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    Predefinito 1° luglio - Festa del Preziosissimo Sangue di N.S Gesù Cristo

    Da dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 813-817

    1° LUGLIO

    PREZIOSISSIMO SANGUE DI NOSTRO SIGNOR GESÙ CRISTO

    Scopo della festa.


    La Chiesa ha già rivelato ai figli della nuova Alleanza il valore del Sangue dal quale furono riscattati, la sua virtù nutritiva e gli onori dell'adorazione che esso merita. Il Venerdì Santo, la terra e i cieli videro tutti i peccati immersi nel fiume della salvezza le cui eterne dighe si erano infine rotte, sotto la pressione associata della violenza degli uomini e dell'amore del Cuore divino. La festa del Santissimo Sacramento ci ha visti prostrati davanti agli altari in cui si perpetua l'immolazione del Calvario e l'effusione del Sangue prezioso divenuto la bevanda degli umili e l'oggetto degli omaggi dei potenti di questo mondo. Oggi tuttavia la Chiesa invita nuovamente i cristiani a celebrare i flutti che si effondono, dalla sacra sorgente: che altro significa ciò, se non che, le solennità precedenti non ne hanno certamente esaurito il mistero? La pace ottenuta da quel Sangue: lo scorrere delle sue onde che riportano dagli abissi i figli di Adamo purificati; la sacra mensa imbandita per essi, e quel calice di cui esso costituisce l'inebriante liquore: tutti questi preparativi sarebbero senza scopo, tutte queste meraviglie resterebbero incomprese se l'uomo non vi scorgesse le proposte d'un amore le cui esigenze non vogliono essere sorpassate dalle esigenze di nessun altro amore. Il Sangue di Gesù dev'essere per noi in quest'ora il Sangue del Testamento, il pegno dell'alleanza che Dio ci propone (Es 24,8; Ebr 9,20), la dote costituita dall'eterna Sapienza che invita gli uomini a quella divina unione di cui lo Spirito di santità procura senza fine il compimento nelle nostre anime.

    Virtù del Sangue di Gesù.

    "Avendo dunque, o fratelli - ci dice l'Apostolo - in virtù del sangue di Cristo, la fiducia di entrar nel Santo dei Santi, per la via nuova e vivente che egli inaugura per noi attraverso il velo, cioè attraverso la sua carne, accostiamoci con cuore sincero, colla pienezza della fede, purificato il cuore dalla cattiva coscienza, col corpo lavato dall'acqua pura. Conserviamo senza vacillare la professione della nostra speranza (essendo fedele chi ha promesso) e vigiliamoci a vicenda, per stimolarci alla carità e alle opere buone (Ebr 10,19-24). E il Dio della pace, il quale ha ritolto alla morte nostro Signor Gesù Cristo, vi renda capaci d'ogni bene, in modo che voi facciate la sua volontà, mentre egli opera in voi ciò che gli è grato per Gesù Cristo, a cui sia gloria nei secoli dei secoli" (ivi 13,20-21).

    Storia della festa.

    Non dobbiamo omettere di ricordare qui che questa festa è il memoriale di una fra le più splendide vittorie della Chiesa. Pio IX era stato scacciato da Roma, nel 1848, dalla Rivoluzione trionfante; in quegli stessi giorni, l'anno seguente, egli vedeva ristabilito il suo potere. Il 28, 29 e 30 giugno, sotto l'egida degli Apostoli, la figlia primogenita della Chiesa, fedele al suo glorioso passato, cacciava i nemici dalle mura della Città eterna; il 2 luglio, festa di Maria, terminava la conquista. Subito un duplice decreto notificava alla città e al mondo la gratitudine del Pontefice e il modo in cui egli intendeva perpetuare mediante la sacra Liturgia il ricordo di quegli eventi. Il 10 agosto, da Gaeta, luogo del suo rifugio durante la burrasca, Pio IX, prima di tornare a riprendere il governo dei suoi Stati, si rivolgeva al Capo invisibile della Chiesa e gliela affidava con l'istituzione dell'odierna festa, ricordandogli che, per quella Chiesa egli aveva versato tutto il suo Sangue. Poco dopo, rientrato nella capitale, si rivolgeva a Maria, come avevano fatto in altre circostanze san Pio V e Pio VII; il Vicario dell'Uomo-Dio attribuiva a colei che è l'Aiuto dei cristiani l'onore della vittoria riportata nel giorno della sua gloriosa Visitazione, e stabiliva che la festa del 2 luglio fosse elevata dal rito doppio maggiore a quello di seconda classe per tutte le Chiese: preludio alla definizione del dogma dell'Immacolata Concezione, che l'immortale Pontefice fin d'allora aveva in mente, e che doveva schiacciare ancor più il capo del serpente.

    Poi, nel corso del Giubileo indetto nel 1933 per commemorare il XIX centenario della Redenzione, Papa Pio XI, onde imprimere maggiormente nell'animo dei fedeli il ricordo e la venerazione del Sangue del Divino Agnello e per invocarne sulle anime nostre frutti più abbondanti, elevò la festa del Preziosissimo Sangue al rito doppio di prima classe.

    MESSA

    EPISTOLA (Ebr 9,11-15). - Fratelli: Cristo, venuto come pontefice dei beni futuri, attraversando un tabernacolo più grande e più perfetto, non fatto da mano d'uomo, cioè non di questa creazione, non col sangue dei capri e dei vitelli, ma col proprio sangue entrò una volta per sempre nel Santuario, dopo avere ottenuta la redenzione eterna. Or se il sangue dei capri e dei tori e la cenere di vacca, aspergendo gl'immondi, li santifica quanto alla purità della carne, quanto più il sangue di Cristo, che per lo Spirito Santo ha offerto se stesso immacolato a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere di morte per servire a Dio vivo? E per questo egli è mediatore d'una nuova alleanza, affinché interposta la sua morte per redimere le prevaricazioni avvenute sotto la prima alleanza, i chiamati ricevan la promessa di eterna eredità in Gesù Cristo nostro Signore.

    Il sangue del Pontefice.

    È legge stabilita da Dio fin dal principio che non vi può essere remissione dei peccati né piena redenzione senza un sacrificio di espiazione e di riparazione, e che tale sacrificio esige l'effusione del sangue. Nell'antica Alleanza, il sangue richiesto era solo quello degli animali immolati davanti al tabernacolo del Tempio. Se esso bastava a dare una purezza esteriore, era però impotente a santificare le anime e a far entrare nel tabernacolo celeste.

    Ma nel giorno stabilito dalla divina Sapienza, è venuto Cristo, nostro vero ed unico Pontefice, che ha versato come sacrificio il suo preziosissimo Sangue. Con esso ci ha purificati. Ed è in virtù di quel sangue versato che egli entra e fa entrare nel santuario del cielo. Da quel momento "la sua espiazione e la nostra redenzione sono cosa acquisita definitivamente per l'eternità. Il suo sangue, veicolo della sua vita, purifica non soltanto il nostro corpo, ma la nostra stessa anima, il centro della nostra vita; distrugge in noi le opere di peccato, espia, riconcilia, sigilla e consacra la nuova alleanza e, una volta purificati, una volta riconciliati, ci fa adorare e servire Dio mediante un culto degno di lui".

    Il servizio del Dio vivo.

    "Infatti, il fine della vita è quello di adorare Dio. La stessa purezza della coscienza e la santità hanno come ultimo disegno e come termine il culto che rendiamo a Dio. Non si è belli per essere belli, non si è puri per essere puri e non andare oltre. Qualunque bellezza soprannaturale è ordinata in definitiva all'adorazione. È appunto quanto vuole il Padre celeste, degli adoratori in spirito e verità: e la nostra adorazione cresce davanti a Dio insieme con la nostra bellezza e la nostra dignità soprannaturale. Così, il termine della nostra vita soprannaturale non siamo noi, bensì Dio. È Dio che in ultima analisi raccoglie il beneficio di quanto noi diventiamo gradualmente mediante la sua grazia e sotto la sua mano. Dio, in noi, opera per noi. Tutta la nostra vita, quella dell'eternità e quella del tempo, è liturgica e ordinata a Dio" [1].

    VANGELO (Gv 19,30-35). - In quel tempo: Quand'ebbe preso l'aceto, Gesù disse: È compiuto. E, chinato il capo, rese lo spirito. Ma i Giudei, affinché non restassero in croce i corpi nel sabato (ché era Parasceve ed era solenne quel sabato) chiesero a Pilato che fossero ad essi rotte le gambe e fossero tolti via. Andaron quindi i soldati e ruppero le gambe al primo e all'altro che eran con lui crocifissi; ma quando furono a Gesù, come videro che era già morto, non gli ruppero le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli aprì il costato; e subito ne uscì sangue ed acqua. E chi vide lo ha attestato; e la sua testimonianza è vera.

    Il Sangue del Cuore di Gesù.

    Nel Venerdì Santo abbiamo inteso per la prima volta questo passo del discepolo prediletto. Dolente ai piedi della Croce su cui era appena spirato il Signore, la Chiesa non aveva allora abbastanza lamenti e lacrime. Oggi trasalisce di altri sentimenti, e lo stesso racconto che le cagionava il pianto la fa esplodere, nelle sue Antifone, in gioia e in canti di trionfo. Se vogliamo conoscerne la ragione, chiediamola agli interpreti autorizzati che essa stessa ha voluto incaricare di mostrarci il suo pensiero in questo giorno. Essi ci insegneranno che la nuova Eva celebra oggi la sua nascita dal costato dello sposo immerso nel sonno (Sant'Agostino, Trattato 30 su san Giovanni); che a partire dal momento solenne in cui il nuovo Adamo permette al soldato di aprirgli il Cuore, noi siamo veramente diventati l'osso delle sue ossa e la carne della sua carne (Discorso del II Notturno). Non stupiamo dunque se d'allora in poi la Chiesa non vede più altro che amore e vita in quel Sangue che si effonde.

    E tu, o anima, così a lungo ribelle ai tocchi segreti delle grazie di elezione, non desolarti; non dire: "L'amore non è più per me"! Per quanto lontano abbia potuto portarti l'antico nemico con i suoi funesti inganni, non è forse vero che non vi è traviamento, non vi è abisso, si può dire, in cui non ti abbiano seguita i rivi scaturiti dalla sacra sorgente? Credi dunque che il lungo percorso che hai voluto imporre al loro misericordioso inseguimento ne abbia esaurita la virtù? Fanne la prova. E innanzitutto, bagnati in quelle onde purificatrici; quindi, abbevera a lunghi sorsi al fiume di vita quella povera anima affaticata; e infine, armandoti di fede, risali il corso del fiume divino: poiché se è certo che per giungere fino a te non si è separato dal suo punto di partenza, è ugualmente certo che, così facendo, ritroverai la sorgente stessa.

    ---------------------------------------------------------------------------

    NOTE

    [1] Dom Delatte, Epîtres de saint Paul, II, 388.


