the one who has At-Taqwa." [49:13 Interpretation of Meaning]

    Muslim Identity and Culture


    A Muslim - someone who submits only to Allah Subhanahu wa Ta'ala - should define themselves in relation to Allah Subhanahu wa Ta'ala and His Messenger, Muhammad (salla Allahu 'alayhi wa sallam) - that is, seeking always to do what Allah Subhanahu wa Ta'ala has commanded, and seeking always to be aware of the perfect example of the Prophet Muhammad (salla Allahu 'alayhi wa sallam):
    "In the Messenger of Allah you have the perfect example to follow." [33:2 Interpretation of Meaning]


    Thus, the primary distinction to be made, in Islam is between those who believe, and those who do not believe - between Haqq and Batil (Truth and Falsehood); between Ignorance and Islam; between the revealing of the truth (the Quran and Sunnah) and the concealment that is Kufr. Between the kuffar (the infidels) and those who are Muslim.

    "The Prophet's hadith tell us to differ from the disbelievers. In fact, scholars have noted that to differ from the kuffar in their habits, dress, attitudes, practices, appearances, and so on is one of the most important parts of the Prophet's message." Sheikh Ahmad al-Ghumari: "Al-Istinfar li-ghazw al-tashabbuh bi l-kuffaar"

    For a Muslim, all Muslims are their brothers and sisters - they are not judged, or categorized, according to any other criteria, such as "race". Indeed, it is perhaps true to say that there is a specific Islamic culture: a Muslim identity, created by the revealing which is the Quran and Sunnah, and manifest in Adhab Al-Islam: in the customs, the ways, the manners of Muslims. For Muslims are enjoined to behave and live in certain ways; to follow the perfect example of the Prophet Muhammad (salla Allahu 'alayhi wa sallam).

    Thus, we strive to follow the advice, the wisdom, contained in Ahadith such as the following:

    "It was narrated on the authority of Abu Hariara that the Prophet (salla Allahu 'alayhi wa sallam) said: Iman [faith] has over seventy branches, and modesty is a branch of Iman." (Muslim, Book1, 55)

    "It was narrated on the authority of Abu Hariara that the Prophet (salla Allahu 'alayhi wa sallam) said: "He who believes in Allah and the Last Day should either speak honourably or be silent. He who believes in Allah and the Last Day should be noble toward his neighbour, and he who believes in Allah and the Last Day should be a good host to his guests." (Muslim Book 1, 75)

    Narrated by Abdullah bin 'Umar - Once, the Prophet of Islam (salla Allahu 'alayhi wa sallam) passed by one of the Ansar who was admonishing a man on account of his shyness. But the Prophet (salla Allahu 'alayhi wa sallam) said: "Let him be, for shyness is part of Iman." (Bukhari, Book 2, 23)

    'Aayeshah (Radiyallahu 'Anha) reports, that: "It was not the nature of Rasulullah (salla Allahu 'alayhi wa sallam) to talk indecently, nor did he engage himself in the use of obscene language. Nor did he shout and talk in the bazaars (which is against dignity). He did not avenge a bad deed with a bad one, but forgave it, and thereafter did not even mention it". Shamaa-il Tirmidhi Chapter 47, Number 5 (330).

    What this means in respect of culture is that it is Islam which is our culture and which defines us, and it is the Quran, the Sunnah, and Shari'ah which defines our culture, which are our culture: from them we derive all we need, in terms of how we live, how we behave, in public and in private, what is lawful and prohibited, and how our communities should be. We belong to the Ummah, the community bound by submission to Allah Subhanahu wa Ta'ala and Allah Subhanahu wa Ta'ala alone, and we, knowing our nature as Muslims, should strive to follow only the perfect and complete Way of Al-Islam. Anything else is surely a moving-away from the Right Path which Allah Subhanahu wa Ta'ala in His Mercy and Compassion has bestowed upon us.
    "This Book which We have revealed is a Blessing - therefore follow it and be honourable so that you may receive mercy." [6:155 Interpretation of Meaning]

