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  1. #31
    repubblicano perciò di Sx
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    Predefinito Rif: Gli ipocriti: fra i tanti, Riccardo Pacifici e Riccardo Di Segni

    Citazione Originariamente Scritto da Patto Visualizza Messaggio
    Molto più tardi. Ancora nel 5. secolo a. Cr. gli ebrei erano politeisti.
    PS: il termine è monolatria.
    grazie. Quindi a maggior ragione l'espressione popolo eletto dovrebbe derivare da questo contesto di monolatria e non da una sorta di razzismo ( che tra l'altro dovrebbe avere una significato etnico e non religioso; se io dico che solo chi è o diventa della religione del fior di loto si salva ed ha un rapporto privilegiato con dio, in cosa sarei razzista? semmai direi delle sciocchezze per altre ragioni) .
    Del resto l'idea del rapporto privilegiato tra dio ed ebraismo, per come si è formato, ha dato vita a tutto un dibattito sulla libertà dell'uomo ( l'uono che arriva a condurre una trattativa con dio) e dull ospirito rivolzionario che ne sarebbe derivato ( mi riferisco alla tesi di W. Michael in Esodo e rivoluzione)
    "E' decretato che ogni uomo il quale s'accosta alla setta dei moderati debba smarrire a un tratto senso morale e dignità di coscienza?" G. Mazzini

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  2. #32
    repubblicano perciò di Sx
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    Predefinito Rif: Gli ipocriti: fra i tanti, Riccardo Pacifici e Riccardo Di Segni

    Citazione Originariamente Scritto da Patto Visualizza Messaggio
    Dando dei razzisti agli ebrei è più facile essere razzisti contro di loro.
    credevo che il mio post fosse stato cancellato per un mio errore di battuta e l'ho rifatto aggiungendo qualcosa. . Vai a capire cosa è successo
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  3. #33
    .... .....
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    Predefinito Rif: Gli ipocriti: fra i tanti, Riccardo Pacifici e Riccardo Di Segni

    Citazione Originariamente Scritto da edera rossa Visualizza Messaggio
    grazie. Quindi a maggior ragione l'espressione popolo eletto dovrebbe derivare da questo contesto di monolatria e non da una sorta di razzismo ( che tra l'altro dovrebbe avere una significato etnico e non religioso; se io dico che solo chi è o diventa della religione del fior di loto si salva ed ha un rapporto privilegiato con dio, in cosa sarei razzista? semmai direi delle sciocchezze per altre ragioni) .
    Del resto l'idea del rapporto privilegiato tra dio ed ebraismo, per come si è formato, ha dato vita a tutto un dibattito sulla libertà dell'uomo ( l'uono che arriva a condurre una trattativa con dio) e dull ospirito rivolzionario che ne sarebbe derivato ( mi riferisco alla tesi di W. Michael in Esodo e rivoluzione)
    Gad Lerner diceva che problema della scuola ebraica di Milano è stabilire se può essere ammesso chi è figlio di padre ebreo e di madre non ebrea..
    Se questo non è razzismo...
    Capisco il volere difendere gli ebrei sempre e comunque..ma perchè inventare che non siano razzisti..o quanto meno restii a integrarsi geneticamente nei popoli che li ospitano..?
    Poi è chiaro che esistono eccezioni..ma se si sentono gli eredi etnici dei costruttori del Tempio di Salomone significa che hanno perseguito una certa selezione sui matrimoni..
    Toaff ha avuto pure il candore di ammettere che gli ebrei si sposano tra loro per non diluire il sangue..ad una domanda della solita scolaresca..
    Ultima modifica di testadiprazzo; 26-01-10 alle 18:44
    Bisogna dare all'uomo non ciò che desidera..ma ciò di cui ha bisogno...
    (la via diretta non è la più breve)

  4. #34
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    Predefinito Rif: Gli ipocriti: fra i tanti, Riccardo Pacifici e Riccardo Di Segni

    Citazione Originariamente Scritto da testadiprazzo Visualizza Messaggio
    Gad Lerner diceva che problema della scuola ebraica di Milano è stabilire se può essere ammesso chi è figlio di padre ebreo e di madre non ebrea..
    Se questo non è razzismo...
    Capisco il volere difendere gli ebrei sempre e comunque..ma perchè inventare che non siano razzisti..o quanto meno restii a integrarsi geneticamente nei popoli che li ospitano..?
    Poi è chiaro che esistono eccezioni..ma se si sentono gli eredi etnici dei costruttori del Tempio di Salomone significa che hanno perseguito una certa selezione sui matrimoni..
    Toaff ha avuto pure il candore di ammettere che gli ebrei si sposano tra loro per non diluire il sangue..ad una domanda della solita scolaresca..
    e cosa ha a che vedere il razzismo col fatto che una scuola è riservata solo agli appartenenti di una certa religione ( non di una certa etnia) ?
    L'ebraismo è matrilineo e sono considerati ebrei i figli di madre ebrea.
    dal momento che non esiste il battesimo per i bambini, saranno essi stessi da adulti a scegliere se diventare ebrei o meno. Ma continui a confondere religione con etnia. Quanto alla risposta di Toaf sarei curioso di sapere qual'è la fonte, su internet gli vengono qua e là attribuite le dichiarazion ipiù strane.
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  5. #35
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    Predefinito Rif: Gli ipocriti: fra i tanti, Riccardo Pacifici e Riccardo Di Segni

    [QUOTE=testadiprazzo;849297]Capisco il volere difendere gli ebrei sempre e comunque..ma perchè inventare che non siano razzisti..o quanto meno restii a integrarsi geneticamente nei popoli che li ospitano..?
    QUOTE]

    guarda che quello dell'integrazione mediante matrimonio ( come se i casi non fossero numerosissimi, percentualmente di più di quelli dei cattolici che si sposano con i non cattolici) non è una questione di genetica ma , presso tutti i popoli, più una questione culturale e di comportamenti tradizionali. Ma continua a dare del razzista agli ebrei così ti senti più libero, come p stato osservato con acume da Patto, di essere razzista contro di loro.
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  6. #36
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    Citazione Originariamente Scritto da edera rossa Visualizza Messaggio
    Citazione Originariamente Scritto da testadiprazzo Visualizza Messaggio
    Capisco il volere difendere gli ebrei sempre e comunque..ma perchè inventare che non siano razzisti..o quanto meno restii a integrarsi geneticamente nei popoli che li ospitano..?
    guarda che quello dell'integrazione mediante matrimonio ( come se i casi non fossero numerosissimi, percentualmente di più di quelli dei cattolici che si sposano con i non cattolici) non è una questione di genetica ma , presso tutti i popoli, più una questione culturale e di comportamenti tradizionali. Ma continua a dare del razzista agli ebrei così ti senti più libero, come p stato osservato con acume da Patto, di essere razzista contro di loro.
    A proposito di ipocrisia, quando li accusi di antisemitismo dicono di essere antisionisti o contro il governo di Israele, ma i loro squallidi copia-incolla sono sempre diretti solo contro gli ebrei. ncav:
    La fede rende facilmente fanatici, per questo le religioni sono costate tanto sangue.
    La tolleranza è figlia del dubbio.
    E.M. Remarque.

  7. #37
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    Predefinito Rif: Gli ipocriti: fra i tanti, Riccardo Pacifici e Riccardo Di Segni

    Considerazioni di un intellettuale ebreo sull’ebraismo

    Pubblichiamo integralmente un articolo di Israel Shamir sulla questione ebraica. Gli articoli di Shamir, giornalista ebreo convertito al cristianesimo (nella chiesa greca scismatica), sono sempre molto interessanti, anche se vi possono essere delle considerazioni non condivisibili. Nel presente articolo, ad esempio, dissentiamo su alcuni giudizi relativi a Galileo Galilei, a Giordano Bruno e al genocidio armeno. E’ l’occasione per ricordare ai lettori che i testi della nostra rassegna stampa non rappresentano l’adesione del Centro studi Federici a tutte le tesi sostenute dagli autori degli articoli o alla linea politica o religiosa degli organi d’informazione consultati. Ringraziamo infine i siti e i forum che pubblicando i nostri comunicati senza omettere i riferimenti al Centro studi Federici.