  2. #2
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    Thumbs up Preghiera al Preziosissimo Sangue di Gesù

    Preghiera quotidiana al Preziosissimo Sangue di Nostro Signore
    Gesù Cristo

    O Sangue preziosissimo di Gesù, prezzo infinito di riscatto dell’universo, bevanda e lavacro delle nostre anime, che difendi la causa dell’umanità dinanzi al trono della suprema misericordia, noi profondamente ti adoriamo.
    Vorremmo, per quanto è possibile, compensarti
    dell’ingratitudine e degli oltraggi, che ricevi continuamente da tanti peccatori, che ardiscono di bestemmiarti.
    Sii sempre benedetto, o Sangue di infinito valore e sia mille volte benedetto Gesù che ti ha sparso per la nostra salvezza.
    O Sangue di redenzione e di vita, di unità e di pace, sorgente di grazia e pegno di vita eterna, fa’ che tutti i cuori e tutte le lingue ti possano lodare ora e sempre. Amen

  3. #3
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    Spiritualità del Preziosissimo Sangue in S. Gaspare del Bufalo

    S. Gaspare e il Preziosissimo Sangue

    LO SVILUPPO DELLA DEVOZIONE AL PREZ.MO SANGUE
    NELLA SPIRITUALITÀ DI S. GASPARE


    di P. Beniamino Conti, CPPS

    Nella solenne allocuzione che il B. Giovanni XXIII tenne nella Basilica di S. Pietro il 31 gennaio 1960 a chiusura del Sinodo Romano, nel raccomandare il culto al Sangue Divino specie ai sacerdoti e ai fedeli della diocesi di Roma, definì giustamente S. Gaspare «il vero e più grande apostolo della devozione al Preziosissimo Sangue nel mondo». E' evidente che questa qualifica riguarda la personalità matura del Santo. Ma quale cammino spirituale ha dovuto percorrere S. Gaspare per raggiungere questo primato di Apostolo del Sangue di Cristo nel mondo?
    E' quello che ci proponiamo di indagare in questa conferenza, nella quale, dopo un breve excursus sulla spiritualità giovanile di Gaspare in relazione al Sangue di Cristo (primo punto), tratteremo più diffusamente della formazione esplicita di Gaspare alla spiritualità del Sangue di Cristo (secondo punto).

    I - Il Sangue di Cristo nella spiritualità giovanile
    di Gaspare

    Si sarebbe quasi tentati di credere che S. Gaspare sia nato con questa devozione o, almeno, che l'abbia praticata fin da piccolo, alla scuola soprattutto della sua santa mamma Annunziata Quartieroni (1761-1811). La lettura delle testimonianze dei processi canonici di Gaspare lascerebbe molto delusi coloro che fossero in questa prevenzione. In esse si afferma ripetutamente che il Santo, fin da ragazzo, fu amantissimo di Gesù e della sua passione; era assai devoto dell'eucaristia, della Madonna, in modo particolare di S. Francesco Saverio e di S. Luigi Gonzaga, ma non si parla mai di vera devozione al Preziosissimo Sangue. Anzi, negli anni giovanili di S. Gaspare possiamo parlare di un suo primo contatto esplicito con la devozione al Prezioso Sangue solo nel 1808, allorché l'8 dicembre di quest'anno fu chiamato dai canonici della basilica di S. Nicola in Carcere a tenere dei fervorini in occasione dell'istituzione della Confraternita del Preziosissimo Sangue nella stessa chiesa, dove dal 1708 si conservava una reliquia del Preziosissimo Sangue. Prima di questa data non possiamo parlare propriamente di devozione al Divin Sangue in S. Gaspare. Troviamo piena conferma a questa nostra supposizione, se esaminiamo le testimonianze dei processi per l'eroicità delle virtù di Gaspare e gli scritti spirituali che ci restano della sua giovinezza.
    Nei processi canonici, infatti, per quel che ci consta, solo una sua compagna d'infanzia, Maria Tamini, testimonia la presenza del «Prezioso Sangue» nella spiritualità del piccolo Gaspare in due luoghi: quando afferma che egli ne «formava oggetto di meditazione fin da ragazzo», specie nell'agonia del Getsemani, e quando consolava la madre, angustiata per gli affari domestici, dicendole: «Mamma mia..., sperate in Dio e confidate nei meriti del Sangue Preziosissimo di Gesù Cristo». Invano abbiamo cercato altri riferimenti espliciti al Sangue di Cristo nell'infanzia di Gaspare.
    Anche per ciò che concerne gli scritti giovanili arriviamo alla medesima conclusione. Mentre abbiamo qualche discorso, per esempio, su S. Francesco Saverio, su S. Luigi, dei quali Gaspare era molto devoto, sul Preziosissimo Sangue troviamo solo qualche accenno nelle trascrizioni delle prediche udite da Mons. Giovanni Baccolo.
    Perciò, prima del 1808, cioè prima del contatto con la Confraternita del Preziosissimo Sangue di S. Nicola in Carcere a Roma, come diremo in seguito, il tema del Sangue di Cristo è praticamente assente dagli scritti di S. Gaspare, mentre verrà sempre più alla ribalta dopo tale data.
    Benché sappiamo che l'argomento dal silenzio è spesso claudicante, tuttavia ci sembra impossibile ammettere che S. Gaspare da giovane abbia avuto vera devozione al Sangue Divino e che egli non ne abbia parlato e scritto o che essa sia sfuggita all'osservazione dei suoi testimoni, i quali ci tramandano anche i sentimenti più intimi del suo spirito.
    Dobbiamo concludere, dunque, che Gaspare da giovane non ha nutrito vera e propria devozione al Preziosissimo Sangue, ma non possiamo negare che nella sua spiritualità giovanile si riscontrano alcuni aspetti caratteristici, quali la devozione al mistero eucaristico, l'assidua meditazione della passione di Gesù e la pratica della penitenza riparatrice, che costituiscono un ottimo fondamento, sul quale si svilupperà un domani in S. Gaspare la rigogliosa spiritualità del Sangue di Cristo.

    II - La formazione esplicita di Gaspare alla spiritualità
    del Preziosissimo Sangue


    Dalla prima parte della conferenza risulta che, secondo i documenti a nostra disposizione, la spiritualità giovanile di Gaspare non si caratterizza per la devozione al Sangue di Cristo. In questa seconda parte vogliamo ripercorrere l'itinerario che ha portato S. Gaspare alla maturazione nella spiritualità del Sangue di Cristo.
    In questo itinerario possiamo fissare cinque tappe principali negli anni: 1808, 1810, 1811-1814, 1815 e 1817. Esse costituiscono un crescendo meraviglioso della sinfonia al Sangue di Cristo, modulata divinamente dallo Spirito Santo nel cuore di Gaspare.

    Prima tappa: dicembre 1808 - Fondazione della Confraternita del Preziosissimo Sangue nella basilica di S. Nicola in Carcere

    Il primo incontro esplicito di Gaspare con la devozione al Preziosissimo Sangue, come si è accennato precedentemente, avvenne il giorno 8 dicembre 1808, quando egli fu invitato dai canonici del capitolo della Basilica di S. Nicola in Carcere a tenere i fervorini eucaristici e il discorso ufficiale per l'inaugurazione della Pia Adunanza del Sangue Preziosissimo di Gesù Cristo, del Rosario della Beata Vergine Maria e delle Anime Sante del Purgatorio nella stessa basilica.
    In questa antichissima basilica fin dal 1708 si conservava una reliquia del Divin Sangue, dono del principe Giulio Savelli, collocata in una cassetta d'argento, accuratamente sigillata, sulla quale erano scolpite le parole: «De aqua et Sanguine D.N.J.C. quae effluxerunt ex ejus sacratissimo latere dum pendebat in Cruce». Infatti, secondo la tradizione della nobile famiglia romana dei Savelli, un legionario di questa famiglia, trovandosi presente a Gerusalemme alla morte del Salvatore, ebbe la veste spruzzata da alcune gocce del Sangue di Gesù. Fattosi cristiano, l'ex legionario staccò dal suo abito la parte ancor rossa di Sangue e, tornato a Roma, la mise in un prezioso reliquiario, che fu conservato e tramandato con devozione per molti secoli nella famiglia Savelli.
    Il capitolo della basilica, per concessione speciale, celebrava la festa del Prezioso Sangue nella prima domenica di luglio con ufficio e messa, esponeva e portava in processione la detta reliquia già prima del 1808.
    Si venerava nella medesima chiesa anche una devota immagine del Crocifisso, che, secondo la tradizione, aveva parlato a Santa Brigida. Il Crocifisso e la reliquia furono collocati nello stesso altare della cappella, detta del Crocifisso.
    Ma più che questi sacri oggetti - del resto poco venerati, se i buoni canonici si preoccupavano dell'apatia religiosa dei fedeli dei vicini rioni popolari - c'era nel capitolo di quella basilica il dotto e santo canonico D. Francesco Albertini, apprezzatissimo direttore di anime. Questi dirigeva la Serva di Dio Suor Maria Agnese del Verbo Incarnato, del Monastero delle Paolotte in Roma, la quale, «dopo la comunione, usciva fuori dei sensi in certi ratti, parlando di cose assai sublimi. Una mattina, essendosi comunicata..., le accadde la solita estasi, per cui le monache ne avvertirono il Canonico (Albertini), il quale si pose in attenzione nell'udire ciò che diceva. Intese che parlava della devozione del Preziosissimo Sangue, come questa devozione si sarebbe propagata, e altre cose analoghe alla detta devozione».
    L'Albertini da quel momento s'industriò col massimo impegno per la diffusione di questa devozione. Né gli fu difficile farlo proprio nella sua chiesa, sia perché, come abbiamo detto, i canonici volevano ravvivare la fede cristiana nei fedeli viciniori, sia perché lì si veneravano la reliquia del Prezioso Sangue e il Crocifisso, mezzi indispensabili, specie per la gente semplice, intorno a cui fomentare tale devozione, sia perché già nella stessa basilica vi si celebrava la festa del Preziosissimo Sangue con messa e ufficio.
    L'Albertini seppe perorare talmente bene questa santa causa che il capitolo della basilica di S. Nicola in Carcere incaricò i canonici Mons. Francesco Maria Pitorri, D. Gregorio Muccioli e lo stesso Albertini, a prestare la loro opera per la fondazione di una Pia Adunanza del Sangue Preziosissimo di Gesù Cristo, del Rosario della Beata Vergine Maria e delle Anime Sante del Purgatorio. L'inaugurazione ufficiale avvenne l'8 dicembre 1808.
    Per tale ricorrenza fu chiamato a predicare, come risulta da una Memoria scritta dall'Albertini, il giovane D. Gaspare, ordinato sacerdote con la dispensa per l'età il 31 luglio dello stesso anno.
    Questa associazione o Pia Adunanza con le sue Costituzioni fu approvata ed eretta canonicamente il 27 febbraio 1809 con decreto del Vicario di Roma, Card. Antonio Despuig y Dameto.
    Dopo tale approvazione l'Albertini, nominato Presidente della Pia Adunanza, compose la Coroncina del Preziosissimo Sangue, che fu approvata dalla Congregazione dei Riti il 31 maggio 1809 e fu stampata.
    Inoltre, l'Albertini chiamò a predicare S. Gaspare alla Pia Adunanza anche nel 1809 e nel 1810, come troviamo registrato nella predetta Memoria. Questa la pura descrizione dei fatti che portarono il nostro Santo al primo esplicito contatto con la devozione al Sangue Divino.
    A noi interessa principalmente conoscere per quale motivo i tre canonici incaricati dal capitolo di S. Nicola in Carcere chiamarono il ventitreenne D. Gaspare, prete da soli pochi mesi, a tenere l'8 dicembre 1808 una predicazione così importante, qual è quella richiesta per la fondazione di una Confraternita, e quali ripercussioni ebbe nell'animo del giovane sacerdote questo primo incontro.
    Non sembra che i tre canonici lo chiamarono, perché avessero notato in Gaspare uno zelo particolare verso la devozione al Divin Sangue. Né sembra che essi esigessero ciò dal predicatore, dal momento che la Pia Adunanza riguardava non solo il Preziosissimo Sangue, ma anche il S. Rosario e le Anime del Purgatorio. Del resto, secondo quanto abbiamo detto nella prima parte della conferenza, questa devozione al Sangue Preziosissimo non era ancora affiorata esplicitamente nella spiritualità giovanile di Gaspare. Anche se l'8 dicembre 1808 S. Gaspare «terminò il discorso con una fervorosa preghiera al Sangue Preziosissimo di Gesù Cristo ed alla Beatissima Vergine Maria», come leggiamo nella suddetta Memoria, ciò non significa che in lui spiccasse particolarmente la devozione al Preziosissimo Sangue, come avverrà in seguito; la preghiera riguardante l'oggetto della sermone era il suo modo abituale di concludere le prediche, come si può constatare nelle altre prediche dello stesso anno 1808.
    La ragione del suo invito a tenere tale importante predicazione è solo di carattere più generale; è la stessa per cui Gaspare, proprio l'indomani della sua ordinazione sacerdotale, nel pomeriggio del 1° agosto 1808, fu chiamato a tenere il discorso ufficiale sulla divina Provvidenza nella Basilica di S. Pietro in Vaticano per l'esposizione della coltre dei Santi Martiri, cioè la fama di predicatore bravo e di apostolo zelante. Non deve essere sfuggito ai tre canonici di S. Nicola in Carcere l'intenso ministero pastorale che quel giovane sacerdote svolgeva proprio sotto i loro occhi, facendo spola fra l'Ospizio di Santa Galla e l'Oratorio notturno di Santa Maria in Vincis, che era stato inaugurato proprio il 23 ottobre del 1808; avranno sentito le voci che correvano per tutto il popolare rione del Campo Vaccino sul conto del giovane Gaspare, canonico della vicina Basilica di S. Marco in Piazza Venezia: un sacerdote veramente zelante che innamorava di Dio al solo trattar con lui...
    In questa duplice fama di sacerdote santo e di oratore esimio, dunque, va ricercata la ragione dell'invito che i tre canonici gli rivolsero per la predicazione dell'8 dicembre 1808 in S. Nicola in Carcere.
    Qual influsso suscitò questo primo incontro di Gaspare con la devozione al Preziosissimo Sangue e con l'Albertini?
    Non fu certamente per S. Gaspare un incontro di grande importanza con la devozione al Preziosissimo Sangue, perché, non essendo ancora ben conosciuta nelle sue verità dottrinali, al primo contatto con essa difficilmente la si distingue dalla devozione al Crocifisso, alla Passione o all'Eucaristia. Gaspare, infatti, più tardi, quando conoscerà la sua vocazione di propagatore della devozione al Preziosissimo Sangue, si applicherà allo studio di essa, come afferma S. Vincenzo Pallotti nella sua deposizione. Anche D. Giovanni Merlini afferma che, «a meglio riuscire in questo impegno (di predicare sulle glorie del Divin Sangue, Gaspare), si applicò di proposito, come un giorno mi disse, allo studio della Scrittura e dei Padri, onde raccoglierne quanto vedeva più indicato».
    Non fu importante per Gaspare l'incontro con l'Albertini, se non per quei pochi contatti intercorsi - direttamente con l'Albertini o con altre persone a suo nome? - per concordare gl'impegni di ministero che egli svolse a S. Nicola in Carcere, specialmente quando l'Albertini fu nominato dal capitolo di S. Nicola in Carcere Presidente della Pia Adunanza del Preziosissimo Sangue, cioè unico suo responsabile. D'altronde S. Gaspare era sempre impegnato in vari ministeri pastorali che gli assorbivano tutto il tempo. Inoltre, aveva già il suo direttore spirituale, il dotto Mons. Giovanni Marchetti, rettore della chiesa del Gesù a Roma, per la qual cosa è destituita di ogni fondamento la notizia secondo la quale l'Albertini abbia cominciato a dirigere spiritualmente S. Gaspare già prima della deportazione. Infatti, D. Giovanni Merlini, testimone bene informato, nella sua deposizione al Processo Ordinario di Albano afferma con sicurezza: «E sarà bene avvertire che il Servo di Dio, come egli stesso mi diceva, benché in Roma conoscesse di vista il celebrato Albertini, pur non aveva mai seco lui trattato da vicino, ma solo salutato e, se mal non ricordo, qualche volta parlato; e che in occasione della deportazione, avendolo conosciuto per ottimo direttore di anime, si pose sotto la sua direzione, da cui so che non si è allontanato giammai».

