S. Gaspare e il Preziosissimo Sangue
LO SVILUPPO DELLA DEVOZIONE AL PREZ.MO SANGUE
NELLA SPIRITUALITÀ DI S. GASPARE
di P. Beniamino Conti, CPPS
Nella solenne allocuzione che il B. Giovanni XXIII tenne nella Basilica di S. Pietro il 31 gennaio 1960 a chiusura del Sinodo Romano, nel raccomandare il culto al Sangue Divino specie ai sacerdoti e ai fedeli della diocesi di Roma, definì giustamente S. Gaspare «il vero e più grande apostolo della devozione al Preziosissimo Sangue nel mondo». E' evidente che questa qualifica riguarda la personalità matura del Santo. Ma quale cammino spirituale ha dovuto percorrere S. Gaspare per raggiungere questo primato di Apostolo del Sangue di Cristo nel mondo?
E' quello che ci proponiamo di indagare in questa conferenza, nella quale, dopo un breve excursus sulla spiritualità giovanile di Gaspare in relazione al Sangue di Cristo (primo punto), tratteremo più diffusamente della formazione esplicita di Gaspare alla spiritualità del Sangue di Cristo (secondo punto).
I - Il Sangue di Cristo nella spiritualità giovanile
di Gaspare
Si sarebbe quasi tentati di credere che S. Gaspare sia nato con questa devozione o, almeno, che l'abbia praticata fin da piccolo, alla scuola soprattutto della sua santa mamma Annunziata Quartieroni (1761-1811). La lettura delle testimonianze dei processi canonici di Gaspare lascerebbe molto delusi coloro che fossero in questa prevenzione. In esse si afferma ripetutamente che il Santo, fin da ragazzo, fu amantissimo di Gesù e della sua passione; era assai devoto dell'eucaristia, della Madonna, in modo particolare di S. Francesco Saverio e di S. Luigi Gonzaga, ma non si parla mai di vera devozione al Preziosissimo Sangue. Anzi, negli anni giovanili di S. Gaspare possiamo parlare di un suo primo contatto esplicito con la devozione al Prezioso Sangue solo nel 1808, allorché l'8 dicembre di quest'anno fu chiamato dai canonici della basilica di S. Nicola in Carcere a tenere dei fervorini in occasione dell'istituzione della Confraternita del Preziosissimo Sangue nella stessa chiesa, dove dal 1708 si conservava una reliquia del Preziosissimo Sangue. Prima di questa data non possiamo parlare propriamente di devozione al Divin Sangue in S. Gaspare. Troviamo piena conferma a questa nostra supposizione, se esaminiamo le testimonianze dei processi per l'eroicità delle virtù di Gaspare e gli scritti spirituali che ci restano della sua giovinezza.
Nei processi canonici, infatti, per quel che ci consta, solo una sua compagna d'infanzia, Maria Tamini, testimonia la presenza del «Prezioso Sangue» nella spiritualità del piccolo Gaspare in due luoghi: quando afferma che egli ne «formava oggetto di meditazione fin da ragazzo», specie nell'agonia del Getsemani, e quando consolava la madre, angustiata per gli affari domestici, dicendole: «Mamma mia..., sperate in Dio e confidate nei meriti del Sangue Preziosissimo di Gesù Cristo». Invano abbiamo cercato altri riferimenti espliciti al Sangue di Cristo nell'infanzia di Gaspare.
Anche per ciò che concerne gli scritti giovanili arriviamo alla medesima conclusione. Mentre abbiamo qualche discorso, per esempio, su S. Francesco Saverio, su S. Luigi, dei quali Gaspare era molto devoto, sul Preziosissimo Sangue troviamo solo qualche accenno nelle trascrizioni delle prediche udite da Mons. Giovanni Baccolo.
Perciò, prima del 1808, cioè prima del contatto con la Confraternita del Preziosissimo Sangue di S. Nicola in Carcere a Roma, come diremo in seguito, il tema del Sangue di Cristo è praticamente assente dagli scritti di S. Gaspare, mentre verrà sempre più alla ribalta dopo tale data.
Benché sappiamo che l'argomento dal silenzio è spesso claudicante, tuttavia ci sembra impossibile ammettere che S. Gaspare da giovane abbia avuto vera devozione al Sangue Divino e che egli non ne abbia parlato e scritto o che essa sia sfuggita all'osservazione dei suoi testimoni, i quali ci tramandano anche i sentimenti più intimi del suo spirito.
