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    Predefinito 9 luglio - S. Veronica Giuliani, vergine

    In onore di questa grande mistica, apro questo thread.

    Aug.

    ****
    Dal sito SANTI E BEATI (con modifiche mie):

    Santa Veronica Giuliani, Vergine

    9 luglio - Comune

    Mercatello, Urbino, 27 dicembre 1660 - Città di Castello, 9 luglio 1727

    Veronica Giuliani, al secolo Orsola, è una delle più grandi mistiche della storia. Ebbe numerose rivelazioni e ricevette le Stimmate. Nata a Mercatello sul Metauro, presso Urbino, nel 1660, visse cinquant'anni nel monastero delle Clarisse di Città di Castello. Entratavi 17enne, vi morì nel 1727, dopo essere stata cuoca, infermiera, maestra delle novizie e badessa. All'autopsia risultò che il cuore era trafitto da parte a parte. Dopo aver ricevuto le piaghe della Passione di Cristo, infatti - rivela nel diario spirituale - «piansi molto e con tutto il mio cuore pregai il Signore di volerle nascondere agli occhi di tutti». Nulla sapremmo delle esperienze di Veronica, se il direttore spirituale non le avesse ordinato di trascriverle. Lo fece per 30 anni e il risultato è il «Tesoro nascosto», pubblicato in 10 volumi dal 1825 al 1928. Morì nel Venerdì Santo, dopo 33 giorni di malattia. È santa dal 1839. (Avvenire)

    Etimologia: Veronica = portatrice di vittoria, dal greco

    Emblema: Giglio

    Martirologio Romano: A Città di Castello in Umbria, santa Veronica Giuliani, badessa dell’Ordine delle Clarisse Cappuccine, che, ricca di carismi spirituali, corrispose nel corpo e nell’anima alla passione di Cristo e fu per questo posta sotto custodia per cinquanta giorni, offrendo un mirabile modello di pazienza e di obbedienza.

    Martirologio tradizionale (9 luglio): A Citta di Castello, in Umbria, santa Veronica Giuliani Vergine, nativa di Mercatello, terra della diocesi di Urbania, Monaca del Second'Ordine di san Francesco e Abbadessa del monastero di Città di Castello: illustre per l'intenso desiderio di patire, e per le altre virtù e grazie celesti, dal Papa Gregorio decimosesto fu iscritta nel numero delle sante Vergini.

    La parola "mistica" ha avuto nella nostra epoca un'estensione impropria. Basti pensare alle infelici espressioni di "mistica della razza", "mistica del superuomo". Nel senso proprio e primario la mistica è il campo dei fenomeni vissuti da taluni spiriti privilegiati, uniti allo spirito divino da un legame d'amore ineffabile. Di essi, noi comuni mortali conosciamo soltanto il lato spettacolare, il cosiddetto meraviglioso mistico, come il miracolo e la profezia, il dominio sui fenomeni della natura, le stesse manifestazioni diaboliche, le visioni, le estasi, gli incendi interiori, le stimmate.
    Ogni epoca ha avuto i suoi mistici. Oggi ricordiamo una santa, all'anagrafe Orsola Giuliani, nata nel 1660 a Mercatello, presso Urbino, settima figlia dei coniugi Francesco e Benedetta Giuliani, che all'età di diciassette anni, il 28 ottobre 1677, entrò tra le suore clarisse cappuccine di Città di Castello, assumendo alla professione religiosa il nome di Veronica. Nulla sarebbe trapelato dalle austere mura di quel convento della straordinaria esperienza mistica di sorella Veronica, se il suo confessore non le avesse ordinato di trascrivere sul suo diario, con l'imposizione di non rileggere nulla di quanto andava tracciando, le confidenze del Redentore, di cui riviveva puntualmente le sofferenze della passione. "L'anno 1697 - leggiamo sul suo diario - il venerdì santo, la mattina vicino al giorno, trovandomi in orazione... Iddio fece penetrare nell'anima mia la grazia col darmi i segni e i dolori che il Verbo divino aveva sofferti per la mia redenzione. Io sentivo nel mio cuore una pena di morte". Quel venerdì santo era il 5 aprile 1697.
    Così descrive la ricezione delle stimmate: "Io vidi uscire dalle sue SS. Piaghe cinque raggi risplendenti e tutti vennero alla volta mia... In quattro vi erano i chiodi, e in una vi era la lancia, come d'oro, tutta infuocata, e mi passò il cuore da banda a banda".
    Viene eletta Abbadessa il 5 aprile 1716.
    Dopo la sua morte, avvenuta a Città di Castello il 9 luglio 1727, di venerdì, dopo 33 giorni di malattia, sul suo corpo, che mostrava ancora le ferite della passione, venne eseguita l'autopsia e i medici riscontrarono che il cuore era effettivamente trafitto da parte a parte. "Quando vidi queste stigmate esteriori, confida S. Veronica al suo diario - io piansi molto e con tutto il mio cuore pregai il Signore di volerle nascondere agli occhi di tutti". Il suo desiderio venne esaudito, vivendo ella in totale reclusione per tutta la vita. Ma le fitte pagine dei suoi diari, scritti per più di trent'anni e che pubblicati formarono ben quarantaquattro volumi, sono un vero tesoro nascosto che arricchì di stupende pagine la letteratura mistica.
    Fu canonizzata da Gregorio XVI il 26 maggio 1839.

    Autore: Piero Bargellini








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    Predefinito Santa Veronica Giuliani e la "sua" Chiesa.

