E' nel suo essere volontarista che Mussolini comprende la fallacità delle verità assolute della filosofia positiva e al tempo stesso la necessità di un ritorno ai valori dello spirito.
Ma non è lo spirito hegeliano - l'Assoluto immanente - ciò a cui mirava Mussolini.
Il Duce volle Gentile ministro della Pubblica Istruzione perchè le sue idee in tema di riforma scolastica assecondavano le superiori esigenze del Principato. E' l'idea di una scuola che seleziona la classe dirigente e crea le élites del domani ad andare bene all'ex agitatore romagnolo.
E' per questo che Mussolini disse, ad un certo punto, che Gentile era, in un certo senso, il 'filosofo del regime'.
Ma Mussolini non è un hegeliano e non si pone in termini attualisti nè tanto meno idealisti.
Il Fascismo viene concepito da Gentile come sintesi - in senso hegeliano - di liberalismo e socialismo. E' per questo che Gentile aderisce al regime. Mussolini è lo 'spirito del mondo' - come Napoleone fu per Hegel -, il condottiero che guida invitto la nazione, colui che avrebbe portato a compimento il Risorgimento, l'uomo che ha condotto la sintesi ideale fra le due principali "ideologie" dell'Ottocento e del primo Novecento.
Ma in realtà il Fascismo è negazione di liberalismo e socialismo perchè propone un qualcosa di nuovo ma tradizionale.
Il Fascismo è rivoluzionario nel senso evoliano del termine: vuole quindi riconnettersi al principio, ritornare alle radici. E' per questo che Mussolini si rifà alla Romanità e vede in Roma imperiale un modello eterno da cui prendere spunto non solo a livello propagandistico ma a livello politico concreto.
Non voglio esagerare col dire che Mussolini sin dall'inizio aveva l'intenzione di dare vita ad una sorta di moderno tomismo politico, ma il dato di fatto è che lo Stato fascista, giuridicamente parlando, non l'ha costruito l'idealista Gentile ma il conservatore rivoluzionario, cattolico (quasi 'maurrassiano') e nazionalista Alfredo Rocco, il quale era della stessa scuola di Carlo Costamagna (che fra l'altro fu uno dei fautori della Carta del Lavoro).
Il Fascismo, a mio avviso, fu certamente più figlio di Dante, Tommaso e Vico piuttosto che di Hegel e Fichte.
Ultima modifica di Giò; 25-01-10 alle 17:01
Di Evola sappiamo che il Duce lesse sia Imperialismo pagano che Rivolta contro il mondo moderno. Non è dato sapere un giudizio preciso del Duce, ma è noto che trovò in essi degli spunti interessanti.
Quel che sappiamo, inoltre, è che la dottrina della razza fascista doveva essere quella illustrata da Evola, secondo Mussolini.
Dal punto di vista storico-politico l'AVGVSTA opera del DVCE può essere certamente interpretata alla luce di ogni filosofia politica e in particolar modo come espressione del machiavellismo.
Ma MVSSOLINI è stato indubbiamente un mistico, consapevole o meno.
Ha realizzato e rinnovato quasi sciamanicamente il Cattolicesimo Romano re-incarnandolo nell'idea forza del Littorio.
La comunione mistica intercorrente fra LVI e la SMF non ha altra spiegazione.
Ecco dunque che siamo portati ad un piano più sottile, ove l'azione e il dominio si esercitano mediante idee. Idee - si badi - che vanno intese non come nozioni astratte, ma invece come idee-forza, come miti (nel senso sorelliano), cioè come principi volti a destare energie, movimenti e correnti sociali attraverso le varie suggestioni morali, emozionali, di credenza, di tradizione, ecc., che esse sono capaci di esercitare sulle masse. Ma qui debbono restare fermi due punti-base. In primo luogo, il Dominatore deve restare signore delle varie idee o miti, non deve, credendovi, subirne egli stesso la suggestione, divenendo un ossesso, uno schiavo degli spiriti che ha evocato; non deve riconoscere ad esse un qualunque valore assoluto, ma deve invece assumerle freddamente come mezzi, come strumenti fascinatori con cui - presso ad una precisa scienza della psicologia delle folle - eserciterà quelle influenze che vuole, destando e dirigendo le forze delle collettività associate. Il secondo punto si connette al primo, e consiste nel comprendere il lato assolutamente positivo di questa nostra attitudine, che va al di là sia dalla ideologia della forza pura, sia dall'idealismo dei "valori", degli "immortali principi", ecc. Che la forza puramente materiale non basti a sé stessa, che essa sarà sempre strumento di idee - questo è semplicemente un fatto da constatare. Da un punto di vista positivo, all'idea non si può né si deve dare altro valore fuor di quello che le risulta appunto da questo fatto constatato, cioè valore di principio suggestivo, misurato dalle sue conseguenze pratiche. L'idea, in altre parole, ha valore in quanto agisce e finché agisce: non perché è "buona", "giusta", "vera", ecc.; tutto ciò non è che nebbia rispetto alla sua realtà di idea-forza. Controllare i "potenziali suggestivi" di cui sono caricate le varie idee, esaminarli, dosarli, combinarli, usarli, scaricarli o sorprenderli, questa è un'arte superiore, invisibile e terribile di dominio che, resa cosciente, può comunicare, come si dirà, con la "magia" in senso più alto.
(j. e.)
Ultima modifica di Pompeo; 25-01-10 alle 17:24
Di quel che si sa, e credo lo riferisca anche De Felice, il DVCE aveva stima di Evola, ma al contempo lo considerava un menagramo...
Il fatto che il DVCE abbia letto i suoi libri, vuol dire relativamente poco, visto che S.E. era un lettore onnivoro ed omnicomprensivo.
Per quel che concerne la dottrina della razza, una lettura integrale di tal manifesto (che sappiamo cmq era abbastanza secondario rispetto al Fascismo sic et simpliciter) risente molto , molto di più di Padre Gemelli (che all'epoca era considerato un vero e proprio luminare in questione ed aveva titoli oltre che filosofici anche scientifici ben maggiori del Barone).
Disse il Supremo : "Sono di estrema destra A MODO MIO" ....