    Seconda tappa: settembre 1810 - Gaspare è vaticinato araldo del Sangue Divino

    Roma, con le sue infinite esigenze apostoliche che assorbivano tutta l'attività di Gaspare per la generosa risonanza che esse avevano nel suo cuore zelante, non sarebbe stato il luogo adatto per la realizzazione del piano divino, secondo il quale egli doveva essere l'apostolo del Divin Sangue. Ed ecco Dio portarlo fuori dalla sua terra, dalle sue care e impegnative opere apostoliche, dalla sua famiglia; lo chiama in una terra di martirio, dove gli comincerà a svelare la sua vocazione nella Chiesa.
    Questo pellegrinare per Gaspare comincia con un biglietto della Polizia Francese, che giunge in casa Del Bufalo al Palazzo Altieri il 12 giugno 1810: l'indomani Gaspare si doveva presentare al Palazzo Borromeo, presso la chiesa di S. Ignazio, per prestare il giuramento di fedeltà a Napoleone Bonaparte.
    Questi, infatti, nell'intento di piegare il papa Pio VII alle sue mire di predominio sull'Europa, il 2 febbraio 1808 aveva fatto occupare dalle sue truppe Roma e il 17 maggio 1809 aboliva il potere temporale dei papi, dopo aver annesso le due ultime regioni dello Stato Pontificio - Lazio e Umbria - all'Impero Francese. Il 10 giugno 1809 Pio VII fece affiggere la bolla di scomunica per tutti i responsabili della soppressione del patrimonio di S. Pietro. Nella notte tra il 5 e il 6 luglio 1809 il vecchio e inerme Pio VII fu arrestato al Quirinale dai gendarmi francesi e portato in esilio prima a Grenoble, poi a Savona e infine a Fontainebleau.
    La notizia di questo misfatto impietrì la popolazione di Roma. A tale sopruso si aggiunse l'imposizione del giuramento di fedeltà all'autorità costituita, cioè all'Imperatore, con la conseguente approvazione, quindi, dei fatti compiuti. Vi erano obbligati i cardinali, i vescovi, i prelati e gli ecclesiastici che godevano benefici, come i parroci e i canonici. O fedeltà all'Imperatore o deportazione. Pio VII, con due istruzioni del 22 maggio e del 30 agosto 1808, dichiarò illecito tale giuramento, nonostante che voci contrarie di teologi e di giuristi, debitamente manovrati, lo ritenessero lecito. Gaspare trascrisse accuratamente, di proprio pugno, le due Istruzioni pontificie, le cui copie si conservano tra i suoi scritti.
    In quel 12 giugno 1810, dunque, arrivò in casa Del Bufalo l'ingiunzione del giuramento anche per Gaspare, canonico di S. Marco. Il giorno seguente, accompagnato dal padre Antonio, D. Gaspare si recò al Palazzo Borromeo dal Commissario Prefettizio, dinanzi al quale, invece della formula prescritta per il giuramento, pronunciò il suo deciso: «Non posso, non debbo, non voglio», come aveva dichiarato Pio VII dinanzi al Generale Radet, quando, nella notte tra il 5 e il 6 luglio 1809, questi l'invitava a rinunciare alla sovranità temporale. Deportazione immediata a Piacenza.
    Ai primi di luglio è in viaggio verso questa città insieme con l'Albertini e con altri due canonici della Basilica di S. Marco: Francesco Gambini e Bernardino Filippo Marchetti.
    Le fila dell'ordito divino cominciano a riunirsi. Per dura necessità Gaspare deve trattare col pioniere della devozione al Preziosissimo Sangue e irresistibilmente inizierà a subirne l'influsso.
    Infatti, passando per Firenze, l'Albertini approfitta per promuovere la sua cara devozione, infervorando l'abate Consalvo Petrai a far ristampare e diffondere la Coroncina del Preziosissimo Sangue. Monsignor Emidio Gentilucci, in una sua breve biografia del nostro Santo, ci assicura che anche Gaspare l'aiutò in quest'opera.
    Anche a Piacenza Gaspare s'impegnerà a diffondere la devozione al Preziosissimo Sangue e la relativa Coroncina con l'Albertini, che la fece tradurre in cinque lingue.
    Ma non era ancora scoccato per Gaspare il momento della rivelazione della volontà di Dio; gli sopraggiungerà sul letto dell'infermità mortale nel settembre del 1810. Infatti, l'aria malsana di Piacenza o Dispiacenza, come scherzosamente egli la chiama in una lettera, l'aveva ridotto in fin di vita. Anche i medici non nascosero la gravità del caso, tanto che l'Albertini gli amministrò l'unzione degli infermi. Nell'assisterlo, fissava col cuore gonfio di dolore le fattezze di quel volto giovanile, trasformato dalle rughe di una precoce vecchiaia. Il 28 agosto Gaspare aveva scritto a Don Gaetano Bonanni, chiedendogli preghiere a S. Francesco Saverio per la sua salute; anche ora - siamo ai primi di settembre del 1810 - sul pagliericcio della sua agonia Gaspare invoca l'aiuto del suo caro Santo, di cui fin da piccolo era devotissimo.
    L'Albertini non si lascia sfuggire nessun sospiro del morente; osserva tutto. A un tratto, non tanto per consolarlo, quanto perché spinto da una forza interiore, gli assicura con certezza la guarigione. Perché questo improvviso cambiamento? L'Albertini aveva sempre fisse nella mente alcune parole profetiche che gli aveva riferito la già ricordata Serva di Dio Suor Maria Agnese del Verbo Incarnato:

    «Conoscerete nelle angustie della Chiesa un giovane sacerdote, zelante della gloria di Dio, e con esso lui, nell'oppressione dei nemici e nelle pene, stringerete spirituale amicizia e ne sarete il Direttore. Il distintivo carattere del medesimo sarà la devozione a S. Francesco Saverio. Egli verrà destinato Missionario Apostolico ed una nuova Congregazione di Sacerdoti Missionari sotto l'invocazione del Divin Sangue sarà da esso fondata per la riforma dei costumi e per la salvezza delle anime, per promuovere il decoro del Clero secolare, per destare i popoli dall'indifferentismo, dalla incredulità, richiamando tutti all'amore del Crocefisso.
    Sarà fondatore di un Istituto di Suore, che egli però non dirigerà. Egli finalmente sarà la tromba del Divin Sangue, onde scuotere i peccatori ed i settari nei difficili tempi della Cristianità».