    Mercatello Si rinnova come ogni anno la memoria della grande mistica e stimmatizzata Veronica Giuliani, che ebbe i natali il 27 dic. 1660 a Mercatello e che visse in questa cittadina dell'alto Metauro sino all'età dell'adolescenza, prima di diventare professa nel monastero delle cappuccine di Città di Castello, dove morì all'alba del 9 luglio 1727.
    La memoria di S. Veronica è tramandata nel tempo non solo perché si conserva parte della casa natia, o per la raccolta bibliografica e iconografica presente nella chiesa di S. Chiara o per la certificazione del battesimo ricevuto nell'antica e insigne Pieve Collegiata, tna soprattutto per la presenza del monastero delle cappuccine, sorto proprio sull'abitazione della famiglia Giuliani, e voluto da suor Veronica; cenobio che testimonia e trasmette la spiritualità francescana e veronichiana ricca di esempi di santità come quello della Serva di Dio Francesca Ticchi.
    Se Mercatello giustamente si vanta di questa sua figlia, tanto da essere conosciuta perché patria di Lei, è anche vero che S. Veronica è legata anche ai maggiori centri della nostra Chiesa. In primis a Sant'Angelo in Vado, infatti la madre di S. Veronica era la vadese Benedetta Mancini, che sposò il 15 gennaio 1645 in Sant'Angelo in Vado Francesco Giuliani. Nel quindicesimo anno di matrimonio arrivò Orsolina. Durante l'infanzia più volte essa fu ospite dei parenti vadesi, tra di essi si distingue Francesco Mancini, pittore.
    Urbania, eretta in Diocesi da papa Urbano VIII il 16 febbraio 1636, vanta d'essere stata il capoluogo diocesano di Mercatello, che portò alla nuova sede episcopale non solo il più ampio territorio per la erigenda circoscrizione ecclesiastica, ma soprattutto la santità di Veronica Giuliani e di Margherita della Metola. A testimonianza di questo primato spirituale del Vicariato mercatellese, nel massimo tempio Durantino, sacro al martire di Licia Cristoforo, vennero collocate le statue di S. Veronica e di B. Margherita.
    I primi vent'anni circa del ‘700 videro due nostri condiocesani sulla scena della storia della chiesa; il primo occupare il seggio petrino: l'urbinate Clemente XI e il secondo vivere nella più segretezza e nascondimento dell'austerità del chiostro: la mercatellese Veronica Giuliani. Tra questi due personaggi così diversi, ma anche così uniti nello scrivere, seppur con distinti caratteri, la vita della Chiesa, è bello ricordare la reciproca stima. Il papa urbinate conosceva bene ciò che avveniva tra le mura del monastero tifernate, così Veronica, come testimonierà più volte nel diario, si offriva totalmente nelle preghiere e nelle penitenze per il Sommo Pontefice, sino a liberarlo dalle pene del purgatorio. Quando arrivò in Città di Castello la notizia della morte del papa Clemente XI, il 22 marzo 1721, il confessore le comandò di raccomandare a Dio la sua anima. La mattina dopo, la Madonna: “mi comandò di esibirmi a patire per l'anima del suo devoto Clemente, la quale stava nel purgatorio, con grandi pene, e di chiedere l'obbedienza di patire il detto purgatorio in vece sua [..].”.
    Alla vigilia della festa dell'Annunciazione Veronica volentieri si offre. La Vergine le rivela che l'anima del defunto Sommo Pontefice è stata portata in cielo.(Diario, III,187).
    La nostra chiesa locale non ha finito di generare i santi, due sono i processi in corso presso le competenti autorità romane. C'è nella storia di questa chiesa particolare una lunga schiera di testimoni di Cristo guidati dalla Santa carismatica di Mercatello Veronica che emerge per l'eroicità delle virtù, per la profondità di dottrina e l'altezza delle vette mistiche raggiunte; essa è il più grande vanto e il più sublime esempio di amore a Cristo dell'Arcidiocesi di Urbino Urbania Sant'Angelo in Vado.

    Fabio Bricca

    FONTE

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    Predefinito Santa Veronica Giuliani parla ai sacerdoti

    Questa notte, dopo lungo travaglio, ho avuto il raccoglimento nel quale il Signore mi ha fatto vedere una moltitudine di sacerdoti, tutti con abito sacerdotale; ma anche, nel medesimo punto, mi ha fatto comprendere che, fra essi, vi sono molti Giuda e suoi nemici; [...]. In un subito, una parte di essi sono divenuti come mostri infernali e peggio che gli stessi demoni. A questa vista così spaventevole il Signore, da capo a piedi tutto grondava sangue; ed, in questo punto, mi ha comunicato che quel sangue che Lui versava, glielo facevano versare i peccati e sacrilegi che commettevano detti sacerdoti, ed erano come tante spade e pugnali, come tante ferite e colpi verso Sua Divina Maestà. E mi fece vedere quel suo preziosissimo sangue scorrere come un fiume per terra, acciò io vedessi la poca stima e poco conto che ne faceva chi aveva potestà di tenerlo nelle medesime mani ed anche riceverlo indegnamente, come facevano tutti quei tali che Egli mi faceva vedere.