    "The genesis of truth is Allah alone, so do not be among those who do not believe." [3:60 Interpretation of Meaning]

    "Correct guidance is the guidance of Allah." [3:73 Interpretation of meaning]

    "And We have sent you (Muhammad) only as a mercy for the Alamin." [21:107 Interpretation of Meaning]

    "Be loyal and do your duty to Allah; fear Him and always speak with honour. He will direct you to do honourable deeds and will forgive your mis-deeds. And whosoever obeys Allah and His Messenger will achieve the greatest achievement of all." [33:70-71]

    Nationalism and Racialism are 'Asabiyyah

    Expressed simply, for Muslims nationalism is 'asabiyyah. 'Asabiyyah is a loyalty to, or a feeling of kinship with and a belonging to, some group, or grouping, distinguished as that grouping is by some criteria established by some person, or idea, or non-Islamic way. 'Asabiyyah is a dividing or division of people according to limits, or boundaries, or standards which are not Islamic. Why are they not Islamic? Because these limits, boundaries or standards do not derive from Allah Subhanahu wa Ta'ala but instead belong to Jahilliyah, the Ages of Ignorance. In addition, 'asabiyyah demands or implies two things: first, obedience and loyalty to other than Allah Subhanahu wa Ta'ala and such loyalty obedience is at best ignorance, and at worst a setting up of some idea, or ideal, or way, or loyalty, or group to compete with Allah Subhanahu wa Ta'ala; second, 'asabiyyah demands or implies judging others and ourselves by other than what Allah Subhanahu wa Ta'ala has revealed:

    "And whosoever does not judge by what Allâh has revealed, such are the Kâfiroon." [5:44 Interpretation of meaning]

    As Muslims, our standards are Quran and Sunnah, and these alone. Our examples are Muslim ones - that is, those who strive to adhere to the Quran and Sunnah, and who strive to follow the noble, the honourable example of the Prophet Muhammad (salla Allahu 'alayhi wa sallam).

    In nationalism, a person is judged by their nationality, or their "race" (their outward appearance) and is supposed to give allegiance to their "nation" and its leaders, government (or rulers) and representatives, to obey or abide by the human-made and thus fallible laws made by such people and such national Institutions. In addition, such nationalism - and the racialism which often underlies it - is often said to define a person's identity and a person is mostly expected to feel some sense of pride in belonging to such a group, and to desire to defend it.

    "It is known by necessity in the Deen of the Muslims and by the agreement of all the Muslims that whoever follows a Shari'ah other than the Shari'ah of Muhammad (salla Allahu 'alayhi wa sallam) then he is a Kaffir and it is like the Kufr of the one who believes in some of the Book and disbelieves in some of the Book." Sheikh ul-Islam Ibn Taimiyyah: Al-Fataawaa, Vol. 28/524

    In truth, 'asabiyyah divides Muslims, and takes them away from that simple submission to Allah Subhanahu wa Ta'ala which is Islam. In Islam, loyalty - the essence of Shahadah - is only to Allah Subhanahu wa Ta'ala, and His Messenger (salla Allahu 'alayhi wa sallam) and those, such as an Ameer or Khalifah, who are Muslim and who follow only the guidance of Quran, Sunnah and Shari'ah. Any other following, or loyalty (bay'ah), or adherence, is not Islamic: rather, it is a negation of one's Islam.
    It is narrated by Abu Dawud that the Messenger of Allah (salla Allahu 'alayhi wa sallam) said, "He is not one of us who calls for 'asabiyyah, or who fights for 'asabiyyah or who dies for 'asabiyyah." (Hadith 4456)

    "Do not be like those who were divided and who differed after those clear Signs were given to them." [3:105 Interpretation of Meaning]

    "Do not follow anyone except he who adheres to your Way of Life." [3:73 Interpretation of Meaning]

    "Because obedience is a form of worship, it is not allowed to obey anyone unless it conforms with obedience to Allah and His Messenger (salla Allahu 'alayhi wa sallam)." Sheikh Muhammad Abdul-Wahhaab "Kitaab At-Tawheed"