    Clio imbavagliata, di Israel Shamir

    Non dovrebbe sorprendere che la gentile musa della storia, Clio, si ritrovi imbavagliata. La storia non consiste in una raccolta pacifica di fatti e banalità. La storia è un incessante tiro alla fune, perché la sua riscrittura può cambiare il mondo. Non si può cambiare il passato, così afferma l’antico adagio, ed è vero. Ma se si è insoddisfatti del presente, si può cambiare la nostra interpretazione del passato, e questo cambierà il nostro futuro. La cosa è nota da tempo immemorabile, ed è la ragione per cui la storia è stata consegnata alla custodia di sacri guardiani, per assicurare la struttura e, in qualche modo, la continuità del potere. Chi controlla il passato determina il futuro. L’argomento di questa conferenza è proprio il seguente: siamo insoddisfatti del presente, ci rivolgiamo al passato e ri-valutandolo progettiamo di influenzare il futuro. Quanto più alcuni aspetti della narrazione storica vengono difesi con forza, o addirittura falsificati, tanto più dobbiamo batterci per rimetterli in discussione.
    L’Olocausto non è affatto l’unico campo di studio della storia che viene difeso con vigore, un campo in cui chi osa incamminarsi rischia di trovarsi nei guai. L’annoso argomento dei sacrifici umani ebraici è riemerso recentemente in Italia, con la pubblicazione del libro Pasque di sangue del Prof, Ariel Toaff. Come probabilmente saprete, il professore Toaff ha dimostrato che alcuni ebrei accusati di rapimento e uccisione di bambini cristiani nel Medio Evo erano effettivamente colpevoli di quel crimine. Furono giustiziati per assassinio brutale, e non furono vittime di preteso pregiudizio cristiano o di primordiale antisemitismo. Dovrebbe essere un motivo di rallegramento: i criminali non furono diffamati ma invece furono giustamente puniti; la giustizia fece il suo corso, e gli ebrei di oggi dovrebbero essere contenti che il pregiudizio anti-ebraico sia solo un mito, simile al mito che i tedeschi trasformavano gli ebrei in sapone.
    E invece le organizzazioni ebraiche non si sono affatto mostrate contente. Hanno attaccato il professore ebreo che pure insegna studi ebraici medievali presso un’università israeliana; il povero professore Toaff, torturato mentalmente e quasi crocifisso, ha ritirato e distrutto il suo libro ( grazie a Dio oggigiorno non è così facile farlo, ed il libro può essere letto sul web sul sito http://www.vho.org/aaargh/fran/livres7/pasque.pdf <http://www.vho.org/aaargh/fran/livres7/pasque.pdf>, ha consegnato all’inquisizione ebraica dell’ADL la piccola somma di denaro ricevuta dall’editore, ed è stato costretto ad un nuovo atto di pubblica ammenda.
    Il parlamento israeliano (Knesset) ha in programma di mandare il Prof. Toaff in galera. Altri intendono trascinarlo in giustizia, per quello che ciò significa, e assicurarsi che muoia povero e isolato. Qui in Italia viene naturale paragonare il Prof. Toaff al grande scienziato italiano Galileo, che fu perseguitato per la sua scoperta scientifica e preferì pentirsi piuttosto che morire sul rogo.
    Tuttavia, il lavoro del Prof. Toaff deve essere più appropriatamente paragonato a quello del suo collega ebreo italiano, il Prof. Carlo Ginzburg, autore di I Benandanti. (1) Ginzburg ha dimostrato che i friulani, la gente del Friuli, vicino a Venezia, si occupavano a tempo perso di Magia Nera, che gli derivava dai loro antichi rituali di fertilità. Toaff non ha fatto altro che giungere allo stesso risultato per gli ebrei, è cioè che anch’essi si occupavano a tempo perso di Magia Nera, la quale aveva origine nel loro culto della vendetta e della salvezza-mediante-il sangue.
    I friulani non si sono turbati più di tanto, mentre gli ebrei per poco non linciavano il Professore, provando così che i friulani sono gente di larghe vedute che riescono a guardare con una leggera curiosità ai misfatti dei loro antenati, mentre gli ebrei non riescono ancora a venire a patti con la loro non-esclusività, la loro non-elezione, la loro non-sacralità.
    Insieme al Prof. Ginzburg, il prof. Toaff ha completato il processo di ri-valutazione del Medio Evo; processo descritto mirabilmente da Mircea Eliade nel suo Occultismo, stregoneria e mode culturali. Eliade ha scritto: “Circa 80 anni fa, i famosi ricercatori Joseph Hansen ed Henry Charles Lee pensavano che la magia nera fosse un’invenzione dell’inquisizione, e non degli stregoni. Pensavano che le storie di tregende di streghe, di riti satanici, orge e crimini erano solo frutto dell’immaginazione o il risultato di confessioni ottenute con la tortura. Oggi sappiamo, - scrive Eleade, - che la Magia Nera non fu inventata dall’inquisizione”. Né, possiamo aggiungere, i sacrifici umani ebraici che sono stati accertati oltre ogni ragionevole dubbio.
    Toaff si è occupato del caso di Simone di Trento, un bimbo assassinato ritualmente da negromanti ebrei. La colpa di un piccolo numero di ebrei fu stabilita dal migliore tribunale che si potesse avere in quei giorni, e gli ebrei innocenti non soffrirono di più di quanto hanno sofferto i musulmani innocenti dopo l’attacco dell’11 settembre in America. Un altro caso è quello di Ugo di Lincoln, un bimbo assassinato ritualmente nel 1255: sui 90 ebrei arrestati subito dopo il crimine, più di 70 furono rilasciati senza offesa non appena la loro innocenza fu provata, mentre coloro che furono giudicati colpevoli vennero impiccati: non si può proprio dire che si trattò di un caso di «giustizia sommaria»!
    In un evidente caso di tendenziosità etnica, l’enciclopedia Wikipedia, che è curata da ebrei, scrive di un Ugo di Lincoln «a quanto si dice assassinato», mentre l’accusa provata è descritta come «calunnia del sangue». «Calunnia del sangue» è una definizione standardizzata di questi casi per implicare che ebrei sempre-innocenti venivano calunniati da cristiani bigotti. Tuttavia, se è possibile trarre una lezione morale da questi antichi casi criminali, allora bisogna concludere che il senso della giustizia e di equità europeo finiva sempre per prevalere; laddove gli ebrei colpevoli venivano puniti, agli innocenti veniva preservata la vita ed essi prosperavano, unica e sola comunità non cristiana in Europa.
    La giustizia musulmana non era peggiore: in un caso avvenuto a Damasco nel 1840, un frate cattolico fu ucciso da alcuni ebrei che confessarono e furono puniti. Ma questo non interferì con la prosperità dei loro correligionari, e Farkhi, un ebreo di Acri, era ritenuto l’uomo più ricco della Siria anche dopo quella triste faccenda. Il caso fu indagato dal grande orientalista, Sir Richard Burton, Console britannico a Damasco, che era fin dall’inizio un dichiarato filo-semita (“Se potessi scegliere la razza non ce n’è un'altra alla quale più volentieri apparterrei di quella ebraica”) accettò, in questo caso, il verdetto di colpevolezza e scrisse un racconto completo della faccenda. Gli ebrei di Londra pagarono un bel po’ di denaro e comprarono il manoscritto di Burton dai suoi eredi, e da allora non è stato mai pubblicato, essendo stato chiuso nelle cantine del palazzo del Comitato direttivo dei rappresentanti degli ebrei inglesi. Un tale Aaronovitch, giornalista ebreo britannico, ha rimproverato la Siria perché un ministro siriano aveva osato scrivere sull’argomento; Aaronovitch non menziona mai l’inchiesta di Burton, ma si limita ad esclamare «calunnia del sangue!» come se bastasse questo per spiegate ogni cosa.
