E l'opinionista disse: i martiri sono assassini
E adesso c'è anche chi - in Italia - vuole insegnare ai cristiani a non parlare di martiri, "perché sono quelli che si fanno saltare in aria tra la gente"
E' successo ieri sera in uno dei tanti salotti tv, secondo quanto ci segnala un lettore. A un sacerdote che parlava di don Andrea Santoro come di un martire, la nota giornalista tv Carmen Lasorella ha risposto invitandolo a non usare la parola "martire" perché il martire sarebbe colui che si fa saltare in aria per uccidere i suoi nemici.
Davanti a tale manifesta esibizione di ignoranza sarà bene ricordare che "martire" significa letteralmente "testimone" e che nella tradizione cristiana (tra l'altro ben più antica di quella islamica) esprime il senso globale della fede, è colui che - senza cercarla - "sceglie liberamente la morte inflitta per la certezza di essere nella verità e di avere la vita”.
L'episodio però mette anche in evidenza quanto è vero che viviamo in una società che non solo non è più cristiana ma ha ormai smarrito anche la memoria del cristianesimo. Altrimenti un intervento del genere avrebbe esposto al ridicolo la sua autrice, che invece addirittura è passata per persona piena di buon senso.
Non sarà dunque inutile riproporre un brano che l'allora vescovo di Ferrara, mons. Carlo Caffarra, rivolse ai suoi fedeli il 23 aprile 1998 in occasione della festa del patrono San Giorgio:
“Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima”. In queste parole evangeliche troviamo la definizione stessa del martirio, come supremo atto di fortezza del discepolo di Cristo. Messo nella necessità di dover scegliere fra l’essere uccisi nel corpo e l’essere uccisi nell’anima, il martire non ha avuto dubbi: ha scelto di essere ucciso piuttosto che vivere, tradendo le ragioni per cui vale la pena di vivere. Non è il morire come tale che fa il martire, ma la causa per cui il martire viene ucciso [“martyres non facit poena, sed causa”, dice Agostino (cfr. En. in ps. 34,13)]. “Chi mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli”: il martire viene ucciso a causa di Cristo. Egli è esposto al potere di questo mondo, al potere di quel mondo che rifiuta di riconoscere che “la luce è venuta fra le tenebre” e che la luce è la divina Persona di Gesù, Dio fattosi uomo. Lo scontro, solitamente sotterraneo, fra il regno di Dio che viene dentro alla nostra storia quotidiana e “i dominatori di questi mondo di tenebra” (Ef 6,12), nel martire emerge in tutta la sua chiarezza inequivocabile. E lo scontro è questo: “la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce” (Gv 3,19). Il martire muore, viene ucciso a causa di questa scelta preferenziale delle tenebre nei confronti della luce, fatta dal mondo".