    Narrated By Abu Hurayrah: The Prophet (salla Allahu 'alayhi wa sallam) said: "Allah, Tabarak wa'tala, has removed from you the pride of Jahilliyah and its boasting about ancestors. A person can be either an honourable believer or an ignoble sinner. You are sons of Adam, and Adam came from dust. Let the people cease to boast about their kin and kin-folk." Abu Dawud, Book 36, 5097

    Furthermore, those who uphold nationalism, and/or such things as race, set themselves and their ways up as a Taghut. That is, they exceed the proper, honourable, limits, the bounds, set by Allah Subhanahu wa Ta'ala - they follow where these ways of Ignorance lead them, and expect obedience and conformity to these ways.

    "The one who judges without referring to the Quran is a taghut." Sheikh ul-Islam Ibn Taimiyyah: Majmo' al-Fataawaa, Part 28, 201.

    "(A taghut is) every one who exceeds exceeded their limits (whether they are) worshipped, followed or obeyed. So, the taghut of any people is the one, or the thing, who or what they make as a judge besides Allah and His Prophet, or who or which they worship, ignoring Allah, or who or which they follow without taking any consideration of Allah, or who or which they obey in a matter where they do not know whether it is in obedience to Allah". Ibn al-Qayyim: E'lam Al- Muwaaqi'een, Part 1, 50.

    "Those who believe, fight in the Cause of Allah, and those who disbelieve, fight in the cause of Taghut. So therefore fight against those friends of Shaitaan." [ 4: 76 Interpretation of Meaning.]

    We have been created by Allah that we might be tested, and earn the right to enter Paradise. He created us that we might know, discover, and find, His Signs on this Earth and in the Cosmos: through these Signs we will come to know ourselves, our Rabb, and our own Muslim nature.

    "Among His Signs are the creation of the heavens and this Earth and the living beings He has scattered through both of them." [42:29 Interpretation of Meaning]

    "This present life is only like water which We send down from the clouds so that the luxuriant herbage sustaining man and beast may grow; until when the Earth puts on its lovely garment and becomes adorned, and its people believe that they are its masters - down then comes Our scourge upon it by night or in broad day, laying it waste as though it had not blossomed yesterday. Thus We make plain our Signs to thoughtful men." [10: 24-25 (Interpretation of meaning]
    Allah Subhanahu wa Ta'ala says: "We made you into diverse peoples and diverse cultures that you may discover one another." [49:13 Interpretation of Meaning] Allah Subhanahu wa Ta'ala divided us initially into these groups not so we could ally ourselves with them to the exclusion of Islam, but so we might understand them as among His Signs - and so go beyond them to the simple submission of Islam, becoming one Ummah. For He also says in that Ayat: "The most honourable of you in the sight of Allah is the one who has At-Taqwa." That is - the one who submits wholly, without reservation, to Allah Subhanahu wa Ta'ala alone; who follows the perfect example of the Prophet Muhammad (salla Allahu 'alayhi wa sallam); who avoids imitating the kuffar in thought, deed, appearance, behaviour and manner; and who understands nationalism and all forms of racialism - all things which divide the Ummah - as 'asabiyyah: as belonging to Jahilliyah, the Ages of Ignorance and thus a sign of the kuffar.



    May Allah (Subhanahu wa Ta'ala) protect us from all forms of Al-asabiyyah Al-Jahiliyyah, forgive us for our mistakes, and guide us to and keep us on the Right Path.


    Abdul-Aziz ibn Myatt
    28 Jumaadi Al-Thaani 1425

  7. #77
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    'il soldato tedesco ha stupito il mondo, il bersagliere italiano ha stupito il soldato tedesco' E. Rommel
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    Citazione Originariamente Scritto da Saloth Sâr
    Tu cosa ci vedi di "Indoeuropeo" nelle masse di inetti occidentali (perchè ormai quello sono...) schiavi del consumismo, del materialismo e plagiati dalla mentalità giudaico-democratica ?
    e tu che ci vedi di Indoeuropeo nelle masse che vanno dietro al desertico Allah ?