Dobbiamo concludere, dunque, che Gaspare da giovane non ha nutrito vera e propria devozione al Preziosissimo Sangue, ma non possiamo negare che nella sua spiritualità giovanile si riscontrano alcuni aspetti caratteristici, quali la devozione al mistero eucaristico, l'assidua meditazione della passione di Gesù e la pratica della penitenza riparatrice, che costituiscono un ottimo fondamento, sul quale si svilupperà un domani in S. Gaspare la rigogliosa spiritualità del Sangue di Cristo.
II - La formazione esplicita di Gaspare alla spiritualità
del Preziosissimo Sangue
Dalla prima parte della conferenza risulta che, secondo i documenti a nostra disposizione, la spiritualità giovanile di Gaspare non si caratterizza per la devozione al Sangue di Cristo. In questa seconda parte vogliamo ripercorrere l'itinerario che ha portato S. Gaspare alla maturazione nella spiritualità del Sangue di Cristo.
In questo itinerario possiamo fissare cinque tappe principali negli anni: 1808, 1810, 1811-1814, 1815 e 1817. Esse costituiscono un crescendo meraviglioso della sinfonia al Sangue di Cristo, modulata divinamente dallo Spirito Santo nel cuore di Gaspare.
Prima tappa: dicembre 1808 - Fondazione della Confraternita del Preziosissimo Sangue nella basilica di S. Nicola in Carcere
Il primo incontro esplicito di Gaspare con la devozione al Preziosissimo Sangue, come si è accennato precedentemente, avvenne il giorno 8 dicembre 1808, quando egli fu invitato dai canonici del capitolo della Basilica di S. Nicola in Carcere a tenere i fervorini eucaristici e il discorso ufficiale per l'inaugurazione della Pia Adunanza del Sangue Preziosissimo di Gesù Cristo, del Rosario della Beata Vergine Maria e delle Anime Sante del Purgatorio nella stessa basilica.
In questa antichissima basilica fin dal 1708 si conservava una reliquia del Divin Sangue, dono del principe Giulio Savelli, collocata in una cassetta d'argento, accuratamente sigillata, sulla quale erano scolpite le parole: «De aqua et Sanguine D.N.J.C. quae effluxerunt ex ejus sacratissimo latere dum pendebat in Cruce». Infatti, secondo la tradizione della nobile famiglia romana dei Savelli, un legionario di questa famiglia, trovandosi presente a Gerusalemme alla morte del Salvatore, ebbe la veste spruzzata da alcune gocce del Sangue di Gesù. Fattosi cristiano, l'ex legionario staccò dal suo abito la parte ancor rossa di Sangue e, tornato a Roma, la mise in un prezioso reliquiario, che fu conservato e tramandato con devozione per molti secoli nella famiglia Savelli.
Il capitolo della basilica, per concessione speciale, celebrava la festa del Prezioso Sangue nella prima domenica di luglio con ufficio e messa, esponeva e portava in processione la detta reliquia già prima del 1808.
Si venerava nella medesima chiesa anche una devota immagine del Crocifisso, che, secondo la tradizione, aveva parlato a Santa Brigida. Il Crocifisso e la reliquia furono collocati nello stesso altare della cappella, detta del Crocifisso.
Ma più che questi sacri oggetti - del resto poco venerati, se i buoni canonici si preoccupavano dell'apatia religiosa dei fedeli dei vicini rioni popolari - c'era nel capitolo di quella basilica il dotto e santo canonico D. Francesco Albertini, apprezzatissimo direttore di anime. Questi dirigeva la Serva di Dio Suor Maria Agnese del Verbo Incarnato, del Monastero delle Paolotte in Roma, la quale, «dopo la comunione, usciva fuori dei sensi in certi ratti, parlando di cose assai sublimi. Una mattina, essendosi comunicata..., le accadde la solita estasi, per cui le monache ne avvertirono il Canonico (Albertini), il quale si pose in attenzione nell'udire ciò che diceva. Intese che parlava della devozione del Preziosissimo Sangue, come questa devozione si sarebbe propagata, e altre cose analoghe alla detta devozione».
L'Albertini da quel momento s'industriò col massimo impegno per la diffusione di questa devozione. Né gli fu difficile farlo proprio nella sua chiesa, sia perché, come abbiamo detto, i canonici volevano ravvivare la fede cristiana nei fedeli viciniori, sia perché lì si veneravano la reliquia del Prezioso Sangue e il Crocifisso, mezzi indispensabili, specie per la gente semplice, intorno a cui fomentare tale devozione, sia perché già nella stessa basilica vi si celebrava la festa del Preziosissimo Sangue con messa e ufficio.