    In realtà, prima dell’Olocausto, gli ebrei si servivano già della «calunnia del sangue». Basta leggere i testi ebraici o filo-giudaici precedenti alla II Guerra Mondiale e si può vedere che il posto poi occupato dal dogma dell’Olocausto nell’universo giudeocentrico non era vuoto; era occupato dai pogroms in Russia, dal processo Dreyfus, dall’inquisizione, dall’espulsione dalla Spagna, dalla distruzione del Tempio ed in gran parte anche dalla «calunnia del sangue». Tutto ciò serviva a portare lo stesso messaggio: proclamava l’eterna, unica, immotivata e assurda sofferenza degli ebrei causata dall’odio irrazionale dei cristiani nei loro confronti; serviva ad unire e mobilitare gli ebrei contro i gentili; serviva in qualche modo a trasformare l’invidia, l’ostilità e la sfiducia in pietà, giungendo perfino a generare sentimenti di colpevolezza tra i migliori dei goyim.
    Il caso del Prof. Toaff può aiutare a far carpire il punto focale della faccenda a coloro tra i nostri amici che sono super-coinvolti nella narrazione dell’Olocausto. Io rispetto i dissidenti/negazionisti per il loro coraggio di andare contro corrente, ma non condivido il loro entusiasmo. Certo, sulla base dei fatti si potrebbero contestare i racconti della immeritata e unica sofferenza. Questo è ciò che il sig. Serge Thion ha fatto in relazione all’Olocausto, notando che Elie Wiesel, il grande narratore dell’Olocausto, ha preferito aggrapparsi ai suoi persecutori nazisti piuttosto che rimanere con i suoi liberatori russi. Questo è ciò che ha fatto il Prof. Toaff o fece Sir Richard Burton in relazione ai sacrifici di sangue, comprovando così che la risposta delle autorità fu misurata e legittima.
    Lo storico russo Kozhinov si è occupato dei pogroms in Russia, dimostrando che in questi violenti scontri furono uccisi più non-ebrei di ebrei stessi. Il pogrom più grande e cruento, quello di Kishinev, fu descritto da Byalik, il poeta nazionale ebraico, come il più cruento dei massacri, col sangue che scorreva per le strade, e, in un numero recente di Ha’aretz, un giornalista israeliano ha scritto che “nessuno dubita del diritto all’esistenza della nazione russa solo perché i cristiani di Kishinev, all’inizio del XX secolo, piantavano chiodi negli occhi dei bambini ebrei”. Tuttavia, a confronto dei casi dei bambini italiani o inglesi torturati a morte da negromanti ebrei, l’accusa dei «chiodi negli occhi dei bambini ebrei» è solo un guizzo della fantasia, immediatamente confutato, mentre il numero totale di vite perdute a Kishinev è stato di 45, un quarto delle vittime di Deir Yassin, il raccolto di un mese dell’Intifada.
    Certo, tutte queste storie di sofferenza non provocata possono essere decostruite, ma perché preoccuparsene, se l’unica cosa che i produttori di queste narrative vogliono trasmettere è che gli ebrei sono unici e speciali, hanno sofferto più di chiunque altro ed è per questo che hanno il diritto di averla sempre vinta, che sono i migliori di tutti, mentre chi dubita di ciò che essi dicono è solo ossessionato da un mistico antisemitismo? Queste narrative vengono portate avanti per risvegliare la furia ebraica contro i loro pretesi persecutori, c’est tout.
    Queste storie di vittimismo mi disgustano, e non solo perché sono deboli dal punto di vista dei fatti. Le storie di vittimismo non sono il risultato, sono la causa della sofferenza. Ogni volta che qualcuno diffonde queste storie di persecuzioni non provocate, non abbiate dubbi: i diffusori stanno preparando una qualche loro bestiale atrocità. Gli ebrei hanno brandito la storia dell’Olocausto e hanno cancellato la pacifica popolazione palestinese nel 1948. Gli armeni hanno recitato la storia della loro sofferenza unica e non provocata ed hanno massacrato civili azeri innocenti nel Karabach durante la guerra del 1991-94, facendo fuggire migliaia di rifugiati a Baku. I polacchi e i cechi infiammati da storie delle loro sofferenze sotto il Reich hanno espulso milioni di persone di etnia tedesca dalle loro terre ancestrali, mentre gli ucraini che in Rzecz Pospolita avevano raccontato le storie della loro sofferenza massacrarono a migliaia i polacchi di Volyn.
    La politica nazionalista è come la politica dei generi, proprio come è stato sottolineato da Otto Weininger: così le femministe hanno promosso la narrazione della sofferenza femminile sotto il loro eterno oppressore maschio, ed hanno causato il crollo di molte famiglie, l’impoverimento delle donne, l’infiacchimento degli uomini. Questo genere di narrazione può essere contro-bilanciata da una contro-narrazione. Mentre è vero che gli uomini sono al primo posto per quanto riguarda la violenza fisica, le donne sono molto più efficaci nell’aggressione verbale. La lingua sferzante di Lady Macbeth non è meno colpevole del pugnale acuminato di Macbeth. Le donne sanno come provocare un uomo; e gli uomini reagiscono – talvolta con un bacio, talvolta con colpi, talvolta con una pallottola. José uccise, ma Carmen provocò. Malgrado il molto incoraggiato mito della ragazza tutta muscoli e durezza, le donne hanno meno successo quando si tratta di menar le mani, e così tendono a proibire la violenza fisica ma permettono la diffusione di quella verbale e mettono fuori legge lo stesso concetto di provocazione.
    Tornando al nostro argomento, se i turchi uccisero, gli armeni provocarono; e ogni volta che ci sono state azioni contro gli ebrei, queste furono causate da azioni degli ebrei. Certamente, da negazionista totale, nego la stessa esistenza dell’antisemitismo, l’«odio irrazionale per gli ebrei». Non esiste. Gli ebrei sono stati combattuti, come è stato combattuto qualsiasi potere, dalla Chiesa Cattolica Romana, alla Standard Oil. Gli ebrei non sono agnelli, sono un fattore attivo della vita economica e ideologica. Si può essere pro o contro di essi. Ma «odiarli»? No di certo. I non-ebrei sono stati più giusti verso gli ebrei che non l’inverso. Anche la «calunnia del sangue» si è dimostrata essere un normale caso di criminalità.
    Ci sono state azioni anti-ebraiche in Europa nel Medio Evo? Certo che ci sono state. Ma queste, sono state causate da «odio irrazionale»? Odio un corno! Nel 1911, il governo americano disfece il potente impero di John D. Rockefeller. Non essendo un ebreo, Rockefeller non potette gridare che si trattava di antisemitismo. Non disse che era stato perché i suoi avversari non amavano il suo aspetto, la sua razza, la sua provenienza, i suoi modi, o che si trattava di punizione divina per i suoi peccati. Spezzarono la Standard Oil perché era diventata troppo potente. Per la stessa buona ragione, il presidente russo, Vladimir Putin ha spezzato la compagnia petrolifera degli oligarchi ribelli. Non perché sono ebrei o perché sostengono la democrazia. Ogni potere crea la richiesta di un contropotere, la forza crea la necessità di una forza contrapposta, e gli ebrei erano e sono un potere.
    Gli ebrei sono più forti della Chiesa Cattolica, come apprendiamo dal destino di uno scienziato italiano che possiamo paragonare al Prof. Toaff. Ieri, a due passi appena dalla piazza principale ho visto una targa di commemorazione di Giordano Bruno, il martire della scienza. Vi era scritto: “Fu ucciso dalla Chiesa Cattolica la nemica della scienza”. Andate a leggere in centinaia di libri, sguazzate quanto volete su internet, leggerete sempre che la chiesa è colpevole di quel crimine. Lo potete dire liberamente, e nessuno in modo isterico si metterà a gridare contro di voi: “TUTTA la chiesa? È colpevole tutto il miliardo di cattolici dal Brasile alla Polonia? Vergognati! Sei un anti-cattolico!” In verità, l’ultimo papa ha addirittura chiesto scusa anche per ciò, come era sua consuetudine.