  8. #78
    Saloth Sâr
    Ospite

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    Citazione Originariamente Scritto da Fenriz
    e tu che ci vedi di Indoeuropeo nelle masse che vanno dietro al desertico Allah ?
    Semplicemente le mia ammirazione verso l'Islam non è dipesa da nulla del genere, comunque quest'altro articolo di Mutti è interessante:



    PREFAZIONE DI CLAUDIO MUTTI

    Prefazione al libro di Tahir de la Nive, Les Croisés de l'Oncle Sam,Une Réponse européenne à Guillaume Faye et aux islamophobes

    Nel Corano vi è qualcosa di guerriero e di forte,
    qualcosa di virile, qualcosa che si può chiamare romano.
    Maurice Bardèche, Qu’est-ce que le Fascisme?

    “Osiamo proseguire ed esplorare le piste aperte da un visionario mattiniero, un certo Friedrich Nietzsche”: così ci esorta nel suo Archéofuturisme (Paris 1998) Guillaume Faye, il quale menziona Anticristo come uno dei due libri che lo hanno “segnato per sempre”. Ma, a quanto pare, nel teorico dell’archeofuturismo non ha lasciato una traccia molto profonda il paragrafo 60, in cui Nietzsche esalta la civiltà della Spagna musulmana, “a noi in fondo più affine, più eloquente al senso ed al gusto, che Roma e la Grecia” e fa suo il programma di Federico II di Svevia: “Pace, amicizia con l’Islam” (1). Una riflessione adeguata su queste pagine di Nietzsche avrebbe forse potuto indurre Guillaume Faye a meditare in maniera proficua circa il ruolo che ebbe l’Islam nella visione politica e metapolitica di questo Imperatore… archeofuturista, al quale i musulmani si rivolgevano con la formula di saluto riservata ai veri Credenti. Storici come Michele Amari, Ernst Kantorowicz e Raffaello Morghen si sono soffermati sulla “inclinazione all’islamismo” (2) del grande Staufen e sulla sua ammirazione per l’istituzione del Califfato, mostrando come l’Imperatore svevo, che “il coranico Re dei re, più che il Dio cristiano, aveva esaltato miracolosamente sopra tutti i principi della terra” (3), vagheggiasse un Impero teocratico simile a quello islamico, sicché non a torto gli avversari lo chiamavano “sultano battezzato”. Nietzsche ha avuto però, presso altri lettori, una fortuna migliore di quella trovata presso Guillaume Faye. Già nel 1913, infatti, “Nietzsche e il Corano”(4) erano le letture di Benito Mussolini, il quale nel corso della sua trionfale visita in Libia avrebbe reso omaggio al sepolcro di un Compagno del Profeta e avrebbe impugnato la Spada dell’Islam, per poi stabilire, nel punto 8 del Manifesto di Verona, che il “rispetto assoluto dei popoli musulmani” doveva essere un principio fondamentale nella politica estera della Nuova Europa. Intanto a Berlino, dove la bandiera della Palestina fu la sola che ebbe il privilegio di sventolare accanto a quella del Reich, il Führer dichiarava: “Gli unici che io ritengo degni di fiducia sono i musulmani” (5) e favoriva le conversioni all’Islam. Riecheggiando le pagine dell’Anticristo trascurate da Guillaume Faye, colui che i Musulmani designavano col titolo onorifico di Hajji o coi nomi familiari di Haydar e Abu Alì, diceva ai suoi intimi: “In Spagna, sotto la dominazione degli Arabi, la civiltà raggiunse un livello che di rado ha raggiunto. L’intrusione del cristianesimo ha portato il trionfo della barbarie. Lo spirito cavalleresco dei Castigliani è in effetti un’eredità degli Arabi. Se Carlo Martello fosse stato sconfitto, il mondo avrebbe cambiato faccia. Poiché il mondo era già condannato all’influenza giudaica (e il suo prodotto, il cristianesimo, è una cosa così insipida!), meglio sarebbe stato se avesse trionfato l’Islam. Questa religione ricompensa l’eroismo, promette ai guerrieri le gioie del settimo cielo…” (6). Secondo Hans F. K. Günther, d’altronde, “Hitler potrebbe ben evocare la figura di un Muhammad » (7). Nella patria di Nietzsche un altro grande Europeo aveva dichiarato la sua adesione ai principi dell’Islam. Le lettere di Goethe contengono frasi di questo tenore: “Prima o poi dovremo professare l’Islam”; “È nell’Islam che io trovo compiutamente espresse le mie idee”; “Che il Corano sia il Libro dei libri, io lo credo come lo crede un musulmano”; “Dobbiamo perseverare nell’Islam”. Nelle Noten und Abhandlungen zum West-östlichen Divan, Goethe si esprime in maniera inequivocabile circa quei due punti fondamentali che costituiscono l’essenza dottrinale dell’Islam. Egli infatti attesta nei termini seguenti la dottrina dell’Unità divina: “La fede nell’unico Dio ha sempre l’effetto di elevare lo spirito, perché indica all’uomo l’unità nel suo proprio essere”. Quanto alla missione profetica di Muhammad, Goethe la riconosce con queste parole: “Egli è un profeta e non un poeta; perciò il Corano deve essere considerato una legge divina, non il libro di un essere umano, scritto a scopo di istruzione o di svago”. Dopo aver fatto menzione di Goethe e di Nietzsche, riteniamo interessante citare il caso, non molto noto, di un altro scrittore tedesco. Nei giorni 16, 17 e 18 ottobre 1989 si tenne a Bilbao un Simposio in onore di Ernst Jünger, che terminò con il conferimento della laurea honoris causa a questo scrittore da parte dell’Universidad del Paìs Vasco. Alla manifestazione parteciparono alcune personalità della cultura europea, tra le quali lo scrittore romeno Vintila Horia, che si soffermò sul rapporto di Jünger con Heidegger e Heisenberg. Da parte sua lo shaykh Abdelqader al-Murabit, maestro di un gruppo sufico particolarmente diffuso in Spagna, Germania e Scozia, sembrò voler suggerire l’approdo islamico come soluzione delle problematiche poste dall’opera jüngeriana: “Freiheit ist Existenz. La libertà è esistenza. Vale a dire che non può esservi sottomissione se non al Divino, e ciò si chiama Islam. Ma questo – concluse lo shaykh – è un tema per un’altra volta”. Anche il prof. Omar Amin Kohl, del Freiburg Institut für Freiheitstudien, inquadrò simultaneamente l’opera di Jünger e di Heidegger secondo una prospettiva analoga. (D’altronde, per quanto concerne in particolare Heidegger, è noto l’interesse manifestato da ambienti musulmani nei confronti della sua opera). Al termine del Simposio, Jünger dichiarò pubblicamente di riconoscere la validità dei principi dell’Islam. A tale riguardo, è molto eloquente il testo della dedica che lo scrittore vergò su una propria fotografia, di cui fece dono allo shaykh Abdelqader. L’altro autore dal quale Guillaume Faye dice di essere stato “segnato per sempre” è Walter F. Otto. Ma nemmeno in questo caso la lettura sembra essere stata proficua per il lettore francese, il quale ritiene che il politeismo costituisca l’aspetto caratteristico della tradizione europea e, in particolare, del cosiddetto “paganesimo”. Eppure Walter Otto ha parlato chiaro: “La molteplicità degli dèi della religione greca, ragione di scandalo per gli uomini di altra e diversa fede, non è in contrasto col monoteismo, ma ne è forse la forma più viva e aperta. Qualunque cosa possa dirsi nel caso singolo su quel che viene dagli dèi, alla fine resta sempre che onnideterminante è il volere di Zeus. La grandezza di Zeus è pertanto unica e onnicomprensiva” (8). Ascoltiamo Eschilo (Agamennone, vv. 160-165): “Zeus, chiunque mai egli sia, […] non posso paragonare a lui nessuno all’infuori di Zeus” (Zeus, hostis pot’estin […] ouk echo proseikasai plen Dios). Sono parole che sembrano anticipare la prima shahâda (lâ ilâha illâ Allâh) e che comunque ribadiscono la dottrina dell’unità divina, tre secoli dopo che lo stesso Omero, nell’VIII libro dell’Iliade, aveva dichiarato il carattere puramente apparente della molteplicità degli dèi. Ma la scuola di pensiero alla quale si è formato Guillaume Faye è convinta che l’antichità europea sia “politeista” e che il “monoteismo” appartenga in esclusiva al giudeo-cristianesimo, anzi, alla cosiddetta “famiglia abramica”. Per smentire una tesi del genere, sarebbe sufficiente richiamarsi all’autorità dell’Imperatore Giuliano. Quest’ultimo