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Discussione: calio oppio del popolo

  1. #1
    Gaeta resiste ancora!
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    Nvceria Constantia
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    Predefinito calio oppio del popolo

    A distanza di oltre due millenni la scienza demagogica, oculatamente usata ed incrementata dall’intellighenzia padronale e del potere pubblico, non è cambiata nella sostanza. Sono cambiate le forme e le modalità in rapporto ai nuovi strumenti di sfruttamento del lavoro-dipendente. Sin da allora -ma si potrebbe dire sin da sempre - l’elemento forte-furbo del popolo sa che alla gran massa dello stesso basta ben poco per essere pago, mite e servile (oggi nonostante ormai secoli di rivendicazioni sindacali).

    I forti-furbi di oggi, come quelli di ieri, condensano ancora la “psicologia dell’individuo-massa” - di quello, per meglio intenderci, che, incapace di un’autosufficienza, si ritrova nella massa di chi cerca sempre qualcuno o qualcosa cui applaudire - nell’antico “panem et circenses”, per panem intendendo il pane ovvero quel tanto per non morire, e per circenses i giochi allora cruenti del Circo, che rispondevano agli istinti sadico-animaleschi della massa (entità superindividuale a sé stante) ma anche allo loro rabbia repressa di scontentezza inconscia contro i padroni e gli uomini del potere e che, in quell’occasione fungevano da valvola di scarico. Il gioco era fatto.

    Anche oggi - mutatis mutandis - avviene la stessa cosa. Il “panem et circenses” è tuttora validissimo. La locuzione era un accusativo (sia detto per chi sa di latino) in quanto sottintende il verbo dare o un equivalente. Oggi il “pane” è dato a quasi tutti, non necessariamente dallo Stato - che è sempre meno sociale e quindi sempre meno garante del diritto alla vita delle nuove generazioni - ma da fonti diverse, la più frequente delle quali è il nucleo familiare di appartenenza a cui talora suppliscono - pur continuando a parlare di “patria del diritto” - suoceri e nonni!

    I “circenses” di oggi sono molteplici e variegati. La scienza demagogica – dobbiamo ammetterlo – ha superato la scienza sociale. Il tripudio di folle di tifosi per il successo della squadra di calcio del cuore, è un’antologia vivente di cittadini “cornuti e contenti” (con la sola eccezione dei “direttori interessati dell’orchestra”). La bandiera italiana che, in occasione dei cosiddetti “mondiali”, si vede pendere o sventolare da balconi e finestre di “tifosi”, diventa quasi l’emblema di un’imbecillità diffusa e - lo dico senza spirito nazional-reazionario - un vilipendio sui generis dei simboli-valori di una nazione, che sia - come dovrebbe essere - una “famiglia” di concittadini consapevoli delle proprie tradizioni e dei propri diritti e consapevolmente impegnati a farli rispettare. Una nota parimenti stonata è l’inno nazionale eseguito in occasione di giochi-spettacolo, recitati da mercenari nel contesto di una vera e propria industria di profitti parassitari, che nulla hanno a che vedere con lo sport. Le folle dei “tifosi” fanno parte sé: si accendono contro gli “avversari” - come se si trattasse di nemici veri - e si caricano di rabbia aggressiva quando qualcosa, a loro avviso, lede la loro onorabilità di “sudditi fedeli” di una fazione cosiddetta sportiva!

