Il barone sanguinario
Il libro di F. Ossendowsky Bestie, uomini e dèi, della cui traduzione italiana si sta preparando una ristampa, ebbe già una vasta notorietà quando uscì, nel 1924. in esso hanno interessato il racconto delle peripezie del viaggio movimentato che l’Ossendowsky fece nel 1921-22 attraverso l’Asia centrale per sfuggire ai bolscevichi, ma anche ciò che egli riferisce sia circa un personaggio d’eccezione da lui incontrato, il barone Von Ungern Sternberg, sia su ciò che ebbe a udire sul cosiddetto "Re del Mondo". Qui vogliamo riprendere sia l’uno che l’altro punto.
Intorno all’Ungern Sternberg si era creato quasi un mito, nella stessa Asia, al segno che in alcuni templi della Mongolia egli sarebbe stato adorato come una manifestazione del dio della guerra. Di lui, è stata anche scritta una biografia romanzata in tedesco, dal tiolo "Io comando" ("Ich befehle"), mentre dati interessanti sulla sua personalità forniti dal comandante dell’artiglieria del suo esercito sono stati pubblicati dalla rivista francese "Etudes Traditionelles". Noi stessi avemmo da udire dello Stenberg da suo fratello che doveva essere vittima di un tragico destino: scampato dai bolscevichi e raggiunta l’Europa via Asia dopo ogni specie di vicissitudini romanzesche, lui e sua moglie furono uccisi da un portinaio impazzito quando Vienna fu occupata nel 1945.
Ungern Sternberg proveniva da un’antica famiglia baltica di ceppo vichingo. Ufficiale russo, allo scoppiare della rivoluzione bolscevica comandava in Asia dei reparti di cavalleria, i quali a poco a poco si ingrossarono fino a divenire un vero e proprio esercito. Con esso, Ungern s’intese a combattere fino all’ultima possibilità la sovversione rossa. È dal Tibet che egli operava: e il Tibet egli liberò dai Cinesi che ià allora ne avevano occupato una parte, entrando in intimi rapporti col Dalai Lam, da lui liberato.
Le cose si svilupparono a tal segno da preoccupare seriamente i bolscevichi che, ripetutamente sconfitti, furono costretti ad organizzare una campagna in grande stile, utilizzando il cosiddetto "Napoleone Rosso", il generale Blucher.
Dopo alcune alterne vicende, Ungern doveva venire sopraffatto, il tracollo essendo stato provocato dalla defezione proditoria di alcuni reggimenti cecoslovacchi. Circa la fine di Ungern, vi sono versioni contrastanti; non si sa nulla di preciso. In ogni modo, si vuole che egli conoscesse con esattezza il termine della sua vita, come pure alcuni articolari circostanze ad esempio: che egli sarebbe stato ferito, come lo fu, durante l’attacco a Durga.
Qui, dello Sternberg, interessano due aspetti. Il primo riguarda la sua stessa personalità, nella quale tratti singolari erano mescolati. Uomo di un prestigio eccezionale e di un ardire senza limiti, egli era anche di una crudeltà spietata, di una inesorabilità nei confronti dei bolscevichi, suoi nemici mortali. Donde il nome che gli venne dato: "il barone sanguinario".
Si vuole che una grande passione avesse "bruciato" in lui ogni elemento umano, non lasciando sussisteree in lui che una forza incurante della vita e della morte. In pari tempi, in lui erano presenti tratti quasi mistici. Già prima di recarsi in Asia egli professava il buddismo (il quale non si riduce affatto ad una dottrina morale umanitaria), e le relazioni che egli ebbe con i rappresentanti della tradizione tibetana non si limitavano al dominio esteriore, politico e militare, nel quadro degli avvenimenti dianzi accennati. Alcune facoltà sovranormali erano presenti in lui: si parla ad esempio, di una specie di chiaroveggenza che gli permetteva di leggere nell’animo altrui secondo una percezione esatta quanto quella delle cose fisiche.