ha scritto che Abramo, in quanto caldeo, “dunque di stirpe sacra e versata nella teurgia”, offriva frequenti sacrifici al pari dei Greci e praticava metodi divinatori analoghi a quelli usati da Giuliano stesso (Contra Galilaeos, 345B-358D). Inoltre Giuliano dettò una serie di epigrafi che, secondo Spengler, possono essere tradotte solo così: “Vi è un solo Dio e Giuliano è il suo profeta” (9). Anche recentemente, d’altronde, Jacques Fontaine ha riproposto, in rapporto alla religione che Giuliano officiò come pontifex maximus, il concetto di “monoteismo solare”. Secondo questo docente della Sorbona, che ha tracciato un curioso parallelo tra Giuliano e l’Imam Khomeyni (10), la forma che la tradizione greco-romana assunse sotto il principato giulianeo fu quella di “una sintesi di tutte le religioni e le teologie pagane, sotto il segno del monoteismo solare” (11). In altri termini: “Giuliano vuole dimostrare a tutti che il dio Helios è l’unico, vero dio” (12), così come nel dialogo Sulla E di Delfi Plutarco aveva indicato nell’Apollo solare il principio della manifestazione universale, il Supremo Sé di tutto ciò che esiste; così come Plotino aveva riconosciuto nell’Uno il principio dell’essere e il centro della possibilità universale; così come Porfirio, che aveva fatto del neoplatonismo una sorta di “religione del Libro” (13), aveva dedicato un intero trattato alla teologia del monoteismo solare. La parentela ideale fra la teologia solare antica e l’Islam è stata sottolineata da uno studioso del calibro di Franz Altheim, il quale definì i neoplatonici come “i battistrada di Muhammad e del suo odio appassionato contro tutte le fedi che attribuivano a Dio un ‘compagno’” (14), mentre un celebre studio di Henry Corbin sulla dottrina dell’unità divina nell’Islam sciita si apre con un richiamo alla letteratura fiorita negli anni Venti del Novecento intorno al “dramma religioso dell’Imperatore Giuliano” (15). Da parte sua, l’Islam ha riconosciuto in diversi esponenti della sapienza greca gli alfieri di quella dottrina dell’unità (tawhîd) che costituisce il nucleo ed il fondamento essenziale della Tradizione primordiale: Tradizione che l’Islam, lungi dal presentarsi come nuova religione, ripropone nella forma più adeguata alla presente fase della storia umana. Tra i maestri dell’antichità europea riconosciuti come tali dall’Islam deve essere citato innanzitutto Platone, che i musulmani hanno spesso chiamato “imâm dei filosofi” e che nelle pagine ispirate di Gelaleddin Rumi figura come il “Polo del suo tempo”, cioè come la massima autorità spirituale dell’umanità a lui contemporanea. Un ruolo analogo è stato attribuito a Pitagora, che in un testo medioevale d’origine araba, la Turba philosophorum, presiede l’assemblea dei sapienti dell’antichità; e ad Aristotele, che fu simbolicamente proclamato “visir di Alessandria” allorché le armate musulmane conquistarono la città egiziana. Né tra gli astri greci del firmamento sapienziale islamico potevano mancare Plotino (lo “shaykh dei Greci”), il neoplatonico Proclo (Ubruqlus per gli Arabi) e lo stesso Apollonio di Tiana (Bâlînûs), per citarne solo alcuni. Ma gli antichi, secondo Guillaume Faye, devono essere associati con i futuristi: bisogna, egli scrive, “riconciliare Evola con Marinetti”. Forse Faye non ricorda che proprio Evola ha definito l’Islam come “tradizione di livello superiore non solo all’ebraismo, ma anche alle credenze che conquistarono l’Occidente” (16) e che in uno scritto del 1933 intitolato Il fascino dell’Egitto l’attenzione di Marinetti fu attratta dal “sacro meccanismo dei Dervisci”. E se vi fu un tentativo di operare la riconciliazione fra il tradizionalismo e il futurismo, esso avvenne sotto il segno dell’Islam, allorché Valentine de Saint-Point, la nipote di Lamartine autrice del Manifeste de la femme futuriste, diventò musulmana e frequentò la casa di René Guénon fino alla morte di quest’ultimo. Auguriamo a Guillaume Faye di fare di meglio…

