Un grave problema attanaglia l’economia, già piuttosto debole, dell’Honduras, piccolo stato centroamericano. I prezzi dei combustibili sono arrivati alle stelle e la popolazione inizia a risentirne. Anche a livello ministeriale si inizia a pensare a fornitori alternativi rispetto alle compagnie del petrolio statunitensi (che in pratica controllano tutto il mercato), e questo infastidisce non poco l’amministrazione di George W. Bush che interviene bloccando i visti per gli honduregni che vogliono spostarsi negli Usa.

Fornitori alternativi.
Il prezzo della benzina è troppo alto, soprattutto per un paese indigente con l’Honduras. Anche il presidente della repubblica, Manuel Zelaya, ne è cosciente tanto che ha deciso di contattare o meglio di accettare di essere contattato da fornitori diversi da quelli abituali. Più precisamente il neo presidente ha deciso di valutare l’ipotesi di acquistare petrolio meno costoso, raffinato dal Venezuela del presidente Hugo Chavez. Ma andiamo per ordine. Nelle scorse settimane era in programma, nella capitale Tegucigalpa, un gara d’appalto per il rinnovo dei contratti di fornitura di petrolio. Gara per modo di dire, visto che dall’Honduras sostengono che la partecipazione era quasi esclusivamente ad appannaggio delle ricche e potenti multinazionali petrolifere Usa, che alla fine impongono il loro prezzo. Nello stesso momento, però, nella capitale honduregna erano presenti anche dei manager della Pdvsa, la compagnia petrolifera venezuelana che si stavano incontrando con i funzionari governativi honduregni.

Il veto di Washington.
Non ci è voluto molto per scatenare le ire dell’amministrazione statunitense. Dopo aver tempestivamente avvertito le agenzie internazionali della riunione fra dirigenti venezuelani e funzionari honduregni, gli Usa hanno fatto sapere che secondo il loro punto di vista la riunione era una mossa scorretta, una sorta di tradimento del fedele amico Honduras. E da lì è subito scattata la rappresaglia: sospensione totale dei visti per gli Stati Uniti. Una mossa piuttosto audace che ha anche indispettito il governo del piccolo paese centroamericano.
Gli Usa si sono giustificati facendo sapere che il blocco dei visti non è altro che una forma di lotta al traffico di falsificazioni di passaporti e contro la corruzione che trasversalmente riguarda la burocrazia honduregna. Ma l’amministrazione di Tegucigalpa non ha creduto a questa giustificazione e, per voce del presidente Zelaya, ha ribattuto dicendo che “siamo un paese sovrano e a casa nostra incontriamo e trattiamo con chi ci pare. Dobbiamo intraprendere una politica di stabilità energetica - ha continuato il presidente - superando i monopoli e pagando prezzi più giusti”.
Dalla parte del presidente Zelaya si è schierato anche l’arcivescovo di Tegucigalpa, il cardinale Maradiaga: “ll combustibile dovrebbe avere costi più bassi mentre i nostri prodotti base, come l’oro, le banane e il caffè dovrebbero essere pagati di più”, ha detto.
Comunque a gettare acqua sul fuoco per fare rientrare la minicrisi venuta alla ribalta ci hanno pensato le associazioni di imprenditori che hanno visto nella diatriba fra i due governi una sorta di pericolo per l’economia dell’Honduras e un possibile tappo per il loro business.
L’Honduras, dove esiste una base militare Usa fra le maggiori al mondo, senza dubbio rimarrà fedele all’amico statunitense. Prezzi di Chavez permettendo.

Alessandro Grandi
Fonte:http://www.peacereporter.net

tratto da www.movimentosudista.org