    Io gli domandai se mi volesse fare intendere chi erano, ma Egli mi disse: «No, questi non si sapranno sino al dì del Giudizio. Già sono tutti condannati al fuoco eterno». Io risposi: «Sia fatta la vostra santa volontà! Ma ditemi, Signore, Voi non mi avete eletta per mezzana fra Voi e i peccatori? Ora io eccomi pronta anche a dare la vita e il sangue, per- la gloria vostra e per salute di queste anime». II Signore mi disse: «Sì, tutto è vero; ma ora, per questi tali, non vi è nessun rimedio, perché di continuo, mi calpestano e mi flagellano». Così dicendo, con volto tutto severo, ha detto: «Ite, maledicti!». Oh, Dio! In un subito, li ho veduti sparire come densissimo fumo. Quelli, invece, che erano restati con la veste sacerdotale, il Signori li ha benedetti, e li ha confermati padroni del suo Corpo e del suo Sangue (D 1,926).

    Una volta il Signore mi fece comprendere quanto gli dispiacciono le offese che gli recano i religiosi ed, in particolare, quelli che si fanno padroni del suo Santissimo Corpo e Sangue, cioè i sacerdoti. «Questi tali - così mi disse il Signore - sono cagione di tirare al precipizio tutto il mondo, perché si servono di me, mi prendono, mi tengono nelle loro inani, non per magnificarrni, ma per farmi ogni ignominia ed oltraggio». Poi mi disse: «Mira». In un subito mi fece vedere, tutti quei tali divenuti più spaventevoli degli stessi demoni: «Non posso fare grazie a questi; no, no, no!». E, di nuovo, li scacciò da Sé, con la maledizione (D II, 9).

    Dopo la santa Comunione, subito fui rapita in estasi e vidi Nostro Signore Glorioso, il quale così mi disse: «Io sono il tuo Sposo; [...]. Fermati in me; confermati nel mio volere e non dubitare. Sono io per te. Dimmi: Che brami?». In quel momento gli raccomandai una persona e, nello stesso istante, me la fece vedere: sembrava un demonio dell'inferno, tant'è che il Signore si copriva il volto per non guardarla. Domandai al Signore chi fosse quel mostro d'inferno ed Egli mi disse che era quel tale che io gli raccomandai. Oh, Dio! Che spavento mi diede! Non sto a dire chi esso sia; bensì che non è di questa città, ma che sta qui ed è anche un sacerdote. Iddio mi fece capire che costui aveva tutto il suo pensiero nelle cose della terra e che ambiva molto alle dignità umane, la qual cosa reca a Iddio molto dispiacere, poiché questi sono cuori attaccati alle ricchezze, in cui regna una superbia occulta che il Signore non può tollerare, specie nei sacerdoti.
    Capii così che Iddio sta tra le mani di questi tali come stava tra le mani di Giuda, il traditore. Subito dopo disparve tutto come denso fumo (D II, 58).

    Mentre raccomandavo a Dio i bisogni presenti, mi parve d'intendere che Egli era molto offeso, a causa dei "Giuda" che lo tradiscono, ogni mattina, sul santo Altare. Iniziai, allora, ad offrirgli preghiere, a domandargli perdono delle mie colpe e delle mie ingratitudini, supplicandolo, per amor mio, di non castigarli; mi esibii a patire tormenti e pene, in penitenza dei miei peccati e di quelli altrui; gli chiesi anime, tutte le anime e dicevo: «Dio mio, Voi che siete tutto amore e carità; fatemi questa grazia, deponete il castigo e perdonateci! Io mi esibisco a patire pene e tormenti per vostro amore». Detto ciò, capii che mi avrebbe fatto la grazia, ma solo per quella volta. Allora, subito replicai: «Dio mio, questa grazia la vorrei per sempre!», ma Egli così rispose: «Per adesso te la concedo; ma per sempre, no!». Il Signore era davvero offeso (cf. D III, 74).

    Una mattina, facendo la Comunione spirituale provai lo stesso effetto della Comunione sacramentale e fui rapita in estasi. Ricordo che Iddio mi raccomandò, in modo speciale, tutti i sacerdoti, ma sopratutto quelli che stanno in disgrazia di Dio, poiché quanti, oh, quanti ve ne sono! (D III, 420).

    In un'estasi, Maria SS.ma mi disse: «Figlia, [...]; vi sono cristiani che vivono come le bestie; non vi è più fede nei fedeli, vivono come se Iddio non esistesse; e mio Figlio sta col flagello in mano per punirli... Oh, quanti sacerdoti, poi, e quanti religiosi e religiose offendono Dio! Tutti costoro calpestano i Sacramenti, disprezzano il Preziosissimo Sangue di Gesù e lo tengono sotto i loro piedi. Questi infettano le Comunità, le città intere; sono come appestati, hanno il nome di cristiani, ma sono peggio degli infedeli. Figlia, prega, patisci pene e fa' che tutti facciano lo stesso, acciò Iddio deponga il flagello» (cf. D III, 999).

    Al termine di una Messa, chiesi a Maria SS.ma di benedire, assieme al Padre celebrante, i miei superiori, le mie consorelle, tutti coloro che aiutano l'anima mia, il Pontefice e tutti i poveri cristiani, ed Ella così mi rispose: «Il Pontefice ne ha pochi di veri cristiani. Figlia, prega e fa' pregare, soprattutto per i sacerdoti che trattano sì malamente mio Figlio» (cf. D III, 1196).

    Maria SS.ma a S. Veronica: «Figlia, sappi che ora nel mondo è venuto un vivere tale che pochi si salveranno. Tutti offendono Dio, tutti sono contrari alla legge di Dio, ma quello che più dispiace a Dio è il peccato, specie quello commesso nelle Religioni e dai sacerdoti che, ogni mattina, consacrano indegnissimamente. Oh! Quanti, oh, quanti vanno giù nell'inferno. Figlia, Iddio vuole che tu patisca e preghi per tutti costoro» (D IV, 358).

