• da La Stampa.it del 3 luglio 2006

di Gianluca Nicoletti
L'animo del tassista in agitazione è diviso tra Pietro Marchetti e Travis Bickle. Entrambi sono autisti di taxi, ma con vocazioni totalmente opposte. Pietro è "Il tassinaro" Alberto Sordi, sornione e un pò cialtrone, ma "de core" e con famiglia a carico. Travis è il "Taxi Driver" di Scorzese, il disturbato Robert de Niro, prigioniero della solitudine del reduce da Vietnam, per lui guidare un taxi è sufficiente per sentirsi dalla parte del giusto.

I tratti di ognuno di questi due tassisti trapelano nelle dichiarazioni e nei fatti che riguardano in questi giorni dei loro colleghi, in assoluto poco inclini a farsi mettere in discussione. "Bastiamo noi per rimandarli a casa!" ha detto minaccioso uno dei dimostranti all' indirizzo del Governo che ha osato mettere mano alle norme che regolano la loro professione. I tassisti sanno di poter contare su una compattezza corporativa che potrebbe anche impensierire maggioranze elette sul filo di lana. Travis/De Niro, in verità, si confronta anche lui con la politica, ma solo perché attratto da una bella attivista. Poi deciderà che, per la catartica carneficina finale, sarà più efficace l'armamentario che si imbullona addosso. Senza arrivare al paradosso del tassista come unica igiene del mondo, chi amministra a livello locale sa bene che nulla può demolire l' immagine cittadina come il massaggio subliminale che subiamo in un tragitto di taxi.

Un tassista può fornire nel breve lasso dalla stazione all' albergo una sintesi efficace delle magagne locali, come un panegirico appassionato di quel luogo. Tutte informazioni sufficienti per maturare un imprinting ben definito su viabilità, trasporti, edilizia urbana, accoglienza. Questo lo sanno i tassisti che in questi giorni hanno incrociato le braccia, soprattutto se tra loro avrà tirato il freno a mano anche il taxi fantasma "Zara 87". E' la sigla dell' auto di Pietro Marchetti, quella che un giorno ha fatto salire Giulio Andreotti, prestatosi a far da passeggero nella finzione di Sordi. Quell'auto gialla è ancora l'icona del "volemose bene", del bonaccione accordo con il potere dietro a cui vorrebbe restar rannicchiata l’intera categoria dei tassinari, romani e non. Per mantenere lo status stanno cercando di spaventarci anche con la minacciosa entrata in gioco di tassisti extracomunitari come risultato della liberalizzazione.

Visioni da telefilm americani dove i taxi sono quasi sempre guidati da omaccioni neri e ottusi, ma soprattutto un po' coatti. Forse non a caso per protestare i tassisti si raduneranno da tutta Italia a Roma davanti alla Bocca della Verità. Quel mascherone murato nell'atrio di Santa Maria in Cosmedin è fatalmente il culmine di ogni corsa di taxi con forestieri a bordo. Il tassista romano lo sa bene, soprattutto i Giapponesi è sempre lì che vogliono andare. Quel luogo rappresenta per gli stranieri la sintesi più felice della città eterna. Si mettono tutti in fila per farsi la foto con la mano dentro la bocca di quello che era un chiusino della cloaca massima, ma sono contenti così.. Se si applicasse l'iniquo decreto quale tassista potrà raccontar loro durate il tragitto la storia delle mani mozzate dei bugiardi e delle fedifraghe? Solo ora che la lobby dei tassisti si vede toccata entra in gioco il fattore umano. Si rispolvera la mitologia del tassista amico del cliente, della guida alla scoperta della città e dei suoi segreti.

Può darsi che sia anche vero, capita spesso, ma più spesso è impossibile negoziare un percorso senza che il conducente si alteri. Anche Marchetti-Sordi quando si sente contraddetto dalla coppia di ciccioni americani che era salita a bordo del suo taxi innesta un alterco che in crescendo culmina con il lapidario "Non alza voice with me, perché tu fai tremare me pizzo de camicia, you understand ?(…) I bring my chiav english and I give in your fronte." Questo forse il punto in cui i due archetipi tassistici si incontrano, Sordi che minaccia di dare mano alla chiave inglese contro la barbarie dell' americano che gli ricorda il protagonista di una soap e De Niro al culmine del suo delirio, che di fronte allo specchio si autoprovoca con lo stranoto: "you talkin' to me?" (Dici a me?) E cerca una scusa per metter mano alla sua 44 Magnum.

Ambedue gli atteggiamenti un po' ricordano i tassisti che in questi giorni gonfiano i muscoli perché sono tanti, perché sono forti, perché impugnano la loro arma dalla parte del tassametro. Invece per noi passeggeri il principio "un uomo una macchina" non sembra assolutamente scritto nelle inviolabili tavole della legge. In Italia per quel servizio occorrono da tempo più uomini e più macchine. Ce lo siamo detti tutti troppe volte, immersi in file chilometriche alle stazioni, o con l' orecchio fuso da una segreteria telefonica che ci assicurava che non saremo stati lasciati mai soli, ma che ci dice alla fine che i taxi sono tutti occupati.