    Invano cercherete una targa che commemora un filosofo ebraico, uno scienziato e uno scettico, il Rabbino Samuel Ibn Zarza, autore di Miklal Yofi, in cui espresse i suoi dubbi sulla Creazione, e fu bruciato a Valencia – per ordine degli ebrei. Ora, mi aspetto di sentire il grido “tutti gli ebrei? Antisemita!” Come, non lo grida nessuno? Bene, possiamo procedere. Nel Libro del Lignaggio, un libro ebraico del XV secolo che ho avuto il piacere di tradurre (in inglese), c’è una glossa che dice “Quando i rabbini lessero ‘Nell’anno tal dei tali dalla creazione del mondo’, questo Zarza pose la mano sulla barba e alluse alla pre-esistenza del mondo stringendo i peli della sua barba. Il rabbino capo Isacco Campanton si alzò e disse, ‘Perché il cespuglio non viene bruciato? Che il cespuglio sia bruciato!’ (in castigliano Zarza è una specie di cespuglio; e così questo gioco di parole è un’allusione a Esodo 3). I rabbini lo condussero in tribunale e lo fecero condannare a morte sul rogo per aver confessato la pre-esistenza del mondo”.
    E così ci sono due scienziati, entrambi morti per fuoco, ma uno fu mandato al rogo dalla Chiesa, mentre l’altro vi fu mandato dagli ebrei. Vi sono alcuni indizi che gli ebrei abbiano svolto una parte attiva dietro le quinte per spedire anche Giordano Bruno alla morte, perché egli era fortemente contro gli ebrei. Giordano Bruno chiamava gli ebrei ‘una razza talmente pestilenziale, lebbrosa e pubblicamente pericolosa che merita di essere sradicata e distrutta prima ancora della nascita’ (Giordano Bruno, Spacio della Bestis Trionfante, 1584). Questa sua opinione contribuì alla sua morte, perché, perfino allora, gli ebrei potevano aver accesso alle orecchie delle autorità e c’erano sempre abbastanza funzionari pronti a seguire i loro ordini. Ma nel caso di Bruno, non ci sono tracce visibili dell’intervento ebraico, per cui il suo caso è noto, mentre per Samuel Ibn Zarza l’oblio e la negazione hanno fatto il loro corso.
    Se si apre l’ebraico-edita Wikipedia, si può leggere: “Sebbene Samuel Shalom (saggio ebreo del XVI secolo) afferma che Zarza fu mandato al rogo dal tribunale di Valencia su denuncia del Rabbino Isacco Campanton, il quale lo accusò di negare la creazione del mondo, gli storici hanno dimostrato che questa affermazione è pura leggenda”. Dunque, il Ministero ebraico per la scrittura e la correzione della storia può decidere e decretare ciò che accadde e ciò che fu e rimane una “pura leggenda”. La Chiesa Cattolica non può nemmeno sognare un tale potere.
    Si può quantificare il potere ebraico? Alcuni mesi fa, il settimanale britannico Economist ha pubblicato una insolita cartina geografica del mondo: il territorio di un paese era rappresentato in proporzione al suo Prodotto Nazionale Lordo. Una mappa rivelatrice: l’India era più piccola dell’Olanda, l’intera America Latina era grande solo come l’Italia; Israele appariva più grande di tutti i suoi vicini arabi. Questa cartina non era proprio la cartina del potere: per tracciare la vera mappa del mondo si dovrebbero prendere in considerazione anche altri parametri: la potenza di fuoco, le capacità nucleari e convenzionali, l’influenza del proprio discorso tramite la produzione di film, libri, giornali, università, cattedre, posizioni internazionali. Su una cartina del potere che tenesse conto di simili parametri, gli ebrei apparirebbero in una posizione assai impressionante. Gli ebrei detengono un potere reale nel mondo in cui viviamo. Sono una potenza di prima grandezza, più forte della Chiesa Cattolica, sicuramente più forte dell’Italia o di qualsiasi stato europeo da solo, più forte della Shell e dell’Agip o di qualsiasi multinazionale.
    In fisica astronomica, c’è un fenomeno chiamato buco nero: una stella molto densa e pesante che muta la simmetria dello spazio circostante, e i raggi di luce non riescono a sfuggire all’attrazione gravitazionale che essa crea. Una simile stella-buco nero è invisibile perché è molto potente. Allo stesso modo, gli ebrei sono un buco nero. Sono così potenti che non si possono vedere. Non è permesso vederli. Costituiscono il più grande tabù dei nostri giorni. La famosa discussione sulla “coda che muove il cane” riguardo alla lobby ebraica in America, è un tentativo di girare intorno al tabù senza affrontarlo e infrangerlo. Certo che un piccolo paese del Medio Oriente chiamato Israele non può “muovere il cane americano”. La lobby israeliana dell’Aipac & vari non può influenzare molto, malgrado i suoi sforzi. Ma la lobby israeliana e lo Stato di Israele sono solo manifestazioni del buco nero, dell’innominabile: gli ebrei.
    In un recente dibattito tra James Petras e Norman Finkelstein, il Prof. Petras giunge molto vicino al nocciolo della questione quando descrive la lobby pro-israeliana come “un’intera sfilza di think tank pro-sionisti, dall’American Enterprise Institute in giù, e … una intera configurazione di potere, che non solo comprende l’AIPAC, ma anche i Presidents of the Major American Jewish Organizations, che sono 52 … e individui che occupano posizioni cruciali nel governo (Eliot Abrams e Paul Wolfowitz, Douglas Feith ed altri), … l’esercito di editorialisti che scrivono per i maggiori giornali … i ricchissimi finanziatori dal Partito Democratico, i magnati dei media con la loro influenza sul Congresso e sull’Esecutivo”. Non è una lobby, sono gli ebrei.
    Perché gli ebrei sono tanto potenti oggi? Nel mio libro Pardès, offro una spiegazione: gli ebrei, i quali hanno rappresentato storicamente una chiesa alternativa, avevano un nemico tradizionale nella chiesa Apostolica. Quando la presa della Chiesa Cattolica Romana fu spezzata, la chiesa alternativa spuntò fuori. Ma se questa spiegazione e troppo complicata, o inaccettabile per dei materialisti di ferro, la si può tradurre in dollari e sterline.
    Recentemente, il sapientone ebreo Zev Chafets si è levato in difesa dello sportivo americano Richardson, che era stato sospeso per aver detto che gli ebrei sono potenti e abili. Richardson aveva affermato: “Gli ebrei hanno il miglior sistema di sicurezza nel mondo. Sei mai stato all’aeroporto di Tel Aviv? Sono veramente abili. Ascoltate, sono odiati in tutto il mondo, quindi devono essere abili. Hanno molto potere in questo mondo, capite cosa voglio dire? Penso che sia una gran bella cosa. Non penso ci sia niente da obiettare, se date un’occhiata alla maggior parte degli sport professionistici, ebbene, sono diretti da ebrei. Se date un’occhiata a molte tra le società di maggior successo e roba del genere, ancora più aziende, ebbene, sono dirette da ebraici [sic]. Non è una critica, ma sono veramente gente abile”.
    Così ha risposto Chafets alle accuse fatte a Richardson: “Scusatemi, ma Richardson non ha detto nulla di offensivo. Nei fatti, gli ebrei, come popolo, sono in gamba, secondo le mie esperienze. E ne sono fieri (soprattutto quelli più sciocchi). E cos’altro di pernicioso avrebbe mai detto? Che Israele ha la migliore sicurezza aeroportuale del mondo? Questa è la verità ed anche qualcosa di cui Israele stesso si vanta. Che gli ebrei sono odiati ed hanno bisogno di proteggersi? Questa è la ragione fondante dell’esistenza stessa dell’ADL. Certo, Richardson esagera quando dice che gli ebrei posseggono la maggior parte delle squadre sportive. Per quanto ne so io, gli ebrei (l’1% circa della popolazione) posseggono soltanto la metà circa delle squadre dell’NBA (ed anche una bella fetta delle squadre nel baseball e football). E con questo? Per quanto riguarda l’affermazione che gli ebrei dirigono tante società di successo, c’è poco da scherzare. È molto probabile che gli ebrei siano il gruppo etnico che ha raggiunto il maggior successo economico negli Stati Uniti. E questo che cosa c’entra?”