L'Albertini seppe perorare talmente bene questa santa causa che il capitolo della basilica di S. Nicola in Carcere incaricò i canonici Mons. Francesco Maria Pitorri, D. Gregorio Muccioli e lo stesso Albertini, a prestare la loro opera per la fondazione di una Pia Adunanza del Sangue Preziosissimo di Gesù Cristo, del Rosario della Beata Vergine Maria e delle Anime Sante del Purgatorio. L'inaugurazione ufficiale avvenne l'8 dicembre 1808.
Per tale ricorrenza fu chiamato a predicare, come risulta da una Memoria scritta dall'Albertini, il giovane D. Gaspare, ordinato sacerdote con la dispensa per l'età il 31 luglio dello stesso anno.
Questa associazione o Pia Adunanza con le sue Costituzioni fu approvata ed eretta canonicamente il 27 febbraio 1809 con decreto del Vicario di Roma, Card. Antonio Despuig y Dameto.
Dopo tale approvazione l'Albertini, nominato Presidente della Pia Adunanza, compose la Coroncina del Preziosissimo Sangue, che fu approvata dalla Congregazione dei Riti il 31 maggio 1809 e fu stampata.
Inoltre, l'Albertini chiamò a predicare S. Gaspare alla Pia Adunanza anche nel 1809 e nel 1810, come troviamo registrato nella predetta Memoria. Questa la pura descrizione dei fatti che portarono il nostro Santo al primo esplicito contatto con la devozione al Sangue Divino.
A noi interessa principalmente conoscere per quale motivo i tre canonici incaricati dal capitolo di S. Nicola in Carcere chiamarono il ventitreenne D. Gaspare, prete da soli pochi mesi, a tenere l'8 dicembre 1808 una predicazione così importante, qual è quella richiesta per la fondazione di una Confraternita, e quali ripercussioni ebbe nell'animo del giovane sacerdote questo primo incontro.
Non sembra che i tre canonici lo chiamarono, perché avessero notato in Gaspare uno zelo particolare verso la devozione al Divin Sangue. Né sembra che essi esigessero ciò dal predicatore, dal momento che la Pia Adunanza riguardava non solo il Preziosissimo Sangue, ma anche il S. Rosario e le Anime del Purgatorio. Del resto, secondo quanto abbiamo detto nella prima parte della conferenza, questa devozione al Sangue Preziosissimo non era ancora affiorata esplicitamente nella spiritualità giovanile di Gaspare. Anche se l'8 dicembre 1808 S. Gaspare «terminò il discorso con una fervorosa preghiera al Sangue Preziosissimo di Gesù Cristo ed alla Beatissima Vergine Maria», come leggiamo nella suddetta Memoria, ciò non significa che in lui spiccasse particolarmente la devozione al Preziosissimo Sangue, come avverrà in seguito; la preghiera riguardante l'oggetto della sermone era il suo modo abituale di concludere le prediche, come si può constatare nelle altre prediche dello stesso anno 1808.
La ragione del suo invito a tenere tale importante predicazione è solo di carattere più generale; è la stessa per cui Gaspare, proprio l'indomani della sua ordinazione sacerdotale, nel pomeriggio del 1° agosto 1808, fu chiamato a tenere il discorso ufficiale sulla divina Provvidenza nella Basilica di S. Pietro in Vaticano per l'esposizione della coltre dei Santi Martiri, cioè la fama di predicatore bravo e di apostolo zelante. Non deve essere sfuggito ai tre canonici di S. Nicola in Carcere l'intenso ministero pastorale che quel giovane sacerdote svolgeva proprio sotto i loro occhi, facendo spola fra l'Ospizio di Santa Galla e l'Oratorio notturno di Santa Maria in Vincis, che era stato inaugurato proprio il 23 ottobre del 1808; avranno sentito le voci che correvano per tutto il popolare rione del Campo Vaccino sul conto del giovane Gaspare, canonico della vicina Basilica di S. Marco in Piazza Venezia: un sacerdote veramente zelante che innamorava di Dio al solo trattar con lui...
In questa duplice fama di sacerdote santo e di oratore esimio, dunque, va ricercata la ragione dell'invito che i tre canonici gli rivolsero per la predicazione dell'8 dicembre 1808 in S. Nicola in Carcere.