    Maria SS.ma a S. Veronica: «Figlia, voglio che tu descriva i sette luoghi, più penosi, che stanno nell'inferno, e per chi sono.
    Il primo è il luogo ove sta incatenato Lucifero, e con esso vi è Giuda che gli fa da sedia, e vi sono tutti quelli che sono stati seguaci di Giuda. Il secondo è il luogo ove stanno tutti gli ecclesiastici e i prelati di santa Chiesa, poiché essendo stati elevati in dignità ed onori hanno pervertito maggiormente la fede, calpestando il sangue di Gesù Cristo, mio Figlio, con tanti enormi peccati [...]. Nel terzo luogo che tu vedesti, vi stanno tutte le anime dei religiosi e delle religiose. Nel quarto vi vanno tutti i confessori, per aver ingannato le anime, loro penitenti. Nel quinto, vi stanno tutte le anime dei giudici e dei governatori della giustizia. Il sesto luogo, invece, è quello destinato a tutti i superiori e alle superiore della religione. Nel settimo, infine, vi stanno tutti quelli che hanno voluto vivere di propria volontà e che hanno commesso ogni sorta di peccati, specie i peccati carnali» (D IV 744).

    Maria SS.ma a S. Veronica: «In un rapimento, fosti portata nell'inferno per subire nuove pene e, nel tuo arrivo, vedesti che precipitavano in esso tante e tante anime, ed ognuna aveva il suo luogo di tormento. Ti fu fatto conoscere che queste anime erano di varie nazioni, di tutte le sorte di stati, cioè di cristiani e d'infedeli, di religiose e di sacerdoti. Quest'ultimi stanno più vicini a Lucifero, e patiscono così tanto che mente umana non può comprenderlo. All'arrivo di queste anime, tutto l'inferno si mette in festa e, in un istante, partecipano di tutte le pene dei dannati, offendendo Dio» (D IV, 353).

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    S. Veronica Giuliani (1660-1727)

    Nel 1667 le muore la madre la quale affida ognuna delle cinque figlie superstiti a una piaga di Cristo. Affida Veronica alla piaga del S. Cuore. Nel 1677 è monaca clarissa cappuccina a Città del Castello. Riceve il dono della trasverberazione del cuore e delle stimmate. Riceve visioni simboliche della Passione e ne condivide il dolore. Singolare la visione di Gesù Bambino tutto piagato e coronato di spine. Di notte faceva "le battiture del Signore", cioè si dava la disciplina con una catenella di ferro con 6666 colpi in onore e ad imitazione della flagellazione del Signore. Nel 1691 riceve per la prima volta il dono della coronazione di spine come ella scrive: "Da che io ebbi quella visione della coronazione di spine, appunto sono adesso 12 anni, mai più mi si è partito il dolore di testa". Continuerà a sentirlo fino a qualche anno dopo il 1697, anno in cui ebbe le stimmate che si rinnovavano ogni venerdì. La coronazione di spine da allora si rinnoverà nelle maggiori solennità e nella settimana Santa.