    A questa domanda (“cosa c’entra?”), ha fornito una risposta David C. Johnston nel New York Times. Ha scritto: “Nel 2005, la disparità di reddito [negli Stati Uniti] è cresciuta in modo significativo, con l’1% in cima alla piramide degli americani – quelli con redditi annui superiori a 348.000 $ - che ricevono la fetta più ampia del reddito nazionale che questo gruppo ha mai ricevuto dal 1928, come dimostra l’analisi degli ultimi dati riguardanti le tasse. Questi dati dimostrano anche che i 300.000 americani che si trovano in cima alla piramide hanno, collettivamente, goduto di un reddito quasi corrispondente a quello che riescono ad assommare i 150 milioni di americani in fondo alla piramide. Il gruppo più in alto ha ricevuto in media pro-capite 440 volte quello che ha ricevuto una persona del gruppo collocato nella metà più in basso. Dal 1980, la distanza tra i due gruppi è quasi raddoppiata”.
    Una domanda, invece, a cui Johnston non risponde (e che nemmeno pone) è la seguente: Dei “300.000 americani che si trovano in cima alla piramide e hanno, collettivamente, goduto di un reddito quasi corrispondente a quello che riescono ad assommare i 150 milioni di americani in fondo alla piramide” quanti appartengono al “gruppo etnico che ha raggiunto il maggior successo economico negli Stati Uniti”? Non ci si deve forse aspettare che – in assenza di una chiesa nazionale o altre forze non economiche che impongono limiti – la loro influenza sulla politica americana sia all’incirca proporzionale al loro reddito complessivo?
    La “democrazia” è un sistema politico ideale in cui ogni persona ha un solo voto e tutti i voti sono uguali. Questo ideale si può a mala pena realizzare anche in assenza di ineguaglianza economica, perché ci sono persone più influenti e persone meno influenti, secondo le loro abilità. Nelle condizioni descritte da Johnston, quando un membro dell’elite ha il reddito di 500 persone ordinarie, la democrazia è senza dubbio gravemente svilita. Ma questo ideale viene sfacciatamente tradito se la gente che appartiene all’elite possiede anche i mass media ed è quindi in condizione di plasmare la visione del mondo degli altri. Se poi i magnati dei media uniscono le loro risorse, come accade in America, la democrazia perde completamente di significato. Sono completamente d’accordo con Frau Merkel quando ha affermato: “Una stampa libera è la pietra angolare della nostra società e la base di tutte le libertà”. Ma non riesco proprio ad immaginare perché ritenga che la stampa sia libera se poi essa è in mano a magnati ebrei o giudeofili, come Alfred Neven DuMont, proprietario di una delle più antiche case editrici della Germania e comproprietario del giornale israeliano Ha’aretz, (Merkel stava intervenendo alla di lui festa di compleanno) o come il vostro stesso Berlusconi? Perché mai questa stampa sarebbe più libera della stampa controllata dallo Stato, come accade nella Russia di Putin? Uno Stato può sempre rivendicare di rappresentare tutti i suoi cittadini.
    Perché sottolineo “magnati ebrei o giudeofili” ? Non potrebbe bastare “magnati della stampa”? In verità, no. Un Haaretz in mano a DuMont può pubblicare un articolo intitolato Confessioni di un razzista anti-tedesco, ma un giornale tedesco in mano a DuMont non pubblicherebbe mai un pezzo scritto da un uomo a cui non piacciono gli ebrei. La giudeofilia fa sì che i magnati della stampa siano integrati in un’unica macchina totalitaria, esattamente come l’ideologia comunista integrava tutti i media sovietici in un unico (e noioso) congegno totalitario. Si può proseguire con questo paragone: negli Stati Uniti, in Occidente in generale, gli ebrei controllano le vette di comando che in URSS una volta controlla il Partito Comunista: senza essere praticamente menzionato nella Costituzione, senza essere formalmente una parte dell’apparato dello Stato, questo corpo opaco controlla tutti i processi e non è controllato da nessuna forza esterna. L’uomo della strada in America non è rappresentato alla dirigenza dei Presidenti delle Maggiori Organizzazioni Ebraiche d’America, proprio come l’uomo della strada in Unione Sovietica non era rappresentato nel Politburo.
    Un tempo questa posizione era occupata dalla Chiesa. Le campagne anticlericali consumarono gran parte delle energie e del pensiero della gente alla fine del XIX e nel XX secolo. La principale rimostranza era che la chiesa controllava la società, e non era controllata dalla società. Il Partito Comunista in Russia (o quello fascista nel vostro paese, mutatis mutandis) dovettero far fronte allo stesso tipo di lagnanza. Ora è venuto il momento di prendersela con l’ultimo usurpatore, perché la maggioranza della gente non ha delegato agli ebrei la guida e il controllo dei propri processi mentali. L’eccessiva influenza degli ebrei è un indicatore della mancanza di democrazia: in un paese veramente democratico, gli ebrei avrebbero un’influenza proporzionata al loro numero. Ma la storia non è ancora finita, e si può fare in modo che la libertà si affermi, mandando gli ebrei là dove la Chiesa e il Partito sono già stati mandati, in una nicchia modesta della nostra dinamica società.
    I revisionisti dell’Olocausto credono che il potere ebraico collasserà se la narrazione olocaustica viene scardinata. Sono convinti che “il potere ebraico è fondato su una menzogna”. Io dissento. Il potere ebraico è del tutto reale, è fondato sul denaro, sull’ideologia e su tutto quanto su cui si può fondare un potere. È questo potere reale che può e deve essere disfatto; dopo, la narrazione dell’Olocausto non interesserebbe più nessuno, se non forse ai parenti prossimi.
    Lasciandosi condurre dall’amore per la libertà e dalla compassione, questa soluzione sarà buona per gli ebrei come individui. Qual è la posizione del singolo ebreo verso gli ebrei come insieme? È la stessa del singolo membro del Partito verso il Partito. Negli ultimi giorni dell’Unione Sovietica, c’erano 16 milioni di membri del Partito; tornava utile essere un iscritto; ma quando l’adesione al Partito cessò di portare benefici, il numero degli iscritti si ridusse a poche centinaia di migliaia. Non bisogna vederla come una tragedia: i Comunisti di ieri riguadagnarono la libertà. Alcuni di loro (come Yeltsin) divennero anticomunisti, altri abbandonarono la politica e si diedero alla fede religiosa o al commercio o agli affari. Quelli che sono rimasti comunisti, nemmeno loro, soffrono per il collasso del Partito: si sono separati dagli ipocriti e non devono più cercare di accontentare milioni di piccolo-borghesi; ora possono proclamare ciò in cui veramente credono.
    Allo stesso modo, sconfiggere il legame tra gli ebrei riportando la loro influenza nelle proporzioni del loro numero provocherà un esodo ideologico di massa. Dei 16 milioni di ebrei, alcune centinaia di migliaia di credenti probabilmente resteranno attaccati alla legge mosaica e allo studio del Talmud e della Cabbala (che Dio li benedica!), mentre il resto troveranno altri interessi e attaccamenti (che Dio benedica anche loro!). Tutti saranno grati a dissidenti come il Prof. Toaff che ha seppellito il mito dell’antisemitismo e li ha aiutati a riconquistare la libertà.
    Non possono forse essere liberi all’interno di questa (dell’attuale) cornice degli ebrei? Negli anni Settanta e Ottanta, una discussione analoga si sviluppò riguardo la libertà e il pluralismo all’interno della cornice del Partito Comunista. Alla fine la cosa non funzionò. Il legame tra gli ebrei non è meno monolitico del Partito, ma anche tra di loro è concessa una certa diffusione di opinioni, anche se questa diffusione non è ampia abbastanza. All’estremità destra c’è Gilad Sharon che propone di togliere la cittadinanza israeliana ai non-ebrei, all’estremità destra, c’è Uri Avnery, che di fatto propone la stessa cosa. Possiamo e dobbiamo aiutare gli ebrei a riguadagnare la libertà, come avvenne ai membri del Partito, e prima di loro, ai seguaci della Chiesa (???, ndr), aiutati tutti a riconquistare la loro libertà di scelta.