    Tutte queste comunicazioni, conservate nel cuore gelosamente, l'Albertini le affidò anche a Gaspare, per spiegargli la sua categorica asserzione di guarigione, che realmente seguì.
    Il vaticinio, che Sr. Maria Agnese aveva ricevuto da Dio con probabilità nelle sue abituali estasi dopo la comunione e aveva trasmesso all'Albertini, era esplicito: quel giovane sacerdote veniva preconizzato Missionario Apostolico e Tromba del Divin Sangue, Fondatore di due Congregazioni intitolate al Sangue Prezioso, per richiamare «tutti all'amore del Crocifisso».
    Quale peso ebbe questa predizione sull'animo dell'Albertini e su quello di Gaspare?
    L'Albertini dovette essere intimamente convinto della verità di questa predizione, anzitutto per la santità della persona dalla quale la conobbe. Questa pia religiosa Paolotta, nata il 24 giugno 1757, «nell'umile condizione di conversa che volontariamente si elesse, risplendé per la luce delle più sode virtù. Fu favorita da Dio dei doni più illustri di miracoli, di profezia, di consiglio, di scrutazione dei cuori... Altissimi personaggi, così ecclesiastici che laici, si recavano a consultarla. Godé stima e venerazione» dai Santi Vincenzo Strambi, vescovo passionista, Giuseppe Maria Pignatelli, gesuita, e dalla Venerabile Clotilde di Savoia. «Dopo lunghissima infermità, morì nel giorno da lei predetto, che fu il l5 marzo del 1810», qualche mese prima che i nostri partissero per l'esilio.
    L'efficacia di questa santa religiosa sull'animo dell'Albertini non dovette essere di piccola portata se, come già sappiamo, egli s'indusse a propagare la devozione al Preziosissimo Sangue proprio perché sentì la Serva di Dio, in un'estasi, parlare di essa.
    Inoltre, dopo digiuni e preghiere, ispirato a scrivere la Coroncina del Preziosissimo Sangue e terminato il lavoro, «pensa di portarlo a Suor Maria Agnese..., con l'intenzione di farvi in seguito qualche ritocco. Non appena la pia conversa vede il suo confessore che né le ha parlato dello scritto, né glielo ha mostrato, lieta come di un ineffabile dono, gli dice: "Voi tenete la Coroncina del Preziosissimo Sangue! Non la modificate punto. Lasciatela come l'ha ispirata il Signore!"». E l'Albertini seguì perfettamente il suo consiglio.
    Per questi e altri motivi, noti solo al santo Canonico per il suo particolare ufficio verso Suor Maria Agnese, bisogna concludere che quella predizione, anche prima della sua realizzazione, fu ritenuta dall'Albertini come vero messaggio divino. Ecco perché, già durante la prigionia, lo vedremo subito all'opera con la Contessa Caterina Bentivoglio Orsi (1765-1826) per la realizzazione dell'Istituto delle «Figlie del Preziosissimo Sangue»; ecco perché, allorquando Gaspare, tornato a Roma dalla prigionia, desidera entrare nella ristabilita Compagnia di Gesù, l'Albertini non gl'impedisce di fare i suoi tentativi, ma gli assicura che non vi riuscirà, come di fatto avvenne.
    Quale influsso, invece, esercitò su Gaspare quella predizione nel settembre del 1810?
    Diciamo subito che il vaticinio conteneva un messaggio bello, ma troppo arduo per essere accolto con entusiasmo da Gaspare. Anche ciò fa parte del carattere del nostro Santo: tremare di fronte alle grandi responsabilità che sta per abbracciare, fin quando non giunge qualche segno preciso che gli manifesti la volontà di Dio. Fu così per l'ordinazione sacerdotale: ci volle il consiglio di S. Vincenzo Strambi; sarà così anche per la scelta della sua vocazione nella Chiesa: ci vorrà la chiamata di Pio VII.
    Quella predizione, perciò, non ebbe certamente in Gaspare un'accoglienza entusiastica. Infatti, se è vero che la lettera confidenziale è lo specchio dell'anima di chi la scrive, non troviamo nelle lettere che Gaspare scrive alle persone amiche in questo periodo alcuna esortazione a nutrire devozione al Sangue Preziosissimo di Gesù, ma neppure alcun riferimento esplicito al Sangue di Gesù.

    Continua (1)

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    S. Gaspare e il Preziosissimo Sangue

    LO SVILUPPO DELLA DEVOZIONE AL PREZ.MO SANGUE
    NELLA SPIRITUALITÀ
    DI S. GASPARE


    di P. Beniamino Conti, CPPS

    II Parte

    Terza tappa: 1811/1814 - Anni di rigogliosa crescita

    Trasferito a Bologna il 12 dicembre 1810, Gaspare vive accanto all'Albertini, prima nella casa dei Padri Filippini, attigua alla chiesa di S. Maria di Galliera, e poi, dal febbraio del 1811, nell'abitazione delle Contesse Marianna Spada Bentivoglio e Caterina Bentivoglio Orsi, sua figlia. Fu proprio l'Albertini, dopo essere stato scelto da Caterina come suo direttore spirituale, a chiedere alloggio presso di loro anche per S. Gaspare. Però, non essendovi posto in casa, dove erano stati accolti già diversi sacerdoti esiliati, lo fecero alloggiare nella casa del loro cameriere Giuseppe Sarti, in Via Cartoleria Nuova 618, l'attuale Via Domenico Guerrazzi.
    L'anno di permanenza dell'Albertini a Bologna - fu trasferito in Corsica il 28 decembre 1811 - fu un tempo di grande influsso spirituale nell'animo di S. Gaspare, soprattutto per l'apostolato intenso che l'Albertini poté esercitare anche in questa città verso la devozione del Preziosissimo Sangue.
    Infatti, se già negli altri mesi dell'esilio, finora vissuti accanto all'Albertini, non era sfuggito a S. Gaspare il suo zelo verso la devozione del Preziosissimo Sangue, il 1811 fu l'anno che incise maggiormente nel nostro Santo l'azione zelante dell'Albertini verso il Preziosissimo Sangue; azione corrisposta con entusiasmo anche nell'ambiente bolognose, soprattutto attraverso la Contessa Caterina Bentivoglio Orsi, che nella direzione spirituale era stata infervorata dall'Albertini verso tale devozione, tanto che - come lei stessa scrive in una lettera autobiografica - nel settembre del 1811 l'Albertini «eresse [a Bologna] un'unione di sette individui, che onorassero li sette spargimenti di Sangue del divin nostro Redentore, e mi comise di farne io da capo. Fu eretta precisamente il giorno della Natività di nostra Signora e si stabilì ogni ultima domenica del Mese», gettando così le basi della futura Confraternita del Preziosissimo Sangue nella chiesa di S. Domenico, che risulta la prima Confraternita aggregata il 9 giugno 1816 all'Arciconfraternita del Preziosissimo Sangue di S. Nicola in Carcere a Roma. E come a Piacenza nel settembre del 1810 l'Albertini individuò in S. Gaspare il futuro apostolo del Sangue di Cristo, così a Bologna nel 1811 individuò nella Contessa Caterina Bentivoglio Orsi la fondatrice dell'Istituto delle Suore del Preziosissimo Sangue, tanto che fin d'allora la cominciò a preparare, insieme ad alcune compagne, alla fondazione di questo Istituto, che, secondo il primo progetto ivi maturato, si sarebbe dovuto dedicare all'assistenza degli ammalati negli ospedali e in casa.
    Quale influsso, dunque, esercitò l'Albertini sull'animo di Gaspare durante il tempo che visse insieme con lui a Bologna prima del suo trasferimento in Corsica il 28 dicembre 1811?
    Nelle prime lettere che S. Gaspare scrisse durante il suo esilio non appare alcun attestato esplicito che denoti la presenza della devozione al Preziosissimo Sangue nel suo animo. Per la prima volta a Bologna comincia a far capolino nelle sue lettere il richiamo esplicito alla devozione del Preziosissimo Sangue, che d'ora in poi prenderà sempre più consistenza nelle sue lettere. Riscontriamo questa prima testimonianza in una lettera scritta il 18 giugno 1811 alla Contessa Virginia Malaspina Caracciolo di Piacenza. Tra le altre notizie le dice in prossimità della festa del Sacratissimo Cuore di Gesù:

    «Oh me beato se avessi sempre amato Gesù come dovevo! L'ami almeno Lei per me, e sforziamoci d'esser tutti suoi in questa vita per poi esserlo nell'Eternità. Che dolci pensieri mi vengono su questo punto circa il nostro Redentore la festa del di cui Sacratissimo Cuore già noi siamo per celebrare imminentemente. Due verità c'insegna questo Cuore Sacratissimo particolarmente, e sono l'umiltà con quel discite ecc., ed il santo amore figurato in quelle fiamme che dipingonsi d'attorno al Sagro Divin Cuore. Ignem veni mittere in terram ecc. Ah dunque presentiamoci pure d'innanzi a Lui e preghiamolo a volerci santificare il cuor nostro, chiedendogli tutto ciò di cui abbisogniamo.
    Si ricordi della divozione al Sangue preziosissimo di Gesù, e dica spesso il Te ergo quaesumus; come anche La prego a fare per me a suo commodo una Novena a S. Saverio».

    In un'altra lettera alla stessa Contessa Caracciolo, mentre da una parte S. Gaspare la loda per lo zelo che ella dispiega per la diffusione della devozione al Preziosissimo Sangue nella sua città, le descrive la rapida diffusione della devozione al Sangue di Gesù a Bologna e in tutta la Romagna attraverso la Coroncina del Preziosissimo Sangue, di cui la Contessa Caterina Bentivoglio Orsi aveva fatto ristampare migliaia di copie. Così le scrive il 19 settembre 1811:

    «Resto quanto mai edificato della sua persona per il zelo specialmente e carità cristiana, con la quale s'interessa per la propagazione di ciò che ridonda alla maggior gloria di Dio. Io parlo in specie presentemente della nota Coroncina, quale con molta saviezza principia Ella a propagare alle Monache ed alle persone pie [in Piacenza]. Sia benedetta, e Iddio sia quello che benedica le sue sante industrie e feliciti i nostri desideri.
    Qui in Bologna alcune Signore del suo spirito, ed altre persone si sono talmente interessate di tale divozione che già si è propagata nella Romagna, in tutta la Diocesi di Bologna... In molte chiese di campagna si fa già pubblicamente tale funzione, e il medesimo si eseguisce per ora in una sol chiesa di questa città, propagandosi sempre più in altri luoghi. Tutto ciò per sua consolazione.
    Di libretti una pia persona ne ha fatti stampare migliaia e migliaia, si principiarono questi a far passare nelle mani dei secolari e delle persone private, e a poco a poco si è introdotta in chiesa.
    Se dunque si posson trovare delle devote persone in Piacenza che si unischino per ora alla ristampa di un migliaio di detti libretti, dispensandoli poi privatamente, vedrà che il resto si effettuerà dal nostro buon Gesù».