    Ma qui mi parve che mi si accrescesse il desiderio di sposarmi quanto prima. Altro non guardavo; ché tutta fissa stavo nel Signore. In esso parevami di veder tutto. Esso era così bello, che dire non posso. Parevami che fosse anche vestito; ma il come non posso raccontarlo. Le mani, i piedi ed il costato, cioè le sue piaghe, erano così risplendenti, da sembrarmi, che, invece di piaghe, vi fosse un bellissimo gioiello. Solo la piaga del costato mi parve aperta, e da essa uscivano raggi come di sole. Ciascuno di questi dava più lume del sole che noi vediamo; anzi questo sembra come tenebre al pari di questi che io vedevo.
    Di già mi parve che, entro quella santissima piaga, fosse risposto l'anello che io dovevo avere. Ivi pareva che anelasse il mio cuore di voler stanziare in perpetuo.
    Io gli dicevo: Signore, vi prego, per le vostre sante Piaghe, a voler perdonare e dare lume a questi vostri nemici; ché così li posso io chiamare, stanteché stanno in vostra disgrazia. Lo sapete che io sono per mezzana fra Voi ed essi. Però eccomi pronta a tutto, purché essi si convertano a Voi. In questo punto, parvemi di vedere le sue sante Piaghe grondanti di sangue. O Dio mio, vi offerisco questo vostro Sangue, e pei meriti di esso, vogliate perdonare a questi tali e tali.
    Mentre così diceva, mi fece vedere, per aria, una moltitudine di freccie che stavano per scoccare, come spade pungenti, tutte verso il Signore. Ed esso, da capo a piedi, grondava di sangue. Una tal vista mi apportò gran pena, e mi fece capire, che tutti quei flagelli erano tutti peccati grandi, che, come spade, ferivano il cuore del Signore.
    Stando io in orazione, mi venne il raccoglimento, nel quale vi fu anche la visione di Nostro Signore. In un subito, parve che mi si rappresentasse avanti colle sue sante Piaghe tutte risplendenti, in particolare quella del suo santo costato. In questo punto, mi fece vedere che colà dentro vi dimoravano molte anime sue più care.
    Questa mattina, nella santa Comunione, vi è stato il rapimento colla visione di Nostro Signore, in quella conformità che l'Umanità SS.
    ma fu flagellata alla colonna. In un subito mi ha data tal pena, che ho sentito passarmi da acuta saetta. Ed Esso mi ha detto che veniva a confermarmi nel patire. Tanto diceva, così sentivo. Alla fine mi ha fatto capire che ora vuole darmi un patire nuovo. Così dicendo, io non lo ho veduto più. Solo ha lasciato in me intimo sentimento delle pene. O Dio! Quanto mi penetravano al vivo! Ora io sentivo un incendio, come fossi stata sopra un'ardente fornace. E non pareva vi fosse più tempo per me; quello già fosse luogo di eternità. In un subito sentivo pene atroci, come punture di lancia, come ferri infuocati, come piombo bollente che mi fosse messo in tutta la vita. Io stavo come per aria e parevami di essere legata, coi bracci aperti ed in forma di croce. Ma come fosse ciò, io non lo so raccontare.
    Dicendo così, in un subito mi è parso vedere ivi, nel mezzo di quel luogo, il Signore in quel modo, quando fu mostrato al popolo, Ecce homo. Mi parve capire che a tutti richiedeva qualche patimento per i bisogni di Santa Chiesa. Di tanti che si trovavano presenti, nessuno si esibiva per questo. In un istante parve che Esso Signore con volto sdegnato promettesse il castigo. Ed, in quel punto, parvemi capire che vi sarà grande guerra fra i Principi Cristiani; e sarà di danno alla Santa Chiesa; e [di] gran perdita delle anime.
    Ebbi un rapimento, in detto tempo, e parvemi vedere, quando il mio confessore si comunicò: Iddio entrò in lui, in figura di bellissimo bambino, tutto grondante di sangue. Specialmente dalle sue ss.
    me piaghe grondavano rivi di sangue; e parvemi capire che io lo avvisassi che ciò era fargli una grazia speciale; che, per mezzo delle sue sante piaghe, gli avesse chiesto la conversione di un'anima, a sua elezione; che però, [questa fosse] quella che avesse conosciuta più bisognosa, quando fosse andata ai suoi piedi; e che Iddio gliene avrebbe dato speciale lume ed ispirazione. Mi fece anche capire che faceva parte al mio confessore del merito di questi patimenti che mi partecipava della sua santissima passione.
    Mi parve, in un subito, mentre si comunicava il detto Padre, di vedere in quella forma il Divino Bambino venire anche alla volta mia, con un'Ostia in mano. Mi comunicò e, nel medesimo tempo, parve che Esso medesimo venisse in me, in quel modo che era entrato nel cuore del mio confessore. Ebbi speciale dolore delle mie colpe, e, nell'atto medesimo, tornai ai propri sentimenti. Sentivo un dolore grande di avere offeso Iddio, e mi sentivo crepare il cuore.
    In un subito, ebbi un nuovo rapimento colla visione di Gesù Bambino, tutto piagato e coronato di spine, che mi faceva un generale invito ad ogni sorta di patimenti. Mi parve che l'anima mia desse il solito consentimento a tutto, secondo la volontà di Dio, ed ebbi nuovo comando di manifestare tutto al mio confessore e di scrivere tutto. Così mi ha confermato l'Obbedienza. Sia tutto a gloria di Dio e per amore di Dio! Il venerdì santo mi parve di avere una visione e fu in questa maniera. Mi si rappresentò il Signore tutto piagato e coronato di spine. Oh! Dio! che dolore avevo di sì grande spettacolo! Sentivo pena delle pene che aveva sentite il Signore e, nel medesimo tempo, avevo dolore intimo dei miei peccati per le offese che gli avevo fatte. Stavo fra questi due punti: il suo amore infinito e la mia ingratitudine. E mi pare che così andassi dicendo: "Mio Signore, non più ingratitudini né peccati. Ora voglio cominciare ad amarvi, e perché possa una volta stabilirmi e congiungermi con voi, datemi a sentire le vostre pene. Signor mio, venite a me, datemi cotesta corona, acciò le punture delle spine siano voci per me per dirvi quanto io bramo d'amarvi". Mentre così dicevo, parevami che il Signore si approssimasse a me. Oh! Dio! Quello che io provai per via di comunicazione in quel tempo non posso descriverlo; solo conoscevo che il Signore voleva farmi la grazia che gli chiedevo. In questo mentre mi si aggiunse un so che, ma io non comprendevo cosa fosse; solo dopo ho compreso che, nel medesimo raccoglimento, quando stavo fuori de' sensi, come appunto mi pareva che fosse, ebbi nel punto stesso un rapimento il quale mi tirò ad una unione con Dio, che non capivo più nulla; solo stavami al vivo che il Signore voleva farmi una grazia. Così mi parve che dicesse che cosa volevo. Ed io dissi: "Se è il vostro volere e gusto, vorrei questa corona". Ed esso fecemi intendere che io sarei contentata. Frattanto stavo ansiosa di dette pene. Ed esso si cavò la corona di capo e mi disse un so che, ma ora non mi ricordo. Posò detta corona nel mio capo e parvemi di sentire passare le punture delle spine sino dentro la bocca, dentro le orecchie, dappertutto il capo, negli occhi, nella tempia e nel cervello.
    Avevo tal pena, che cascai giù per terra come morta. Il Signore mi levò di terra e dissemi: "Queste pene le sentirai finché avrai vita, quando più, quando meno, secondo che vorrò io". Di nuovo cascai per terra, ed il Signore mi sollevò. Così feci per la terza volta. Oh! Dio! quello che il Signore mi comunicò sopra i suoi dolori non posso descriverlo: so bene che mi lasciò impressa nel cuore la sua santissima passione in modo, che mai più me ne sono dimenticata.
    Dopo tutto ciò ritornai in me, ma più morta che viva. Sentivo benissimo detta corona in capo e, per la pena che sentivo, non potevo stare in piedi: gli occhi appena li potevo aprire, e questo con gran dolore. Erami tutto il capo così gonfiato e con tal dolore, che non potevo stare in modo nessuno. Non volevo che nessuna si avvedesse di ciò, dissimulavo quanto potevo; ma mi si gonfiò anche tutto il volto, in specie gli occhi. Le sorelle mi domandavano che cosa avevo: io dissi che mi doleva un poco il capo. Stiedi così per buon tempo, e sempre con dolore grande.
    Poiché questa coronazione di spine, secondo che Gesù qui le promette, sarà alla nostra Santa rinnovata più volte nel lungo corso della sua vita, credo bene riferire qui subito ciò che intorno ad essa depone nei processi la Ven. suor Florida, e di riferirlo con le sue parole medesime: "Talvolta (così essa) Gesù si levava la propria corona di spine dal suo capo e la poneva in quello di suor Veronica, a cui penetravano dentro il suo capo le spine medesime che le davano acerbissimo dolore… Su questo particolare, per ordine della santa obbedienza veniva suor Veronica da me acciò l'osservassi e la visitavo, e vedevo... intorno alle fronte come un cerchio tendente in rosso; altre volte vi ho notato certe bolle grosse come un capo di spilla in forma di bottoncino; altre volte aveva la fronte sparsa di segni di color paonazzo, attorno, come figure di spine che scendevano verso gli occhi. Ed in specie vidi scendere verso l'occhio destro uno di questi segni, come spina, che passava sino sotto l'occhio medesimo, il quale lagrimava, e le lagrime vidi e riconobbi dal velo, con cui le rasciugava che erano sanguigne, conforme io ho visto, e riferito ai confessori che più e più volte m'imponevano osservarla". Lo stesso benché in forma diversa, affermano nei medesimi processi con giuramento molti altri testimoni, sicché quanto ci narra la Santa non può mettersi menomamente in dubbio.