    La demagogia del tifo per il calcio è intenzionalmente favorita dal padronato e dal potere politico oggi “asservito” a quello e, al momento, molto sfacciatamente dalla Rai Uno della Tv cosiddetta di Stato, che conferma quanto ho appena detto, e che si macchia di una vergognosa campagna “ottundente” di masse sempre più larghe di “patiti” che, pur quando non dispongono di un buon potere di acquisto, fanno sacrifici, talora “ridicolmente eroici”, per andare ad assistere ad una partita, come stanno facendo oggi con i “mondiali”. Cresce la sistematica catechizzazione (leggi “cretinizzazione”) di giovani e meno giovani che, se “svegli e vigili”, socialmente parlando, darebbero fastidio al binomio padronato-potere.
    Mentre i “cornuti contenti” saltano dalla gioia o cadono in depressione per l’offesa dell’insuccesso, incuranti dei propri diritti, naturali e civili, i “padreterni” - industriali del calcio e calciatori di grido - progettano miglioramenti alle loro abitazioni da nababbo in “paradisi terrestri” talora sconfinati, e alle “barche da sogno” alla faccia delle masse cretinizzate alla cui “mitezza animale” devono i loro privilegi. Le notizie sui mondiali sono al primo piano anche nelle TV di Mediaset e spesso occupano una buona fetta dei notiziari. I “mastri demagoghi” dicono che il popolo va accontentato: egli richiede tutto questo ed eccolo ben servito! E’ una delle menzogne più ricorrenti e più autoaccusanti di chi le pronuncia perché la verità è ben altra: “il popolo chiede ciò che indotto a chiedere”. E’ la stessa favola della pubblicità consumistica. Abbiamo anche i pubblici filosofi del pallone (ma anche degli altri sport-spettacolo industriale), i quali ci fanno speciosi discorsi basati sul nulla. Altro che creatività!

    Fanno parte dei “circenses” i pubblici serotini ludi salmodianti organizzati da parroci con lunghi cortei di bambini e bambine con in mano ceri accesi (per rendere più suggestiva la manifestazione “religiosa”). Sono scene che riproducono in miniatura il fenomeno della suggestione oceanica di Piazza S. Pietro, ma forse più gravi perché scoprono la faccia della catechesi infantile, la quale, alla luce del diritto - e della sana pedagogia - è un vero crimine. Tali cortei ricordano la manipolazione dei minori da parte del mondo islamico - dei quali poi non ci si dovrebbe sorprendere - ma ricorda ancor più le manifestazioni pagane per via di statue e di simboli materiali della fattispecie, i fenomeni tribali con al centro l’ “onnipotente” stregone ma anche gli “auto-da fé” della Santa Inquisizione! L’educazione alla ragione, all’apprendimento della scienza e alla responsabilità critica e morale sin dagli anni più verdi, non ha niente a che vedere con il “sequestro preventivo della coscienza”, che è la catechesi dell’innocente (che produce il classico “oppio dei popoli”).

    Mentre i “circenses” moderni esplicano la loro funzione (e ce sono altri, come l’uso festaiolo dell’auto), i responsabili (si fa per dire) aggiustano i loro conti secondo i parametri non dell’economia vera, che presuppone (ma non ne parla nemmeno la sinistra al potere!) l’uso di una moneta passiva, “distributiva” dei beni del lavoro e quindi del potere di acquisto secondo equità e bisogno, ma della predonomia-monetocrazia, in cui la moneta la fa da padrona imponendo condizioni utili solo alla funzionalità del “gioco predatorio” e della conservazione della ricchezza parassitaria senza limite. Tali condizioni comportano beni e servizi di prima necessità sempre più cari, inadempienza di lavori socialmente utili e necessari “per mancanza di fondi - sic!”, un fisco sempre più avido, accanto ai fenomeni cronici della disoccupazione, della precarietà anche senile, dell’incertezza e della povertà fino all’indigenza totale contro “padreterni” che non sanno quanto posseggono.

    “Panem et circenses”: siamo ancora ai tempi del Circo nel terzo millennio: esultate, tifosi, la vostra squadra ha fatto un nuovo gol. Ma se vi resta tempo, piangete sulla vostra incommensurabile immaturità e credulità.

  2. #2
    Speriamo non sia tardi
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    Predefinito

    Citazione Originariamente Scritto da Princ.Citeriore
    A distanza di oltre due millenni la scienza demagogica, oculatamente usata ed incrementata dall’intellighenzia padronale e del potere pubblico, non è cambiata nella sostanza. Sono cambiate le forme e le modalità in rapporto ai nuovi strumenti di sfruttamento del lavoro-dipendente. Sin da allora -ma si potrebbe dire sin da sempre - l’elemento forte-furbo del popolo sa che alla gran massa dello stesso basta ben poco per essere pago, mite e servile (oggi nonostante ormai secoli di rivendicazioni sindacali).