Qual influsso suscitò questo primo incontro di Gaspare con la devozione al Preziosissimo Sangue e con l'Albertini?
Non fu certamente per S. Gaspare un incontro di grande importanza con la devozione al Preziosissimo Sangue, perché, non essendo ancora ben conosciuta nelle sue verità dottrinali, al primo contatto con essa difficilmente la si distingue dalla devozione al Crocifisso, alla Passione o all'Eucaristia. Gaspare, infatti, più tardi, quando conoscerà la sua vocazione di propagatore della devozione al Preziosissimo Sangue, si applicherà allo studio di essa, come afferma S. Vincenzo Pallotti nella sua deposizione. Anche D. Giovanni Merlini afferma che, «a meglio riuscire in questo impegno (di predicare sulle glorie del Divin Sangue, Gaspare), si applicò di proposito, come un giorno mi disse, allo studio della Scrittura e dei Padri, onde raccoglierne quanto vedeva più indicato».
Non fu importante per Gaspare l'incontro con l'Albertini, se non per quei pochi contatti intercorsi - direttamente con l'Albertini o con altre persone a suo nome? - per concordare gl'impegni di ministero che egli svolse a S. Nicola in Carcere, specialmente quando l'Albertini fu nominato dal capitolo di S. Nicola in Carcere Presidente della Pia Adunanza del Preziosissimo Sangue, cioè unico suo responsabile. D'altronde S. Gaspare era sempre impegnato in vari ministeri pastorali che gli assorbivano tutto il tempo. Inoltre, aveva già il suo direttore spirituale, il dotto Mons. Giovanni Marchetti, rettore della chiesa del Gesù a Roma, per la qual cosa è destituita di ogni fondamento la notizia secondo la quale l'Albertini abbia cominciato a dirigere spiritualmente S. Gaspare già prima della deportazione. Infatti, D. Giovanni Merlini, testimone bene informato, nella sua deposizione al Processo Ordinario di Albano afferma con sicurezza: «E sarà bene avvertire che il Servo di Dio, come egli stesso mi diceva, benché in Roma conoscesse di vista il celebrato Albertini, pur non aveva mai seco lui trattato da vicino, ma solo salutato e, se mal non ricordo, qualche volta parlato; e che in occasione della deportazione, avendolo conosciuto per ottimo direttore di anime, si pose sotto la sua direzione, da cui so che non si è allontanato giammai».
Seconda tappa: settembre 1810 - Gaspare è vaticinato araldo del Sangue Divino
Roma, con le sue infinite esigenze apostoliche che assorbivano tutta l'attività di Gaspare per la generosa risonanza che esse avevano nel suo cuore zelante, non sarebbe stato il luogo adatto per la realizzazione del piano divino, secondo il quale egli doveva essere l'apostolo del Divin Sangue. Ed ecco Dio portarlo fuori dalla sua terra, dalle sue care e impegnative opere apostoliche, dalla sua famiglia; lo chiama in una terra di martirio, dove gli comincerà a svelare la sua vocazione nella Chiesa.
Questo pellegrinare per Gaspare comincia con un biglietto della Polizia Francese, che giunge in casa Del Bufalo al Palazzo Altieri il 12 giugno 1810: l'indomani Gaspare si doveva presentare al Palazzo Borromeo, presso la chiesa di S. Ignazio, per prestare il giuramento di fedeltà a Napoleone Bonaparte.
Questi, infatti, nell'intento di piegare il papa Pio VII alle sue mire di predominio sull'Europa, il 2 febbraio 1808 aveva fatto occupare dalle sue truppe Roma e il 17 maggio 1809 aboliva il potere temporale dei papi, dopo aver annesso le due ultime regioni dello Stato Pontificio - Lazio e Umbria - all'Impero Francese. Il 10 giugno 1809 Pio VII fece affiggere la bolla di scomunica per tutti i responsabili della soppressione del patrimonio di S. Pietro. Nella notte tra il 5 e il 6 luglio 1809 il vecchio e inerme Pio VII fu arrestato al Quirinale dai gendarmi francesi e portato in esilio prima a Grenoble, poi a Savona e infine a Fontainebleau.