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    Predefinito Altra biografia:

    Orsola Giuliani nasce a Mercatello (Urbino) il 27 dicembre 1660, ultima di sette figlie, da Francesco Giuliani, gonfaloniere di Mercatello del Metauro, e da Benedetta Mancini, di S. Angelo in Vado.
    La buona mamma, prima di morire – troppo presto: nel 1665 – lasciò ognuna delle sue figlie “in una dimora inviolabile”, nelle piaghe del Salvatore. A Orsola toccò la piaga del costato, la “piaga dell’amore”.
    Da piccola è di una bontà sconfinata che la porta a dare tutto ai poveri, ma, contemporaneamente, vivacissima: le piace andare a cavallo, giocare di scherma, maneggiare la spada. Il padre alimenta grossi progetti su di lei. Quando però un giorno, in famiglia, ella sbotta dicendo che vuole darsi a Dio solo in monastero, lascia tutti sorpresi, a bocca aperta, e suo padre fa di tutto per impedirglielo.
    Lunghe furono le contraddizioni, grandi le prove che dovette superare, ma con l’aiuto di Dio trionfò su tutto e vestì l’abito nel monastero delle Cappuccine di Città di Castello detto di S. Chiara quando aveva diciassette anni non compiuti, mutando il nome in quello di Veronica.
    In monastero compirà tutti gli uffici, dai più bassi ai più alti: cuoca, dispensiera, panettiera, guardarobiera, infermiera, addetta alla ruota, sacrestana, fino a diventare maestra delle novizie dal 1694 e poi badessa dal 1716.
    Maestra delle novizie, partecipa volentieri agli svaghi concessi dalla Regola, ma innamora le sue “figlie” di Gesù, perché la prima innamorata – innamoratissima – ne è proprio lei.
    Diventata badessa, mantiene l’osservanza regolare e avvia le “sorelle” ad un’alta vita di perfezione, perché ella ne è modello. Alcune di esse diventeranno sante, come la beata Florida Cevoli, camminando sulle sue orme.
    La sua vita claustrale è intessuta di rude penitenza, ma, soprattutto, di un tenerissimo amore a Gesù e a Maria: la sua conversazione con loro diventa presto quotidiana, facendo di lei una delle mistiche più grandi della Chiesa.
    Respiro della sua anima è un’invincibile fiducia nel suo Sposo Gesù e un’obbedienza perfetta alla Regola. Palpito del suo cuore è di offrire le sue sofferenze come segno di amore a pro della Chiesa, Corpo Mistico del suo Sposo.
    Nulla sarebbe trapelato dalle austere mura di quel convento della straordinaria esperienza mistica di sorella Veronica se il suo confessore non le avesse ordinato di trascrivere sul suo diario, con l’imposizione di non rileggere nulla di quanto andava tracciando, le confidenze del Redentore, di cui riviveva puntualmente le sofferenze della passione.
    “L’anno 1697 – si legge sul suo diario – il venerdì santo, la mattina vicino al giorno, trovandomi in orazione… Iddio fece penetrare nell’anima mia la grazia col darmi i segni e i dolori che il Verbo divino aveva sofferti per la mia redenzione. Io sentivo nel mio cuore una pena di morte”.
    Così descrive la ricezione delle stimmate: “Io vidi uscire dalle sue SS. Piaghe cinque raggi risplendenti, e tutti vennero alla volta mia… In quattro vi erano i chiodi, e in una vi era la lancia, come d’oro, tutta infuocata, e mi passò il cuore da banda a banda”.
    Dopo la sua morte, sul suo corpo, che mostrava ancora le ferite della passione, venne eseguita l’autopsia e i medici riscontrarono che il cuore era effettivamente trafitto da parte a parte.
    “Quando vidi queste stigmate esteriori – confida S. Veronica sul suo diario – io piansi molto e con tutto il mio cuore pregai il Signore di volerle nascondere agli occhi di tutti”.
    Il suo desiderio venne esaudito, vivendo ella in totale reclusione per tutta la vita.
    Questa esperienza era stata preceduta da altri due eccezionali momenti. Nel giorno del venerdì santo del 1691, a 30 anni, Veronica chiede a Gesù di provare la sua corona di spine. Gesù l’accontenta ma ella ne sviene di dolore: Gesù la solleva e le dice: “Queste pene le sentirai per tutta la vita”. Veronica rivive il sudore di sangue di Gesù nel Getsemani, la flagellazione, la fatica di portare la sua croce.
    Nella Pasqua del 1694, a soli 33 anni, prima di ricevere la Comunione, Gesù le si presenta per compiere con lei “le nozze”, presente Maria SS.ma. Da Gesù ella ha in dono l’anello nuziale, invisibile, ma lasciando nel dito un segno visibile a tutti.
    Volendo amare in modo smisurato Gesù come unico Amore, sente di doverglielo mostrare “imitando” per Lui tutto ciò che Egli aveva fatto e sofferto per lei.
    Le fitte paginette dei suoi diari, scritti per più di trent’anni e che pubblicati formarono ben quarantaquattro volumi, sono un vero tesoro nascosto che arricchì di stupende pagine la letteratura mistica.