    NOTE

    (1) Per quanto concerne il rapporto di Nietzsche con l’Islam e la fortuna di Nietzsche tra i musulmani, in mancanza di meglio dobbiamo rinviare il lettore al nostro saggio Nietzsche et l’Islam, Èditions Hérode, Chalon-sur-Saône 1994.
    (2) Michele Amari, Storia dei Musulmani di Sicilia, Catania 1933, vol. III, p. 659.
    (3) Raffaello Morghen, Medioevo cristiano, Laterza, Bari 1970, p. 175.
    (4) Leda Ravanelli, Una donna e Mussolini, Rizzoli, Milano 1946, p. 24.
    (5) Die einzigen, die ich für zuverlässig halte, sind die reinen Mohammedaner“ (Hitlers Lagebesprechungen im Führerhauptquartier, a cura di H. Heiber, Darmstadt-Wien 1963, p. 46).
    (6) Adolf Hitler, Bormann-Vermerke; edizione italiana: Idee sul destino del mondo, Edizioni di Ar, Padova 1980, vol. III, pp. 582-583.
    (7) Hans F. K. Günther, Mon témoignage sur Adolf Hitler, Pardès, Puiseaux 1990, p. 42.
    (8) Walter F. Otto, Theophania. Der Geist der altgriechische Religion, Klostermann Verlag, Frankfurt am Main 1975; edizione italiana: Theophania. Lo spirito della religione greca antica, Il Melangolo, Genova 1983, p. 95.
    (9) Oswald Spengler, Der Untergang des Abendlandes, vol. II (Welthistorische Perspektiven), Beck, München 1922; edizione italiana: Il tramonto dell’Occidente, Longanesi, Milano 1957, p. 970.
    (10) Imperatore e khomeinista, Intervista con Jacques Fontaine di Sandro Ottolenghi, “Panorama”, 7 giugno 1987, p. 143.
    (11) Jacques Fontaine, Introduzione a: Giuliano Imperatore, Alla Madre degli dèi e altri discorsi, Fondazione Lorenzo Valla, Mondadori, Milano 1990, p. lv.
    (12) Ibidem.
    (13) Nuccio D’Anna, Il neoplatonismo. Significato e dottrine di un movimento spirituale, Il Cerchio, Rimini 1988, p. 22.
    (14) Franz Altheim, Dall’antichità al Medioevo. Il volto della sera e del mattino, Sansoni, Firenze 1961, p. 15. Ma soprattutto si veda, di F. Altheim, Il dio invitto. Cristianesimo e culti solari, Feltrinelli, Milano 1960, dove la relazione fra teologia solare e Islam viene collocata sullo sfondo del progressivo affermarsi del monoteismo solare nella tarda antichità. “Recentemente si è sottolineata l’intima affinità del monofisismo con l’Islam. Si è definito Eutiche, uno dei padri della dottrina monofisitica, precursore di Muhammad. La predicazione di Muhammad era infatti ispirata dall’idea di unità, dall’idea che Dio non avesse alcun ‘compagno’, e si poneva così sulla stessa linea dei predecessori e vicini neoplatonici e monofisiti. Solo che la passione religiosa del Profeta seppe dare un rilievo ben più vigoroso a quello che prima di lui altri avevano sentito e desiderato” (F. Altheim, Il dio invitto, cit., p. 121). Questo studio di Altheim non è più stato ristampato dall’editore italiano. Forse alla Feltrinelli sono venuti a sapere che Altheim fu nazionalsocialista e SS durante il Terzo Reich e nazionalcomunista nella Germania orientale?
    (15) Henry Corbin, Il paradosso del monoteismo, Marietti, Casale Monferrato 1986, p. 3.
    (16) Julius Evola, Rivolta contro il mondo moderno, Bocca, Milano 1951, p. 324. Circa il rapporto di Evola con l’Islam, rinviamo al nostro studio Evola e l’Islam, in Avium voces, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma 1998, pp. 67-87.

