Lettera alla Lega: «Aspettiamo la sentenza»
Calcio in tv, Mediaset blocca il contratto Caf, giudici in camera di consiglio.
Scontro sull’amnistia
MILANO — Fuori, succede di tutto.Da fuori, con un tempismo perfetto, capita che arrivi un messaggio che si può riassumere così: Juventus, Milan, Lazio e Fiorentina in B? Niente più soldi dei diritti tv. Perché Mediaset, che l’estate scorsa ha stipulato un contratto triennale con la Lega Calcio per i diritti in esclusiva della serie A, ha fatto sapere che ci sta ripensando. Un po’ troppi, pensano a Cologno Monzese, 61,5 milioni di euro a stagione, per un prodotto che—dovesse la sentenza far retrocedere le quattro big — non sarebbe più lo stesso. Anzi, sarebbe come aver pagato la torta e accorgersi di avere in mano le briciole.
Così, con una lettera firmata dal vicepresidente Pier Silvio Berlusconi, l’azienda ha congelato il pagamento della rata in scadenza nella prima decade di luglio, in attesa che si concluda l’iter giudiziario, che significa la sentenza della Caf attesa per martedì o mercoledì sera (a Borsa chiusa), quella della Corte federale e pure quella del Tar del Lazio, cui le società ricorreranno in caso di punizioni pesanti (è stato lo stesso presidente De Lise ha definire i ricorsi al Tar «inevitabili). Nell’attesa, Mediaset ha chiesto alla Lega un incontro per rinegoziare i termini del contratto.Mala Lega, con una risposta del vicepresidente Massimo Cellino, ribatte: Mediaset intanto paghi la rata dovuta, poi ci metteremo a discutere. Il fatto è che il messaggio arriva mentre si attende la sentenza della Caf e si discute delle conseguenze della decisione dei giudici sportivi. Anche il ministro della Giustizia Clemente Mastella, pur precisando di non volere un’amnistia, ha posto l’attenzione sulle possibili «conseguenze che una sentenza di condanna dei grandi club potrebbe avere sugli assetti del calcio e dello sport».
Già, perché fuori si alzano le voci. Fuori ci si accapiglia, si litiga per l’amnistia: «Non se ne parla», dicono la deputata di Forza Italia Manuela Di Centa, il parlamentare europeo del Pdci Marco Rizzo, l’onorevole di An Ignazio La Russa, mentre il pm di Napoli che sta conducendo l’inchiesta penale sul calcio, Franco Roberti, dice che è un’ipotesi che «non merita commento». Ma, fuori, si discute anche su che razza di diritto è quello sportivo: sommario, inadeguato, strozza-difese. «Che andrebbe riformato perché non è stato pensato per giudicare fatti così gravi» come spiega l’avvocato della Lazio Gian Michele Gentile.
Ma per fortuna i giudici che devono riconsegnarci un calcio più pulito stanno dentro. Dentro la pancia dell’Olimpico. Dentro una stanza rettangolare, bonificata dalle cimici, sorvegliata da due telecamere, e adibita a camera di consiglio. Isolati (o quasi) da tutto. Quasi perché se durante il giorno sono chiusi lì, i cinque giudici (più il rappresentante dell’Aia che non ha diritto di voto) a sera escono e se ne tornano a casa (o in albergo per i due membri che non vivono a Roma). E quasi anche perché ieri, primo giorno di camera riunita, ci si è salutati presto, all’ora di pranzo: un pomeriggio di relax per riprendersi dalle fatiche del dibattimento. Non siamo in Corte d’Assise, si sa: la torre d’avorio è un po’ più penetrabile. D’altronde dormire all’Olimpico sarebbe stato un po’ difficile. Non che il presidente della Caf, Cesare Ruperto, non abbia adeguato la camera di consiglio alle sue esigenze. Tutt’altro. Ha persino chiesto al Coni una cyclette e una macchina per lo step: perché c’è chi si concentra sulle carte seduto in poltrona, e chi ha bisogno di un po’ di moto. Perché troppe ore, chiusi là dentro (oggi fino alle 18 causa partita, domani fino alle 20) sono difficili da reggere. Soprattutto se, fuori, continua a succedere di tutto.
Arianna Ravelli
10 luglio 2006
a me sa di ricatto....boh