    Note
    1) C. Ginzburg, I benandanti. Stregoneria e culti agrari tra Cinquecento e Seicento, Einaudi, Torino, 1972; Carlo Ginzburg, Storia notturna. Una decifrazione del sabba, Einaudi, Torino, 1989

    (Fonte: It7 )

    Italia Sociale
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

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    Predefinito Rif: Gli ipocriti: fra i tanti, Riccardo Pacifici e Riccardo Di Segni

    La religione dell’olocausto? Nasce con la Bibbia
    di Gilad Atzmon* - 07/03/2007

    Fonte:

    Pubblichiamo ampi stralci del fondamentale saggio di Gilad Atzmon*, «Purim special - from Esther to AIPAC», apparso su Counterpunch il 3-4 marzo 2007. Atzmon, israeliano di nascita dove ha combattuto militarmente per Israele, ha scelto oggi di vivere a Londra, da europeo e non da ebreo. E’ un noto sassofonista jazz. Il suo ultimo CD, «Exile», che riecheggia i motivi polemici di questo suo scritto, è stato definito dalla BBC il miglior disco jazz dell’anno.

    L’ebraicità è un concetto assai vasto.
    Si riferisce a una cultura con molte facce, tanti gruppi distinti, diverse credenze, campi politici opposti, etnie differenti.
    Ma questa gente così diversa si identifica come «ebreo», e ciò sorprende. […]
    Cercherò di identificare il legame collettivo, intellettuale, spirituale e mitico, che rende l’ebraicità una identità così potente.
    […] La ebraicità si autodetermina come razziale, ma il popolo ebraico non forma un gruppo etnico omogeneo.
    Alcuni la intendono come la continuazione del giudaismo, inteso come religione. […]
    Ma molti sono atei, e anche oppositori del giudaismo e di ogni fede, e tuttavia mantengono l’identità ebraica, anzi ne sono estremamente orgogliosi.
    Che cosa costituisce l’ebraicità?
    E’ una forma di religione, un’ideologia o uno «stato della mente»?
    E se la giudaità è una religione, bisogna chiedersi: in che cosa credono i suoi seguaci?
    In che cosa si differenzia dal cristianesimo, dall’Islam e dal giudaismo?
    Se l’ebraismo è un’ideologia, allora c’è da chiedersi: per che cosa si batte quest’ideologia?
    E’ monolitica? Promuove un nuovo ordine mondiale? Reca un messaggio universale per l’umanità intera, o è una manifestazione di precetti tribali?
    Se poi l’ebraicità è uno stato mentale, bisogna chiedersi se è una mentalità razionale o irrazionale.
    E se sta nel rango delle cose inesprimibili, o si può esprimere.
    Io suggerisco di considerare la remota possibilità che l’ebraismo sia uno strano ibrido, di religione, di ideologia e di mentalità insieme.

    La religione olocaustica
    Yeshayahu Leibowitz, il filosofo che era anche un ebreo osservante, disse una volta ad Uri Avneri (figura storica del pacifismo israeliano, ndr): «La religione ebraica è morta due secoli fa. Oggi nulla unisce gli ebrei nel mondo, a parte l’olocausto».
    Il filosofo Leibowitz , nato in Germania, è stato il primo a vedere che l’olocausto è diventato la religione degli ebrei.
    L’olocausto è ben più che una narrazione storica, contiene anzi molti elementi di una religione.
    Ha i suoi grandi sacerdoti (Elie Wiesel, Simon Wiesenthal, ecc.), i suoi profeti (Shimon Peres, Benjamin Netanyahu e tutti quelli che «profetizzano» l’imminente giudeocidio da parte dell’Iran). Ha i suoi comandamenti e dogmi («Mai più», «Sei milioni» e così via).
    Ha i suoi rituali (Giorno della Memoria, pellegrinaggi ad Auschwitz).
    Ha i suoi santuari e templi, Yad Vashem, il museo dell’olocausto e oggi l’ONU.
    Come non bastasse, la religione dell’olocausto è mantenuta viva da una potente rete economica e da infrastrutture finanziare globali («l’industria dell’olocausto» di cui parla Norman Finkelstein).
    Fatto altamente significativo, è tanto coerente da imporre l’identità del nuovo «anticristo» (i «negazionisti»), e tanto potente da perseguirli per legge (norme contro il negazionismo).
    I dotti obietteranno che l’olocausto non è una religione perché non contempla l’esistenza di un Dio da adorare e da amare.
    Io mi permetto di obiettare: l’olocausto è precisamente la religione che incorpora la visione del mondo laico e progressista d’oggi.
    Ha trasformato l’amore di sé in una convinzione dogmatica, in cui il fedele osservante adora sé stesso.
    In questa religione, gli ebrei adorano «l’Ebreo».
    E’ l’adorazione esclusiva dell’ego mio, in quanto soggetto di sofferenza infinita che avanza verso la propria auto-redenzione. […]
    Marc Ellis, il teologo ebraico, coglie nel segno; «La teologia dell’olocausto», dice, «comporta tre temi che sussistono in tensione dialettica: sofferenza e liberazione, innocenza e riscatto, unicità e normalizzazione».
    Tale religione pone l’Ebreo nel ruolo centrale dentro il suo proprio universo ego-centrico.
    Il «sofferente» e l’«innocente» marcia verso il «riscatto» e la sua «liberazione».

    E’ ovvio che Dio resti fuori dal gioco: è stato licenziato perché ha fallito la sua missione storica, non era lì a salvare gli ebrei.
    Nella nuova religione, l’Ebreo diventa il nuovo dio degli ebrei, tutto si gioca sull’ebreo che riscatta sé stesso. […]
    Nello stesso tempo, l’olocausto funziona come interfaccia ideologica.
    Fornisce al seguace un logos, un discorso.
    A livello cosciente fornisce una visione del passato e del presente che sembra storica e fattuale, ma non si ferma qui: definisce anche la lotta futura.
    Dà la visione del futuro ebraico.
    Contemporaneamente, nell’inconscio, riempie il soggetto ebraico dell’angoscia più definitiva: la paura della distruzione dell’Io.
    Un’ottima ricetta per una religione vincente. […]
    E’ interessante notare che la religione dell’olocausto si estende molto al di là della comunità ebraica.
    Essa è missionaria; eleva santuari in terre lontane.
    Anzi vediamo che questa religione emergente sta già diventando il nuovo ordine mondiale: è l’olocausto che oggi viene usato come alibi per incenerire l’Iran con bombe atomiche.
    Chiaramente l’olocausto serve al discorso politico israeliano , ma fa appello anche ai goym, specie a quelli che sono impegnati a massacrare spietatamente «nel nome della libertà».
    Siamo tutti soggetti a questa religione: solo che alcuni sono i suoi credenti, gli altri semplicemente soggetti al suo potere.
    I negatori dell’olocausto sono soggetti alla persecuzione da parte dei gran sacerdoti della religione. La religione dell’olocausto costituisce oggi «il Reale» per l’Occidente.
    Non siamo autorizzati a toccarlo, a guardarci dentro.
    Proprio come gli israeliti, che sono obbligati ad adorare il loro YHWH, ma non autorizzati a porgli domande. […]

    Io sostengo che la religione dell’olocausto esisteva già molto tempo prima delle «soluzione finale» (1942), ben prima della Kristalnacht (1938), prima delle leggi razziali di Norimberga (1936) e ben prima che l’American Jewish Congress dichiarasse una guerra economica contro la Germania nazista (1933); anzi, prima che Hitler fosse nato (1889).
    La religione dell’olocausto è antica quanto gli ebrei.
    In un articolo recente ho parlato del «Disordine da Stress Pre-traumatico» come tipica sindrome ebraica.
    In questo stato clinico, lo stress è il risultato di un evento fantasmatico-immaginario che può avvenire nel futuro, che non è mai avvenuto.
    Al contrario del «Disordine da Stress Post-traumatico», che è una reazione ad un evento traumatico che ha avuto luogo nel passato [è il PSTD, che colpisce i soldati traumatizzati dalla guerra] nello «Stress Pre-Traumatico» lo stress deriva da un evento potenziale «immaginario».
    Qui, la fantasia di un terrore futuro dà forma alla realtà presente.
    La dialettica della paura domina l’esistenza e la mente ebraica molto più di quanto siamo disposti ad ammettere.
    Questa paura è sfruttata politicamente dai capi ebraici fin dai giorni dell’emancipazione; ma è molto più antica della storia ebraica moderna.
    Di fatto, è l’eredità del Tanach (la Bibbia ebraica) che ha posto gli ebrei nello stato pre-traumatico. E’ la Bibbia ebraica che ha posto la vita ebraica nel binario dell’innocenza-sofferenza e della persecuzione-riscatto.
    Più specificamente, la paura del giudeocidio è intessuta nello spirito, nella cultura e nella letteratura ebraiche.
    In questo senso, io affermo che è la religione dell’olocausto che ha trasformato gli antichi israeliti in ebrei.