    Non è un'esagerazione la notizia della diffusione della devozione al Preziosissimo Sangue a Bologna e nella diocesi, nella Romagna e nella campagna, perché l'Albertini e S. Gaspare avevano stretto amicizia con i sacerdoti dell'Opera del B. Bartolomeo Dal Monte, che si dedicavano alla predicazione delle missioni al popolo, i quali si erano impegnati a diffondere la devozione al Preziosissimo Sangue tramite la recita della relativa Coroncina. E' significativo che proprio a questi missionari si proporrà di scrivere S. Gaspare per chiedere la loro regola per avere «lumi», allorché nel luglio del 1815 sarà in procinto di andare a S. Felice di Giano per fondare la sua Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue.
    Fu, dunque, un anno di grande fermento spirituale verso il Sangue di Cristo il 1811, ma anche il resto della prigionia, che terminò nel febbraio del 1814, fu per Gaspare un tirocinio di intensa formazione pastorale e spirituale al compito di apostolo del Sangue di Cristo. Infatti, anche quando S. Gaspare il 28 dicembre 1811 sarà costretto a separarsi dal suo carissimo Albertini, che fu mandato in Corsica, e quando sarà trasferito nelle carceri di Imola (14 gennaio 1813) e di Lugo (15 maggio - 7 dicembre 1813), da dove fu mandato a Firenze (20 dicembre 1813) in attesa di essere trasferito a Livorno, da dove sarebbe stato imbarcato anche lui per la Corsica - ma questo trasferimento fortunatamente non si verificò per il decreto di libertà concesso da Gioacchino Murat il 26 gennaio 1814 ai sacerdoti non giurati - anche in questo periodo, S. Gaspare, benché fosse solo, nei limiti del possibile s'impegnò a emulare l'Albertini nella propagazione della devozione al Preziosissimo Sangue.
    Infatti, avendo stretto amicizia a Imola con la famiglia dei Conti Ginnasi - in specie con la Contessa Lucrezia Ginnasi - e con il sacerdote D. Francesco Pollini, direttore spirituale dei carcerati, S. Gaspare s'impegnò a procurare per essi dalla Contessa Caterina Bentivoglio i libretti della Coroncina del Preziosissimo Sangue. Così scrive l'11 febbraio 1813 a Mons. Annibale Ginnasi: «Ho pensato anche di scriver due righe alla Signora Contessa [Bentivoglio], con le quali la prego di un piccolo affare, che dovrà disbrigarmi a Bologna (a seconda di una lettera di Roma che me ne dà commissione) ed in tale occasione le parlo anche dei libretti». Nella lettera del 22 febbraio 1813 a Lucrezia Ginnasi, cognata di Mons. Annibale, S. Gaspare ci assicura che erano arrivati da Bologna i libretti richiesti ed era disponibile a chiederne altri, qualora si potesse introdurre anche a Faenza e in altri luoghi la recita pubblica della Coroncina: «Qualora la Coroncina del Sangue di Gesù Cristo si potesse publicamente introdurre anche in Faenza o in altro luogo farò in allora venir da Bologna altri libri e, per quanto è da me, adesso e sempre non cesserò d'interessarmi per il bene delle Anime». Difatti, alcune lettere di S. Gaspare di questo periodo ci testimoniano il suo interesse per la devozione al Preziosissimo Sangue, procurando ai suoi amici i libretti della Coroncina. Particolarmente significativa è la lettera alla Contessa Lucrezia Ginnasi del 10 maggio 1813 per avvisarla dell'arrivo di un buon quantitativo di libretti di Coroncine. Le scrive: «Alla fine di questo mese avremo i libretti della Coroncina, ed in oggi ho scritto alla Signora Contessa Bentivoglio che ne mandi 500: 300 cioè per Don Pollini, che me ne ha incaricato, 100 per Lei, e 100 per me. Spero che il Signore benedirà le nostre pie intenzioni, ed intanto non cessiamo d'offerire il prezzo della nostra Redenzione per la Santa Chiesa e per l'eterna salute delle nostre Anime».
    Anche quando S. Gaspare si fermerà a Firenze alla fine di dicembre del 1813 e nel gennaio del 1814, in attesa di essere trasferito in Corsica per raggiungere l'Albertini, che da due anni penava nelle orribili «tombe» di Bastìa, s'impegnerà a diffondere la devozione al Preziosissimo Sangue nel monastero delle Suore Montalve.
    Ma perché S. Gaspare, anche senza l'appoggio e la guida dell'Albertini, s'impegnava in prima persona a diffondere la devozione del Preziosissimo Sangue? Perché soprattutto in questi anni di speciale partecipazione alla croce di Cristo per amore della Chiesa, con la guida e la radiosa testimonianza dell'Albertini egli s'impegnò personalmente alla sua maturazione interiore nella spiritualità del Sangue di Cristo.
    In primo luogo attraverso la preghiera. Don Pietro Del Frate, che fu per circa otto mesi in carcere con S. Gaspare, ci dice che questi «aveva tutte le ore destinate parte all'orazione, parte alle lezioni scritturali e alla recita della Coroncina del Preziosissimo Sangue...». Così il 22 febbraio 1813 scrive S. Gaspare alla Contessa Lucrezia Ginnasi, suggerendole una preghiera di S. Francesco Saverio, che era diventata certamente anche preghiera sua:

    «L'orazione che solea recitare S. Francesco Saverio in onore delle cinque Piaghe di Gesù Cristo è la seguente: Domine Jesu Christe, per quinque tua vulnera, quae tibi nostri amor in Cruce inflixit, tuis famulis subveni, quos pretioso Sanguine redemisti. O Gesù, Dio del mio cuore, vi supplico per le cinque Piaghe, che il vostro amore verso di noi vi ha fatte sopra la Croce, . Francesco Saverio;soccorrete i vostri servi, che avete redenti col prezzo del vostro Sangue».

    Questo contatto affettuoso con il Sangue Divino, nell'intimità orante, era rinvigorito dalla luce che la sua mente riceveva, di giorno in giorno, con lo studio di tale mistero. Già il Del Frate ci ha detto che durante la giornata si applicava «alle lezioni scritturali». S. Vincenzo Pallotti, che fu in seguito amico e confidente di S. Gaspare, ci assicura che questo studio riguardava proprio il Prezioso Sangue. Infatti, nei processi testimonia:

    «Il Servo di Dio, conosciuta in riguardo a sé la divina vocazione che... lo chiamava nella Chiesa... ad illuminare i popoli colla predicazione dei pregi divini del Sangue Preziosissimo di Gesù Cristo,... occupossi seriamente nella intelligenza e studio di quei sacri oracoli dei libri santi, che contengono i pregi ineffabili del Sangue Preziosissimo di Gesù Cristo, onde più chiaramente e con zelo sempre più amoroso trovarsi atto a predicarli coll'effetto ai popoli».

    Oltre la preghiera e lo studio del mistero del Sangue di Gesù, fu la condivisione gioiosa della croce di Cristo per amore della Chiesa e delle anime a far maturare progressivamente l'animo giovanile di Gaspare al mistero del Sangue Prezioso. Di questa maturazione abbiamo chiare testimonianze nelle lettere che egli scriveva durante la prigionia ai suoi amici. Eccone alcuni brani:

    «Leggiamo con più riflessione il gran libro del Crocifisso ch'è aperto per tutti, e quivi apprendiamo lezioni di vita eterna, ripetendo spesso per orazione giaculatoria fra giorno: Te ergo quaesumus tuis famulis subveni ecc. Oh noi felici se tutti gli uomini s'approfittassero del prezzo di nostra Redenzione! Quanto conforto sarebbe questo al Cuore dolcissimo di Gesù!».

    Nella meditazione del mistero del Sangue di Cristo non poteva mancare il pensiero della salvezza delle anime, per le quali Gesù aveva versato il suo sangue. Così S. Gaspare scrive in diverse lettere alla Contessa Lucrezia Ginnasi nel 1813 per sostenerla e «animarla ad opere... di tanto vantaggio per le Anime redente col Preziosissimo Sangue di Gesù»:

    «Ah, voi almeno, Anime a me fedeli, interessatevi a procurar la mia gloria, a difendere il mio onore, a soddisfare i miei desideri. Ritogliete con la vostra industria dalle fauci del demonio chi è redento a prezzo di vivo Sangue; e poiché conoscete la malizia del peccato e l'ingiuria che mi arreca, armatevi di un santo zelo ad impedirlo e rimovere per quanto è possibile. Io mi addoloro nel veder la rovina di tanti che pur vorrei s'approfittassero delle mie misericordie, e son di continuo in opera per ritrarli dal male. Per un'Anima sola io avrei fatto egualmente ciò che ho fatto per tutti; e da ciò che ho patito si rilevi il preggio dell'Anima!».

    «S'immergono (le anime) nella più tenera meditazione di quanto ha fatto e patito Gesù, riflettono a ciò ch'Egli, in quanto Dio, determinò fin ab aeterno per gli uomini, fissano lo sguardo nella beata Eternità avvenire; e sommerse, diciam così, in questo pelago di consolanti pensieri, divengono estatiche per meraviglia, e lasciansi consumare dal fuoco divino di carità. S. Francesco di Paola a vista del Crocifisso esclamava: o carità, o carità! e S. Francesco di Sales solea dire: "Di qual amore non resteremo noi accesi, a vista delle fiamme che trovansi nel seno del Redentore! Ed oh qual ventura poter esser bruciati da quello stesso fuoco di cui brucia il nostro Dio! E qual gioja essere a Dio uniti colle catene d'Amore! Oh quante saette amorose escono da quelle Piaghe, che feriscono i cuori più duri! oh che fiamme escono dal Cuore ardente di Gesù Cristo, che infiammano i spiriti più freddi! oh quanti dardi si scagliano da quel costato ferito, che scuotono i peccatori più duri!" Ma oh abisso di misteri operati da quell'amor profondissimo, che qual ardente fornace consumò la vita stessa del Salvatore! Gran degnazione infatti si fu per noi l'essere redenti dalla schiavitù del demonio, il ritornare nel possesso della grazia, nel diritto alla gloria, nella figliolanza di Dio; peraltro poteva Gesù ciò ottenerci senza tanti patimenti, voglio dire senza l'effusione totale di tutto il suo Sangue. Ma quel che sarebbe bastato alla Redenzione, non bastò all'Amore. Gesù volle essere il prototipo dei Confessori e dei Martiri, degli Apostoli e delle Vergini, degli Anacoreti e dei Contemplativi: Gesù volle farsi universale Maestro. Gesù volle cibarci con sé medesimo; volle morire per noi! O Amore, o Amore, o Amore! Deh fate, o Redentor mio caro, che io viva sol per amarvi. Amen».

    Queste e tante altre espressioni che si riscontrano nelle sue lettere dal carcere, ci svelano un animo ormai afferrato da Gesù contemplato nel mistero del suo Sangue.
    Nel febbraio del 1814 Gaspare rientra a Roma. Quattro anni di prigionia trascorsi lontano dalla patria! Ne era partito col cuore colmo di dolore per le opere apostoliche che lasciava, per la mamma che non avrebbe più trovato, ma senza la ricchezza della devozione al Sangue di Cristo. Vi ritorna dopo quattro anni, portando nell'animo questo tesoro immenso, acquistato attraverso l'umile testimonianza del suo nuovo direttore spirituale, D. Francesco Albertini, e attraverso la sua generosa partecipazione al mistero della croce nella fedele sequela del Cristo, il cui Volto ormai gli si mostrava nel segno caratteristico del suo Sangue Prezioso, sparso con immenso amore e dolore per la salvezza di tutti.

    Quarta tappa: 1814 - Missionario apostolico!