    I forti-furbi di oggi, come quelli di ieri, condensano ancora la “psicologia dell’individuo-massa” - di quello, per meglio intenderci, che, incapace di un’autosufficienza, si ritrova nella massa di chi cerca sempre qualcuno o qualcosa cui applaudire - nell’antico “panem et circenses”, per panem intendendo il pane ovvero quel tanto per non morire, e per circenses i giochi allora cruenti del Circo, che rispondevano agli istinti sadico-animaleschi della massa (entità superindividuale a sé stante) ma anche allo loro rabbia repressa di scontentezza inconscia contro i padroni e gli uomini del potere e che, in quell’occasione fungevano da valvola di scarico. Il gioco era fatto.

    Anche oggi - mutatis mutandis - avviene la stessa cosa. Il “panem et circenses” è tuttora validissimo. La locuzione era un accusativo (sia detto per chi sa di latino) in quanto sottintende il verbo dare o un equivalente. Oggi il “pane” è dato a quasi tutti, non necessariamente dallo Stato - che è sempre meno sociale e quindi sempre meno garante del diritto alla vita delle nuove generazioni - ma da fonti diverse, la più frequente delle quali è il nucleo familiare di appartenenza a cui talora suppliscono - pur continuando a parlare di “patria del diritto” - suoceri e nonni!

    I “circenses” di oggi sono molteplici e variegati. La scienza demagogica – dobbiamo ammetterlo – ha superato la scienza sociale. Il tripudio di folle di tifosi per il successo della squadra di calcio del cuore, è un’antologia vivente di cittadini “cornuti e contenti” (con la sola eccezione dei “direttori interessati dell’orchestra”). La bandiera italiana che, in occasione dei cosiddetti “mondiali”, si vede pendere o sventolare da balconi e finestre di “tifosi”, diventa quasi l’emblema di un’imbecillità diffusa e - lo dico senza spirito nazional-reazionario - un vilipendio sui generis dei simboli-valori di una nazione, che sia - come dovrebbe essere - una “famiglia” di concittadini consapevoli delle proprie tradizioni e dei propri diritti e consapevolmente impegnati a farli rispettare. Una nota parimenti stonata è l’inno nazionale eseguito in occasione di giochi-spettacolo, recitati da mercenari nel contesto di una vera e propria industria di profitti parassitari, che nulla hanno a che vedere con lo sport. Le folle dei “tifosi” fanno parte sé: si accendono contro gli “avversari” - come se si trattasse di nemici veri - e si caricano di rabbia aggressiva quando qualcosa, a loro avviso, lede la loro onorabilità di “sudditi fedeli” di una fazione cosiddetta sportiva!

    La demagogia del tifo per il calcio è intenzionalmente favorita dal padronato e dal potere politico oggi “asservito” a quello e, al momento, molto sfacciatamente dalla Rai Uno della Tv cosiddetta di Stato, che conferma quanto ho appena detto, e che si macchia di una vergognosa campagna “ottundente” di masse sempre più larghe di “patiti” che, pur quando non dispongono di un buon potere di acquisto, fanno sacrifici, talora “ridicolmente eroici”, per andare ad assistere ad una partita, come stanno facendo oggi con i “mondiali”. Cresce la sistematica catechizzazione (leggi “cretinizzazione”) di giovani e meno giovani che, se “svegli e vigili”, socialmente parlando, darebbero fastidio al binomio padronato-potere.
    Mentre i “cornuti contenti” saltano dalla gioia o cadono in depressione per l’offesa dell’insuccesso, incuranti dei propri diritti, naturali e civili, i “padreterni” - industriali del calcio e calciatori di grido - progettano miglioramenti alle loro abitazioni da nababbo in “paradisi terrestri” talora sconfinati, e alle “barche da sogno” alla faccia delle masse cretinizzate alla cui “mitezza animale” devono i loro privilegi. Le notizie sui mondiali sono al primo piano anche nelle TV di Mediaset e spesso occupano una buona fetta dei notiziari. I “mastri demagoghi” dicono che il popolo va accontentato: egli richiede tutto questo ed eccolo ben servito! E’ una delle menzogne più ricorrenti e più autoaccusanti di chi le pronuncia perché la verità è ben altra: “il popolo chiede ciò che indotto a chiedere”. E’ la stessa favola della pubblicità consumistica. Abbiamo anche i pubblici filosofi del pallone (ma anche degli altri sport-spettacolo industriale), i quali ci fanno speciosi discorsi basati sul nulla. Altro che creatività!