    Bibliografia:
    Antonio e Luigi Banzo, Compendio della Vita de’ Santi - vol. III, ed. Fr Banzo, Roma 1858;
    M. Sgarbossa - L. Giovannini, Il santo del giorno, ed. Paoline;
    Paolo Risso, L’amore si è fatto trovare!, in L’Osservatore Romano, 10 luglio 2002.

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    Predefinito Visione, per tre volte, di un'anima del Purgatorio

    In questa notte, nell' esercizio, vi è stato di particolare questo, che mi pare che Iddio mi abbia fatto vedere un'anima del Purgatorio. L'ho veduta in tre modi.

    La prima volta, parvemi che ella fosse in un grande fuoco e che, per mano dei demoni, avesse dei grandi tormenti dei quali l'uno non aspettava l'altro. Ogni vista di quei ministri infernali, le dava pena sopra pena; ma, fra tante pene, la maggiore era quella del danno. Ella non si poteva raccomandare; stava sotto il braccio della giustizia di Dio; e tanto basta. Tutto ciò è stato di grande ammaestramento a quest'anima.

    La seconda volta, l'ho veduta con grandi tormenti; in specie, nei sentimenti. Per modo di dire, dirò, che mi pareva che fosse tormentata negli occhi e nelle orecchie con ferri taglienti e pungenti; e che ciò era operato assai celermente ed, ora in uno, ora in quei sentimenti insieme. O Dio! Il sentimento poi della lingua, aveva assai più pena. In un tratto, pareva che le uscisse dalla bocca, ed arrivasse sino a terra; e pareva che fosse inchiodata ivi, non con un chiodo di ferro, ma col chiodo della mano di Dio.

    I demoni che sono ministri della divina giustizia, a tutto potere, la tormentavano; ed ella stava immobile nel medesimo sito che fu posta, né poteva muoversi. Era tutta pena, da capo a piedi; non vi è modo di dichiarare queste pene; e non credo che creatura vivente possa mai raccontarle. Parvemi anche di vederla, in un tratto, come distrutta affatto, e consumata da molte pene; ma poi, in un tratto, divenire in essere, con più atroci pene che sembra comincino sempre e sempre continuino con più ardore. In fine, mi pareva vederla, ora tutta lacerare ora pungere con punte infuocate, ed ora stare in un fuoco ardente e divenire tutta un ghiaccio. Sembrava che la detta anima vi fosse gelata dentro; ma, nel tempo medesimo, sentiva fuoco e ghiaccio.

    La terza volta, mi fu mostrata pure nella medesima forma; pativa un tormento intollerabile, e pareva che vedesse un non so che; ma io non capivo che cosa fosse. Alla fine, il mio Angelo Custode mi fece conoscere che ella vedeva l'abito che aveva portato della Religione, e la sola vista le rinnovava tutti i tormenti e le pene; perché ella era vissuta con l'abito sì, ma non da Religiosa.

    In un tratto, fui trasportata dallo stesso mio Angelo Custode ai piedi di Maria SS.ma; le chiesi soccorso, per questa povera anima; mi esibii per essa a qualsiasi pena e tormento; e Maria SS.ma mi promise la grazia con dimostrarmi quel sigillo; e mi disse che io raccontassi tutto al mio confessore e gli chiedessi l'obbedienza di patire per qualche ora, per soddisfare alla giustizia di Dio per quest'anima che mi fu fatta vedere in quel punto stesso. Parvemi capire che avesse, in quell’'istante, un poco di refrigerio...

    In questo punto, mi fu fatta vedere quell'altra anima che avrebbe fatto muovere a compassione qualsiasi cuore benché duro. lo, prostrata avanti la mia Mamma cara, Maria SS.ma, le chiedevo grazia; ed Ella mi disse che stessi posata, perché, nel fine di quelle 24 ore di patimenti, sarebbe andata al santo Paradiso; ed io sarei restata fra le pene. In queste pene, però, Ella. voleva che avessi l'assistenza del mio confessore, perché vi sarebbero stati grandi tormenti per mano dei demoni i quali avevano potestà - così voleva Iddio - di flagellarmi e di combattermi.