  9. #79
    Evoliano di sinistra
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    Prossimo al nulla, laggiu' nell'abisso io conduco da solo la mia lotta.......In ogni caso nessun rimorso
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    Citazione Originariamente Scritto da costantino
    quindi x te, w beslan

    andiamo bene
    Ridurre un fenomeno quale la lotta di liberazione cecena alla tragedia di Beslam e' sinonimo o di malafede o di pressappochismo

  10. #80
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    Citazione Originariamente Scritto da Saloth Sâr
    Arjuna, ma il Cattolicesimo è caduto oramai sotto i colpi della peste protestante e del giudaismo massonico

    La forza Tradizionale dell'Islam sta nella totale sottomissione del credente a Dio e quindi al conseguente annientamento dello spirito e del pensiero illuminista-materialista che ha infettato la nostra civiltà

    L'Islam oramai rappresena l'unica alternativa allo stile di vita occidentale, a questa società materialista e capitalista

    L'uomo occidentale, schiavo del sistema capitalistico, vive immerso nell'oblio, costretto a sostenere ritmi quotidiani innaturali che lo hanno reso la negazione dell'essere.

    I musulmani invece sono pronti, tutti, ad immolarsi sulla via di Dio senza esitazione ! La loro fede è più forte delle armi degli oppressori....

    I musulmani amano la morte sul sentiero di Allah come i miscredenti amano la vita.
    Questo è lo spirito che serve a noi !


    D'altonde fu proprio Adolf Hitler a dire:

    "L'Islám e l'Europa sono due mondi destinati ad incontrarsi; entrambi infatti hanno in comune alcuni valori fondamentali da difendere e hanno a che fare con gli stessi nemici: il razionalismo e il materialismo, l'oscurantismo democratico, l'ateismo marxista e capitalista, l'azione del sionista sfruttatore"

    Eh...
    Mi sa che tu di mussulmani ne hai conosciuti pochi, i paesi che rifiutano il "sistema" capitalistico sono ormai pochini, pochini, anzi a parte l'Iran e Yemen vorrei che qualcuno me ne indicasse un'altro, ormai la stragrande maggioranza dei mussulmani vive in modo del tutto occidentalizzato, tra l'altro alcuni dei paesi più ricchi del mondo sono islamici, quindi tutta questa superiorità dell'Islam nei confronti del cristianesimo io non la vedo proprio, è solo questione di tempo...

    Per non dire che l'idea della totale sottomissione a Dio sta alla base anche del giudaismo e del cristianesimo (ripeto l'islam è figlio del giudaismo) ed è quanto di più lontano ci sia dalla mentalità tradizionale indoeuropea.
    L'essenza di delle 3 religioni semite è la medesima e ha come esito finale l'omologazione. L'Islam lotta contro l'americanismo, solo perchè ne ha paura, non perchè è più forte e perchè contrappone ad una certa omologazione (ormai dilagante ovunque), la sua.

 

 
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