Citazione Originariamente Scritto da Augustinus
se dovessi cominciare, certamente abbandonerei quella pseudo-riforma voluta da Bersani. Questo è poco ma sicuro.
Parimenti abrogherei il divieto di patto quota-lite e liberalizzerei le tariffe. Inoltre, abrogherei anche quella norma empia voluta dal decreto Bersani secondo cui i versamenti superiori a 100,00 euro (dico 100!!!!!!) devono passare tramite banca. Il che significa che il semplice anticipo spese deve passare tramite banca. Un assurdo! Abrogherei poi per il praticante l'obbligo della metà dell'onorario. Se lavora ha diritto ad un onorario pieno come l'avvocato.
Il compenso, pertanto, deve essere stabilito liberamente tra cliente e professionista. Se al cliente non va bene il preventivo del professionista, va da un altro. Questa sarebbe un'autentica liberalizzazione ed instaurerebbe una vera concorrenza.
Questo da un punto di vista economico.
Le faccio notare che il decreto va proprio verso la liberalizzazione delle tariffe impedendo che qualcuno possa imporre un limite minimo per tutti.
La imposizione dell'obbligo della transazione bancaria tra cliente ed avvocato è motivata solo dalla incapacità del governo di controllare le entrate di questa categoria di lavoratori. Sarebbe inutile se tutti gli avvocati rilasciassero correttamente delle ricevute fiscali perfettamente controllabili dal fisco.

Purtroppo così non avviene MAI! così alla fine paga l'onesto per il disonesto...


Da un punto di vista diciamo formativo ed organizzativo, manterrei gli ordini professionali legali, prevedendo dei meccanismi che impediscano il crearsi ed il consolidarsi di lobby, prevedendo, ad es. un mandato quale consigliere triennale, rinnovabile solo per un biennio. In questo modo si attuerebbe una sorta di meccanismo simile a quello che funziona in Corte costituzionale.
E farei partecipare al consiglio anche rappresentanti dei praticanti, dei giovani avvocati e delle associazioni avvocatesche (camere penali, amministrative, ecc.).
L'esame di abilitazione lo manterrei, dopo un biennio di pratica ed una frequentazione obbligatoria a corsi formativi, con esami annuali, organizzati dagli ordini legali (non come le scuole di specializzazione per le professioni forensi, che, solitamente, sono riedizioni dei corsi universitari, senza alcun taglio pratico ....). In questa maniera si farebbe una certa selezione e si farebbe desistere coloro che tentano l'esame di abilitazione al solo scopo di conseguire un titolo, senza poi dover svolgere la professione forense. Questa in estrema sintesi la mia idea di riforma. Ma il discorso sarebbe ancora lungo .... .
Dal punto di vista organizzativo gli ordini invece dovrebbero svolgere attività di tutela degli iscritti in modo simile a quello di sindacati di categoria e non godere di particolari privilegi.
Per quanto riguarda invece l'abilitazione non si vede il motivo di tanta rigidità (se non al solito per tutelare interessi di parte!!!).
Non si capisce perchè dopo anni di studio si debba fare distinzioni su ostacoli aggiuntivi che se da una parte privilegiano un numero ristretto di individui dall'altra impoverisce un titolo di studio ed altrettanti e forse più anni di sacrificio per ottenere quel benedetto pezzo di carta!

In quel modo si impedisce a chi non ha altri anni o denaro da investire per mantenersi presso gli studi di avvocati particolarmente affermati di poter svolgere la propria professionalità.
Se invece si vuole fare in modo che possa svolgere l'attività solo chi ha raggiunto una sufficiente pratica tale attività DEVE essere inserita nel piano di studi in modo che venga concessa questa opportunità a tutti e che si conoscano gli ostacoli PRIMA di conseguire la laurea, altrimenti si contianua a creare laureati con un diploma di laurea che non serve a nulla!

Saluti