    Con tale carica di energia spirituale, si sarebbe tentati di credere che la preconizzata «Tromba del Divin Sangue», ormai libera dalle pastoie della prigionia e ricongiuntasi finalmente a Roma col caro padre della sua anima, D. Francesco Albertini, cominciasse a squillare, adunando i fedeli sotto il vessillo del Sangue di Cristo.
    Non fu così; e non lo fu perché, proprio allora che si era prossimi all'attuazione del vaticinio di Suor Maria Agnese, si addensarono maggiormente nell'animo di Gaspare ombre di dubbio, tanto più che cominciava a riaffiorare nel suo cuore un antico desiderio di abbandonare il mondo e nascondersi «nell'asilo della Religione ch'è già per rimettersi della Compagnia di Gesù»; ma si sentiva «vincolato da mille legami», che gl'impedivano di fare «un'efficace risoluzione». Si rimetteva, perciò, alla volontà di Dio: «Basta, facciamo orazione e, se piacerà al Signore, tutto si combinerà, altrimenti adoreremo le divine disposizioni, poiché la sua volontà è quella che ci santifica», scrive il 2 luglio 1814 alla Contessa Lucrezia Ginnasi.
    In questa situazione di scelta vocazionale gli fu di valido aiuto l'Albertini. Così narra la soluzione il Valentini, che nel 1820 S. Gaspare scelse come suo direttore spirituale: «Il Servo di Dio, ritornato (dalla prigionia), proseguì a conferire col suo direttore Monsignor Albertini, reduce anch'egli dalla deportazione, e con chiarezza di coscienza apriva il suo cuore, palesando l'inclinazione sua propria per la Compagnia di Gesù. Questo gran maestro di spirito non si opponeva al suo buon desiderio, avvisandolo che delle cose udite per parte della gran serva di Dio Suor Maria Agnese del Verbo Incarnato non facesse gran conto, giacché tali cose straordinarie non debbono formar regola né di credere né di operare, ma, ben fondato sulle regole della fede e del costume secondo i principi, dovesse andare innanzi con maturo consiglio e orazione, per incentrare la pura volontà di Dio e non errare in fatto di vocazione, da cui dipende tutta la tessera di nostra vita e di predestinazione e salute. Soddisfatto appieno di tali massime, che poi comunicava anche ad altri per loro bene, il Servo di Dio non lasciava di tendere alla Compagnia, chiedendo in grazia di esservi ammesso insieme con Don Carlo Odescalchi. Ma il Signore, che disponeva diversamente, ed Albertini, che non saprei se naturalmente per mezzo di Monsignor Cristaldi o per altra via soprannaturale conoscesse la cosa, lo assicurò che, quantunque Odescalchi ed esso avessero dato il nome alla detta Compagnia, non sarebbero allora entrati. Difatti, il dì veniente ebbero avviso per biglietto che eran chiamati dal Sommo Pontefice Pio VII all'udienza per inviarli alle missioni. Chinò il capo il Servo di Dio a tale cenno del supremo gerarca e incominciò allora a conoscere decisivamente in effetto la volontà santissima di Dio per la carriera apostolica delle missioni».
    Scrivendo alla fine di novembre del 1814 alla stessa Contessa Lucrezia Ginnasi di Imola, a proposito della sua vocazione le confida: «Circa l'affare dei Gesuiti ho preso consiglio dai più esperti Maestri di spirito, ed il commune consiglio è stato che il Signore vuol che faccia del bene da prete secolare. Ciò non ostante facciamo orazione, affinché meglio io conosca il divin volere».
    La deputazione papale a missionario apostolico impegna Gaspare a realizzare tale compito nel modo più efficiente possibile insieme con i suoi compagni della Santa Lega, fondata da Don Gaetano Bonanni nella festa del Corpus Domini del 1813. Quest'opera era costituita da sacerdoti secolari, chiamati Operai Evangelici, che, pur restando nella propria casa, si dedicavano alle missioni popolari. Anche Gaspare, mentre era ancora in prigionia, fu invitato a parteciparvi e vi aveva aderito entusiasticamente con una lettera scritta da Firenze il 14 gennaio 1814 al segretario dell'opera D. Antonio Santelli.
    Pur svolgendo delle missioni, la Santa Lega, così come era concepita, non poteva assicurare stabilmente tale ministero. Perciò, Gaspare si dà da fare presso i compagni e soprattutto col Bonanni non solo per trovare una sede stabile per l'opera, ma anche per costituire un vero e proprio Istituto di sacerdoti secolari di vita comune e dedicati stabilmente e unicamente al ministero delle missioni al popolo. In una lettera del 22 settembre 1814, scritta al Bonanni «con santa libertà», lo esorta a seguire «una volta le tracce di quella Provvidenza, che già per la nostra Opera ha dato e prosegue a dare segni manifestissimi di approvazione... Un Operario Evangelico a cui si apre la via di perpetuare anche dopo la sua morte un'istituzione tanto lodevole, non deve abbandonare l'impresa a cui si è accinto... Io non desidero che la volontà del Signore».
    E prende lui l'iniziativa. Così ci descrive i fatti il Merlini: «Si diede l'occasione di portarsi in Giano, diocesi di Spoleto, con l'illustrissimo monsignor Belisario Cristaldi, il quale soleva ogni anno condurre seco qualche zelante sacerdote per una piccola missione precedente la festa della Madonna Santissima delle Grazie, che in Giano si celebra il giorno di tutti i Santi, e dove negli anni scorsi vi era stato anche il sacerdote Don Gaetano Bonanni. Qui, insieme col signor avvocato Paolucci, uno dei primi possidenti di Giano, si discorse seriamente di questa opera e si disse che per tale oggetto sarebbe stata assai opportuna la chiesa e ritiro di S. Felice, vescovo e martire, il quale era stato già lasciato dai Padri Passionisti e formalmente rinunciato, perché non era adatto per loro, attese alcune servitù annesse e per la scarsezza dei soggetti, avendo altri più comodi ritiri da occupare». Tornato a Roma, ne parla col Bonanni e compagni; il Cristaldi si premura di presentare la richiesta del convento e chiesa di S. Felice di Giano nel modo più accessibile possibile e il 30 novembre 1814 era già pronto il rescritto di concessione di Pio VII.
    Oltre che preoccuparsi di portare a termine la fondazione dell'opera, con l'Albertini e il Cristaldi fa sì che essa venga intitolata al Sangue Divino.
    Apostolo del Divin Sangue, nel dicembre del 1814 prende gli auspici per questo suo ministero con una missione in S. Nicola in Carcere, luogo di nascita della devozione destinata a espandersi per il mondo.
    Man mano che la predizione di Suor Maria Agnese del Verbo Incarnato si andava realizzando, anche Gaspare acquistava maggiore consapevolezza della verità di essa, da non aver più dubbi in proposito, tanto che nel 1825 scriverà a Leone XII che il suo Istituto era stato «ideato nei tempi di deportazione e (si era) sviluppato mirabilmente immediatamente dopo la deportazione con tanto profitto delle Anime e rabbia insieme del demonio, che non ha cessato né cessa far guerra speciale a questa parola: "Prezioso Sangue di Gesù Cristo"». Anche le testimonianze dei Processi ci tramandano questa sua ferma convinzione.
    Fondata a S. Felice di Giano il 15 agosto 1815 la Congregazione, S. Gaspare lavora con l'Albertini per rendere sempre più numerosa la Confraternita e arricchirla di favori spirituali. Col Breve ottenuto da Pio VII il 22 settembre 1815, essa viene dotata di varie indulgenze; con un altro del 26 dello stesso mese e anno è elevata al titolo di Arciconfraternita.
    Ormai l'anima di Gaspare ha sposato la causa del Sangue di Gesù e non vivrà che per essa.

    Quinta tappa: 1817 -Primo Promotore e Missionario dell'Arciconfraternita del Preziosissimo Sangue

    Al punto in cui siamo arrivati, ci sembra impossibile poter registrare, con date alla mano, altre ascensioni dello spirito di Gaspare verso la devozione al Preziosissimo Sangue. Ci si intenda: fino alla morte egli si perfezionerà in essa, l'abbiamo già detto e lo ripetiamo. Ma come seguire quell'intimo lavorio che lo Spirito Santo svolgeva in lui? E' impossibile per noi che arriviamo all'anima solo attraverso le azioni e le testimonianze, che però troviamo abbondantemente nell'Epistolario di S. Gaspare, nei suoi scritti e nelle deposizioni processuali.
    Ora però dobbiamo compiere un ultimo passo, che ci permette di contemplare la figura di Gaspare giganteggiare solitaria nella spiritualità del Sangue di Cristo, realizzando così la terza parte della predizione di Suor Maria Agnese: «Sarà la tromba del Divin Sangue», non una tromba, cioè ne sarà l'apostolo, non un apostolo soltanto.
    Arriviamo così al 1817, quinta tappa da noi fissata nel mistico itinerario spirituale del nostro Apostolo del Sangue di Cristo.
    Quest'anno va segnalato principalmente perché a S. Gaspare viene riconosciuta dai responsabili dell'Arciconfraternita del Preziosissimo Sangue una particolare eccellenza verso la devozione al Preziosissimo Sangue. Ecco lo svolgimento dei fatti.
    Bisogna ricordare che l'Albertini fondò la Pia Unione del Preziosissimo Sangue come associazione laicale, ma poi, nel desiderio di assicurare la diffusione della devozione del Preziosissimo Sangue soprattutto attraverso la predicazione delle missioni popolari, allargò questo progetto, istituendo come parte integrante dell'associazione laicale il gruppo dei Missionari dell'Arciconfraternita del Preziosissimo Sangue, tra i quali potevano iscriversi, oltre che i sacerdoti secolari, anche i religiosi e i vescovi. Il primo a dare la sua adesione a questo gruppo nel 1817, dietro suggerimento dello stesso Albertini, fu S. Gaspare e dopo di lui si iscrissero anche i suoi compagni missionari, i quali «furono nelle Costituzioni di detta Arciconfraternita confermati e dichiarati come principali fratelli e propagatori della devozione del Preziosissimo Sangue».
    Questa aggregazione fece sì che nel congresso tenuto dai responsabili dell'Arciconfraternita il 27 dicembre 1817 Gaspare fosse eletto a pieni voti Direttore Generale delle Missioni dell'Arciconfraternita e Primo Promotore e Missionario del Preziosissimo Sangue.
    Il giorno seguente il segretario dell'Arciconfraternita, il Sig. Pietro Zucchetti, gli comunicò la notizia con queste parole:

    «Essendo stata Vostra Signoria Reverendissima eletta a pieni voti in Primo Promotore e Missionario, onde eccitare sempre più la devozione verso il Preziosissimo Sangue di Gesù Cristo, titolo primario della nostra Arciconfraternita eretta all'altare del Santissimo Crocifisso nella Basilica di S. Nicola in Carcere, il sottoscritto Segretario, nell'atto che adempie alle prescrizioni della Congregazione di ieri sera partecipandogliene la notizia, ha l'onore di baciargli le mani. Casa 28 dicembre 1817».

    L'elezione non poteva ricadere su persona più degna e preparata. In questo fatto vediamo il punto di confluenza del piano divino con la collaborazione umana. Gaspare, da questo momento, non solo per impulso interno, ma anche per l'impegno ricevuto e accettato è l'Apostolo del Preziosissimo Sangue. Per assolvere quest'impegno con più merito, fa voto di propagare fino al sacrificio la devozione al Divin Sangue.
    Questo voto segna la vetta più alta raggiunta da Gaspare nel suo itinerario di maturazione come Apostolo del Sangue di Cristo. La sua vita futura sarà una continua attuazione di esso, non solo nella pratica e nella propagazione della devozione al Preziosissimo Sangue, ma anche nella difesa di essa persino di fronte agli attacchi da parte della suprema autorità della Chiesa.