La notizia di questo misfatto impietrì la popolazione di Roma. A tale sopruso si aggiunse l'imposizione del giuramento di fedeltà all'autorità costituita, cioè all'Imperatore, con la conseguente approvazione, quindi, dei fatti compiuti. Vi erano obbligati i cardinali, i vescovi, i prelati e gli ecclesiastici che godevano benefici, come i parroci e i canonici. O fedeltà all'Imperatore o deportazione. Pio VII, con due istruzioni del 22 maggio e del 30 agosto 1808, dichiarò illecito tale giuramento, nonostante che voci contrarie di teologi e di giuristi, debitamente manovrati, lo ritenessero lecito. Gaspare trascrisse accuratamente, di proprio pugno, le due Istruzioni pontificie, le cui copie si conservano tra i suoi scritti.
In quel 12 giugno 1810, dunque, arrivò in casa Del Bufalo l'ingiunzione del giuramento anche per Gaspare, canonico di S. Marco. Il giorno seguente, accompagnato dal padre Antonio, D. Gaspare si recò al Palazzo Borromeo dal Commissario Prefettizio, dinanzi al quale, invece della formula prescritta per il giuramento, pronunciò il suo deciso: «Non posso, non debbo, non voglio», come aveva dichiarato Pio VII dinanzi al Generale Radet, quando, nella notte tra il 5 e il 6 luglio 1809, questi l'invitava a rinunciare alla sovranità temporale. Deportazione immediata a Piacenza.
Ai primi di luglio è in viaggio verso questa città insieme con l'Albertini e con altri due canonici della Basilica di S. Marco: Francesco Gambini e Bernardino Filippo Marchetti.
Le fila dell'ordito divino cominciano a riunirsi. Per dura necessità Gaspare deve trattare col pioniere della devozione al Preziosissimo Sangue e irresistibilmente inizierà a subirne l'influsso.
Infatti, passando per Firenze, l'Albertini approfitta per promuovere la sua cara devozione, infervorando l'abate Consalvo Petrai a far ristampare e diffondere la Coroncina del Preziosissimo Sangue. Monsignor Emidio Gentilucci, in una sua breve biografia del nostro Santo, ci assicura che anche Gaspare l'aiutò in quest'opera.
Anche a Piacenza Gaspare s'impegnerà a diffondere la devozione al Preziosissimo Sangue e la relativa Coroncina con l'Albertini, che la fece tradurre in cinque lingue.
Ma non era ancora scoccato per Gaspare il momento della rivelazione della volontà di Dio; gli sopraggiungerà sul letto dell'infermità mortale nel settembre del 1810. Infatti, l'aria malsana di Piacenza o Dispiacenza, come scherzosamente egli la chiama in una lettera, l'aveva ridotto in fin di vita. Anche i medici non nascosero la gravità del caso, tanto che l'Albertini gli amministrò l'unzione degli infermi. Nell'assisterlo, fissava col cuore gonfio di dolore le fattezze di quel volto giovanile, trasformato dalle rughe di una precoce vecchiaia. Il 28 agosto Gaspare aveva scritto a Don Gaetano Bonanni, chiedendogli preghiere a S. Francesco Saverio per la sua salute; anche ora - siamo ai primi di settembre del 1810 - sul pagliericcio della sua agonia Gaspare invoca l'aiuto del suo caro Santo, di cui fin da piccolo era devotissimo.
L'Albertini non si lascia sfuggire nessun sospiro del morente; osserva tutto. A un tratto, non tanto per consolarlo, quanto perché spinto da una forza interiore, gli assicura con certezza la guarigione. Perché questo improvviso cambiamento? L'Albertini aveva sempre fisse nella mente alcune parole profetiche che gli aveva riferito la già ricordata Serva di Dio Suor Maria Agnese del Verbo Incarnato:
«Conoscerete nelle angustie della Chiesa un giovane sacerdote, zelante della gloria di Dio, e con esso lui, nell'oppressione dei nemici e nelle pene, stringerete spirituale amicizia e ne sarete il Direttore. Il distintivo carattere del medesimo sarà la devozione a S. Francesco Saverio. Egli verrà destinato Missionario Apostolico ed una nuova Congregazione di Sacerdoti Missionari sotto l'invocazione del Divin Sangue sarà da esso fondata per la riforma dei costumi e per la salvezza delle anime, per promuovere il decoro del Clero secolare, per destare i popoli dall'indifferentismo, dalla incredulità, richiamando tutti all'amore del Crocefisso.
