Sport, razzismo e identità nazionale.

La questione di una presunto, necessario possesso da parte degli
atleti, di pretipizzati requisiti fisico-antropomorfici atti
configurarne la rappresentatività di una determinata identità
nazionale, non è stata mai oggetto di discussione. Ma non per questo
il problema deve considerarsi insussistente.
Esso, invece, fa parte di quel contrasto interno alla coscienza di
ciascuno di noi. Quel contrasto che vede l'Io cosciente porsi
formalmente contro un certo modo di sentire che è connaturato in noi
e che noi ci sforziamo di non ostentare o di denegare.
E inutile negarlo: siamo tutti nell'animo razzisti. Anche chi, per
ideologia progressista, non solo non lo ammette ma recisamente lo
nega.
Non c'è da vergognarsene perché il razzismo, inteso nel suo vero
significato e non in quello storico-nazista, è un istinto
conservativo della specie, sia questa intesa nella sua totalità (la
specie umana) sia in ogni sua variante (razza).
Così, l'umanità non sarebbe razzista se difendesse sé stessa dalla
invasione di extraterresti alieni; così, non è razzista ciascun
popolo di una determinata razza quando difende la propria identità
culturale dagli attacchi di un diverso popolo.
Così nel mondo animale, dove vediamo ciascuna specie difendersi
dagli attacchi di altre specie. E' un istinto naturale di
sopravvivenza. Ma non esplode se non in difesa della propria
identità biologica, etnica, sociale, culturale, storica.
Insomma, reagire non è razzismo. Non tollerare in carenza di
aggressione è, invece, razzismo. Per questo alcuni considerano
l'immigrazione non richiesta e abusiva, come atto di violenza e
quindi reagisce in difesa della propria identità e non certo per
motivi razziali come l'ha voluta intendere la sinistra
internazionale, facendo confusione o dolosamente inserendo a
parametro il razzismo hitleriano contro gli Ebrei.
Ora, parlando della nazionale di calcio francese, ci siamo trovati
di fronte ad un attacco, sia pure di natura sportiva nei cui
confronti sportivamente reagiamo oppure ci siamo trovati di fronte
ad un avversario sportivo di cui non riusciamo ad identificarne I
connotati etnici e quindi la rappresentatività nazionale?
In origine le olimpiadi erano a prevalente partecipazione
individuale: nel 776 a.c., data stimata del loro inizio, le
discipline sportive erano la corsa a piedi, la lotta, il pugilato e
il pentathlon
In quella occasione arrivavano ad Olimpia atleti (e spettatori) non
solo dal Peloponneso ma anche da tutta la Grecia continentale e
dalle colonie occidentali e orientali.
Poi le olimpiadi furono vietate da Teodosio nel 393 d.c. Per
ricominciare il 5 aprile del 1896 per merito di Pierre de Coubertin.
Contrariamente alle olimpiadi, il gioco del calcio è un gioco di
squadra, quindi collettivo. Ovviamente non è il solo ad avere queste
caratteristiche, ma certamente è stato il primo ed è il più seguito
e il più famoso.
Ora, mentre nelle gare olimpiche, l'atleta rappresenta più sé stesso
che la nazione cui appartiene (malgrado ne indossi la divisa), nel
gioco del calcio emerge con ben maggiore rilevanza l'identità
nazionale rappresentata da quella squadra.
Non per niente le formazioni partecipanti si denominano e vengono
identificate unicamente in base alla nazionalità .
Ne consegue che ciascun giocatore di quella squadra dovrebbe
possedere le caratteristiche etnico-antropomorfiche tipiche della
nazione che rappresenta.
Ma cosa succede se questa nazione, al suo interno, è sconvolta
proprio in seno a queste sue ataviche caratteristiche, subendo
trasformazioni in senso multietnico o addirittura genetico per il
notevole influsso di immigrati ?
Lo spunto è dato dal solito sen. Calderoli, il quale, commentando la
finale dei mondiali, così si è espresso: " Quella di Berlino è la
vittoria della nostra identità, dove la vittoria dell'Italia ai
campionati del mondo che ha schierato lombardi, campani, veneti e
calabresi, ha vinto contro una squadra che ha perso immolando, per
il risultato, la propria identità, schierando negri, islamici e
comunisti"
Ovviamente né è seguita una polemica con tanto di reazione
dell'ambasciatore francese e di tutta la sinistra di governo
italiano.
Che dire ? Anzitutto il sen. Calderoli non ne fa solo una questione
di rappresentatività di natura etnica, ma anche di natura
ideologica, politica e religiosa, laddove stigmatizza queste
caratteristiche possedute dalla formazione francese. Allora il
problema si amplia.
Ma se dovessimo pretendere di giocare solo con I bianchi, cristiani
e di centrodestra, non avremmo mai potuto incontrare né il Ghana né
altre squadre con cui abbiamo vinto.
Eppure, diciamo la verità, in fondo alla nostra anima ci sentiamo
ancora di più orgogliosi non tanto perché abbiamo sconfitto una
squadra composita, dalle diverse etnie e fede religiosa e politica,
quanto perché la nostra nazionale di calcio è formata solo da
giocatori italiani.
Invero, guardando le folle oceaniche che hanno tributato I meritati
allori alla nostra squadra di calcio, questa impressione mi sembra
confermata: I romani osannavano Totti, I calabresi Gattuso e così
via. Quanto entusiasmo, invece, avremmo avuto per un Abidal, per un
Makelele, per lo stesso algerino Zidane?
Peraltro, la questione se debba esserci una compatibilità tra una
squadra di calcio e le caratteristiche etniche della nazione
rappresentata, sembrerebbe confermata dal requisito della
cittadinanza che, se non vado errato, è prescritto per I giocatori
di una nazionale.
Probabilmente l'intenzione del comitato che istituì la coppa del
mondo fu quella di garantire una compatibilità rappresentativa. Ma
chi la decise non poteva prevedere l'evoluzione in senso multietnico
dell'Europa , dando, invece, per scontato che chi possedesse la
cittadinanza di una nazione fosse anche cittadino iure sanguinis.
Sarebbe interessante sapere se i singoli francesi di sangue francese
si sentano o meno rappresentati da una squadra di calcio di
prevalente sangue di origine diversa.
Conoscendo i francesi e vedendo il loro tifo sembrerebbe di si. E,
allora, contenti loro……..
Vuol dire che d'ora in poi immagineremo la tradizionale figura
fisica del francese non più come monsieur Trenèt, dalla gracile
costituzione e con la baguette sotto l'ascella, ma come il possente
Makelele o il vigoroso Wiltord.
Allora, il senatore Carderoli, anzicchè criticare i francesi,
dovrebbe essergli grato, perché l'Italia ha battuto in un colpo solo
la Francia, il Continente nero, l'Islam e il comunismo.
Il problema, semmai, è quanto ancora potremo andare avanti
schierando italiani doc.
E in tutto questo il razzismo non c'entra. C'entra solo l'identità
nazionale.
Così, se una nazione come la Francia, cambia la sua identità
nazionale, a noi non resta che prenderne atto.
Nicolò Vergata