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    L'Inde a primis del beato Giovanni XXIII

    Il Beato Giovanni XXIII e il Preziosissimo Sangue

    GIOVANNI XXIII

    Lettera Apostolica

    Inde a primis

    Venerabili Fratelli, Salute e Apostolica Benedizione!

    Più volte ci è accaduto fin dai primi mesi del Nostro servizio pontificale, e la parola fu sovente precorritrice ansiosa ed innocente del Nostro stesso sentimento, di invitare i fedeli in materia di devozione viva e quotidiana a volgersi con ardente fervore verso l'espressione divina della misericordia del Signore sulle singole anime, sulla sua Chiesa e sul mondo intero, di cui Gesù resta il redentore ed il Salvatore. Vogliamo dire la devozione al Preziosissimo Sangue.
    Questa devozione ci fu istillata nello stesso ambiente domestico in cui fiorì la nostra fanciullezza, e tuttora ricordiamo con viva emozione la recita delle Litanie del Preziosissimo Sangue che i nostri vecchi facevano nel mese di luglio.
    Memori della salutare esortazione dell'Apostolo: "Badate a voi; badate al gregge in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituito vescovi per pascere la Chiesa di Dio, acquistata da lui col proprio sangue", crediamo, o Venerabili Fratelli, che tra le sollecitudini del Nostro universale ministero pastorale, dopo la vigilanza sulla sana dottrina, debba avere un posto di privilegio quella che riguarda il retto svolgimento e l 'incremento della pietà religiosa, nelle manifestazioni del culto liturgico e privato. Ci sembra pertanto particolarmente opportuno richiamare l'attenzione dei nostri diletti figli sul nesso indissolubile che deve unire le due devozioni, già tanto diffuse in seno al popolo cristiano, cioè al Nome Santissimo di Gesù e al suo Cuore Sacratissimo, quella che intende onorare il Sangue preziosissimo del Verbo incarnato, "sparso per molti in remissione dei peccati".
    Se, infatti, è di somma importanza che tra il Credo cattolico e l'azione liturgica della Chiesa regni una salutare armonia, poiché "Lex credendi legem statuat supplicandi", e non siano mai consentite forme di culto che non scaturiscano dalle sorgenti purissime della vera fede, è giusto altresì che fiorisca una simile armonia tra le varie devozioni, in modo che non vi sia contrasto o dissociazione tra quelle che sono stimate come fondamentali e più santificanti, ed in pari tempo sulle devozioni personali e secondarie abbiano il primato nella stima e nella pratica quelle che meglio attuano l'economia dell'universale salvezza operata dal "solo Mediatore tra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo, colui che diede se stesso prezzo di riscatto per tutti". Movendosi in questa atmosfera di retta fede e di sana pietà, i credenti sono sicuri di "sentire cum Ecclesia", ossia di vivere in comunione di preghiera e di carità con Gesù Cristo, fondatore e Sommo Sacerdote di quella sublime religione, che da lui trae, col nome, ogni sua dignità e valore. Se diamo ora un rapido sguardo ai mirabili progressi che la Chiesa Cattolica ha operato nel campo della pietà liturgica, in salutare consonanza con lo sviluppo della sua fede nella penetrazione delle verità divine, è indubbiamente consolante il costatare che nei secoli a noi più vicini non sono mancati da parte di questa Apostolica Sede chiari e ripetuti attestati di consenso e di incoraggiamento, per tutte e tre le devozioni sopra menzionate: devozioni che furono praticate fin dal medioevo da molte anime pie e furono poi diffuse in varie Diocesi, Ordini e Congregazioni religiose, ma che attendevano dalla Cattedra di Pietro il suggello dell'ortodossia e dell'approvazione per la Chiesa universale.
    Ci basti ricordare che i Nostri Predecessori fin dal secolo XVI hanno arricchito di spirituali favori la devozione al Nome Santissimo di Gesù, di cui si era fatto nel secolo precedente apostolo infaticabile, in Italia, San Bernardino da Siena. In onore di questo Santissimo Nome furono anzitutto approvati l'Ufficio, la Messa, ed in seguito le Litanie. Né meno insigni furono i privilegi concessi dai Romani Pontefici al culto verso il Cuore Sacratissimo di Gesù, nella cui ammirabile propagazione tanta parte hanno avuto le rivelazioni fatte dal Sacro Cuore a Santa Margherita Maria Alacoque.
    E così alta e unanime è stata la stima dei Sommi Pontefici verso questa devozione, che essi si compiacquero di illustrarne la natura, difenderne la legittimità, inculcarne la pratica con molti atti ufficiali, cui hanno posto coronamento tre importanti Encicliche su questo argomento.
    Ma anche la devozione al Sangue Preziosissimo, di cui è stato propagatore ammirabile nel secolo scorso il sacerdote romano San Gaspare del Bufalo, ebbe il meritato consenso e il favore di questa Sede Apostolica. Giova infatti ricordare che per ordine di Benedetto XlV furono composti la Messa e l'Ufficio in onore del Sangue adorabile del Salvatore divino; e che Pio IX, a soddisfazione di un voto fatto a Gaeta, ne volle estesa la festa liturgica alla Chiesa universale. Fu infine Pio Xl, di felice memoria, che a ricordo del XlX Centenario della Redenzione, elevò la suddetta festa a rito doppio di prima classe, affinché dalla accresciuta solennità liturgica più intensa si facesse la devozione stessa e più copiosi si riversassero sugli uomini i frutti del Sangue redentivo.
    Seguendo pertanto l'esempio dei Nostri Predecessori, allo scopo di favorire ulteriormente il culto verso il Sangue prezioso dell'Agnello immacolato Cristo Gesù, ne abbiamo approvate le Litanie, secondo l'ordine compilato dalla Sacra Congregazione dei Riti, incoraggiandone altresì la recita in tutto il mondo cattolico; sia in privato che in pubblico, con l'elargizione di speciali indulgenze.
    Possa questo nuovo atto della "cura di tutte le Chiese", propria del Supremo Pontificato, in tempi di più gravi ed urgenti bisogni spirituali, risvegliare nell'animo dei credenti la convinzione del valore perenne, universale, sommamente pratico delle tre devozioni sopra elogiate.
    Nell'approssimarsi perciò della festa e del mese dedicati al culto del Sangue di Cristo, prezzo del nostro riscatto, pegno di salvezza e di vita eterna, ne facciano i fedeli l 'oggetto di più devote meditazioni e di più frequenti comunioni sacramentali. Riflettano essi, illuminati dai salutari insegnamenti che promanano dai Libri Sacri e dalla dottrina dei Padri e Dottori della Chiesa, al valore sovrabbondante, infinito, di questo Sangue veramente preziosissimo, "cuius una stilla salvum facere totum mundum quit ab omni scelere", come canta la Chiesa con l'Angelico Dottore, e come ha sapientemente confermato il Nostro Predecessore Clemente Vl. Ché, se infinito è il valore del Sangue dell'Uomo-Dio ed infinita è stata la carità che lo spinse ad effonderlo fin dal giorno ottavo della sua nascita e poi con sovrabbondanza nell'agonia dell'orto, nella flagellazione e coronazione di spine, nella salita al Calvario e nella Crocifissione, e infine dalla ampia ferita del costato, a simbolo di quello stesso Sangue divino che scorre in tutti i Sacramenti della Chiesa, è non solo conveniente ma sommamente doveroso che ad esso siano tributati omaggi di adorazione e di amorosa riconoscenza da parte di tutti i rigenerati nelle sue onde salutari.
    E al culto di latria, da rendersi al Calice del Sangue del Nuovo Testamento, soprattutto nel momento della sua elevazione nel sacrificio della Messa, è quanto mai decoroso e salutare che tenga dietro la Comunione con quel medesimo Sangue, indissolubilmente unito al Corpo del Salvatore nostro nel sacramento dell'Eucaristia. In unione allora col Sacerdote celebrante, i fedeli potranno con piena verità ripetere mentalmente le parole che egli pronuncia nel momento della Comunione: "Calicem salutaris accipiam et nomen Domini invocabo... Sanguis Domini Nostri Jesu Christi custodiat animam meam in vitam aeternam. Amen" In tal modo i fedeli, che vi si accosteranno degnamente, percepiranno più abbondanti i frutti di redenzione, di risurrezione e di vita eterna, che il Sangue sparso da Cristo "per impulso dello Spirito Santo" ha meritato al mondo intero. E nutriti del Corpo e del Sangue di Cristo, resi partecipi della sua vita divina che ha fatto sorgere legioni di martiri, essi andranno incontro alle lotte quotidiane, ai sacrifici, sino al martirio, se occorre, in difesa della virtù e del regno di Dio, sentendo in se medesimi quell'ardore di carità, che faceva esclamare a san Giovanni Crisostomo: "Partiamo da quella Mensa come leoni spiranti fiamme, divenuti terribili al demonio, pensando chi sia il nostro Capo, e quanto amore abbia avuto per noi... Questo Sangue, se degnamente ricevuto, allontana i demoni, chiama presso di noi gli angeli, e lo stesso Signore degli angeli... Questo Sangue, versato, purifica tutto il mondo. . . Questo è il prezzo dell'universo, con questo Cristo redime la Chiesa. .. Tale pensiero deve frenare le nostre passioni. Fino a quando, infatti, rimarremo attaccati al mondo presente? Fino a quando rimarremo inerti? Fino a quando trascureremo di pensare alla nostra salvezza? Riflettiamo sui beni che il Signore si è degnato di concederci, siamone grati, glorifichiamolo non solo con la fede, ma anche con le opere ". Oh! se i cristiani riflettessero più sovente al paterno monito del primo papa: "Vivete con timore nel tempo del vostro pellegrinaggio; ben sapendo che non a mezzo di cose corruttibili, quali l'oro e l 'argento, siete stati riscattati. .. ma col prezioso Sangue di Cristo, dell'Agnello immacolato e incontaminato!"; se porgessero essi più sollecito ascolto all'esortazione dell'Apostolo delle genti: "Siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Iddio, e portatelo nel vostro corpo!". Quanto più degni, più edificanti sarebbero i loro costumi; quanto più salutare per l 'umanità intera la presenza nel mondo della Chiesa di Cristo! E se tutti gli uomini assecondassero gli inviti della grazia di Dio, che li vuole tutti salvi, perché ha voluto che tutti fossero redenti dal Sangue del suo Unigenito e tutti chiama a essere membri di un solo mistico Corpo, di cui Cristo è il Capo
    , quanto più fraterni diverrebbero i rapporti tra gli individui, i popoli, le nazioni; quanto più pacifica, più degna di Dio e dell'umana natura, creata a immagine e somiglianza dell'Altissimo, risulterebbe la sociale convivenza. È alla contemplazione di questa sublime vocazione che san Paolo invitava i fedeli provenienti dal popolo eletto, tentati di pensare con nostalgia e un passato che era stato soltanto una pallida figura e il preludio della Nuova Alleanza: "Voi vi siete accostati al monte Sion e alla città di Dio vivente, alla Gerusalemme celeste, e alle miriadi di angeli, adunata assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli, a Dio giudice, e agli spiriti dei giusti arrivati alla perfezione, e a Gesù mediatore del Nuovo Patto, e al Sangue della aspersione, che parla meglio di quello di Abele ". Pienamente fiduciosi, o Venerabili Fratelli, che queste Nostra paterne esortazioni, rese note da voi nel modo che crederete più opportuno al Clero e ai fedeli a voi affidati, non solo volentieri saranno salutarmente attuate, ma altresì con fervido zelo, in auspicio delle grazie celesti e in pegno della Nostra particolare benevolenza, con effusione di cuore impartiamo la Benedizione Apostolica a ciascuno di voi e a tutti i vostri greggi, e in modo particolare a coloro che risponderanno generosamente e piamente al Nostro invito.