    Sono sempre più numerosi gli studiosi biblici che mettono in discussione la storicità della Bibbia.
    Niels Lechme, nel suo saggio «I Cananei e la loro terra», dice che la Bibbia è stata per la maggior parte «scritta dopo l’esilio babilonese (circa 300 avanti Cristo) e che questi testi rielaborano, e in gran parte inventano, la precedente storia israelita in modo da riflettere e legittimare le esperienze di coloro che sono tornati dall’esilio babilonese».
    In altri termini, essendo scritta da profughi tornati a casa, la Bibbia incorpora una dura ideologia dell’esilio in una narrativa storica.
    Analogamente all’ideologia sionista primitiva che considerava l’assimilazione come una minaccia mortale (1), «le comunità raccolte sotto il comando dei sacerdoti di YHVH (al tempo dell’esilio babilonese) vedevano l’assimilazione come un’apostasia; non solo come una morte sociale per se stessi in quanto giudei, ma come un tentato deicidio. Essi decisero di persistere in un impegno assoluto ed esclusivo a YHVH, sicuri che Egli li avrebbe fatti tornare alla terra da cui erano stati cacciati. La prescritta purezza di sangue fu il mezzo di salvaguardare i confini della nazione, il divieto dei matrimoni misti il mezzo per mantenerla. I sacerdoti crearono anche una serie di precetti esclusivizzanti che separavano il popolo dai suoi vicini: oltre ad un surrogato del culto del Tempio, anche un calendario religioso distinto, che li rendeva capaci di vivere ritualmente in un ritmo temporale diverso dai gruppi umani con cui condividevano lo spazio. Questo serviva a mantenere la differenza, senza impedire loro di commerciare, e dunque di arricchire, tra i babilonesi».
    Ecco perché l’ebraicità fiorisce in esilio, ma perde la sua forza quando diventa un fatto domestico. Essendo incentrata su un’ideologia di sopravvivenza collettiva da emigrati, l’ebraicità è al suo meglio nell’esilio; ma allo stesso tempo, ciò che mantiene l’identità collettiva ebraica è la paura. Come nell’odierna religione dell’olocausto, l’ebraicità impianta la paura del giudeocidio al centro della psiche ebraica, e offre i mezzi spirituali, ideologici e pratici per convivere con questa paura.

    Il Libro di Ester
    Il Libro di Ester è la storia biblica alla base della festa di Purim, probabilmente la celebrazione ebraica più gioiosa.
    Il libro narra la storia di un tentato giudeocidio e di come gli ebrei riuscirono a cambiare il loro fato. Gli ebrei riescono, nel libro, non solo a salvarsi, ma anche a vendicarsi.
    La storia ha luogo nel terzo anno di regno di Assuero, che è identificato di solito con il re persiano Serse.
    E’ una storia di palazzo, di complotti e di una bella regina ebrea, Ester, che sventa il giudeocidio all’ultimo istante.
    Nel racconto, re Assuero ripudia la sua sposa Vashti, perché essa ha rifiutato di «visitarlo» durante una festa.
    Tra le candidate ad essere la nuova moglie di Assuero c’è Ester.
    Nel frattempo, il primo ministro di Assuero, Haman, complotta per ottenere dal re un editto che ordini di ammazzare tutti gli ebrei, senza sospettare che Ester è ebrea.
    Ester, con suo cugino Mordechai, salva il popolo.
    A rischio della vita, la donna avverte Assuero del complotto omicida di Haman.
    Haman e i suoi figli vengono impiccati sulla forca alta cinquanta cubiti che Haman aveva preparato per il cugino Mordechai.
    Mordechai prende il posto di Haman, diventa lui primo ministro.
    Poiché Assuero non può annullare il suo proprio decreto che sanziona lo sterminio degli ebrei, il re emana un altro editto che consente agli ebrei di prendere le armi per uccidere i loro nemici, ciò che essi fanno.
    La morale della storia è chiara: per sopravvivere, gli ebrei devono infiltrarsi nei corridoi del potere. Quando si ha nella testa Ester e Purim, il concetto di «lobby ebraica» e l’AIPAC (American-Israeli Political Committee) appaiono come radicati in una profonda ideologia biblica e culturale.

    Ma questo racconto, ancorchè presentato come fatto storico, è contestato dagli studiosi biblici. La mancanza di riscontri nella storia persiana, quale è conosciuta dalle fonti classiche, ha indotto gli studiosi a concludere che essa è per lo più, o anche totalmente, inventata.
    Ossia: la morale è chiara, ma il tentato genocidio è finto.
    Il Libro di Ester mette i suoi seguaci nello stato di «Stress Pre-Traumatico»: trasforma una fantasia di distruzione in una ideologia di sopravvivenza.
    E’ l’allegoria degli ebrei perfettamente «assimilati» che scoprono di essere vittime di «antisemitismo», ma sono in posizione buona per salvare se stessi e i loro connazionali giudei.
    Si noti: il Libro di Ester nella versione ebraica è uno dei soli due libri biblici dove non si fa menzione di Dio (l’altro è il Cantico dei Cantici).
    Nel Libro di Ester sono gli ebrei che credono in se stessi, nel loro potere, nella loro unicità, nella loro astuzia, nella loro abilità nel complotto, nella loro capacità di soverchiare interi regni e salvare se stessi.
    In un articolo intitolato: «La lezione di Purim: fare lobby contro il genocidio, allora ed oggi», Rafael Medoff scrive: «La festa di Purim celebra gli sforzi di ebrei influenti nel Campidoglio dell’antica Persia per sventare il genocidio del popolo ebraico… Ciò che non è a tutti noto è che un uguale lavoro di lobby ebbe luogo nei tempi moderni, a Washington, nel culmine dell’olocausto».
    Medoff lumeggia le analogie tra l’azione di lobby di Ester in Persia e i suoi moderni correligionari nel governo di Franklin Delano Roosevelt al culmine della seconda guerra mondiale.
    «La Ester degli anni ’40 a Washington fu Henry Morgenthau jr., un ricco ebreo di origine tedesca, assimilato al punto da voler essere considerato ’un americano al cento per cento’. Grazie al fatto che non mise in rilievo la sua ebraicità, divenne amico, consigliere e poi ministro del Tesoro di Roosevelt».
    Medoff identifica anche un Mordechai moderno: «Un giovane sionista di Gerusalemme, Peter Bergson (vero nome Hillel Kook) che organizzò una serie di campagne di protesta per trascinare gli Stati Uniti a salvare gli ebrei da Hitler. Le inserzioni suo giornali e le manifestazioni di piazza del gruppo di Bergson resero l’opinione pubblica consapevole dell’olocausto, specie quando riuscì a portare 400 rabbini a marciare davanti alla Casa Bianca la vigilia di Yom Kippur 1943».

    L’assimilato Morgenthau, come Ester l’assimilata, e l’osservante uniscono le forze con chiari ed esclusivi interessi giudeo-centrici in mente.
    «Le pressioni di Mordechai convinsero Ester a parlare al re», scrive Medoff: «Le pressioni di Bergson convinsero Morgenthau ad andare dal presidente con un rovente rapporto di 18 pagine intitolato ’Rapporto al Ministro sull’inazione di questo governo riguardo allo sterminio degli ebrei’».
    E «come il lobbying di Ester ebbe successo, anche l’azione di lobby di Morgenthau ebbe fortuna. Una risoluzione del Congresso, scritta da Bergson, che chiedeva un’azione di soccorso da parte degli USA, fu approvata dalla Commissione Esteri del Senato. Il che rese possibile a Morgenthau di dire a Roosevelt: ’Deve attivarsi molto rapidamente, altrimenti lo farà il Congresso’».
    Mancavano dieci mesi alle elezioni: l’ultima cosa che Roosevelt voleva era un pubblico scandalo sulla questione dei rifugiati.
    In pochi giorni il presidente fece quel che il Congresso chiedeva, creando con decreto il War Refugee Board, agenzia di «Stato americana per salvare gli ebrei da Hitler». […]
    Su ciò che gli ebrei devono fare per salvare il loro popolo, gli ebrei hanno idee diverse.
    I neocon credono che sia bene trascinare l’America e l’Occidente in una guerra senza fine contro l’Islam.
    Emmanuel Levinas invece crede che gli ebrei devono porsi all’avanguardia della lotta contro l’oppressione e l’ingiustizia…
    [In ogni caso] è un atteggiamento pericoloso.
    Lo è specialmente quando l’American Jewish Congress si impegna in una vastissima operazione di lobby per la guerra contro l’Iran.
    Quando si analizza l’opera e l’influenza della lobby ebraica, AIPAC e altri gruppi di pressione, sulla politica americana, bisogna tenere in mente il Libro di Ester.
    L’AIPAC non è una lobby fra le altre: è il moderno Mordechai, in linea con l’ideologia biblica.
    Ma i Mordechai almeno si identificano facilmente; sono le Ester, quelli che lavorano per Israele dietro le quinte, che è più difficile identificare…
    Ahmadinejad è l’attuale figura di Haman-Hitler.
    L’AIPAC è Mordechai.
    Bush è ovviamente Assuero.
    Ma Ester può essere chiunque, dall’ultimo neocon a Cheney e oltre.