    Fanno parte dei “circenses” i pubblici serotini ludi salmodianti organizzati da parroci con lunghi cortei di bambini e bambine con in mano ceri accesi (per rendere più suggestiva la manifestazione “religiosa”). Sono scene che riproducono in miniatura il fenomeno della suggestione oceanica di Piazza S. Pietro, ma forse più gravi perché scoprono la faccia della catechesi infantile, la quale, alla luce del diritto - e della sana pedagogia - è un vero crimine. Tali cortei ricordano la manipolazione dei minori da parte del mondo islamico - dei quali poi non ci si dovrebbe sorprendere - ma ricorda ancor più le manifestazioni pagane per via di statue e di simboli materiali della fattispecie, i fenomeni tribali con al centro l’ “onnipotente” stregone ma anche gli “auto-da fé” della Santa Inquisizione! L’educazione alla ragione, all’apprendimento della scienza e alla responsabilità critica e morale sin dagli anni più verdi, non ha niente a che vedere con il “sequestro preventivo della coscienza”, che è la catechesi dell’innocente (che produce il classico “oppio dei popoli”).

    Mentre i “circenses” moderni esplicano la loro funzione (e ce sono altri, come l’uso festaiolo dell’auto), i responsabili (si fa per dire) aggiustano i loro conti secondo i parametri non dell’economia vera, che presuppone (ma non ne parla nemmeno la sinistra al potere!) l’uso di una moneta passiva, “distributiva” dei beni del lavoro e quindi del potere di acquisto secondo equità e bisogno, ma della predonomia-monetocrazia, in cui la moneta la fa da padrona imponendo condizioni utili solo alla funzionalità del “gioco predatorio” e della conservazione della ricchezza parassitaria senza limite. Tali condizioni comportano beni e servizi di prima necessità sempre più cari, inadempienza di lavori socialmente utili e necessari “per mancanza di fondi - sic!”, un fisco sempre più avido, accanto ai fenomeni cronici della disoccupazione, della precarietà anche senile, dell’incertezza e della povertà fino all’indigenza totale contro “padreterni” che non sanno quanto posseggono.

    “Panem et circenses”: siamo ancora ai tempi del Circo nel terzo millennio: esultate, tifosi, la vostra squadra ha fatto un nuovo gol. Ma se vi resta tempo, piangete sulla vostra incommensurabile immaturità e credulità.
    Per qualcuno la felicità è vivere in un mondo migliore, per qualcuno la felicità è avere tanti soldi, per qualcuno la felicità è avere una TV con 10.000 canali, per qualcuno è farsi una famiglia....se una partita di calcio contribuisce a dare un po' di felicità in più, dando il giusto pesa alle cose ed evitando che diventi una questione di vita o di morte, non vedo che cosa ci sia di male essere partecipi della festa.

  3. #3
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    Citazione Originariamente Scritto da Alex il Rosso
    Per qualcuno la felicità è vivere in un mondo migliore, per qualcuno la felicità è avere tanti soldi, per qualcuno la felicità è avere una TV con 10.000 canali, per qualcuno è farsi una famiglia....se una partita di calcio contribuisce a dare un po' di felicità in più, dando il giusto pesa alle cose ed evitando che diventi una questione di vita o di morte, non vedo che cosa ci sia di male essere partecipi della festa.
    l'importante è che alla fine un 2 a zero non sostituisca la dovuta mercede o il diritto a cambiare canale
    su questo forum è meglio non rispondere ai fessi!
    voi nazifascisti di oggi e i vostri servi siete solo gli ayatollah E I TALEBANI dell'occidente..

  4. #4
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    Citazione Originariamente Scritto da Alex il Rosso
    Per qualcuno la felicità è vivere in un mondo migliore, per qualcuno la felicità è avere tanti soldi, per qualcuno la felicità è avere una TV con 10.000 canali, per qualcuno è farsi una famiglia....se una partita di calcio contribuisce a dare un po' di felicità in più, dando il giusto pesa alle cose ed evitando che diventi una questione di vita o di morte, non vedo che cosa ci sia di male essere partecipi della festa.
    ______________
    Quoto e sottoscrivo (anche quello che dice cciappas). Ma purtroppo la demagogia ed i luoghi comuni non moriranno mai, neanche nel Principato Citeriore . E c'è gente a cui piace tanto concionare.

 

 

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