    Dato a Roma, presso San Pietro, il 30 giugno 1960, vigilia della Festa del Preziosissimo Sangue di N.S.G.C., anno secondo del Nostro Pontificato.

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    Ancora su S. Gaspare del Bufalo e il Preziosissimo Sangue

    Il Prezioso Sangue

    "L'abuso che si fa oggidì del prezzo di nostra Redenzione, e l'urgenza di dare un continuato compenso al Divin Redentore per le ingratitudini degli uomini, esigge che i devoti, ed amanti di Gesù si occupino a promovere l'adorazione perpetua del divino Prezioso Sangue del Salvatore. Dodici Chiese che nei diversi Circondarj praticassero successivamente il mese consecrato ai misterj di nostra Redenzione, andrebbero a verificare que sacro culto di compensazione che si brama, affine di placare il Signore, sdegnato per I nostri peccati."

    (Empti enim pretio magno, Volume 12°, No. 67, p. 252)

    "L'adorare o fedeli il prezzo inestimabile di nostra redenzione è l'oggetto il più tenero che possiam' noi proporci! Da questo ne sono a noi derivati I tesori della Sapienza, e della Santificacione; da questo la liberazione dalle pene infernali, per quanto è dall'amor' di Gesù, e il poter' possedere, in virtù del Divin' Sangue, la gloria santa del Cielo! E' giusto pertanto, o fedeli, che a compensare le ingratitudini degli uomini, consecriamo il presente mese alle Adorazioni del Divin' Sangue, e per Esso inteneriamo I nostri Cuori.

    "Mercé l'applicazione di questo inestimabile prezzo, onde siamo redenti, trovi l'anima peccatrice sacro, e religioso motivo, onde sperare misericordia, e perdono; il penitente abbia in Esso eccitamento a crescere nelle Virtù, e Santità; e finalmente il giusto zelo ardentissimo di salvare Anime al Signore."

    (Eccitamento per il mese del Divin Sangue, Volume 16°, p. 442)

    "Gesù, popolo dilettissimo, è adunque il nostro diletto tutto candido, e rubicondo. Candido, perché candore essenziale, rubicondo per il Divin' SangueÖOvunque io fissi la mente non rammento, ne vedo che SangueÖ Le piaghe dei piedi, delle maniÖ il Capo coronato di SpineÖ l'aperto Divin Cuore omnia ad redamandum nos provocantÖ Adstate, adunque, usiam' pure le parole della Chiesa, nell'Inno della Passione di Gesù Cristo, adstate maerentes Cruci, pedes beatos ungiteÖ lavate fletu, tergite comis, et ore lambite. O Gesù mio, deh accettate gli ossequj di questo santo mese, in compenso di tante iniquità degli uomini; e mentre il nemico del bene cerca allontanar' la rimembranza del vostro amore dalla mente dei figli di Adamo, la divozione del Divin' Sange le Anime nostre avvicini al votro Cuore divino Ö La nostra mente sempre adunque si occupi a ponderare i misterj della vostra carità, il nostro cuore ad amarne l'applicazione; i sentimenti del corpo a presentarne i trionfi a nostra, e ad altrui santificazione; e così sia indelebile in noi la memoria dell'inestimabile prezzo, onde siam' riscattati."

    (Eccitamento per il mese del Divin Sangue, Volume 16°, pp. 443-444)

    "Quanto grande è stato il desiderio, ch'ebbe Gesù in tutta la sua vita mortale di spargere il suo Sangue per la Redenzione del Mondo, altrettanto ardente è il suo desiderio, che tutti se ne approfittino, che tutte le Anime ne siano partecipi . Onde invitandoci a questo fonte di Misericordia ci dice: Bibite ex hoc omnes. Ed aprendo nelle sagratissime sue Piaghe 4. fonti, come dice S. Bernardo, fonte di Misericordia, fonte di Pace, fonte di Divozione, fonte di Amore tutte le Anime ivi chiama a dissetarsi. Si quis sitit veniat ad me. E perché infatti ha istituiti i S. Sagramenti che sono come i canali, per i quali ci si comunicano i meriti di questo Preziosissimo Sangre? Perché l'offre di continuo all'Eterno.

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    Tilman Riemenschneider, Ultima Cena, 1501-02, Chiesa di S. Giacomo, Rothenburg

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    La Regina del Preziosissimo Sangue, l’immagine che san Gaspare portava nelle missioni

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    La reliquia del Preziosissimo Sangue a Mantova

    La basilica concattedrale di S. Andrea Apostolo gode la felice condizione di aver conservato a tutt’oggi la preziosa reliquia del Sangue di Cristo.
    Non stupisce quindi che, per la sua singolare prevalenza religiosa, sia sempre stata correlata alla storia di Mantova, polo della vita religiosa, ma anche polo della dinamica urbana della città.
    E’ storicamente tramandato che nello stesso luogo nel quale ora vi è il tempio da Leon Battista Alberti, già erano state edificate in tempi diversi due chiese intitolate a S. Andrea.
    Non è precisabile il momento di fabbrica della prima chiesa: ipotizzato da alcuni storici al momento successivo alla prima “inventio”, e collocato da altri ad anni anteriori all’età carolingia con un’origine indipendente dai fatti relazionabili alla reliquia.
    Qualsiasi ulteriore riferimento alla successiva chiesa monastica e poi al tempio albertiano e invece sicuramente collegato alla reliquia del Preziosissimo sangue.

    Il culto della reliquia del Sangue di Cristo si basa su due ritrovamenti– inventiones- avvenuti relativamente nell’anno 804 e nel 1048.
    Il primo evento è narrato negli Annales del regno franco da Eginardo, personaggio della corte di Carlo Magno.
    La seconda “Inventio” è diffusamente trattata da due fonti coeve: il racconto De inventione Sanguinis Domini redatto a Mantova da autore ignoto nella seconda meta del’XI sec. e il Cronicon del monaco svedese Ermanno di Reichenau.
    Da queste fonti e dagli arricchimenti di storici e cronachisti è derivata la tradizione che vuole a Mantova Longino, il soldato che aveva trafitto sul Golgota il fianco di Cristo in croce, facendone sgorgare sangue e acqua.
    Questi raccoglie il terriccio imbevuto del sangue, la spugna usata per dissetarlo e, convertitosi, giunge a Mantova.
    Porta con sé uno scrigno nel quale sono due vasi con le reliquie; subìto il martirio, viene sepolto nello stesso luogo in cui aveva nascosto la preziosa urna.
    Solo dopo alcuni secoli si perviene al ritrovamento: secondo la tradizione mantovana S. Andrea appare in sogno a un devoto e gli indica il luogo nel quale erano le preziose reliquie.

    Nell’anno 804 si ha la prima “inventio”: papa Leone III, su invito dell’imperatore Carlo Magno, viene a Mantova e dichiara l’autenticità della reliquia; a Carlo Magno, a Parigi, viene portata una particella del "Lateral Sangue" che poi sarà collocato nella Cappella reale.

    Nel 924, di fronte alla minaccia degli Ungari di invadere la città, le reliquie vengono nuovamente nascoste.
    Nel 1048 avviene la seconda “inventio”: di nuovo S. Andrea appare in sogno a un cieco, il beato Adalberto, antico servitore dei Canossa, cui il Santo avrebbe rivelato il punto esatto nel quale erano nascoste le reliquie, che vennero rinvenute assieme alle presunte ossa di Longino.

    Il papa Leone IX (nel 1053) e l’imperatore Enrico III (nel 1055) vennero a Mantova per venerarle e il papa – dopo averne confermato solennemente l’autenticità – tentò addirittura di portarle con sè a Roma, scatenando una vera e propria insurrezione popolare che lo costrinse a rifugiarsi presso il monastero di S. Benedetto in Polirone.

    E’ relazionabile a questo evento storico e alla volontà dei Canossa l’erezione di una nuova chiesa più ampia e dotata di una cripta per conservare le sacre reliquie.
    La prima pietra del tempio albertiano venne posta nel 1472 “per havere gram spatio dove molto populo capesse a vedere el sangue di Cristo”.
    Una delle cappelle laterali e dedicata a S. Longino.
    Ai lati dell’altare sono due sarcofaghi con le ossa di S. Longino e di S. Gregorio Nazianzeno.
    Gli affreschi parietali rappresentano sul lato destro la scena drammatica della “Crocifissione” con Longino inginocchiato che raccoglie nel calice il sangue di Cristo.
    Sul lato sinistro e rievocato il momento della seconda “inventio”.

    La cripta con le reliquie e stata costruita sulla pianta della croce greca (1597-1600).
    Al centro della pianta sorge il tempietto ottagonale in cui e conservata l’urna contenente i Sacri Vasi che sono opera dell’orafo milanese Giovanni Bellezza.
    Nel 1848 il furto sacrilego provoco la scomparsa della santa spugna, nonché la dispersione della maggior parte della reliquia del sangue.
    Attualmente al loro interno sono conservate due minuscole particole di questa preziosa testimonianza della Passione, recuperate rispettivamente dalla cattedrale e dalla chiesa palatina di S. Barbara.
    I Sacri Vasi si possono ammirare solo il Venerdì Santo: per tutto il resto dell’anno rimangono sotto chiave, chiusi nella loro custodia in marmo verde, sulla quale sono comunque visibili le copie bronzee dei ricchi originali.
    Alla chiesa di S. Andrea per venerare il "Lateral Sangue" giungevano molti pellegrini: così lungo le vie d’accesso furono costruiti, in epoca medioevale, chiese e ospizi per la preparazione spirituale e per l’accoglienza.
    E’ probabile interpretare come delle sacre stationes, fatte sul modello della rotonda gerosolimitana, le quattro chiese di pianta circolare.
    E’ rimasta solo la rotonda di S. Lorenzo.

    Il culto di Sacre Reliquie e stato approvato dal papa Leone IX nel 1053 nella Festa dell’Ascensione del Signore.
    Il Santo padre ha concesso l’indulgenza ai pellegrini che visitavano la chiesa in quei giorni.

    Nel XIV sec. Gianfrancesco Gonzaga fece coniare sul retro del grosso d’argento la scritta: Mantova sei stata resa splendente dal Prezioso Sangue.

    Nella basilica esistono i Cavalieri dell’Ordine del Redentore, fondati nel 1608 dal duca Vincenzo Gonzaga “a onore e gloria del Santissimo Sangue”.

    Già prima esisteva nella basilica la Venerabile Compagnia del Preziosissimo Sangue, le cui origini vengono fatte risalire al 1459.
    Erano iscritti i gentiluomini della città che si impegnavano a mantenere le lampade accese davanti all’altare del Sangue di Cristo.
    Gli associati si occupavano di molte opere pie.
    Recitavano ogni giorno preghiere tramandate dall’antica tradizione, comunemente dette dei “Sette Spargimenti”.
    Sin dal XVII sec. Messa e Breviario trasmettono la liturgia dell’Invenzione al 12 marzo, con approvazione della Santa Sede.

    FONTE: www.cpps.pl/ita_sanktuarium.htm





 

 
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  5. 1 Luglio 2006: preziosissimo sangue di nostro Signore Gesù Cristo
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