Un gruppo di ex leghisti delusi ha dato vita all 'associazione «Vesta» e vuole creare
Orini: «Siamo stranieri inpatria La Valvestino è una zona senza extracomunitar컫Lombardo-Veneto? Meglio Magasa»
Le azioni-simbolo: dal checkpoint anti-immigrati al mondiale di cerbottana
Dopo l'esito del referendum sulla devolution. in casa leghista gli strateghi si sono rimessi al lavoro e riflettono su come valorizzare l'«anomalia» elettorale lombardo-veneta. Le regioni che furono dominate dall'Austria sembrano una «ridotta» del leghismo duro e puro, da cui muovere per improbabili rivincite.
Ma c'è chi si accontenta di molto meno e, sotto l'incalzare della società multietnica e multirazziale, ha dato vita nientemeno che a una «riserva etnica», e ha presentato regolare (si fa per dire) richiesta dì «asilo etnico» al comune di Magasa, in Valvestino.
L'originalità del gesto non dovrebbe lasciare spazio a dubbi: dietro l'ideazione c'è naturalmente Giancarlo Orini. Un leghista della primissima ora, mite nel tratto e mercuriale nelle idee, uno che scodellò negli anni ruggenti della Lega alcuni dei gadget e delle provocazioni più singolari: le "leghe" coniate in rame, la battaglia per un tricolore non sbrindellato da issare sulla Torre Mirabella, lo spumante padano per brindare ai successi del Carroccio, il poster con il «tanko» dei serenissimi, e via divertendosi.
Orini, che è stato anche consigliere in Loggia, ha detto addio alla Lega di governo e sottogoverno, ma non ha dismesso le frequentazioni con l'inquieto mondo autonomista scoperchiato dalla Lega, che ha i suoi eroi sventurati e naif nei «sere&nissimi» che diedero l'assalto al campanile di San Marco.
Ora ha preso corpo una nuova iniziativa: l'Associazione «Vesta» che ha Orini come presidente e schiera come soci fondatori Cirillo Olmi, Silvano Sussi, Enrico Longinotti e Diego Alberti Alberti.
«L'idea è semplice-spiega Orini - di fronte all'aumento degli immigrati noi ci sentiamo sempre più stranieri in patria e ci aspettiamo di essere buttati fuori da Brescia. Per questo abbiamo pensato a una riserva etnica in un posto dove gli immigrati non sono ancora arrivati». Quale luogo migliore della romita Magasa, dunque?
«Abbiamo scrìtto al sindaco Ermes Venturini chiedendogli asilo etnico, e lui lì per lì è rimasto perplesso. Poi ci hanno conosciuti e con la gente di Magasa abbiamo fraternizzato subito».
Il primo passo della «riserva etnica» è consistito nei cercare una sede per l'associazione. E stata trovata in un edificio di proprietà parrocchiale, chiuso da anni. Ultimi inquilini, guarda caso, dei profughi kosovari. L'obiettivo serio di «Vesta»? «Studiare, valorizzare e salvaguardare la cultura, la lingua, le tradizioni della Valvestino e dell 'Alto Garda». In progetto anche la re-introduzione di animali selvatici e una viticoltura sperimentale di mezza montagna.
Non manca però lo spazio per la goliardia più o meno politica, anche se l'associazione è rigorosamente apartitica.
Un esempio? L'estate scorsa gli esuli etnici di «Vesta» hanno istituito un vero e proprio check point, con tanto di garitta, e sulle strade di Magasa hanno rilasciato un lasciapassare agli sparuti gitanti purché non fossero «meridionali né extracomunitari». Un documento modulato su quelli settecenteschi rilasciati dal procuratore dello Stato della Terra Ferma, Andrea Cornaro, in cui si intimava al visitatore straniero di non «dar adito a scandali». Un gesto che alcuni hanno raccolto con entusiasmo. qualcuno con perplessità, al pari dell'insegna minacciosa e accogliente issata per l'occasione: «Alt - benvenuti».
Ma l'attività di «Vesta», che impegna i soci tutte le sante domeniche portandoli lassù a Magasa, non si ferma qui. Nei giorni scorsi s'è celebrato un incontro con giovani bergamaschi, anche loro delusi dalla Lega, su temi culturali.
E per il 27 agosto è già organizzata una gara pomposamente denominata (visto che a nessun altro pare sia venuta l'idea) «campionato mondiale di cerbottana.
L'umile giocattolo pare sia stato elaborato in forma techno dagli americani, con arnesi in alluminio e teflon. «Io - precisa Orini - difendo però le cerbottane della nostra infanzia, quelle con i fusi di carta, fatti con colla e chiodo». Sono più naif, più innocui, ma a volte più puntuti e divertenti. Insomma su misura per quelli di «Vesta».
Massimo Tedeschi
da Bresciaoggi, 8 luglio 2006