Sarà fondatore di un Istituto di Suore, che egli però non dirigerà. Egli finalmente sarà la tromba del Divin Sangue, onde scuotere i peccatori ed i settari nei difficili tempi della Cristianità».
Tutte queste comunicazioni, conservate nel cuore gelosamente, l'Albertini le affidò anche a Gaspare, per spiegargli la sua categorica asserzione di guarigione, che realmente seguì.
Il vaticinio, che Sr. Maria Agnese aveva ricevuto da Dio con probabilità nelle sue abituali estasi dopo la comunione e aveva trasmesso all'Albertini, era esplicito: quel giovane sacerdote veniva preconizzato Missionario Apostolico e Tromba del Divin Sangue, Fondatore di due Congregazioni intitolate al Sangue Prezioso, per richiamare «tutti all'amore del Crocifisso».
Quale peso ebbe questa predizione sull'animo dell'Albertini e su quello di Gaspare?
L'Albertini dovette essere intimamente convinto della verità di questa predizione, anzitutto per la santità della persona dalla quale la conobbe. Questa pia religiosa Paolotta, nata il 24 giugno 1757, «nell'umile condizione di conversa che volontariamente si elesse, risplendé per la luce delle più sode virtù. Fu favorita da Dio dei doni più illustri di miracoli, di profezia, di consiglio, di scrutazione dei cuori... Altissimi personaggi, così ecclesiastici che laici, si recavano a consultarla. Godé stima e venerazione» dai Santi Vincenzo Strambi, vescovo passionista, Giuseppe Maria Pignatelli, gesuita, e dalla Venerabile Clotilde di Savoia. «Dopo lunghissima infermità, morì nel giorno da lei predetto, che fu il l5 marzo del 1810», qualche mese prima che i nostri partissero per l'esilio.
L'efficacia di questa santa religiosa sull'animo dell'Albertini non dovette essere di piccola portata se, come già sappiamo, egli s'indusse a propagare la devozione al Preziosissimo Sangue proprio perché sentì la Serva di Dio, in un'estasi, parlare di essa.
Inoltre, dopo digiuni e preghiere, ispirato a scrivere la Coroncina del Preziosissimo Sangue e terminato il lavoro, «pensa di portarlo a Suor Maria Agnese..., con l'intenzione di farvi in seguito qualche ritocco. Non appena la pia conversa vede il suo confessore che né le ha parlato dello scritto, né glielo ha mostrato, lieta come di un ineffabile dono, gli dice: "Voi tenete la Coroncina del Preziosissimo Sangue! Non la modificate punto. Lasciatela come l'ha ispirata il Signore!"». E l'Albertini seguì perfettamente il suo consiglio.
Per questi e altri motivi, noti solo al santo Canonico per il suo particolare ufficio verso Suor Maria Agnese, bisogna concludere che quella predizione, anche prima della sua realizzazione, fu ritenuta dall'Albertini come vero messaggio divino. Ecco perché, già durante la prigionia, lo vedremo subito all'opera con la Contessa Caterina Bentivoglio Orsi (1765-1826) per la realizzazione dell'Istituto delle «Figlie del Preziosissimo Sangue»; ecco perché, allorquando Gaspare, tornato a Roma dalla prigionia, desidera entrare nella ristabilita Compagnia di Gesù, l'Albertini non gl'impedisce di fare i suoi tentativi, ma gli assicura che non vi riuscirà, come di fatto avvenne.
Quale influsso, invece, esercitò su Gaspare quella predizione nel settembre del 1810?
Diciamo subito che il vaticinio conteneva un messaggio bello, ma troppo arduo per essere accolto con entusiasmo da Gaspare. Anche ciò fa parte del carattere del nostro Santo: tremare di fronte alle grandi responsabilità che sta per abbracciare, fin quando non giunge qualche segno preciso che gli manifesti la volontà di Dio. Fu così per l'ordinazione sacerdotale: ci volle il consiglio di S. Vincenzo Strambi; sarà così anche per la scelta della sua vocazione nella Chiesa: ci vorrà la chiamata di Pio VII.
Quella predizione, perciò, non ebbe certamente in Gaspare un'accoglienza entusiastica. Infatti, se è vero che la lettera confidenziale è lo specchio dell'anima di chi la scrive, non troviamo nelle lettere che Gaspare scrive alle persone amiche in questo periodo alcuna esortazione a nutrire devozione al Sangue Preziosissimo di Gesù, ma neppure alcun riferimento esplicito al Sangue di Gesù.
Continua (1)