    L’olocausto è dunque l’essenza del disordine pre-traumatico collettivo ebraico, ed esso è molto anteriore alla Shoah.
    Essere ebreo è infatti guardare «l’altro» come un nemico, non un fratello.
    Essere ebreo significa essere costantemente in allarme.
    Essere ebreo significa introiettare il Libro di Ester: dunque, significa puntare agli snodi più decisivi del potere capaci di influenzare l’egemone.
    Essere ebreo significa collaborare col potere egemonico del momento.
    Lo storico marxista americano Lenni Brenner ha illuminato la collaborazione tra i sionisti e il nazismo.
    Nel suo libro «Zionism in the age of dictators», fornisce un sunto del libro del rabbino Joachim Prinz, pubblicato nel 1937, dopo che Prinz ebbe lasciato la Germania per l’America.
    [Nel libro] sono riportati brani di un memorandum che la centrale sionista tedesca ZVfD spedì al Partito Nazionalsocialista il 21 giugno 1933: «Noi sionisti non ci facciamo alcuna illusione sulla difficoltà della condizione ebraica, che consiste essenzialmente in attività lavorative anormali e nella mancanza di radici nella propria tradizione… Con la fondazione del nuovo Stato, che è basato sul principio di razza, noi vogliamo adeguare la nostra comunità nella struttura totalitaria in modo che anche per noi, nella sfera a noi assegnata, sia possibile un’attività fruttuosa per la Patria. […] Anche noi siamo contro i matrimoni misti. Anche noi vogliamo mantenere la purezza del gruppo giudaico. Perciò crediamo nella possibilità di una onesta relazione di lealtà tra un ebraismo cosciente della sua specificità come gruppo e lo Stato tedesco».
    Brenner si indigna di questa lettera di rabbi Prinz: «Questo documento», scrive, «è il tradimento degli ebrei di Germania scritto nei tipici clichè sionisti: attività occupazionali anormali, intellettuali sradicati bisognosi di rigenerazione e così via. Con esso i sionisti tedeschi offrivano una calcolata collaborazione tra sionismo e nazismo, giustificata dal fine di uno Stato ebraico: non daremo battaglia a te, ma a quelli che ti resistono».

    Ma Brenner non riesce a vedere l’ovvio: rabbi Prinz e il ZVfD non erano traditori, ma ebrei della più bell’acqua.
    Essi seguivano alla lettera il codice culturale ebraico, il Libro di Ester.
    Essi assunsero il ruolo di Mordechai: cercarono di collaborare con quello che avevano identificato, sena sbagliare, come il vero potere emergente.
    […] Prinz resta un autentico genuino ebreo, che incorpora la filosofia da emigrato dell’ebreo: in Germania sii tedesco, in America sii americano.
    Sii flessibile, adattati e adotta un relativismo etico.
    Prinz, devoto seguace di Mordechai, capiva che ciò che è buono per gli ebrei è, semplicemente, buono.
    Dal suo punto di vista, collaborare con Hitler era la cosa giusta da fare, in attesa di una Ester da trovare.
    Per questo è del tutto naturale che rabbi Prinz sia stato nominato poi presidente del Jewish American Congress.
    Il fatto di aver «collaborato con Hitler» non gli è stato di alcun ostacolo nel divenire un grosso leader della comunità americana, per l’ovvia ragione che, dal punto di vista ebraico, egli fece la cosa giusta.
    Quando impariamo a guardare all’ebraicità come una coltura di esiliati, possiamo comprenderla come una continuità collettiva basata su una fantasia di orrore.
    Questo e solo questo è la religione dell’olocausto, ed è antica quanto gli ebrei.
    Prinz prevedeva un giudeocidio, e perciò agi nel modo appropriato dal punto di vista ebraico.
    Il fatto è che il sionismo prometteva di trasformare gli ebrei in «israeliti», ossia di fare dei giudei un popolo come gli altri popoli.
    Per questo il sionismo denunciava e combatteva la mentalità tipica degli ebrei della diaspora.
    E il sionismo ha fallito, com’era predestinato.
    La ragione è evidente: all’interno di una cultura che è incentrata metafisicamente sull’ideologia dell’esiliato, il suo vittimismo, le sue paure e fantasie di annientamento, un sereno ritorno a casa è l’ultima cosa da aspettarsi.
    Il sionismo avrebbe dovuto liberarsi dalla religione dell’olocausto.
    E questo è precisamente quello che non può fare.
    Essendo «esilico» fino al midollo, il sionismo, per mantenere il feticcio dell’identità ebraica, ha dovuto antagonizzare i palestinesi nati sul posto. […]

    Gilad Atzmon

    Nota
    1) Qui Gilad Atzmon tocca il paradosso insolubile che gli ebrei pongono al resto del mondo. Se il popolo tra il quale vivono li accetta cordialmente, «siate nostri concittadini con pienezza di diritti e doveri uguali ai nostri», il popolo ebraico denuncia un losco tentativo di assimilazione, che vive come un giudeocidio, in quanto porta ai matrimoni misti e alla graduale sparizione dell’identità giudaica. Ma se quel popolo li tratta com’essi vogliono, ossia come un’entità «separata» e a parte, essi gridano alla «discriminazione», all’antisemitismo, e pretendono uguali diritti; anzi più che uguali, in quanto sono «vittime» di «oppressione». Chiedono il ghetto, e poi se ne lamentano ferocemente. Non c’è modo di accontentare gli ebrei: comunque si agisca, essi vedono nelle azioni dei goym la prova di un odio celato o aperto contro di loro, la volontà di annientarli. Come ha documentato in modo insuperabile Solgenitsyn («Due secoli insieme», Edizioni Controcorrente) questa pretesa impossibile da soddisfare ha finito per distruggere il regime zarista. Persino gli ebrei rivoluzionari che entrarono nel partito social-rivoluzionario marxista - portatore di un’ideologia per eccellenza «cosmopolita» e antinazionale - vi entrarono in quanto Bund, organizzazione socialista riservata ai soli ebrei. «Accettavano di essere membri del partito russo, ma a condizione che quest’ultimo non interferisse per nulla nei loro affari». E tuttavia, ottenuta questa autonomia, gli ebrei del Bund pretesero di più: nel 1902 vollero aderire al Partito «in forma federale, godendo di piena indipendenza persino nelle questioni di programma», con la motivazione - incredibile, detto da socialisti rivoluzionari - che «il proletariato ebreo è una parte del popolo ebreo, il quale occupa un posto a parte tra le nazioni». A questo punto, anche Lenin vide rosso (pagina 298). Infatti questo atteggiamento è la radice, ben nota agli psichiatri, delle più comuni psico-patologie: tipicamente la madre che colpevolizza il figlio piccolo («Mi fai soffrire», «Non mi ami abbastanza») e nello stesso tempo manda il messaggio contrastante («Non mi stare appiccicato», «Sii indipendente»), rende «pazzo» quel figlio. Così gli ebrei rendono «pazzi» i popoli fra cui vivono: ieri i russi (pogrom) e i tedeschi, oggi i palestinesi. Ma essi stessi, gli ebrei, danno segno di fondamentale «pazzia». Come ben documenta Atzmon, l’ebraismo è in fondo una psicopatologia da emigrato perpetuo, che proietta sugli altri il proprio problema psichico insolubile.

    La religione dell’olocausto? Nasce con la Bibbia
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  9. #39
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    Predefinito Rif: Gli ipocriti: fra i tanti, Riccardo Pacifici e Riccardo Di Segni

    Non ti piacciono gli ebrei ma continui ad interessarti di loro, addirittura a studiarli. A che pro?
    Ultima modifica di Patto; 27-01-10 alle 11:40

  10. #40
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    Predefinito Rif: Gli ipocriti: fra i tanti, Riccardo Pacifici e Riccardo Di Segni

    Citazione Originariamente Scritto da Patto Visualizza Messaggio
    Non ti piacciono gli ebrei ma continui ad interessarti di loro, addirittura a studiarli. A che pro?
    Studiarli? Lui non è in grado di studiare.
    Vomita copia e incolla che probabilmente neanche legge per dimostrare non si sa cosa, solo per omaggio al suo credo nazista.
    La fede rende facilmente fanatici, per questo le religioni sono costate tanto sangue.
    La tolleranza è figlia del dubbio.
    E.M. Remarque.

 

 
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