    In questo punto, sentii una voce spaventevole, ed ebbi un grande urtone che mi gettò per terra. Il demonio mi diceva: «Maledetta! maledetta! Che pensi di fare? lo sono venuto per torti la vita»; ma io mi risi di queste sue braverie. Bugiardo che è! Esso non può torre la vita, né fare niente, senza la volontà di Dio; ed io stavo salda e ferma a volere tutto ciò che era la volontà di Dio. Con atti di umiliazione interni, tutte le percosse accettavo, in penitenza delle mie colpe; ringraziavo Gesù; ringraziavo Maria; davo mille benedizioni a Dio; e lo pregavo che mi tenesse la sua mano in capo, perché mai e poi mai l'offendessi. O Dio! Che grande tentazione e battaglia fu questa! Ma, per amore di Dio, il tutto è poco. Non sto a dire altro. Ho raccontato questo, a dispetto dell'inimico. Laus Deo [D. III,513-517].

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    Predefinito Ancora un'altra biografia

    Santa Veronica Giuliani 1660 - 1727

    Veronica Giuliani, nata nel 1660 a Mercatello (Urbino), entra a 17 anni nel monastero delle clarisse cappuccine di Città di Castello; muore nel 1727 dopo una vita spirituale intensissima e difficile.

    Dichiarata Beata nel 1804 e Santa nel 1839, nel 1980 i vescovi dell'Umbria hanno avanzato la richiesta alla Sacra Congregazione per le cause dei Santi di dichiararla Dottore della Chiesa. Nelle diecine di migliaia di pagine autobiografiche manoscritte che ci ha lasciato, la Santa riporta una quantità innumerevole, sconvolgente di visioni mistiche.

    Le visioni veronichiane costituiscono una testimonianza scritta di estremo interesse letterario e spirituale: dal racconto della prima visione, che Veronica ebbe all'età di quattro anni, a quelle più complesse e simboliche, lungo un cammino di ricerca interiore volto a superare i limiti propri della personalità individuale per giungere ad «imparadisarsi».

    Non c'è forse, nella storia mistica un'altra santa come Veronica Giuliani, che ci abbia lasciato così tante descrizioni di visioni quante ne incontriamo percorrendo gli scritti di Veronica Giuliani. Nel corso della sua vita essa ebbe per molti anni almeno una visione al giorno.

    Veronica Giuliani, che è stata definita la "mistica dell'espiazione", costituisce nella storia delle scritture spirituali un caso unico, insolitamente affascinante. In trentacinque anni essa scrisse, su ordine dei vari confessori, ben cinque biografie, qualcosa come 22.000 pagine manoscritte, quarantadue grossi volumi relegati in cartapecora, oltre seimila pagine a stampa.

    Le visioni, in genere, sono precedute per Veronica da due momenti: il raccoglimento e il rapimento.

    Santa Veronica sperimentò in maniera misteriosa e avvincente la pena della privazione di Dio, che subiscono le anime ritenute in Purgatorio: "È la pena delle pene, scriverà essa; la privazione di Dio, non fosse che per un istante, sarebbe capace di fulminarci. Sapere per luce interiore che si manca del Bene Supremo. Fuoco, ghiaccio, lame affilate, e tutti i supplizi che si possono immaginare, cos'è tutto questo, in confronto di tale pena?

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    Predefinito Piccole perle

    S. Veronica Giuliani veniva aiutata dalla Madonna anche a fare il bucato, tanto è vero che la santa nel lavare era molto più veloce delle consorelle; e le consorelle capirono bene che la Madonna l’aiutava, perché ogni tanto S. Veronica diceva, come fuori di sé: “Madonna mia, volete fare ogni cosa voi? Non volete che io faccia niente?” (FONTE).

    Le sofferenze e le umiliazioni sono metodo per educare corpo cuore e mente. Santa Veronica Giuliani, Clarissa Cappuccina, si martoriava il corpo con una marea di penitenze…arrivò a bere il succo di un pesce marcio da giorni, tutto per amore di Cristo. Si può obiettare che ‘ste scemenze non servono a nulla… in effetti anche lei ammise di aver esagerato troppo in vita. San Francesco si buttava nudo nella neve o nei roseti per superare le tentazioni… San Felice da Cantalice viaggiava scalzo e si cuciva gli spacchi dei piedi con il filo da calzolaio… e quando poteva si lasciava umiliare dai ragazzetti di strada, facendosi mettere fiori alle orecchie… San Filippo Neri andava alle riunioni del clero con esilaranti abiti rossi tipo clown per umiliarsi…
    Sono cose che l’uomo non comprende, ma l’amore si! Non è pazzia ma Amore smisurato che trasforma l’amaro in dolce…come San Francesco che abbraccia e bacia il lebbroso! Mica lo faceva per spirito umanitario, non era un seguace di Voltaire (si, quello dei diritti dell’uomo…che però trattava schiavi!) …ma perché amava Cristo! Cristo è il primo ad umiliarsi, perché “oltraggiato non rispose con oltraggi” deriso sputato non disse una sola parola fino a farsi ammazzare! E stiamo attenti “Io do la vita per poi riprendermela! Nessuno me la toglie, sono IO che la offro!” (FONTE)

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